La bellezza salverà il mondo
Ma lo sapete, lo sapete voi che senza l'Inghilterra l'umanità potrebbe ancora vivere, senza la Germania pure, senza l'uomo russo potrebbe vivere e vivrebbe anche troppo bene; potrebbe vivere senza la scienza, senza il pane...; solo senza la bellezza non si potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe nulla da fare al mondo?
Fëdor Dostoevskij
«L’idiota ha forti passioni, un ardente bisogno d’amore e un orgoglio infinito…
Carattere essenziale dell’idiota. Dominio di se stesso per orgoglio (e non per ragioni morali). Contemporaneamente: libertà sfrenata. Si permette tutto. Potrebbe dunque diventare un mostro, ma l’amore lo salva. A poco a poco una pietà profonda lo penetra»
«Io non sono stato innamorato» rispose il principe sempre con lo stesso tono sommesso e serio,
«io… sono stato felice diversamente.»
Anche voi, Aleksandra Ivanovna, avete un viso stupendo e molto dolce, ma forse c'è in voi una qualche malinconia segreta; avete senz'altro un'anima buonissima, ma non siete allegra. C'è nel vostro viso una sfumatura particolare, come nella Madonna di Holbein a Dresda.
Io ho sempre paura di nuocere, col mio aspetto ridicolo, al pensiero e all’idea essenziale.
Essendo in punto di morte (perché, comunque vadano le cose, morirò anche se sono ingrassato, come sostenete voi), essendo dunque sul punto di morire, ho sentito che sarei andato in paradiso incomparabilmente più tranquillo se fossi riuscito a mettere in ridicolo almeno uno dei rappresentanti di quell'infinita schiera di uomini che mi hanno perseguitato per tutta la vita, che io ho odiato durante la mia esistenza e di cui il vostro stimatissimo fratello è una figura di spicco. Io vi odio, Gavrila Ardalionovic, unicamente perché – e vi potrà sembrare sorprendente – unicamente perché voi siete il tipo e la personificazione, l’incarnazione a la sintesi della più sfacciata, della più compiaciuta, della più volgare e ripugnante ordinarietà! Voi siete l’ordinarietà magniloquente, priva di dubbi e olimpicamente soddisfatta; siete il concentrato del grigiore quotidiano! Mai nella vostra mente né nel vostro cuore potrà nascere la minima idea personale. Eppure siete infinitamente invidioso; nel profondo siete convinto di essere un grandissimo genio, tuttavia il dubbio, qualche volta, nei momenti neri, viene a farvi visita e vi riempie di rabbia e di invidia. Oh, al vostro orizzonte vi sono ancora punti neri; verranno meno quando rimbecillirete definitivamente, cosa che avverrà presto; tuttavia il vostro cammino sarà ancora lungo e vario, non dirò felice, e di questo sono contento.
“Lo avevano ricoverato per curarlo della sua follia, ma secondo me non era pazzo, aveva soltanto terribilmente sofferto: in ciò consisteva tutta la sua malattia.”
Nell'amore astratto per l'umanità quasi sempre si finisce per amare solo se stessi.
Laggiù, laggiù non c’erano che bambini e io stavo tutto il tempo coi bambini, soltanto con loro. Erano i bambini del villaggio, tutta una banda che frequentava la scuola. Io non è che insegnassi loro, no, per questo c’era il maestro di scuola Jules Thibault; io forse insegnavo anche, ma soprattutto stavo con loro, e i miei quattro anni trascorsero tutti così. Non avevo bisogno di nient’altro. Dicevo loro tutto, senza nascondere nulla. I loro padri e parenti se la presero con me perché i bambini, alla fine, non riuscivano a fare a meno di me, e il maestro di scuola finì per diventare il mio nemico numero uno […]. Mi ha sempre colpito il pensiero di quanto poco i grandi conoscano i bambini, i padri e le madri conoscono poco addirittura i propri figli. Ai bambini non bisogna nascondere nulla, col pretesto che sono piccoli, e per loro è troppo presto sapere. Che idea triste e disgraziata! I bambini poi si accorgono benissimo che i loro padri li ritengono troppo piccoli e credono che non capiscano nulla, mentre loro capiscono tutto alla perfezione. I grandi non sanno che un bambino può dare un consiglio straordinariamente importante anche nelle questioni di maggior merito. Oh mio Dio! Quando uno di questi graziosi uccellini ti guarda, pieno di fiducia e di felicità, dovresti aver vergogna di ingannarlo!
Forse anche qui mi considereranno un ragazzino, e sia. C’è anche chi mi crede un idiota, non ho mai scoperto perché. In verità sono stato talmente malato da non essere molto diverso da un idiota; ma com’è possibile che sia idiota anche adesso quando io per primo mi accorgo che la gente mi considera tale? Io entro e penso: “Mi credono idiota, ma io sono intelligente, e loro non lo sospettano nemmeno".
Mostratemi un’idea che leghi la presente umanità anche solo con la metà delle forze che c’era in quei secoli. E osate poi dirmi che le fonti della vita non si sono impoverite, non si sono intorbidate sotto questa “stella”, sotto questa rete che ha inviluppato gli uomini. E non cercate di farmi impressione col vostro benessere, con le vostre ricchezze, con la rarità delle carestie e la rapidità delle vie di comunicazione! C’è più ricchezza, ma meno forza; un’idea che leghi gli uomini non c’è più: tutto è rammollito, tutto è sfatto, tutti sono sfatti. Tutti, tutti, tutti siamo sfatti!
Di questi onniscienti se ne incontrano spesso, specialmente tra gli impiegati. Loro sanno tutto. La loro irrequieta curiosità e il loro spirito d’investigazione si fissano volentieri sulle inezie, in mancanza di interessi più importanti, come direbbe un pensatore contemporaneo. Per questa ragione, il sapere di simili persone si esercita soltanto in ambiti molto ristretti. Sanno dove il tale è impiegato, chi conosce, quanto possiede, dove è stato governatore, che moglie e che dote ha preso, chi gli è cugino di primo grado, chi di secondo e via discorrendo. Il più delle volte, questi onniscienti hanno i gomiti sdruciti e guadagnano diciassette rubli al mese. Le persone di cui ci raccontano la vita, morte e miracoli non sospetterebbero nemmeno alla lontana da che cosa siano mossi questi investigatori; ma intanto molti di costoro si compiacciono della propria onniscienza e acquistano perfino la stima del prossimo. E' una scienza, quella delle chiacchiere, che ha le sue seduzioni. Io ho conosciuto politici, letterati e poeti che proprio grazie a questa sono riusciti a fare carriera.
Il cattolicesimo è nonostante tutto una fede non cristiana! [...] questo per prima cosa, per seconda cosa, il cattolicesimo romano è peggio dell'ateismo stesso! [...] L'ateismo predica il nulla, mentre il cattolicesimo va oltre: predica un Cristo travisato, un Cristo calunniato e oltraggiato, un Cristo contrario alla verità! Predica l'anticristo, ve lo giuro, ve lo garantisco![...] Questa è la mia opinione personale e io so quanto ho sofferto nel rendermene conto! Il cattolicesimo di Roma crede che senza il potere statale universale la Chiesa non possa stare al mondo, e grida: Non possumus! [...] No, il Cattolicesimo romano non è una religione, è la continuazione dell’Impero Romano d’Occidente. Nel Cattolicesimo, infatti, tutto è subordinato a questa idea. Il Papa si è impadronito della terra, ha occupato un trono terrestre, ha impugnato la spada e si è circondato di un seguito composto da menzogne, intrighi, imposture, fanatismi, superstizioni e scelleratezze. Nelle mani della Chiesa di Roma, i più sacri, i più ingenui e i più giusti sentimenti popolari sono diventati delle armi. Roma ha fatto tutto questo per denaro, con il solo scopo di consolidare il suo dominio terreno. E che cos’é questa se non la dottrina dell’Anticristo? Come avrebbe potuto da essa non derivare l'ateismo? L'ateismo deriva dai cattolici, dallo stesso cattolicesimo romano!
QUAL È IL SIGNIFICATO ETIMOLOGICO, STORIOGRAFICO E LETTERARIO DELLA PAROLA "IDIOTA"? QUALI SONO I SUOI USI?
«Che forza!» esclamò d'un tratto Adelaida […].
«Dove? Quale forza?» chiese bruscamente Lisaveta Prokof'evna.
«Una tale bellezza è una forza» disse con calore Adelaida,
«con una tale bellezza si può rovesciare il mondo!»
Fëdor Michailovic Dostoevskij, L’idiota
«L’idiota ha forti passioni, un ardente bisogno d’amore e un orgoglio infinito…
Carattere essenziale dell’idiota. Dominio di se stesso per orgoglio (e non per ragioni morali). Contemporaneamente: libertà sfrenata. Si permette tutto. Potrebbe dunque diventare un mostro, ma l’amore lo salva. A poco a poco una pietà profonda lo penetra»
Fëdor Dostoevskij
“Evidentemente il tempo della nostra vita non basta per riuscire a farci capire…...
Io sono costruito interamente contro la realtà […] il più delle volte ormai trovo conforto soltanto nello sconforto…..Ma l’uomo continua a parlare, parla continuamente, continua a parlare del proprio disgusto ogni volta che parla del proprio destino…. I nostri maestri ci hanno lasciati soli. Non ci saranno maestri del futuro e quelli del passato sono morti... Siamo tutti orfani, non siamo solitari, ma sempre soli,...Noi ci costringiamo a non percepire il nostro abisso. Eppure, per tutta la vita, non facciamo altro che guardare giù, al nostro abisso fisico e psichico, pur senza percepirlo. Le nostre malattie distruggono sistematicamente la nostra vita, come un’ortografia che, diventando sempre più difettosa, distrugga se stessa.”
Io sono costruito interamente contro la realtà […] il più delle volte ormai trovo conforto soltanto nello sconforto…..Ma l’uomo continua a parlare, parla continuamente, continua a parlare del proprio disgusto ogni volta che parla del proprio destino…. I nostri maestri ci hanno lasciati soli. Non ci saranno maestri del futuro e quelli del passato sono morti... Siamo tutti orfani, non siamo solitari, ma sempre soli,...Noi ci costringiamo a non percepire il nostro abisso. Eppure, per tutta la vita, non facciamo altro che guardare giù, al nostro abisso fisico e psichico, pur senza percepirlo. Le nostre malattie distruggono sistematicamente la nostra vita, come un’ortografia che, diventando sempre più difettosa, distrugga se stessa.”
Fëdor Dostoevskij, L’idiota – Einaudi
«Io non sono stato innamorato» rispose il principe sempre con lo stesso tono sommesso e serio,
«io… sono stato felice diversamente.»
Fëdor Michailovic Dostoevskij, L’idiota
Anche voi, Aleksandra Ivanovna, avete un viso stupendo e molto dolce, ma forse c'è in voi una qualche malinconia segreta; avete senz'altro un'anima buonissima, ma non siete allegra. C'è nel vostro viso una sfumatura particolare, come nella Madonna di Holbein a Dresda.
Fëdor Michailovic Dostoevskij, L’idiota
Io ho sempre paura di nuocere, col mio aspetto ridicolo, al pensiero e all’idea essenziale.
Non ho il gesto opportuno. I miei gesti sono sempre in contrasto con quello che dico, e ciò suscita il riso e abbassa l’idea. Mi manca anche il senso della misura, e questo è importante, anzi è il più importante… So che farei meglio a starmene zitto. Quando mi chiudo nel silenzio, posso persino sembrare una persona giudiziosa, e inoltre ho agio di riflettere.
Fëdor Dostoevskij, L’idiota
Essendo in punto di morte (perché, comunque vadano le cose, morirò anche se sono ingrassato, come sostenete voi), essendo dunque sul punto di morire, ho sentito che sarei andato in paradiso incomparabilmente più tranquillo se fossi riuscito a mettere in ridicolo almeno uno dei rappresentanti di quell'infinita schiera di uomini che mi hanno perseguitato per tutta la vita, che io ho odiato durante la mia esistenza e di cui il vostro stimatissimo fratello è una figura di spicco. Io vi odio, Gavrila Ardalionovic, unicamente perché – e vi potrà sembrare sorprendente – unicamente perché voi siete il tipo e la personificazione, l’incarnazione a la sintesi della più sfacciata, della più compiaciuta, della più volgare e ripugnante ordinarietà! Voi siete l’ordinarietà magniloquente, priva di dubbi e olimpicamente soddisfatta; siete il concentrato del grigiore quotidiano! Mai nella vostra mente né nel vostro cuore potrà nascere la minima idea personale. Eppure siete infinitamente invidioso; nel profondo siete convinto di essere un grandissimo genio, tuttavia il dubbio, qualche volta, nei momenti neri, viene a farvi visita e vi riempie di rabbia e di invidia. Oh, al vostro orizzonte vi sono ancora punti neri; verranno meno quando rimbecillirete definitivamente, cosa che avverrà presto; tuttavia il vostro cammino sarà ancora lungo e vario, non dirò felice, e di questo sono contento.
Fëdor Dostoevskij, L’idiota
“Lo avevano ricoverato per curarlo della sua follia, ma secondo me non era pazzo, aveva soltanto terribilmente sofferto: in ciò consisteva tutta la sua malattia.”
Fëdor Dostoevskij, L’idiota
Nell'amore astratto per l'umanità quasi sempre si finisce per amare solo se stessi.
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
Forse anche qui mi considereranno un ragazzino, e sia. C’è anche chi mi crede un idiota, non ho mai scoperto perché. In verità sono stato talmente malato da non essere molto diverso da un idiota; ma com’è possibile che sia idiota anche adesso quando io per primo mi accorgo che la gente mi considera tale? Io entro e penso: “Mi credono idiota, ma io sono intelligente, e loro non lo sospettano nemmeno".
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
Mostratemi un’idea che leghi la presente umanità anche solo con la metà delle forze che c’era in quei secoli. E osate poi dirmi che le fonti della vita non si sono impoverite, non si sono intorbidate sotto questa “stella”, sotto questa rete che ha inviluppato gli uomini. E non cercate di farmi impressione col vostro benessere, con le vostre ricchezze, con la rarità delle carestie e la rapidità delle vie di comunicazione! C’è più ricchezza, ma meno forza; un’idea che leghi gli uomini non c’è più: tutto è rammollito, tutto è sfatto, tutti sono sfatti. Tutti, tutti, tutti siamo sfatti!
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
Di questi onniscienti se ne incontrano spesso, specialmente tra gli impiegati. Loro sanno tutto. La loro irrequieta curiosità e il loro spirito d’investigazione si fissano volentieri sulle inezie, in mancanza di interessi più importanti, come direbbe un pensatore contemporaneo. Per questa ragione, il sapere di simili persone si esercita soltanto in ambiti molto ristretti. Sanno dove il tale è impiegato, chi conosce, quanto possiede, dove è stato governatore, che moglie e che dote ha preso, chi gli è cugino di primo grado, chi di secondo e via discorrendo. Il più delle volte, questi onniscienti hanno i gomiti sdruciti e guadagnano diciassette rubli al mese. Le persone di cui ci raccontano la vita, morte e miracoli non sospetterebbero nemmeno alla lontana da che cosa siano mossi questi investigatori; ma intanto molti di costoro si compiacciono della propria onniscienza e acquistano perfino la stima del prossimo. E' una scienza, quella delle chiacchiere, che ha le sue seduzioni. Io ho conosciuto politici, letterati e poeti che proprio grazie a questa sono riusciti a fare carriera.
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
Potete star certi che Colombo non era felice nel momento in cui scoperse l'America, bensì quando era in viaggio per scoprirla. L'importante non era quel Nuovo Mondo, che magari poteva anche inabissarsi. L'importante sta nella vita, solo nella vita, nel processo della sua scoperta, in questo processo continuo ed ininterrotto, e non nella scoperta stessa! Del resto, voglio aggiungere che ogni idea nuova o geniale concepita da un uomo, o anche, semplicemente, ogni idea seria gemmata nella mente di qualcuno, resta sempre qualcosa che è impossibile trasmettere agli altri uomini, anche se si scrivessero interi volumi e si impiegassero anche trentacinque anni nell'intento di interpretarli; rimarrà sempre qualcosa che si rifiuterà in ogni modo di uscire dalla vostra testa e resterà sempre chiuso in voi...
Fëdor Dostoevskij, L’idiota
«No, non lo so, ora penso a tutt’altro”. “E a che cosa pensi?” “Ecco, quando tu ti alzi e mi passi vicino, io ti guardo e ti seguo con gli occhi; sento il fruscio della tua veste e il cuore mi vien meno, e se esci dalla stanza, mi ricordo di ogni tua parola, e con quale intonazione hai detto ogni cosa. Tutta questa notte non ho pensato a nulla, ho sempre ascoltato il tuo respiro nel sonno, e come ti sei mossa un paio di volte».
Fëdor Dostoevskij, “L’idiota”
Il cattolicesimo è nonostante tutto una fede non cristiana! [...] questo per prima cosa, per seconda cosa, il cattolicesimo romano è peggio dell'ateismo stesso! [...] L'ateismo predica il nulla, mentre il cattolicesimo va oltre: predica un Cristo travisato, un Cristo calunniato e oltraggiato, un Cristo contrario alla verità! Predica l'anticristo, ve lo giuro, ve lo garantisco![...] Questa è la mia opinione personale e io so quanto ho sofferto nel rendermene conto! Il cattolicesimo di Roma crede che senza il potere statale universale la Chiesa non possa stare al mondo, e grida: Non possumus! [...] No, il Cattolicesimo romano non è una religione, è la continuazione dell’Impero Romano d’Occidente. Nel Cattolicesimo, infatti, tutto è subordinato a questa idea. Il Papa si è impadronito della terra, ha occupato un trono terrestre, ha impugnato la spada e si è circondato di un seguito composto da menzogne, intrighi, imposture, fanatismi, superstizioni e scelleratezze. Nelle mani della Chiesa di Roma, i più sacri, i più ingenui e i più giusti sentimenti popolari sono diventati delle armi. Roma ha fatto tutto questo per denaro, con il solo scopo di consolidare il suo dominio terreno. E che cos’é questa se non la dottrina dell’Anticristo? Come avrebbe potuto da essa non derivare l'ateismo? L'ateismo deriva dai cattolici, dallo stesso cattolicesimo romano!
Fëdor Dostoevskij, L’Idiota.
Anche il socialismo è figlio del Cattolicesimo. Il socialismo e l'ateismo, che gli è fratello, sono frutti della disperazione e si oppongono moralmente al Cattolicesimo per imporre loro stessi nel ruolo che una volta era della religione ma che la religione ha perduto. Ateismo e socialismo vogliono spegnere la sete spirituale del genere umano e salvarlo non più con Cristo, ma con la violenza. E' data con la forza, l'unione realizzata con il ferro e con il fuoco! "Non devi credere a Dio, non devi possedere niente che sia tuo, non devi avere una personalità... fraternité ou la mort... due milioni di teste e la rivoluzione scorrerà liscia come l'olio!".
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
DOSTOEVSKIJ, SUL CATTOLICESIMO
Dostoevskij mette in bocca al principe Mishkin questa teoria: il cattolicesimo ha ceduto alla tentazione dell’Anticristo scegliendo il potere (a fin di bene). Per reazione l’Occidente ha scelto l’ateismo. Anche il socialismo viene dal cattolicesimo. All’ateismo occidentale bisogna contrapporre il Cristo russo. Benché questa posizione sia esposta in modo paradossale, è noto che Dostoevskij sostanzialmente la condivideva.
F. M. Dostoevskij, L’idiota
“In che modo la fede cattolica non sarebbe cristiana?” domandò Ivan Petrovic, agitandosi sulla sedia. “Che fede sarebbe?”
“Anzitutto, non è una fede cristiana!” rispose il principe estremamente agitato e in tono piú brusco di quanto fosse permesso. “Questo è in primo luogo; in secondo luogo, il cattolicesimo romano è peggiore dello stesso ateismo, a parere mio. Sí, io sono proprio di questo parere! L’ateismo predica il nulla, mentre il cattolicesimo si spinge al di là e predica un Cristo travisato, un Cristo calunniato dallo stesso cattolicesimo, e oltraggiato, un Cristo contrario alla verità! Il cattolicesimo predica l’Anticristo, ve lo giuro, ve lo assicuro! È una mia propria opinione, la mia opinione personale, per cui Dio sa quanto ho sofferto... Il cattolicesimo romano crede che, senza una potenza imperiale, la fede cristiana non possa sussistere nel mondo, e grida al tempo stesso: Non possumus! Secondo me, il cattolicesimo romano non è nemmeno una religione, ma è la continuazione dell’impero romano, e tutto in esso è sottoposto a questa idea, cominciando dalla fede. Il papa vi ha conquistato il trono terrestre ed ha alzato la spada. Da quei tempi, ogni cosa prosegue in tal modo, solo che alle spade hanno aggiunto la menzogna, la furberia, l’infingimento, il fanatismo, la superstizione, la scelleratezza, trastullandosi coi piú sacri, piú sinceri, piú ardenti sentimenti, i migliori sentimenti del popolo. Ogni cosa è stata venduta da Roma per denaro, per il vile potere temporale. Non sono queste le dottrine dell’Anticristo?! Come avrebbe potuto non derivare da esso l’ateismo? L’ateismo è uscito da loro, dalla Chiesa Cattolica Romana! I primi atei sono stati loro; come avrebbero potuto credere in se stessi? L’ateismo prese radice per il disgusto ch’essi ispirarono; è prodotto dalle loro menzogne e dalla loro impotenza spirituale. L’ateismo. Da noi s’incontra soltanto nelle classi privilegiate, come pochi giorni fa ebbe a dire meravigliosamente Evgenij Pavlovic, nelle classi che hanno perso la loro radice: là invece, in Europa, l’ateismo comincia a penetrare nelle terribili masse del popolo, una volta non credevano per ignoranza, ora non l’hanno piú fede per l’odio che hanno suscitato in loro la Chiesa e il cristianesimo!”
Il principe si fermò per riprendere fiato. Aveva parlato con molta precipitazione. Era pallido e soffocava. Tutti si scambiavano occhiate. Finalmente il vegliardo rise francamente. Il principe N. tirò fuori l’occhialetto e sbirciò l’oratore. Il poeta tedesco uscí dal suo cantuccio e si avvicinò alla tavola, sorridendo in modo sinistro.
“Esagerate molto,” ribatté infine Ivan Petrovic strascicando le parole con aria annoiata, e persino un po’ confusa. “Anche nella loro Chiesa ci sono sacerdoti degni della massima stima e virtuosi.”
“Non ho mai parlato dei singoli rappresentanti della Chiesa. Intendo parlare del cattolicesimo romano, nella sua essenza, intendo Roma stessa. Non è possibile che la Chiesa possa scomparire del tutto! Non ho mai detto una cosa simile.”
“Ne convengo, ma sono tutte cose note da tempo e persino inutili... sono questioni che appartengono alla teologia...”
“Ah, no! no! non appartengono esclusivamente alla teologia, ve lo assicuro io. Questo ci tocca molto piú da vicino di quanto non crediate. In ciò consiste appunto il nostro sbaglio: noi non possiamo comprendere che non sono cose esclusivamente teologiche! Anche il socialismo è prodotto dal cattolicesimo e dall’essenza del cattolicesimo! Anche esso come il fratello, l’ateismo, deriva dalla disperazione come antitesi del cattolicesimo, nel senso morale, per sostituire lo scomparso potere morale della religione, per saziare la sete spirituale dell’umanità rinascente e per salvarla, non piú con Cristo, ma con la violenza. È anch’essa una libertà raggiunta con la violenza, è anch’esso un’unione ottenuta per mezzo della spada e del sangue! ‘Tu non osi credere in Dio, non osi possedere, non osi avere la tua propria personalità; fraternité ou la mort, due milioni di teste decapitate!’ È detto: ‘Li riconoscerete dai loro atti’. E non dovete pensare che tutto ciò sia anodino e poco minaccioso per noi: oh, noi dobbiamo opporvi resistenza e senza indugiare, al piú presto! Bisogna, per resistere all’Occidente, che il nostro Cristo risplenda, il Cristo che noi abbiamo conservato e ch’essi non conoscono! Non dobbiamo servilmente lasciarci pigliare all’amo dai gesuiti, dobbiamo invece comparire dinanzi a loro, portando loro la nostra civiltà russa, e non dicano i nostri che la loro predicazione è elegante, come, non ricordo piú chi, ebbe a dire un momento fa...”
F. M. Dostoevskij, L’idiota, Garzanti, Milano, 1978, vol. II, pagg. 686-689
In effetti, tanto per fare un esempio, non c'è nulla di più irritante che essere ricco, di buona famiglia, avvenente, colto, intelligente e perfino buono e, al tempo stesso, non possedere nessuna attitudine speciale, nessuna originalità o almeno un'idea che possa dirsi veramente personale. Non c'è nulla di più irritante, in questo caso, che scoprire di essere "come tutti". Certo ci sarà la ricchezza, ma non una ricchezza alla Rothschild; ci sarà una famiglia rispettabile, ma non esattamente notevole; un aspetto avvenente, ma pochissimo espressivo; una buona istruzione, ma priva di una qualunque applicazione utile; un ingegno non comune; ma sfornito di idee proprie; un buon cuore, ma senza impulsi davvero magnanimi... Di gente con queste caratteristiche, il mondo è pieno, molto di più di quanto possa sembrare. Si tratta di un mondo che è possibile dividere in due grandi categorie: quella dei limitati e quella dei meno limitati. I primi, in genere, sono quelli più felici. A un uomo ordinario e limitato riesce facilissimo immaginarsi di non essere una persona ordinaria e limitata e, senza nutrire mai alcun dubbio, riesce a trovare nella sua convinzione un vero appagamento. Ad alcune signorine, tanto per dirne una, è sufficiente tagliarsi i capelli, mettersi degli occhiali azzurri e definirsi "nichiliste" per convincersi immediatamente di aver acquisito, insieme all'apparenza, anche la sostanza che c'è dietro questi principi. Ci sono persone a cui basta cogliere nel proprio cuore una minuscola traccia di un sentimento buono e universale per immaginarsi che nessuno, al mondo, possa essere sensibile come loro, autentici, antesignani del progresso.
Pensò, fra le altre cose, che nei suoi stati epilettici c’era una fase che precedeva quasi immediatamente l’accesso (se l’accesso lo coglieva nella veglia) e in cui, framezzo alla tristezza, al buio dell’anima, all’oppressione, il suo cervello pareva a tratti infiammarsi e tutte le sue forze vitali si tendevano di colpo con impeto eccezionale. Il senso della vita, dell’autocoscienza si decuplicava quasi in quegli istanti, rapidi come lampi. La mente e il cuore s’illuminavano di una luce straordinaria: tutte le ansie, tutte le inquietudini, tutti i dubbi sembravano placarsi all’improvviso e risolversi in una calma suprema, piena di limpida e armoniosa gioia e speranza, piena d’intelligenza e pregna di finalità. Ma questi momenti, questi sprazzi di luce non erano che il preannuncio di quel definitivo minuto secondo (mai più di un secondo) con cui s’iniziava l’accesso. E questo secondo, naturalmente, era intollerabile. Ripensando a quest’attimo in seguito, dopo il ritorno allo stato normale, spesso diceva a sé medesimo che tutti quei lampi e quegli sprazzi di più alta sensazione e autocoscienza, e perciò anche di “esistenza suprema”, altro non erano che malattia, perturbamento dello stato normale, e se era così, non era già quella un’esistenza superiore, ma al contrario andava posta accanto alla più bassa. E nondimeno arrivò infine a una deduzione estremamente paradossale: “Che significa che tutto ciò sia malattia? – finì col concludere – che importa che questa tensione sia anormale, se il suo risultato, la sensazione di un minuto secondo, ricordata poi ed analizzata nello stato sano, si rivela formata in sommo grado di armonia e di bellezza, e dà un senso inaudito, mai prima conosciuto, di pienezza, di equilibrio, di pace e di trepidante, estatica fusione con la sintesi suprema della vita?”
Dostoevskij mette in bocca al principe Mishkin questa teoria: il cattolicesimo ha ceduto alla tentazione dell’Anticristo scegliendo il potere (a fin di bene). Per reazione l’Occidente ha scelto l’ateismo. Anche il socialismo viene dal cattolicesimo. All’ateismo occidentale bisogna contrapporre il Cristo russo. Benché questa posizione sia esposta in modo paradossale, è noto che Dostoevskij sostanzialmente la condivideva.
F. M. Dostoevskij, L’idiota
“In che modo la fede cattolica non sarebbe cristiana?” domandò Ivan Petrovic, agitandosi sulla sedia. “Che fede sarebbe?”
“Anzitutto, non è una fede cristiana!” rispose il principe estremamente agitato e in tono piú brusco di quanto fosse permesso. “Questo è in primo luogo; in secondo luogo, il cattolicesimo romano è peggiore dello stesso ateismo, a parere mio. Sí, io sono proprio di questo parere! L’ateismo predica il nulla, mentre il cattolicesimo si spinge al di là e predica un Cristo travisato, un Cristo calunniato dallo stesso cattolicesimo, e oltraggiato, un Cristo contrario alla verità! Il cattolicesimo predica l’Anticristo, ve lo giuro, ve lo assicuro! È una mia propria opinione, la mia opinione personale, per cui Dio sa quanto ho sofferto... Il cattolicesimo romano crede che, senza una potenza imperiale, la fede cristiana non possa sussistere nel mondo, e grida al tempo stesso: Non possumus! Secondo me, il cattolicesimo romano non è nemmeno una religione, ma è la continuazione dell’impero romano, e tutto in esso è sottoposto a questa idea, cominciando dalla fede. Il papa vi ha conquistato il trono terrestre ed ha alzato la spada. Da quei tempi, ogni cosa prosegue in tal modo, solo che alle spade hanno aggiunto la menzogna, la furberia, l’infingimento, il fanatismo, la superstizione, la scelleratezza, trastullandosi coi piú sacri, piú sinceri, piú ardenti sentimenti, i migliori sentimenti del popolo. Ogni cosa è stata venduta da Roma per denaro, per il vile potere temporale. Non sono queste le dottrine dell’Anticristo?! Come avrebbe potuto non derivare da esso l’ateismo? L’ateismo è uscito da loro, dalla Chiesa Cattolica Romana! I primi atei sono stati loro; come avrebbero potuto credere in se stessi? L’ateismo prese radice per il disgusto ch’essi ispirarono; è prodotto dalle loro menzogne e dalla loro impotenza spirituale. L’ateismo. Da noi s’incontra soltanto nelle classi privilegiate, come pochi giorni fa ebbe a dire meravigliosamente Evgenij Pavlovic, nelle classi che hanno perso la loro radice: là invece, in Europa, l’ateismo comincia a penetrare nelle terribili masse del popolo, una volta non credevano per ignoranza, ora non l’hanno piú fede per l’odio che hanno suscitato in loro la Chiesa e il cristianesimo!”
Il principe si fermò per riprendere fiato. Aveva parlato con molta precipitazione. Era pallido e soffocava. Tutti si scambiavano occhiate. Finalmente il vegliardo rise francamente. Il principe N. tirò fuori l’occhialetto e sbirciò l’oratore. Il poeta tedesco uscí dal suo cantuccio e si avvicinò alla tavola, sorridendo in modo sinistro.
“Esagerate molto,” ribatté infine Ivan Petrovic strascicando le parole con aria annoiata, e persino un po’ confusa. “Anche nella loro Chiesa ci sono sacerdoti degni della massima stima e virtuosi.”
“Non ho mai parlato dei singoli rappresentanti della Chiesa. Intendo parlare del cattolicesimo romano, nella sua essenza, intendo Roma stessa. Non è possibile che la Chiesa possa scomparire del tutto! Non ho mai detto una cosa simile.”
“Ne convengo, ma sono tutte cose note da tempo e persino inutili... sono questioni che appartengono alla teologia...”
“Ah, no! no! non appartengono esclusivamente alla teologia, ve lo assicuro io. Questo ci tocca molto piú da vicino di quanto non crediate. In ciò consiste appunto il nostro sbaglio: noi non possiamo comprendere che non sono cose esclusivamente teologiche! Anche il socialismo è prodotto dal cattolicesimo e dall’essenza del cattolicesimo! Anche esso come il fratello, l’ateismo, deriva dalla disperazione come antitesi del cattolicesimo, nel senso morale, per sostituire lo scomparso potere morale della religione, per saziare la sete spirituale dell’umanità rinascente e per salvarla, non piú con Cristo, ma con la violenza. È anch’essa una libertà raggiunta con la violenza, è anch’esso un’unione ottenuta per mezzo della spada e del sangue! ‘Tu non osi credere in Dio, non osi possedere, non osi avere la tua propria personalità; fraternité ou la mort, due milioni di teste decapitate!’ È detto: ‘Li riconoscerete dai loro atti’. E non dovete pensare che tutto ciò sia anodino e poco minaccioso per noi: oh, noi dobbiamo opporvi resistenza e senza indugiare, al piú presto! Bisogna, per resistere all’Occidente, che il nostro Cristo risplenda, il Cristo che noi abbiamo conservato e ch’essi non conoscono! Non dobbiamo servilmente lasciarci pigliare all’amo dai gesuiti, dobbiamo invece comparire dinanzi a loro, portando loro la nostra civiltà russa, e non dicano i nostri che la loro predicazione è elegante, come, non ricordo piú chi, ebbe a dire un momento fa...”
F. M. Dostoevskij, L’idiota, Garzanti, Milano, 1978, vol. II, pagg. 686-689
Pensate un po', per esempio, alla tortura: ci sono sofferenze e ferite, c'è il tormento fisico, e tutto ciò dovrebbe distrarre dalle sofferenze dell'anima, perché si soffre soltanto per le ferite fino a che non si muore. Ma il dolore essenziale, quello più forte, forse, non è quello delle ferite, è il sapere con certezza che fra un'ora, poi fra dieci minuti, poi fra mezzo minuto, poi adesso, ecco, proprio ora, l'anima vola via dal corpo, e tu come persona non esisterai più, e questo ormai con certezza. La cosa più importante, ecco, è questa certezza. Ecco, come metti la testa sotto la lama e la senti scivolare sopra la testa, ecco, questo quarto di secondo è il più terribile. E sapete che questa non è una mia fantasia, ma che l'hanno detto in molti? Io ci credo a tal punto, che vi dirò schiettamente la mia opinione. Uccidere per un'uccisione è una punizione incomparabilmente più grande dello stesso delitto. L'omicidio su sentenza è incomparabilmente più orribile dell'omicidio del delinquente. Chi viene ucciso dai briganti viene sgozzato di notte, in un bosco, o da qualche altra parte, e fino all'ultimo momento spera di salvarsi. Ci sono esempi di persone che avevano già la gola tagliata e speravano ancora o correvano, o pregavano. Qui invece quest'ultima speranza, con la quale morire è dieci volte più leggero, la tolgono con certezza. Qui esiste una sentenza, e nel fatto che con certezza non sfuggirai sta tutto l'orribile tormento, e un tormento più forte al mondo non esiste. Voi potete mettere un soldato davanti a un cannone in combattimento, e sparargli addosso, e lui continuerà a sparare, ma leggete a questo stesso soldato una sentenza che lo condanna con certezza, e lui impazzirà o si metterà a piangere. Chi ha detto che la natura umana è capace di sopportare questo senza impazzire? Perché un simile oltraggio mostruoso, non necessario, inutile? Forse esiste anche una persona a cui hanno letto la sentenza, è stato dato il tempo di tormentarsi, e poi le hanno detto: "Vattene, sei graziato". Ecco, forse quell'uomo potrebbe raccontarlo. Anche Cristo ha parlato di questo tormento, di questo orrore. No, non si può agire così con un uomo!
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
In effetti, tanto per fare un esempio, non c'è nulla di più irritante che essere ricco, di buona famiglia, avvenente, colto, intelligente e perfino buono e, al tempo stesso, non possedere nessuna attitudine speciale, nessuna originalità o almeno un'idea che possa dirsi veramente personale. Non c'è nulla di più irritante, in questo caso, che scoprire di essere "come tutti". Certo ci sarà la ricchezza, ma non una ricchezza alla Rothschild; ci sarà una famiglia rispettabile, ma non esattamente notevole; un aspetto avvenente, ma pochissimo espressivo; una buona istruzione, ma priva di una qualunque applicazione utile; un ingegno non comune; ma sfornito di idee proprie; un buon cuore, ma senza impulsi davvero magnanimi... Di gente con queste caratteristiche, il mondo è pieno, molto di più di quanto possa sembrare. Si tratta di un mondo che è possibile dividere in due grandi categorie: quella dei limitati e quella dei meno limitati. I primi, in genere, sono quelli più felici. A un uomo ordinario e limitato riesce facilissimo immaginarsi di non essere una persona ordinaria e limitata e, senza nutrire mai alcun dubbio, riesce a trovare nella sua convinzione un vero appagamento. Ad alcune signorine, tanto per dirne una, è sufficiente tagliarsi i capelli, mettersi degli occhiali azzurri e definirsi "nichiliste" per convincersi immediatamente di aver acquisito, insieme all'apparenza, anche la sostanza che c'è dietro questi principi. Ci sono persone a cui basta cogliere nel proprio cuore una minuscola traccia di un sentimento buono e universale per immaginarsi che nessuno, al mondo, possa essere sensibile come loro, autentici, antesignani del progresso.
Ad altri basta strappare dalla bocca del prossimo una qualunque idea, o dare uno sguardo a una paginetta scritta da chicchessia, per credere che quelle idee siano di sua fabbricazione. La sfrontatezza dell'ingenuità, se si può dire così, è capace di arrivare al meraviglioso: Tutto ciò è inverosimile eppure estremamente comune.
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
Pensò, fra le altre cose, che nei suoi stati epilettici c’era una fase che precedeva quasi immediatamente l’accesso (se l’accesso lo coglieva nella veglia) e in cui, framezzo alla tristezza, al buio dell’anima, all’oppressione, il suo cervello pareva a tratti infiammarsi e tutte le sue forze vitali si tendevano di colpo con impeto eccezionale. Il senso della vita, dell’autocoscienza si decuplicava quasi in quegli istanti, rapidi come lampi. La mente e il cuore s’illuminavano di una luce straordinaria: tutte le ansie, tutte le inquietudini, tutti i dubbi sembravano placarsi all’improvviso e risolversi in una calma suprema, piena di limpida e armoniosa gioia e speranza, piena d’intelligenza e pregna di finalità. Ma questi momenti, questi sprazzi di luce non erano che il preannuncio di quel definitivo minuto secondo (mai più di un secondo) con cui s’iniziava l’accesso. E questo secondo, naturalmente, era intollerabile. Ripensando a quest’attimo in seguito, dopo il ritorno allo stato normale, spesso diceva a sé medesimo che tutti quei lampi e quegli sprazzi di più alta sensazione e autocoscienza, e perciò anche di “esistenza suprema”, altro non erano che malattia, perturbamento dello stato normale, e se era così, non era già quella un’esistenza superiore, ma al contrario andava posta accanto alla più bassa. E nondimeno arrivò infine a una deduzione estremamente paradossale: “Che significa che tutto ciò sia malattia? – finì col concludere – che importa che questa tensione sia anormale, se il suo risultato, la sensazione di un minuto secondo, ricordata poi ed analizzata nello stato sano, si rivela formata in sommo grado di armonia e di bellezza, e dà un senso inaudito, mai prima conosciuto, di pienezza, di equilibrio, di pace e di trepidante, estatica fusione con la sintesi suprema della vita?”
Fëdor Dostoevskij, L'idiota
l'idiota era il principe Miskyn del romanzo "l'idiota"
QUAL È IL SIGNIFICATO ETIMOLOGICO, STORIOGRAFICO E LETTERARIO DELLA PAROLA "IDIOTA"? QUALI SONO I SUOI USI?
Stella Domino
In italiano la parola idiota entra nel XIV secolo, riprendendo di peso per via colta il latino idiota. In latino, idiota significava 'incompetente, inesperto, incolto' e proveniva a sua volta dal greco idiótes. Idiótes voleva dire 'uomo privato', in contrapposizione all'uomo pubblico, il quale ultimo rivestiva cariche politiche e dunque era colto, capace, esperto; quindi già in greco idiótes valeva 'uomo inesperto, non competente'. Torniamo alla lingua italiana del Trecento: idiota vi significa (e di lì in poi significherà fino ai giorni nostri) 'che, chi è stupido, privo di senno, incapace di ben ragionare' e, anche per influsso della coeva poesia francese, 'incolto, ignorante'. Come per altri vocaboli di significato simile (stupido, scemo, imbecille ecc.) è possibile fare di idiota un uso, come dire, aggressivo, adoperandolo come epiteto spregiativo o colloquialmente scherzoso.
Idiota 'chi è malato di idiozia' risente di una tecnicizzazione medica del vocabolo idiozia e famiglia (idiota, idiotismo), che ci proviene dal francese dell'Ottocento. L'idiozia come 'grave malattia dello sviluppo mentale' ha cessato da tempo di costituire una fattispecie nosografica valida nella medicina. Insomma, oggi idiota e idiozia restano nel dominio esclusivo della lingua comune.
Per un celebre idiota letterario, basti citare L'idiota (titolo originale russo: Idiòt) del grande narratore Fëdor Dostoèvskij. L'"idiota" protagonista del romanzo, il principe Myškin, è però un idiota molto particolare, segnato da una forte valenza simbolica: un candido, un buono integrale, un angelo che cerca di farsi uomo e, in quanto tale, riguardato dagli altri esseri umani - di animo molto meno nobile - come una sorta di socialmente disadattato, di mentecatto, di malato di idiozia (nel senso tecnico del termine, allora in voga): un idiota, appunto.
L'idiota della locuzione utili idioti è, come mostra di sapere il signor Cristofori, un "idiota politico": in origine, appena dopo la seconda guerra mondiale e per molti anni ancora, l'espressione (coniata da Stalin ma immediatamente fatta propria dagli anticomunisti) si riferì a coloro che, per ingenuità, finivano col fare gli interessi dei partiti di sinistra (e specialmente del Partito comunista), pur non militandovi. In séguito, per estensione, pur mantenendo il significato originario, la locuzione ne ha sviluppato uno più generico, riferendosi a chiunque agisce a vantaggio di altri senza che il proprio merito sia riconosciuto e senza guadagnarci nulla.
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/domande_e_risposte/lessico/lessico_031.html
1. LETTERATURA
L'IDIOTA
Il protagonista, il principe Myškin, è l'ultimo erede di una grande famiglia decaduta.
Egli è un uomo spiritualmente elevato, generoso d'animo e ha una cieca fede nella bontà del prossimo; inoltre, è caratterizzato da inesperienza di vita e una debolezza della volontà.
Durante il ritorno in patria, dopo un lungo soggiorno in Svizzera dove si è curato per una malattia nervosa, Myškin ha per compagno di viaggio Rogožin, un giovane esuberante e violento, che gli narra il suo amore folle per la bella Nastas’ja Filippovna.
Myškin, dopo una serie di vicissitudini, scopre che un certo Ganja vorrebbe sposare Nastas’ja, attirato più che altro dalla di lei dote, che un passato amante le aveva lasciato.
La sera in cui la decisione dovrà essere presa, Rogožin fa irruzione in casa di Nastas’ja, offrendole una cifra pari alla dote di lei, purché rifiuti Ganja e diventi la sua amante.
Myškin, che si è scoperto molto attratto dalla donna, si dice pronto a sposarla, pur di sottrarla a quel mercato umiliante.
Nastas’ja, commossa ma incredula, fugge con Rogožin.
Di Myškin, nel frattempo, si è innamorata la giovane Aglaja, aristocratica figlia del generale Epančin: ma fra le due donne, Myškin sceglie Nastas’ja, sognando di strapparla una seconda volta a Rogožin.
Tuttavia, consapevole dell'assoluta bontà del principe, Nastas'ja esita a lungo e infine, sentendosi indegna del suo amore, si abbandona a Rogožin, il quale però intuisce bene la vera natura di quella scelta e, preso da una folle gelosia, la uccide, dopo aver tentato prima di uccidere l'amico.
I due passano insieme la notte: il mattino seguente, Rogožin è delirante e Myškin è impazzito nuovamente.
Rogožin è processato e condannato a quindici anni in Siberia.
Aglaja si sposa con un emigrato polacco, un finto conte.
Myškin torna in clinica in Svizzera.
Cinzia Imparato
Una persona buona , ma buona veramente, viene tacciata di idiozia in una società come la nostra.
A Napoli si dice "fesso" per indicare una persona troppo buona. Il suo destino, per D. è la follia.
L 'esaltazione dell'uomo ordinario, felice in quanto tale è uno degli aspetti che mi sono rimasti in testa di questo libro.
Sabato 4 Aprile 2009, 07:00 in filosofia della bellezza
di Marco Apolloni
L'IDIOTA
Il protagonista, il principe Myškin, è l'ultimo erede di una grande famiglia decaduta.
Egli è un uomo spiritualmente elevato, generoso d'animo e ha una cieca fede nella bontà del prossimo; inoltre, è caratterizzato da inesperienza di vita e una debolezza della volontà.
Durante il ritorno in patria, dopo un lungo soggiorno in Svizzera dove si è curato per una malattia nervosa, Myškin ha per compagno di viaggio Rogožin, un giovane esuberante e violento, che gli narra il suo amore folle per la bella Nastas’ja Filippovna.
Myškin, dopo una serie di vicissitudini, scopre che un certo Ganja vorrebbe sposare Nastas’ja, attirato più che altro dalla di lei dote, che un passato amante le aveva lasciato.
La sera in cui la decisione dovrà essere presa, Rogožin fa irruzione in casa di Nastas’ja, offrendole una cifra pari alla dote di lei, purché rifiuti Ganja e diventi la sua amante.
Myškin, che si è scoperto molto attratto dalla donna, si dice pronto a sposarla, pur di sottrarla a quel mercato umiliante.
Nastas’ja, commossa ma incredula, fugge con Rogožin.
Di Myškin, nel frattempo, si è innamorata la giovane Aglaja, aristocratica figlia del generale Epančin: ma fra le due donne, Myškin sceglie Nastas’ja, sognando di strapparla una seconda volta a Rogožin.
Tuttavia, consapevole dell'assoluta bontà del principe, Nastas'ja esita a lungo e infine, sentendosi indegna del suo amore, si abbandona a Rogožin, il quale però intuisce bene la vera natura di quella scelta e, preso da una folle gelosia, la uccide, dopo aver tentato prima di uccidere l'amico.
I due passano insieme la notte: il mattino seguente, Rogožin è delirante e Myškin è impazzito nuovamente.
Rogožin è processato e condannato a quindici anni in Siberia.
Aglaja si sposa con un emigrato polacco, un finto conte.
Myškin torna in clinica in Svizzera.
Una persona buona , ma buona veramente, viene tacciata di idiozia in una società come la nostra.
A Napoli si dice "fesso" per indicare una persona troppo buona. Il suo destino, per D. è la follia.
L 'esaltazione dell'uomo ordinario, felice in quanto tale è uno degli aspetti che mi sono rimasti in testa di questo libro.
Sabato 4 Aprile 2009, 07:00 in filosofia della bellezza
di Marco Apolloni
Chi sarà mai questo Dio, proprio non saprei dirlo. C'è chi lo crede un'entità astratta e chi invece, come me, non riesce ad immaginarselo se non come fenomenologia continua di tutto l'esistente: ad esempio, incarnato nella quintessenza di un cielo azzurro incontaminato. Credo che nessuno sappia definire con esattezza Dio, anche se tutti sappiamo riconoscerne le sue svariate manifestazioni. Si giunge al divino solo mediante l'intuizione. In una certa misura tutti possediamo la facoltà intuitiva, che ci permette di assaporare il lato mistico della vita scisso dal lato ordinario della stessa. Gli individui che ci fanno da tramite con il divino sono perlopiù artisti, ossia coloro i quali riescono a cogliere la scintilla divina, che si cela dietro ogni singola particella del creato. Noi tutti, dunque, non siamo che degli eoni partecipanti di quella bellezza cosmica, frutto di una creazione superiore. Per questo credo anch'io con Dostoevskij che: la bellezza salverà il mondo...
Il tema della bellezza che salverà il mondo viene riportato a galla in età moderna dal grande romanziere russo F. Dostoevskij. In particolare, nell'opera L'Idiota, che vede protagonista un essere assolutamente buono, il principe Myskin, alle prese con un mondo invece completamente malvagio. La missione di questo eroe atipico sarà appunto quella d'instillare il seme della bellezza, di cui lui è portatore, in un contesto di assoluta desolazione spirituale. Missione che lui stesso fallirà inesorabilmente; così come fallì Cristo portatore del divino, ma che tuttavia non fu creduto dagli uomini e per questo fu crocifisso. La bellezza domina questo capolavoro dostoevskijano, dalla prima all'ultima riga, aleggiandovi ed esercitando sui lettori un'irresistibile fascinazione. Bellezza che, in altri termini, non può che essere di derivazione platonica, visto l'indiscutibile platonismo della cultura ortodossa, di cui Dostoevskij fu uno dei massimi esponenti. Per l'appunto uno dei testi fondativi del misticismo russo s'intitola Filocalia, che vuol dire proprio: amore per la bellezza. Riassumendo: sia Platone che Dostoevskij non credevano in questo mondo, preda della bruttezza, bensì non smisero mai di credere nell'oltremondo della bellezza - intesa come fuoriuscita da un mondo inferiore. Entrambi corroborarono, dunque, la profezia sulla bellezza salvatrice.
ANDREA OPPO, DOSTOEVSKIJ: LA BELLEZZA, IL MALE, LA LIBERTA'
1. "Quale Bellezza salverà il mondo? L'Idiota di Dostoevskij e un difficile enigma" | ||
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