domenica 10 luglio 2016

Secondo Aristotele, l'elefante era l'animale che tutti sorpassava per mente e arguzia, e i numerosi studi su di esso sembrano confermare l'ipotesi. L'elefante è l'animale terrestre con il cervello più grande; la regione dell'ippocampo, connessa alla capacità di provare emozioni, è in proporzione più grande persino rispetto all'uomo.


Secondo Aristotele, l'elefante era l'animale che tutti sorpassava per mente e arguzia, e i numerosi studi su di esso sembrano confermare l'ipotesi.
L'elefante è l'animale terrestre con il cervello più grande; la regione dell'ippocampo, connessa alla capacità di provare emozioni, è in proporzione più grande persino rispetto all'uomo.
Alcuni ricercatori hanno osservato negli elefanti flashback psicologici, ovvero capacità di rievocare avvenimenti spiacevoli avvenuti in passato e soffrirne nel presente.
Cynthia Moss, naturalista e direttrice del centro di ricerca sugli elefanti ad Amboseli (Kenya), riporta nei suoi libri episodi in cui questi animali sono stati osservati mentre seppellivano i loro morti, utilizzando terra, rami e foglie.
Martin Meredith (ricercatore) ha descritto il caso di un "funerale" tra elefanti durato addirittura 2 giorni, con sepoltura annessa; l'episodio è riportato nel suo libro "Elephant Destiny: Biography of an Endangered Species in Africa".
Sono stati riportati casi in cui i pachidermi coprivano con foglie e rami anche cadaveri di esseri umani; alcuni elefanti avevano addirittura ricoperto il corpo di una donna addormentata, scambiandola verosimilmente per un cadavere (Meredith).
Gli elefanti possono inoltre servirsi di strumenti trovati in natura o confezionarli loro stessi; uno di loro fu osservato mentre, dopo aver scavato un buco in terra per bere, ricopriva il buco con una palla di corteccia masticata per evitare evaporazione, e in seguito tornava sul posto per bere.
Sono inoltre capaci di attività artistiche, come dipingere quadri astratti o suonare e ascoltare musica; uno di questi dipinti fu paragonato a Jason Pollock e venduto per 25.000 $.
I pachidermi sanno anche risolvere problemi: furono osservati mentre si liberavano delle catene utilizzate per contenerli in gabbia, una volta compreso il funzionamento del loro meccanismo.
Possono anche contare; in un test in cui dovevano scegliere tra due contenitori pieni di mele in numero simile, hanno scelto il contenitore con più mele nel 75% dei casi.
Sono inoltre capaci di riconoscere la loro immagine in uno specchio, tratto in comune con alcuni primati, i delfini, e alcune specie di gazza.
Questo dimostrerebbe la loro capacità di avere coscienza di sé ad un livello davvero molto alto, e ha contribuito all'indignazione degli ambientalisti verso ogni forma di abuso.
In particolare fu criticata, nel Parco Nazionale Kruger (Sud Africa), la pratica di abbattere gli elefanti per controllarne la popolazione ormai in esubero; un attivista affermò "L'elefante è un animale talmente simile all'uomo per intelligenza, legami sociali, ed empatia, che ucciderlo è paragonabile a un omicidio".


https://en.wikipedia.org/wiki/Elephant_cognition

http://www.scientificamerican.com/article/the-science-is-in-elephants-are-even-smarter-than-we-realized-video/

http://www.the-scientist.com/?articles.view%2FarticleNo%2F25148%2Ftitle%2FWhen-I-see-an-elephant---paint-%2F




Quando ero piccolo adoravo il circo, mi piacevano soprattutto gli animali.
Ero attirato in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini. Durante lo spettacolo quel bestione faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune… Ma dopo il suo numero, e fino a un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato a un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe. Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri. E anche se la catena era grossa e forte, mi pareva ovvio che un animale in grado di sradicare un albero potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire. Era davvero un bel mistero. Che cosa lo teneva legato, allora? Perché non scappava? Quando avevo cinque o sei anni nutrivo ancora fiducia nella saggezza dei grandi. Allora chiesi a un maestro, a un padre o a uno zio di risolvere il mistero dell’elefante. Qualcuno di loro mi spiegò che l’elefante non scappava perché era ammaestrato. Allora posi la domanda ovvia: «Se è ammaestrato, perché lo incatenano?». Non ricordo di avere ricevuto alcuna risposta coerente. Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto, e ci pensavo soltanto quando mi imbattevo in altre persone che si erano poste la stessa domanda. Per mia fortuna, qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato abbastanza saggio da trovare la risposta giusta: L’elefante del circo non scappa perché è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo. Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso appena nato, legato al paletto. Sono sicuro che, in quel momento, l’elefantino provò a spingere, a tirare e sudava nel tentativo di liberarsi. Ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perché quel paletto era troppo saldo per lui. Lo vedevo addormentarsi sfinito, e il giorno dopo provarci di nuovo, e così il giorno dopo e quello dopo ancora… Finché un giorno, un giorno terribile per la sua storia, l’animale accettò l’impotenza rassegnandosi al proprio destino. L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perché, poveretto, crede di non poterlo fare. Reca impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata subito dopo la nascita. E il brutto è che non è mai più ritornato seriamente su quel ricordo. E non ha mai più messo alla prova la sua forza, mai più…

Jorge Bucay


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