giovedì 3 dicembre 2015

Agota Kristof. Scriveremo: «Noi mangiamo molte noci», e non: «Amiamo le noci», perché il verbo amare non è un verbo sicuro, manca di precisione e di obiettività. «Amare le noci» e «amare nostra Madre», non può voler dire la stessa cosa. La prima formula designa un gusto gradevole in bocca, e la seconda un sentimento. Le parole che definiscono i sentimenti sono molto vaghe; è meglio evitare il loro impiego e attenersi alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani e di se stessi, vale a dire alla descrizione fedele dei fatti.

Si rivolse a un architetto, gli descrisse confusamente la casa della sua infanzia. L'architetto sorrise: lo interpellavano di continuo per realizzare progetti senza alcun rapporto con la realtà.
— Ho bisogno di cifre precise, di misure. Senza misure non posso fare nulla.
— Sì, capisco. Scriverò, farò misurare. L'importante è la veranda, e la vigna che si arrampica sui muri. Senza dimenticare la polvere sulle foglie e sui grappoli d'uva.
Agota Kristof, La casa



E quando avrai troppa pena, troppo dolore, e se non ne vorrai parlare con nessuno, scrivi. Ti aiuterà.
Agota Kristof, Trilogia della città di K.



«È sempre. Tutto insieme. Perché le cose vivono in me e non nel tempo. E in me tutto è presente».
Agota Kristof, “Ieri”


Scriveremo: «Noi mangiamo molte noci», e non: «Amiamo le noci», perché il verbo amare non è un verbo sicuro, manca di precisione e di obiettività. «Amare le noci» e «amare nostra Madre», non può voler dire la stessa cosa. La prima formula designa un gusto gradevole in bocca, e la seconda un sentimento.
Le parole che definiscono i sentimenti sono molto vaghe; è meglio evitare il loro impiego e attenersi alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani e di se stessi, vale a dire alla descrizione fedele dei fatti.
Agota Kristof


Ieri ho vissuto un istante di felicità inattesa, immotivata.
È venuta verso di me attraverso la pioggia e la nebbia, sorrideva, fluttuava al di sopra degli alberi, mi danzava davanti, mi circondava.
Io l'ho riconosciuta.
Era la felicità di un tempo remoto, quando il bambino e io eravamo tutt'uno.
Io ero lui, avevo solo sei anni e la sera nel giardino sognavo guardando la luna...
Agota Kristof, Ieri


Ieri tutto era più bello
La musica tra gli alberi
Il vento nei miei capelli
E nelle tue mani tese
Il sole.
Agota Kristof


Ci sono tante cose alle quali dovrei pensare, per esempio questo vento, adesso dovrei uscire e camminare nel vento. Non insieme a te, Line, non ti arrabbiare. Camminare nel vento è una cosa che non si può fare altro che da soli, perché c’è una tigre e un pianoforte la cui musica uccide gli uccelli, e la paura può essere dissolta solo dal vento, si sa, io è tanto che lo so.
Agota Kristof, Ieri,
traduzione di Marco Lodoli, Einaudi, Torino 1997, p. 5.


Il tempo si lacera. Dove ritrovare i prati della mia infanzia? I soli ellittici rappresi nello spazio nero? Dove ritrovare il cammino che oscilla nel vuoto? Le stagioni hanno perduto il loro significato. Domani, ieri, che vogliono dire queste parole? Non c'è che il presente. Una volta nevica. Un'altra volta piove. Poi c'è un po' di sole, un po' di vento. Tutto ciò è adesso. Non è stato, non sarà. E'. Sempre. Tutto insieme. Perché le cose vivono in me e non nel tempo. E in me tutto è presente.
Agota Kristof, Ieri


– Quando qualcuno li spaventa, sentono e vedono delle cose che non esistono.
Agota Kristof, Il grande quaderno
(dalla Trilogia della città di K.)


«Oggi ricomincio la corsa idiota. Mi alzo alle cinque di mattina, mi lavo, mi faccio la barba, mi preparo un caffè, e vado, corro fino alla piazza Principale, salgo sul bus, chiudo gli occhi, e tutto l'orrore della mia vita presente mi salta al collo».
Tobias Horvath è un emigrato, ogni suo giorno scorre nella quotidiana lentezza dell'abitudine e della ripetizione di gesti vuoti. Nato «in un villaggio senza nome, in un paese senza importanza», ha trascorso l'infanzia nella miseria, all'ombra della madre che era la ladra, la mendicante, la puttana del paese. Quando, tra i molti uomini che vedeva entrare e uscire di casa, ha scoperto chi era suo padre, Tobias ha preso un lungo coltello e gliel'ha affondato nella schiena, spingendo con tutte le sue forze per uccidere anche la madre, stesa sotto di lui. Il suo presente è il tempo che segue la fuga, senza sapere cosa si è lasciato alle spalle: non gli resta che rifugiarsi nella scrittura e nell'attesa di Line, una donna immaginaria.
Il giorno in cui Line arriva, sarà come il materializzarsi di un ricordo: lei emerge dal passato è la sua sorellastra, la sua ossessione di sempre. La nostalgia si mescola alla curiosità di sapere, la complicità sfocia in un amore impossibile. Potrebbe essere l'inizio di un futuro diverso, ma quella di Line e Tobias è una storia che non si può lasciare alle spalle.
Agota Kristof, Ieri








Quanto ho amato Ieri!



a me è piaciuto molto anche il film che ne ha tratto Silvio Soldini, Brucio nel vento


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