mercoledì 2 gennaio 2013

Kafka, Bisogna leggere libri che feriscano la coscienza. In questi giorni non potei prendere la penna in mano, poichè quando si abbraccia con lo sguardo una tal vetta che si innalza sempre più senza lacune come una torre, al punto che la si raggiunge appena coi propri cannocchiali, la coscienza non può trovar pace. Ma è bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti dai boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro deve essere la scure per il mare gelato dentro di noi. Questo credo. Franz Kafka, lettera a Oskar Pollak del 27.01.1904

Nel sanatorio di Kierling presso Klosterneuburg nei dintorni di Vienna è morto l’altro ieri il dott. Franz Kafka, scrittore di lingua tedesca vissuto a Praga. Qui lo conoscevano in pochi perché era un individuo solitario, un uomo sapiente, spaventato dal mondo. Da anni era affetto da una malattia polmonare e sebbene la curasse, tuttavia consapevolmente la nutriva e incoraggiava col pensiero. Quando l’animo e il cervello non riescono più a tollerare il peso, scrisse una volta in una lettera, i polmoni se ne addossano la metà, affinché esso perlomeno sia meglio distribuito. Così fu anche per la sua malattia. Essa gli conferiva una delicatezza quasi stupefacente, un raffinamento d’ingegno del tutto alieno da compromessi; ma lui, l’uomo, aveva scaricato sulla malattia tutta la propria angoscia intellettuale. Era timido, timoroso, delicato e buono, ma i suoi libri sono crudeli e dolorosi. Nel mondo scorgeva invisibili demoni, che straziano e distruggono l’essere umano indifeso. Era troppo perspicace, troppo saggio per poter vivere, troppo debole per lottare, debole come lo sono le creature nobili, belle, che non sono capaci di accettare la lotta contro la loro paura dell’incomprensione, della mancanza di bontà, della menzogna intellettuale, poiché sin dal principio sono coscienti della loro fragilità e nella sconfitta umiliano l’avversario. Conosceva gli uomini, come solo un essere di grande sensibilità nervosa è in grado di riconoscerli, un essere solitario, che da un unico sguardo, quasi profeticamente comprende l’altro. Conosceva il mondo in modo insolito e profondo, era lui stesso un mondo straordinario e profondo. […] Tutti i suoi libri descrivono l’orrore di misteriose incomprensioni, di colpe immeritate diffuse fra gli uomini. La sua coscienza di uomo e artista era a tal punto affinata da consentirgli di penetrare anche laddove gli altri, sordi, ritenevano di essere al sicuro.
Milena Jesenská, Elogio Funebre di Franz Kafka



"Le passeggiate al parco Steglitz erano balsamiche.
E le manine così dolci...
Coppie precoci, coppie ancorale nel tempo, coppie che non sapevano ancora di esserlo, anziani e anziane con le mani piene di storie e le rughe piene di passato alla ricerca di un triangolo di sole, soldati decorati e prestanti, servette dalla divisa immacolata, istitutrici con bambini e bambine vestili in ghingheri, sposi con i figli appena nati, sposi con i sogni appena sfumati, scapoli e zitelle dallo sguardo schivo, scapoli e zitelle dallo sguardo procace, guardie, giardinieri, venditori...
Il parco Steglitz pullulava di vita in quell’inizio d’estate.
Un regalo."

Frank Kafka sta passeggiando nel parco di Steglitz quando si imbatte nel pianto disperato di una bambina. Non riesce proprio a escludere quel suono dalla sua testa o a fare finta di niente. Magari si è persa? Qualcuno le ha fatto del male? No, niente del genere. Ha smarrito la sua bambola, Brigida. E’ inconsolabile. Dal niente, nella mente di Kafka, si forma subito un’idea, una soluzione pratica per placare il dolore della piccola: la bambola non si è smarrita, è semplicemente partita per un lungo viaggio.

“E lei come fa a saperlo?”
“Beh…io sono il postino delle bambole. Ho una lettera per te da parte di Brigida ma te la porterò domani perchè oggi ho finito il mio turno di lavoro”

Immaginate la scena? Il ritorno a casa dello stesso autore di “La metamorfosi” che si deve mettere alla scrivania e inventare una lettera fingendosi una bambola? La scena è esilarante, ma Frank vuole fare le cose per bene e così, giorno dopo giorno, assistiamo agli incontri nel parco e alla lettura di queste belle e preziose lettere che serviranno a Elsi per imparare che il distacco non è una cosa poi così negativa, che separarsi a volte serve per crescere, che viaggiare è bello magico. Kafka non lascia niente al caso, vuole placare il cuore della piccola e quel compito di responsabilità che si è preso nei suoi confronti lo spinge a recarsi ogni giorno a quegli strani appuntamento, con una nuova missiva e una nuova storia.

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Scheda libro:

Editore: Salani
Prezzo: 8.50 euro
Numero di pagine: 120


https://leggendoabari.wordpress.com/2016/10/26/kafka-e-la-bambola-viaggiatrice-di-jordi-sierra-i-fabra/





[...] Kafka bambino – lo racconta in una lettera a Milena – [...] ha la bella somma di un sechserl, una moneta da 10 corone, e ha voglia di regalarla a una vecchia mendicante, ma teme che il gesto sia eccessivo, e allora si fa cambiare la moneta e fa dieci volte il giro dell’isolato per dare alla mendicante un kreuzer alla volta.
Antonio Cassese, “Kafka è stato con me tutta la vita”


Sabino Cassese. Sabino è il fratello maggiore di Antonio, illustre giurista e giudice internazionale (1937-2011). Dopo la morte di Antonio, i suoi famigliari pubblicarono per il Mulino un volume di scritti che lui stesso aveva riordinato nell’ultimo tempo, dedicati alla compagnia segreta della sua intera esistenza: “Kafka è stato con me tutta la vita”. In quegli scritti c’era un’attenzione particolare a due episodi.


Questo esser veritiero non è un grandissimo merito, è anzi ben poco; io cerco sempre di comunicare qualcosa di non comunicabile, di spiegare qualcosa di inspiegabile, di parlare di ciò che ho nelle ossa e che soltanto in queste ossa può essere vissuto.
Franz Kafka, Lettere a Milena


La sorella di Max è talmente innamorata del fidanzato che sa fare in modo di parlare possibilmente coi visitatori a uno a uno perché col singolo può esprimersi meglio circa il proprio amore e ripetersi.
Franz Kafka, 7 gennaio 1911 (dai Diari)


La solida delimitazione dei corpi umani è spaventosa.
Franz Kafka


Era davvero una bestia se la musica l'afferrava come se potesse indicargli la strada per raggiungere un nutrimento ignoto e bramato?
Franz Kafka, La Metamorfosi


Nessun altro poteva entrare qui, perché questo ingresso era destinato soltanto a te.
Ora vado a chiuderlo.
Franz Kafka

Perché tu eri per me la misura di tutte le cose.
Franz Kafka.


Non riesco a farti capire.
Non riesco a far capire a nessuno cosa mi stia succedendo.
Non riesco a spiegarlo nemmeno a me stesso.
Franz Kafka


Quel ch'io tocco si sfascia
Franz Kafka, estratto da “Quinto quaderno”, pag. 127, Die Acht Oktavhefte

Ho bisogno di credere che non solo Dio, ma anche gli amori i cuori e le farfalle, resuscitano.
Tamura Kafka

Il bisogno costante, ingiustificato di confidarsi.
Guardare ogni persona per vedere se è possibile con lei e se sarebbe disponibile.
Franz Kafka citato da Roberto Calasso in La follia che viene dalle Ninfe

Sei insieme la quiete e la confusione del mio cuore.
Franz Kafka


È difficile dire la verità, perché ne esiste sì una sola,
ma è viva e possiede pertanto un volto vivo e mutevole.
Franz Kafka


Non riesco a liberarmi della sensazione che io non sia nel posto giusto.
Franz Kafka


In fondo non amo te
ma piuttosto la mia esistenza
donatami da te.
Franz Kafka


Il granchio era in fin di vita
Il granchio era in fin di forze
eppure si scosse
cercando di attingere a tutte le risorse,
si aggrappò alle rocce, scivolò e si tirò di nuovo su
ma le onde di carne di quel mare finito che é l’uomo,
lo cinsero,
e per lui fu la fine.
Franz Kafka, Il granchio


Che cosa sto facendo, qui, in questo inverno senza fine?
Franz Kafka, La metamorfosi

Tu ti credi già al limite delle possibilità
ed ecco che nuove forze accorrono.
È proprio questa la vita.
Franz Kafka,
La metamorfosi ed altri racconti


Il mio dovere di sostenermi,
di non disperdermi nell'assurdo,
di conservare libero lo sguardo.
Franz Kafka 

La vera via passa per una corda che non è tesa in alto, 
ma appena al di sopra del suolo. 
Sembra destinata a far inciampare più che a essere percorsa.
Franz Kafka, Aforismi di Zurau

Lascia dormire il futuro come merita.
Se si sveglia prima del tempo,
si ottiene un presente assonnato.
Franz Kafka

Da un certo punto in avanti non c’è più modo di tornare indietro.
E’ quello il punto al quale si deve arrivare.
Franz Kafka


Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio, ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.
Makurani, Kafka sulla spiaggia


È un dolore lancinante
eppure gradito
perchè in questo dolore
la mia esistenza
trova un appiglio.
Kafka sulla spiaggia; H. Murakami

Tutti perdiamo continuamente tante cose importanti, occasioni preziose, possibilità, emozioni irripetibili. Vivere significa anche questo. Ma ognuno di noi nella propria testa ha una piccola stanza dove può conservare tutte queste cose in forma di ricordi. Un po’ come le sale della biblioteca, con tanti scaffali. E per poterci orientare con sicurezza nel nostro spirito, dobbiamo tenere in ordine l'archivio di quella stanza: continuare a redigere schede, fare pulizie, rinfrescare l'aria, cambiare l'acqua ai fiori. In altre parole, tu vivrai per sempre nella tua biblioteca personale.
Kafka sulla spiaggia, Murakami

Non devi chiudere gli occhi. Non è permesso chiudere gli occhi. Tanto, non serve a migliorare nulla. Non è che chiudendo gli occhi si spenga qualcosa. Anzi, se lo fai, quando li riaprirai nel frattempo le cose saranno decisamente peggiorate. Questo è il mondo in cui viviamo. Devi tenere gli occhi bene aperti. Chiudere gli occhi è da rammolliti. Evitare di guardare in faccia la realtà è da codardi. Mentre tu tieni gli occhi chiusi e ti tappi le orecchie, il tempo avanza. Tic-toc-tic-toc.
Kafka sulla spiaggia, Murakami

Tu puoi tenerti lontano dai dolori del mondo, sei libero di farlo e risponde alla tua natura,
ma forse proprio questa tua astensione è l'unico dolore che potresti evitare.
Franz Kafka


(...) ero soltanto come uno che è ferito e che, finché non urta da nessuna parte, vive passabilmente, ma al primo contatto che lo colpisca davvero viene ricacciato nei primi dolori, i peggiori, e questo non come se le vecchie esperienze tornassero in vita, no,  quelle sono e restano passate, solo che è rimasto l'aspetto formale del dolore, letteralmente un antico canale di ferite e in questo ogni nuovo dolore naviga subito su e giù, orrendo come il primo giorno e più orrendo perché si è assai meno capaci di resistenza.
Franz Kafka, Lettera ad una sorella di Julie Wohryzek del 24 novembre 1919


I genitori che si aspettano riconoscenza dai figli (e ce ne sono che addirittura la pretendono) sono come quegli usurai che rischiano volentieri il capitale per incassare gli interessi.
Franz Kafka, Diari



In questo modo il mondo per me risultò diviso in tre parti:
una in cui vivevo io, lo schiavo, sotto leggi che erano state escogitate soltanto per me e che inoltre, non sapevo perché, non ero mai in grado di rispettare completamente; poi un secondo mondo, infinitamente distante dal mio, in cui vivevi tu, impegnato a governare, impartire ordini e andare in collera se non erano eseguiti; e infine un terzo mondo, dove il resto degli uomini vivevano felici, liberi da ordini e obbedienza.
Io ero costantemente in preda alla vergogna:
o seguivo i tuoi ordini, ed era una vergogna perché valevano soltanto per me, o recalcitravo, e anche questa era una vergogna, perché non si poteva recalcitrare davanti a te.
Franz Kafka, Lettera al padre


Debbo dire che tu non mi hai mai veramente picchiato.
Ma le tue grida, la tua faccia paonazza, il gesto di slacciarti la cinghia e tenerla pronta sulla spalliera della seggiola era quasi peggio.
Un po’ come quando uno aspetta di essere impiccato.
Una volta impiccato, muore e tutto è finito.
Ma chi deve vivere tutti i preparativi per l’impiccagione
e solo quando il capestro gli pende davanti al viso
viene a sapere di essere stato graziato,
quello può continuare a soffrire per tutta la vita.
Franz Kafka, Lettera al padre


Fra i racconti di Kafka ve ne sono pochi che abbiano interesse come La condanna. (…) 
«Questo racconto» dice Carrouges «è la storia di un giovane che litiga col padre a causa di un amico e che alla fine, disperato, si uccide. In poche righe, brevi quanto la descrizione del litigio era stata lunga, ci viene raccontato come questo giovanotto si uccide:
Si precipitò fuori della porta e attraversò le rotaie del tram, spinto irresistibilmente verso l’acqua. Già si aggrappava al parapetto come un affamato al suo cibo. Lo superò agilmente, da quell’abile ginnasta che era stato nella sua giovinezza, per l’orgoglio dei suoi genitori. Si trattenne ancora con le mani che andavano indebolendosi, spiò, tra le sbarre, il passaggio di un autobus, il cui rumore avrebbe coperto facilmente quello del suo tonfo, gridò piano: 
‘Cari genitori, eppure vi ho sempre amati!’, e si lasciò cadere sotto.
In quel momento la circolazione sul ponte era addirittura senza limiti”».
Franz Kafka, La condanna. 

Michel Carrouges insiste giustamente sul valore poetico della frase finale. 
Kafka stesso ne ha dato un’altra interpretazione al pio Max Brod: 
«Sai» gli disse «che cosa significa la frase finale? 
Scrivendola ho pensato a una violenta eiaculazione». 
Questa «straordinaria dichiarazione» lascerebbe forse intravedere dei «sottintesi erotici»? Designerebbe forse «nell’atto di scrivere una specie di compenso alla disfatta davanti al padre e allo scacco nel sogno di poter trasmettere la vita»? Non lo so, ma alla luce di questa «dichiarazione» la frase, riletta, esprime la sovranità della gioia, il passare sovrano dell’essere nel nulla, che gli altri sono per lui.
Georges Bataille, Kafka, in La letteratura e il male



Il 3 luglio 1883 nasce a Praga Franz Kafka, uno dei giganti del Novecento.
Nella sua breve vita (morì all'età di 40 anni), scrisse capolavori immortali in cui fu capace di penetrare con impressionante lucidità la condizione umana a profondità abissali. Animo schivo e solitario, mite e gentile, delicato e compassionevole, di una timidezza disarmante, fu incapace di vivere nella fisicità l'incontro amoroso con le donne, che sublimò liberando nei suoi scritti la sua immensa forza creatrice. Pubblicò pochissimo in vita e prima di morire diede precise istruzioni all'amico Max Brod di dare alle fiamme tutti i suoi manoscritti e di assicurarsi che non avrebbero mai visto la luce. Max Brod disattese la volontà dell'amico e assicurò all'umanità capolavori eterni come La metamorfosi, Il Processo, Il Castello, America, le Lettere a Milena. E i suoi Diari.
Non avresti mai voluto che qualcuno parlasse di te, Franz. Hai desiderato che assieme alla tua vita sparissero nel nulla anche le tue parole. Nemmeno questo ti è stato concesso e, crudele ironia, noi posteri ne siamo felici. Per questo sussurriamo appena, con un filo di voce: Buon anniversario Franz.
Il 3 luglio 1883 nasce a Praga Franz Kafka, uno dei giganti del Novecento. Nella sua breve vita (morì all'età di 40 anni), scrisse capolavori immortali in cui fu capace di penetrare con impressionante lucidità la condizione umana a profondità abissali. Animo schivo e solitario, mite e gentile, delicato e compassionevole, di una timidezza disarmante, fu incapace di vivere nella fisicità l'incontro amoroso con le donne, che sublimò liberando nei suoi scritti la sua immensa forza creatrice. Pubblicò pochissimo in vita e prima di morire diede precise istruzioni all'amico Max Brod di dare alle fiamme tutti i suoi manoscritti e di assicurarsi che non avrebbero mai visto la luce. Max Brod disattese la volontà dell'amico e assicurò all'umanità capolavori eterni come La metamorfosi, Il Processo, Il Castello, America, le Lettere a Milena. E i suoi Diari.
Non avresti mai voluto che qualcuno parlasse di te, Franz. Hai desiderato che assieme alla tua vita sparissero nel nulla anche le tue parole. Nemmeno questo ti è stato concesso e, crudele ironia, noi posteri ne siamo felici. Per questo sussurriamo appena, con un filo di voce: Buon anniversario Franz.





Prima di morire voleva dare alle fiamme i suoi manoscritti... 
Proprio al contrario di come fanno certi "scrittori" che adorano stare al centro dell'attenzione.
Kafka personificò il "negativo" del suo tempo.
Un negativo che era forse precursore dell'alienazione moderna...



3 giugno 1924 muore di tubercolosi a solo 40 anni Franz Kafka, scrittore e aforista ceco.
Nel corso della sua vita, pubblica solo qualche racconto. È l’amico Max Brod che cura la pubblicazione postuma di romanzi, racconti e diari, nonostante Kafka gli avesse espresso prima della morte la volontà che venisse distrutta tutta la sua produzione. Opere come “Il processo”, “Le Metamorfosi”, “Il Castello”, con il loro contenuto filosofico, rappresentano un’anticipazione dell’esistenzialismo contemporaneo.


IL 3 GIUGNO 1924, IL SI SPENSE LO SCRITTORE “ FRANZ KAFKA “
Franz Kafka (Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno 1924) è stato uno scrittore e aforista austro-ungarico, cecoslovacco a partire dal 1918, di lingua tedesca. Una delle maggiori figure della letteratura del XX secolo. Dopo gli studi classici, si iscrisse alla Facoltà di Legge. Nel 1904 scrisse il suo primo racconto "Descrizione di una battaglia". Iniziò poi a tenere dei "Diari", preziosi per capire la complessa personalità dell'autore che non riusciva a raggiungere una stabilità affettiva. Nel periodo tra il 1912 e il 1918 scrisse i racconti "Il fuochista", "Il verdetto", "La metamorfosi". Nel 1917 si ammalò di tubercolosi e si ritirò dalle responsabilità della vita quotidiana, rifugiandosi nella letteratura. Nel 1919 scrisse "Lettera al padre". Nel 1920 conobbe Milena Jesenska, traduttrice ceca delle sue opere, ma questo fu un amore incompiuto. Nel 1922 scrisse la parte più corposa de "Il Castello". Le tematiche di Kafka, il senso di smarrimento e di angoscia di fronte all'esistenza, caricano la sua opera di contenuti filosofici che hanno stimolato l'esegesi della sua opera specialmente a partire dalla metà del Novecento. I critici interpretano il suo lavoro nel contesto di differenti scuole letterarie quali modernismo e realismo magico. Non sono pochi i critici che hanno intravisto nei suoi testi elementi tali da farlo ritenere un interprete letterario dell'esistenzialismo. Altri infine hanno «coniato per Kafka la formula di "allegorismo vuoto". Come ogni autore allegorico, Kafka rappresenta una vicenda per "dire altro"; ma questo "altro" resta indecifrabile e dunque indicibile...» Motivo fondamentale dell'opera di Kafka è quello della colpa e della condanna. I suoi personaggi, colpiti improvvisamente dalla rivelazione di una colpa apparentemente sconosciuta, subiscono il giudizio di potenze oscure e invincibili, vengono per sempre esclusi da un'esistenza libera e felice, che intuiscono realizzata in un'altra dimensione del mondo, in un'altra realtà. Kafka non va considerato soltanto una delle più profonde espressioni poetiche della situazione esistenziale contemporanea, ma anche un originale mediatore tra la cultura occidentale a sfondo razionalistico e li impulsi mistici dell'ebraismo" [Enciclopedia Garzanti di Letteratura]. Morì nel sanatorio di Kierling , vicino a Vienna, dopo aver affidato all'amico Max Brod i suoi scritti, in parte ancora inediti e incompleti, con l'ordine di bruciarli. Tra questi c'era anche "Il processo, uno dei capolavori della letteratura novecentesca.



Kafka e la bambola.
Si narra che un giorno lo scrittore Franz Kafka, incontrò una bambina nel parco dove era solito passeggiare quotidianamente. Lei stava piangendo, aveva perso la sua bambola ed era affranta.
Kafka si offrì di aiutarla a cercare la bambola e si mise d’accordo con lei per rivedersi l’indomani nello stesso posto.
Incapace di trovare la bambola, compose una lettera “scritta” dalla bambola e la lesse alla bambina quando si rincontrarono. “Per favore, non piangere per me, mi sono messa in viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò per raccontarti le mie avventure”.
Questa fu la prima di molte lettere. Quando Kafka e la bambina si incontravano, lui le leggeva queste lettere redatte con cura sulle avventure immaginarie della cara bambola. La bambina si consolava. Quando gli incontri terminarono, Kafka le regalò una bambola. Ovviamente era diversa dalla bambola originale. Una lettera allegata spiegava: “i miei viaggi mi hanno cambiata…”
Molti anni più tardi, la piccola, ormai cresciuta, trovò un bigliettino nascosto in una fessura della bambola. In sintesi diceva: “Ogni cosa che ami, è molto probabile che la perdi, però alla fine, l’amore tornerà in una forma differente”.



sempre stupenda e toccante questa storia vera riportata da Jordi Sierra i Fabra nel romanzo omonimo; è la compagna di Kafka a raccontare l'episodio.


Una favola deliziosa che ha come protagonista proprio il grande Franz Kafka e basata su un fatto realmente avvenuto. Lo scrittore Jordi Sierra i Fabra ha ripreso l’episodio, riferito dalla allora compagna di Kafka Dora Dymant e ne ha creato un racconto molto delicato e ha reso molto toccante l’ atmosfera in cui si muovono i protagonisti. Attraverso la sua disarmante ingenuità e la sua spontaneità la bambina che ha perso la bambola Brigida, riesce a far breccia nel cuore così tormentato dello scrittore. E Kafka attraverso le lettere virtualmente scritte dalla bambola parla alla bambina dell’amore vero, quello che ha rispetto degli altri e assicura loro la libertà e la felicità. E’ una lezione questa per gli adulti, affinché imparino a rapportarsi con i bambini con rispetto, fantasia, comprensione e gentilezza.
 elettra ha scritto il  8 apr 2016


Durante i suoi ultimi mesi di vita Kafka incontrò al parco una bambina che piangeva disperata poiché non trovava più la sua bambola. Kafka, addolorato dal pianto della bimba, per portarle conforto le disse che la bambola era partita per un viaggio. Per ben tre settimane si calò nei panni della bambola e scrisse lettere indirizzate alla bambina in cui la bambola le raccontava i suoi viaggi e così rese a poco a poco il distacco più dolce e sopportabile. Questo episodio è stato riportato dall'allora compagna di Kafka, Dora. Sono state effettuate ricerche ma non è mai stata rintracciata la bambina e tanto meno rinvenute le lettere. A dare un contenuto alle lettere ci ha pensato Jordi Sierra I Fabra con questo romanzo molto delicato. Una bella descrizione di quella magia che si ha quando si è bambini che consente di credere alle favole. La bambina gioisce delle lettere e non si pone domande sul fatto che una bambola viaggi, scriva, che faccia il giro del mondo in tempo brevissimo o che le lettere arrivino cosi' rapidamente. Questa è la sua storia, di lei e della sua bambola e lei ci crede fermamente. Colpisce anche l'entusiasmo di Kafka che, seppur debilitato nel fisico e nel morale, si fa coinvolgere emotivamente dall'impresa e si applica con dovizia nella scrittura delle missive con le quali, oltre a riferire le varie meraviglie visitate dalla bambola, guida la piccola in un percorso di crescita che la porterà ad accettare con consapevolezza e senza dolore il fatto di non avere più la sua compagna di giochi. Insomma, una bellissima fiaba. Mi piacerebbe tanto che venissero ritrovati gli originali delle lettere e poterle leggere.
  Samantha ha scritto il  23 set 2016





"Kafka fue el más grande descubridor de signos en la vida moderna"
Berlino, 1923. Parco Steglitz.
Lei si chiama Elsi. Piange disperata.
Aveva sistemato la bambola sulla panchina ed era corsa a giocare. Ora la sua Brigida non c’è più.
Lui è Franz Kafka. Sente il pianto della bambina. Non conosce la ragione di quel pianto.
Non sa cosa fare. Poi s’avvicina e comprende il motivo di tanto dolore.
È un attimo, il tempo di un respiro e lo scrittore si trasforma in “postino delle bambole”.
Brigida è partita per un viaggio alla scoperta del mondo ma non mancherà di dare notizie alla sua piccola amica. Così lui, scrittore complesso scrive le lettere di una bambola e ogni giorno,
per tre settimane, si presenta all’appuntamento nel parco per consegnare e leggere la missiva a Elsi.
Io li vedo. Lei, piccina, i capelli scuri raccolti in trecce siede accanto a Kafka.
Si aggrappa al suo braccio, vi posa la testolina. In questo modo nessuna parola andrà persa. Nemmeno se sussurrata. Elsi non ha dubbi, è proprio la sua Brigida che le scrive tutte quelle lettere piene di gioia, energia, entusiasmo e tanto amore e riconoscenza per lei. Fa una tenerezza infinita la capacità meravigliosa dei bambini di vivere l’incanto e vivere nell’incanto come fosse un fatto assolutamente normale.

“I piccoli desiderano credere. Nel loro mondo non esiste la diffidenza umana, non ancora.
È un universo di soli e lune, giorni intrecciati, pieni di pace, amore e carezze”.

In una delle lettere Brigida scrive a Elsi:
”… il tempo non esiste al di là dell’amore. So che hai pianto quando me ne sono andata.
Ma voglio che tu rida e canti e pensi sempre che il futuro non è un problema da risolvere,
ma un mistero da scoprire”.
Il tempo passa. Bambini e bambole crescono. I misteri della vita attendono d’essere svelati.
È un libro per bambini. Una favola bella. Una carezza, un volo di farfalla.
È il tepore del sole a primavera. Il profumo dell’erba novella.
Se anche Kafka avesse incontrato un postino delle bambole… chissà.

L’8 maggio del 2004 comparve su Babelia, supplemento a El Pais, un articolo di Cèsar Aira dal titolo “La bambola giramondo”. Era riportato un episodio raccontato da Dora Dymount, compagna dello scrittore che raccontava del giorno in cui Kafka cadde in preda a uno stato di esaltazione nervosa e si mise a scrivere la prima lettera alla quale seguirono le altre tutte scritte con tanta serietà come se si trattasse di uno dei suoi romanzi.
Klaus Wagenbach, studioso di Kafka ha cercato per anni di ritrovare quella bambina chiedendo agli abitanti della zona, pubblicando annunci sui giornali senza però arrivare ad alcun risultato.
Della bambina e delle lettere non v’è traccia. Non ancora, almeno.
Jordi Sierra i Fabra, ispirato dalla vicenda, ha dato vita a “Kafka e la bambola viaggiatrice”.
Libro per bambini di tutte le età.
http://elpais.com/diario/2004/05/08/babelia/1083973160_850215.html




 «Sono arrivati dei sogni, risalendo la corrente del fiume, stanno salendo per una scala sulla banchina. Ci si ferma, si conversa con loro, essi sanno molte cose, quello che non sanno è di dove vengono. Molto tiepida questa sera d’autunno. I sogni si volgono verso il fiume e alzano le braccia. Perché alzate le braccia, invece di stringerci in esse?»
Franz Kafka, Sogni, Sellerio, pp. 159



Si può benissimo pensare che la magnificenza della vita sia pronta intorno a ognuno e in tutta la sua pienezza, ma velata, nel profondo, invisibile, lontanissima. È però non ostile, non riluttante, non sorda. Se la si chiama con la parola giusta, col nome giusto, viene.
Franz Kafka


Scrivere lettere significa denudarsi davanti ai fantasmi che ciò attendono avidamente.
I baci scritti non arrivano a destinazione ma vengono bevuti dai fantasmi lungo il tragitto.
Franz Kafka


Gli uomini diventano cattivi e colpevoli perché parlano e agiscono senza figurarsi l’effetto delle loro parole e delle loro azioni.  Sono sonnambuli, non malvagi.
Franz Kafka


57. Per tutto ciò che trascende il mondo sensibile, noi non possiamo servirci del linguaggio che in forma puramente allusiva, mai anche solo approssimativamente comparativa, dato che esso, come si conviene al mondo dei sensi, non tratta che del possesso e dei suoi rapporti.
Franz Kafka


Prometeo di Franz Kafka
Di Prometeo si narrano quattro leggende: secondo la prima, poiché aveva tradito gli dèi per gli uomini, fu incatenato al Caucaso, e gli dèi mandavano delle aquile a divorargli il fegato, che continuamente ricresceva.
Secondo la seconda, Prometeo per il dolore dei colpi di becco si addossò sempre più alla roccia fino a diventare una sola cosa con essa.
Secondo la terza, nei millenni il suo tradimento fu dimenticato, dimenticarono gli dèi, le aquile, lui stesso.
Secondo la quarta, ci si stancò di lui che non aveva più ragione di essere.
Gli dèi si stancarono, si stancarono le aquile, la ferita, stanca, si chiuse.
Restò l’inspiegabile montagna rocciosa. – La leggenda tenta di spiegare l’inspiegabile.
E dal momento che proviene da un fondo di verità, deve finire nuovamente nell’inspiegabile



Il mondo si divideva per me in tre parti, e nella prima io, lo schiavo, vivevo sottoposto a leggi concepite solo per me e alle quali, senza saperne il motivo, non riuscivo del tutto ad adeguarmi, poi c'era un secondo mondo infinitamente lontano dal mio in cui vivevi tu, occupato a dirigerlo, a impartire gli ordini e ad arrabbiarti se non venivano eseguiti, e infine un terzo, dove il resto dell'umanità viveva felice e libera da ordini e da obbedienze...
Franz Kafka, Lettera al padre


La sistematica distruzione di me stesso nel corso degli anni è stupefacente.
E’ stata come la lenta rottura di un argine, un’azione intenzionale. Lo spirito che l’ha compiuta deve ora esultare: perchè non me ne fa partecipe? Può darsi però che esso non sia ancora arrivato alla fine della sua intenzione e perciò non possa pensare ad altro.
Franz Kafka, Diari, 1921


Io di solito risolvo i problemi lasciando che mi divorino
Franz Kafka, “Contemplazione”


“Non cambiare la tua propria anima seguendo la moda. Piuttosto, segui spietatamente le tue più intense ossessioni.”
Franz Kafka


(...) Non piegarla e non farla annacquare, non cercare di renderla logica: non modificare la tua anima secondo la moda. Piuttosto, segui le tue ossessioni più intense senza pietà; perché è il solo modo per placarle.
Franz Kafka


Quando una spada ti trafigge l'anima importa conservare l'occhio calmo, non perdere sangue, accogliere la freddezza della spada con la freddezza della pietra. Attraverso quella trafittura, dopo quella trafittura diventare invulnerabili.
Franz KafKa


L'uomo torturato dai propri diavoli si vendica insensatamente contro il prossimo.
Franz Kafka



Se tu percorressi una pianura, con tutta la buona volontà di avanzare e ciononostante i tuoi passi ti portassero indietro, allora la tua sarebbe un'impresa disperata; ma poiché stai scalando un pendio scosceso, tanto irto quanto tu stesso appari agli occhi di chi ti osserva dal basso, i tuoi regressi possono anche dipendere soltanto dalla conformazione del terreno, perciò non devi disperare.
Franz Kafka


Se fosse così, che tu procedi su un piano, con la buona volontà di andare avanti e però fai dei passi indietro, allora sarebbe una situazione disperata; ma poiché ti stai arrampicando su un pendio ripido, così ripido come tu stesso appari visto dal basso, i passi indietro possono anche essere causati soltanto dalla natura del terreno e non devi disperare.
Franz Kafka, Aforismi di Zürau


Lascia dormire il futuro come merita.
Se lo si sveglia prima del tempo,
si ottiene un presente assonnato.
Franz Kafka


Il tempo che ti è assegnato è così breve che se perdi un secondo hai già perduto tutta la vita, perché non dura di più, dura solo quanto il tempo che perdi. Se dunque hai imboccato una via, prosegui per quella, in qualunque circostanza, non puoi che guadagnare, non corri alcun pericolo, alla fine forse precipiterai, ma se ti fossi voltato indietro fin dopo i primi passi e fossi sceso giù per la scala, saresti precipitato fin da principio, e non forse, ma certissimamente.
Franz Kafka - "Patrocinatori"


La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza.
Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio.
Franz Kafka


I Sentieri si costruiscono viaggiando
Franz Kafka


La vera via passa sopra una corda che non è tesa a grande distanza ma appena al di sopra del terreno. Sembra fatta più perché la gente vi inciampi che non perché vi cammini sopra
Franz Kafka


Che cosa ti lega a questi corpi delimitati, parlanti, lampeggianti dagli occhi, più strettamente che a qualunque altra cosa, diciamo, al portapenne che hai in mano?
Forse il fatto che sei della loro specie?
Ma non sei della loro specie, perciò appunto hai formulato questa domanda.
Franz Kafka, Diari



Questa vita è un ospedale in cui ogni ammalato è posseduto dal desiderio di cambiare letto.
Charles Baudelaire


Questa vita appare insopportabile, un'altra irraggiungibile.
Non ci si vergogna più di voler morire;
si chiede di essere portati dalla vecchia cella,
che si odia, in una nuova, che presto si imparerà a odiare.
Franz Kafka, Aforismi di Zürau


Prima non capivo perché la mia domanda non ottenesse risposta,
oggi non capisco come potessi credere di poter domandare.
Ma io non credevo affatto, domandavo soltanto.
Franz Kafka, Aforismi di Zurau


Una gabbia andò a cercare un uccello
Franz Kafka Aforismi di Zurau

Alcuni uccelli saettarono verso l’alto, io li seguii con lo sguardo e li vidi salire in un baleno, infine ebbi la sensazione che non fossero loro a salire, bensì io a precipitare.
Franz Kafka, Contemplazione


«Io sono un uccello insopportabile», disse Franz Kafka, «sono una gazza, una kavka [...]
Le mie ali sono atrofizzate. Così per me non esistono altezza e distanza. Vado saltellando con la mia aria confusa in mezzo agli uomini, che mi guardano pieni di sfiducia, perché sono un uccello pericoloso, un ladro, una gazza. In realtà non sono attratto dagli oggetti che luccicano: non ho messo lucide penne nere. Sono rigido come la cenere. Una gazza che desidera scomparire fra le pietre. Sto solo scherzando: non voglio che Lei si accorga di quanto io stia male oggi».
da Colloqui con Kafka
di Gustav Janouch




"Si può ritenere che la meraviglia della vita sia sempre a disposizione di ognuno in tutta la sua pienezza, anche se essa rimane nascosta, profonda, invisibile, decisamente lontana. Tuttavia c’è, e non è né ostile né ribelle. Se la si chiama con la parola giusta, con il suo giusto nome, essa arriva. Questa è l’essenza dell’incantesimo, che non crea, bensì chiama. "
Franz Kafka, Diari


La figura allontanante che ho sempre incontrato non era quella che dice:
“Io non ti amo”, ma quella che dice: “Tu non puoi amarmi, per quanto tu voglia, tu ami infelicemente l’amore per me, l’amore per me non ama te”. Per conseguenza è errato dire che ho fatto esperienza della frase “Ti amo”, ho sperimentato soltanto l’attesa silenziosa che avrebbe dovuto essere interrotta dal mio “Ti amo”: di ciò soltanto ho fatto esperienza, di nient’altro.
Franz Kafka, Diari. 22 febbraio 1922.



“…Per quanto poco io sia, qui non c’è nessuno che abbia comprensione di me nel mio complesso.
Oh possedere qualcuno che abbia questa comprensione, non so, una donna, vorrebbe dire essere sostenuto da ogni parte, avere Dio…”
Franz Kafka, Diari


Non è necessario che tu esca di casa.
Rimani al tuo tavolo e ascolta.
Non ascoltare neppure, aspetta soltanto.
Non aspettare neppure, resta in perfetto silenzio e solitudine.
Il mondo ti si offrirà per essere smascherato,
non ne può fare a meno, estasiato si torcerà davanti a te. 
Franz Kafka. Diari


Non c’è bisogno che usciate dalla stanza.
Restate seduti alla scrivania ad ascoltare.
Non ascoltate nemmeno, aspettate semplicemente.
Non aspettate nemmeno.
Restate del tutto immobili e soli.
Il mondo vi si offrirà liberamente.
Per essere smascherato, non ha scelta.
Rotolerà in estasi ai vostri piedi.
Franz Kafka, Diari


Ti credi già al limite delle tue possibilità,
ed ecco che nuove forze accorrono.
E' proprio questo la vita!
Franz Kafka


La pazienza è la chiave di ogni situazione. Si deve vibrare insieme a tutto quello che si muove, abbandonarsi a tutto, ma nel contempo star tranquilli e portare pazienza’ ‘Non esiste alcuna deviazione né alcuna interruzione, ma solo un superamento che inizia con il superamento di se stessi e a cui non si può sfuggire. Abbandonare questa strada significa perdersi. Si deve accogliere pazientemente tutto in se stessi e crescere. I confini dell’io pieno di angoscia cadono solo se interviene l’amore. Bisogna scorgere l’erbetta novella dietro le foglie cadute che scricchiolano al nostro passaggio, portare pazienza e aspettare. La pazienza è il solo vero fondamento della realizzazione di tutti i sogni.’ ”
Gustav Janouch, Conversazioni con Kafka


Sono arrivati dei sogni, risalendo la corrente del fiume, stanno salendo per una scala sulla banchina. Ci si ferma, si conversa con loro, essi sanno molte cose, quello che non sanno è di dove vengono. Molto tiepida questa sera d'autunno. I sogni si volgono verso il fiume ed alzano le braccia. Perché alzate le braccia, invece di stringerci in esse?
Franz Kafka,  “Frammenti di quaderni e fogli sparsi”


La verità è ciò che ad ognuno occorre per vivere, ma non si può ricevere né acquistare da nessuno. Ogni uomo deve produrla continuamente dal proprio intimo, altrimenti perisce. È impossibile vivere senza la verità. Può darsi che la verità sia la vita stessa.
Franz Kafka. "La verità"
[Die Wahrheit ist das, was jeder Mensch zum Leben braucht und doch von niemand bekommen oder erstehen kann. Jeder Mensch muss sie aus dem eigenen Innern immer wieder produzieren, sonst vergeht er. Leben ohne Wahrheit ist unmöglich. Die Wahrheit ist vielleicht das Leben selbst. ]
In Gustav Janouch, "Conversazioni con Kafka" [Gespräche mit Kafka]


E Cristo? Kafka chinò la fronte:
Questo è un abisso di luce. Bisogna chiudere gli occhi per non precipitare... .
Gustav Janouch (Colloqui con Kafka).


Chi non sa mentire, crede che tutti dicano il vero.
Franz Kafka

Chi non è capace di mentire, finisce per credere che tutti dicano il vero.
Franz Kafka


La felicità è una fiaba, l’infelicità un romanzo.
Franz Kafka



Il libro deve essere l'ascia che spezza il mare ghiacciato che è dentro di noi
Un libro deve essere come un'arma che possa rompere i mari ghiacciati dentro di noi
Franz Kafka

KAFKA, BISOGNA LEGGERE LIBRI CHE FERISCANO LA COSCIENZA
In questi giorni non potei prendere la penna in mano, poichè quando si abbraccia con lo sguardo una tal vetta che si innalza sempre più senza lacune come una torre, al punto che la si raggiunge appena coi propri cannocchiali, la coscienza non può trovar pace. Ma è bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti dai boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro deve essere la scure per il mare gelato dentro di noi. Questo credo.
Franz Kafka, lettera a Oskar Pollak del 27.01.1904

Se il libro che stiamo leggendo non ci sveglia come un pugno che ci martelli sul cranio, perchè dunque lo leggiamo? Buon Dio, saremmo felici anche se non avessimo dei libri, e quei libri che ci rendono felici potremmo, a rigore, scriverli da noi. Ma ciò di cui abbiamo bisogno sono quei libri che ci piombano addosso come la sfortuna, che ci perturbano profondamente come la morte di qualcuno che amiamo più di noi stessi, come un suicidio. Un libro deve essere una piccozza per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi.
Franz Kafka


Io cerco sempre di comunicare qualcosa di non comunicabile, di spiegare qualcosa di inspiegabile, di parlare di ciò che ho nelle ossa e che soltanto in queste ossa può essere vissuto.
Franz Kafka


Conosco abbastanza gli orrori della solitudine,
non tanto della solitudine solitaria quanto della solitudine tra la gente.
Franz Kafka


Quando io dico una cosa, essa perde subito e definitivamente la sua importanza; quando la scrivo la perde lo stesso, ma talvolta ne acquista una nuova.
Franz Kafka


"Pazza o savia? La Fotografia può essere l’una o l’altra cosa … sta a me scegliere se aggiogare il suo spettacolo al codice civilizzato delle illusioni perfette, oppure se affrontare in essa il risveglio dell’intrattabile realtà.....
In fondo – o al limite – per vedere bene una fotografia è meglio alzare la testa o chiudere gli occhi. ‘La condizione preliminare per l’immagine è la vista’, diceva Janouch a Kafka. E Kafka sorrideva e rispondeva: ‘Si fotografano delle cose per allontanarle dalla propria mente. Le mie storie sono un modo di chiudere gli occhi. La fotografia dev’essere silenziosa (vi sono foto roboanti, che io non amo): non è una questione di ‘discrezione’, ma di musica … la foto mi colpisce se io la tolgo dal solito bla-bla: ‘Tecnica’, ‘Realtà’, ‘Reportage’ … non dire niente, chiudere gli occhi, lasciare che il particolare risalga da solo"
Roland Barthes, La camera chiara


Ogni rivoluzione evapora, lasciando dietro solo la melma di una nuova burocrazia.
Franz Kafka

Un cretino è un cretino. Due cretini sono due cretini.
Diecimila cretini sono un partito politico
Franz Kafka

Un tale, accortosi che i cretini erano la maggioranza, penso di fondare il Partito dei Cretini.
Ma nessuno lo seguì. Allora cambiò nome e lo chiamo Partito degli Intelligenti. E tutti i cretini lo seguirono.
Dino Risi

Alla lunga una società di pecore genera un governo di lupi
Bertrand De Jouvenel


Mai attirare l'attenzione! Starsene tranquilli, anche se si va contro ragione! Cercare di capire che questo grande organismo in un certo senso resta sempre in sospeso e che, se si muta qualcosa in modo autonomo, ci si scava il terreno sotto i piedi e si rischia di precipitare, mentre il grande organismo anche per il piccolo incomodo trova facilmente la soluzione - poiché tutto è collegato - e resta immutato, quando non diventa, ciò che è probabile, ancora più chiuso, ancora più attento, ancora più forte, ancora più malvagio.

SOLLEVARSI DA UNO STATO DI ABBATTIMENTO dev’esser facile persino con energia intenzionale. Mi strappo dalla sedia, cammino intorno al tavolo, rilasso la testa e il collo, faccio avvampare gli occhi, ne tendo i muscoli all’intorno. LOTTO CONTRO I SENTIMENTI, saluto A., ora che arriva, con trasporto, tollero gentilmente la presenza di B. nella mia stanza, a casa di C. ASSORBO IN ME A LUNGHE SORSATE, NONOSTANTE IL DOLORE E LA FATICA, TUTTO QUANTO VIEN DETTO. Ma anche quando le cose vanno così, L’INSIEME – IL LEGGERO E IL PENSANTE – SI ARRESTERÀ A OGNI ERRORE, impossibile a evitarsi, e io dovrò aggirarmi in cerchio in senso opposto. Per questo È PUR SEMPRE LA SCELTA MIGLIORE ACCETTARE TUTTO, COMPORTARSI COME UNA MASSA MORTA ANCHE SE CI SI SENTE SPAZZATI VIA, non lasciarsi strappare un solo passo inutile, guardare l’altro con occhi d’animale, ignorare il rimorso, in breve, soffocare con le proprie mani tutto ciò che, come un fantasma, ancora resta della vita, accrescere l’ultima quiete di tomba e non lasciare che nulla sussista all’infuori di essa. Movimento caratteristico di un simile stato è il mignolo che passa sulle sopracciglia.
Franz Kafka. "Racconti", Milano 2002


"E' impossibile andare più lontano di quanto ha fatto Kafka nel Processo; egli ha creato l'immagine estremamente poetica del mondo estremamente apoetico. Con 'mondo estremamente apoetico' intendo: il mondo in cui non c'è più posto per la libertà individuale, per l'originalità di un individuo, il mondo in cui l'uomo è ormai solo uno strumento di forze extraumane: della burocrazia, della tecnica, della storia".
Milan Kundera , I testamenti traditi
« .. occhio che semplifica fino alla desolazione totale.. »
Franz Kafka


Conosci te stesso non significa: osservati! Osservati è la parola del serpente. Significa: fatti padrone delle tue azioni. Ma tu lo sei già, sei padrone delle tue azioni. Questa frase, pertanto, significa: ignorati! Distruggiti! Dunque una cosa cattiva. E solo chi si china profondamente ne ode anche il messaggio buono, che dice: per fare di te stesso quello che sei.
Franz Kafka, "Confessioni"



Non aspiro a dominarmi. Dominarsi significa voler intervenire in un punto casuale delle infinite irradiazioni della mia esistenza spirituale. Ma se devo tracciare attorno a me tali cerchi,
allora lo faccio meglio se non agisco e semplicemente contemplo ammirato…
Franz Kafka - Aforismi di Zurau - p.54



Due compiti per iniziare la vita: restringere il tuo cerchio sempre più e controllare continuamente se tu stesso non ti trovi nascosto da qualche parte al di fuori del tuo cerchio
Franz Kafka




Io l'ho capita cosi', 

Il cerchio è ciò che ci appartiene veramente e intimamente, il check up sta nel domandarsi quotidianamente se viviamo secondo ciò che ci appartiene o senza rendercene conto siamo finiti a vivere la vita non nostra



Barbara Meschini 


Secondo me vuol intendere, oltre ad essere selettivi (e lo trovo giustissimo perché è vero, non siamo fatti per stare con tante persone) di non perdere di vista noi stessi, di non annullarci, di dare sempre la priorità a noi...di rimanere quindi sempre nel cerchio delle persone di cui dobbiamo avere più cura...ed infatti il proposito che mi sono prefissata per il prossimo anno è quello di amare e di pensare di più a me stessa.. e chi nel mio cerchio, non ci è voluto stare...andasse pure a quel paese!





Ci si riferisce ai sentimenti...a tenerli stretti e a far sì che non se ne rimanga esclusi



Liliana Fortino 

Non siamo proprio d'accordo stavolta grande Kafka. Io il cerchio lo allargo.
Non ci penso proprio a restringerlo. E poi se cerchio si dovesse formare e quindi se elite di qualsiasi genere dovesse esserci io preferisco, disastrosamente forse, rimanere libera! E quindi esserne al di fuori!








sono sempre nel mio cerchio dove ci sono sempre i miei cari amici :)




Kafka è morto di tubercolosi dopo una lenta e atroce agonia!




Morì a 41 anni dopo una lunga malattia



«Non aspiro a dominarmi. Dominarsi significa voler intervenire in un punto casuale delle infinite irradiazioni della mia esistenza spirituale. Ma se devo tracciare attorno a me tali cerchi, allora lo faccio meglio se non agisco e semplicemente contemplo ammirato…»
Franz Kafka, Aforismi di Zurau, Adelphi, Milano 2004, p.54


Amore è tutto ciò che aumenta, allarga, arricchisce la nostra vita, verso tutte le altezze e tutte le profondità. L'amore non è un problema, come non lo è un veicolo; problematici sono soltanto il conducente, i viaggiatori e la strada.
Franz Kafka. Conversazioni con Gustav Janouch


Scrivere significa aprirsi a dismisura; perciò uno che sta scrivendo non sarà mai solo abbastanza, e mentre scrive non ci sarà mai silenzio abbastanza intorno a lui, e la notte non sarà mai notte abbastanza».
Franz Kafka, Lettere a felice

Tu sei ad un tempo la pace e l'agitazione del mio cuore.
Franz Kafka, Lettere a felice


La lettura di ogni buon libro è come una conversazione con le persone migliori dei secoli passati
Cartesio



"Scrivere significa aprirsi fino all’eccesso. Perciò quando si scrive non si può mai essere abbastanza soli, quando si scrive non si può mai avere abbastanza silenzio intorno, la notte è ancora troppo poco notte. Perciò non si può mai avere a disposizione abbastanza tempo perché le vie sono lunghe ed è facile deviare. Ho già pensato più volte che il mio migliore tenore di vita sarebbe quello di stare con l’occorrente per scrivere e una lampada nel locale più interno di una cantina vasta e chiusa. Mi si porterebbe il cibo, lo si poserebbe sempre lontano dal mio locale, dietro alla più lontana porta della cantina. La strada per andare a prendere il pasto, in veste da camera, passando sotto le volte della cantina, sarebbe la mia unica passeggiata. Poi ritornerei alla mia scrivania, mangerei lento e misurato e riprenderei subito a scrivere. Chissà quali cose scriverei! Da quali profondità le farei sorgere! Senza sforzo, perché l’estrema concentrazione non sa cosa sia lo sforzo. Salvo che forse non lo potrei fare a lungo e al più piccolo fallimento, non evitabile nemmeno in queste condizioni, finirei in una grandiosa pazzia."
Franz Kafka, Lettera a Felice, 14-15 gennaio 1913




Caro tesoro,
quest’oggi la giornata è corsa via sui binari soliti, sempre troppo lunghi e spinosi, luminosi in quella nebbia che non vuole, no, avvolgerti in un abbraccio che sarebbe già in qualche modo rassicurante, ma chiude orrendamente lo sguardo all’orizzonte di ogni libertà, mentre segui veloce quella solita strada, non ancora abbastanza vecchia per darti certezze, e neppure tanto giovane da risultare fresca, pulita, nuova.
E’ certo una strada che tutti, tranne forse i pochi uomini liberi, siamo costretti a percorrere: quella del lavoro, delle catene, dell’abitudine, dell’azione priva di contemplazione, della routine e della noia, degli impegni, del tempo scandito da lancette che non mi riguarderebbero affatto se non mi trafiggessero ogni minuto che trascorro rinchiuso in un ufficio, con la regolare e feroce atrocità di una tortura preparata a dovere.
Ed allora arrivo alla sera, e sono poche le cose che ho fatto, detto, se non addirittura pensato, che non solo non meritino un biasimo, ma forse, dal pulpito di chi è da tempo rassegnato al poco che offre la vita in termini di umanità, meritino addirittura una pur piccola lode.
Prima, e sopra ogni cosa, viene la letteratura: la mia vita da pendolare presenta se non altro un aspetto positivo, uno solo: il tempo per leggere.
Franz Kafka, "Lettere a Felice"



Educare l'intelligenza è allargare l'orizzonte dei suoi desideri e dei suoi bisogni.
James Russell Lowell


Da un certo punto in poi non c'è più ritorno.
È questo il punto da raggiungere. [...]
Tu sei il compito. Nessuno scolaro è visibile, a perdita d'occhio. [...]
C'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare. [...]
Non miro all'autocontrollo. Autocontrollo significa voler agire su un punto qualsiasi delle infinite irradiazioni della mia esistenza spirituale. Ma se devo tracciare intorno a me cerchi del genere, allora preferisco farlo con l'inattività, con la semplice meraviglia di fronte al complesso immane, e portarmi a casa solo il corroboramento che quella vista, e contrario, produce.
FRANZ KAFKA (Praga, 3 luglio 1883 - Kierling, 3 giugno 1924


Non sono affatto triste come si potrebbe credere da questa lettera, certo è che in questo momento non si può dire altro. Si è fatto un silenzio così vasto. Non si ha il coraggio di dire una parola in questa quiete. Be’, domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi.
Franz Kafka, Lettere a Milena


«Il sogno è l’ultima notizia che possiedo di te».
Franz Kafka, “Lettere a Milena”


«E poi c'è la lettera della notte, non si capisce come il petto possa allargarsi abbastanza e contrarsi per respirare quest'aria, non si capisce come si possa essere lontano da te».
Franz Kafka, Lettera a Milena, Praga, 5 VII 1920


Ieri ti consigliai di non scrivermi ogni giorno, anche oggi sono di questa opinione, sarebbe un gran bene per entrambi e oggi te lo consiglio di nuovo e con più insistenza – ti prego soltanto, Milena, di non darmi retta e di scrivermi ogni giorno, basta anche brevemente, più brevemente delle lettere di oggi, soltanto due righe, soltanto una, soltanto una parola, ma la mancanza di questa parola mi farebbe soffrire terribilmente.
Franz Kafka, Lettere a Milena.


Tengo volentieri la tua mano nella mia, guardo volentieri nei tuoi occhi.
E così, Milena, ci siamo del tutto separati e si direbbe che con tutte le nostre forze abbiamo in comune un solo desiderio: che tu sia qui e il tuo viso mi sia possibilmente vicino.
Franz Kafka, Lettere a Milena.


Tu appartieni a me anche se non dovessi vederti mai più.
Franz Kafka, Lettere a Milena.


Credo, Milena, che noi due abbiamo una particolarità in comune: siamo tanto timidi e ansiosi, quasi ogni lettera è diversa, quasi ciascuna si spaventa della precedente, e, più ancora, della risposta. Lei non lo è per natura, lo si vede facilmente, e io, forse, nemmeno io lo sono per natura, ma ciò è quasi diventato natura, e si dilegua soltanto nella disperazione, tutt’al più nell’ira, e, da non dimenticare, nell’angoscia.
Talora ho l’impressione che abbiamo una camera con due porte, l’una di fronte all’altra: ognuno stringe la maniglia di una porta e basta un batter di ciglia dell’uno perché l’altro sia già dietro la sua porta, e basta che il primo dica una sola parola, il secondo ha già certamente chiuso la porta dietro di sé e non si fa più vedere. Egli riaprirà, sì, la porta, perché si tratta di una camera che forse non si può lasciare.
Se non fosse esattamente come il secondo, il primo starebbe tranquillo, preferirebbe, in apparenza, non guardare neanche verso il secondo; metterebbe lentamente in ordine la camera, quasi fosse una camera come qualunque altra, ma invece fa esattamente la stessa cosa presso la sua porta. Talvolta persino tutti e due sono di là dalle porte e la bella camera è vuota.
Franz Kafka, Lettere a Milena.




Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che cosa si è scritto, a cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre.
Franz Kafka, Lettere a Milena




L'attendere, ecco cosa abbiamo perso, anche se ora, più o meno, la stessa sensazione può essere data da un "visualizzato e non risposto", lascia aperti gli interrogativi del perché alla non risposta. Comunque io ho smesso di scrivere quando invece di rispondere con altra lettera mi telefonavano.



… ora penso soltanto alla mia malattia e alla mia salute, e l'una e l'altra, è vero, la prima come la seconda, sei tu.
Franz Kafka, “Lettere a Milena”


E' già tanto tempo che non Le scrivo, signora Milena, e anche oggi Le scrivo soltanto per caso. Veramente non dovrei neanche scusarmi se non scrivo, Lei sa come odio le lettere. Tutta l'infelicità della mia vita - e con ciò non voglio lagnarmi, ma soltanto fare una costatazione universalmente istruttiva - proviene, se vogliamo, dalle lettere o dalla possibilità di scrivere lettere. Gli uomini non mi hanno forse mai ingannato, le lettere invece sempre, e precisamente non quelle altrui, ma le mie. Nel caso
mio si tratta di una disgrazia particolare, della quale non voglio dire altro, ma nello stesso tempo anche di una disgrazia generale. La facilità di scriver lettere - considerata puramente in teoria - deve aver portato nel mondo uno spaventevole scompiglio delle anime. E' infatti un contatto con fantasmi, e non solo col
fantasma del destinatario, ma anche col proprio che si sviluppa tra le mani nella lettera che stiamo scrivendo, o magari in una successione di lettere, dove l'una conferma l'altra e ad essa può appellarsi per testimonianza. Come sarà nata mai l'idea che gli uomini possono mettersi in contatto tra loro mediante lettere? A una creatura umana distante si può pensare e si può afferrare una creatura umana vicina, tutto il resto sorpassa le forze umane. Scrivere lettere però significa denudarsi davanti ai fantasmi
che ciò attendono avidamente. Baci scritti non arrivano a
destinazione, ma vengono bevuti dai fantasmi lungo il tragitto. Con così abbondante alimento questi si moltiplicano in modo inaudito. L'umanità lo sente e li combatte; per cercar di eliminare l'azione dei fantasmi tra uomo e uomo e per raggiungere il contatto naturale, la pace delle anime, essa ha inventato la ferrovia, l'automobile, l'aeroplano, ma ciò non serve più, sono evidentemente invenzioni fatte già durante il crollo; la parte
avversaria è molto più calma e più forte, anche se l'umanità dopo la posta ha inventato il telegrafo, il telefono, il telegrafo senza fili. Gli spiriti non moriranno di fame, ma noi periremo.
Franz Kafka, “Lettere a Milena”


«Siccome amo te (e ti amo dunque, o donna tarda a capire, come il mare ama un sassolino sul fondo, proprio così il mio amore ti inonda - e possa io essere ancora accanto a te il sassolino, se i cieli lo permettono), amo il mondo intero […]».
Franz Kafka, “Lettere a Milena”

"Ti vedo china sul lavoro, il collo libero, io sto dietro di te, tu non lo sai - non spaventarti se senti le mie labbra sul collo, non volevo baciarti, è soltanto amore impacciato."
Franz Kafka, “Lettere a Milena”


«Effettivamente, di quell’uomo di cui mi hai parlato, quello un po’ triste che ti scrive cose fuori luogo e strane, si dice racconti bugie: secondo me è una bugia (per quanto ne so, a modo suo, ti ama)».
Franz Kafka, “Lettere a Milena”


E forse non è vero amore se dico che tu mi sei la cosa più cara; amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso.
Franz Kafka. Lettera a Milena



Per qualche motivo che ignoro,
mi piaci moltissimo.
Molto,
niente di irragio
nevole,
direi quel poco che basta
per far si che di notte da sola,
mi svegli,
e non riuscendo
a riaddormentarmi,
inizi a sognarti.
Kafka, lettere a Milena
P.S:
L'amore non è un problema,
come non lo è un veicolo:
problematici sono soltanto
il conducente,
i viaggiatori
e la strada.
Franz Kafka

Ieri ho sognato di te.
Non ricordo quasi più i singoli fatti,
so soltanto che
di continuo
ci trasformavamo l’uno nell'altro,
io ero tu, tu eri io

Infine, non so come,
prendesti fuoco,
ma ricordai che il fuoco
può essere soffocato coi panni,
afferrai un vecchio abito
e con questo mi misi a batterti.
Ma qui ricominciarono
le metamorfosi
e si arrivò al punto che tu non c’eri più,
mentre ero io che ardevo
e io ancora che battevo con l’abito.
Ma ciò non serviva a nulla
e così era confermato
il mio vecchio sospetto che
queste cose non valgono
contro il fuoco.
Intanto però erano arrivati i pompieri
e nonostante tutto tu
in qualche modo fosti salvata.
Ma eri diversa da prima,
spettrale,
disegnata col gesso nel buio e,
inanimata o forse soltanto svenuta
per la gioia di essere salva,
mi cadesti tra le braccia.
Ma anche qui si riscontrò
l’incertezza della trasformazione
perché forse ero io che cadevo
tra le braccia di qualcuno.
Franz Kafka
"Lettera a Milena", settembre 1920


Ieri ho sognato di te. Non ricordo quasi più i singoli fatti, so soltanto che di continuo ci trasformavamo l’uno nell’altro, io ero tu, tu eri io. Infine, non so come, prendesti fuoco, mi ricordai che il fuoco può essere soffocato coi panni, afferrai un vecchio abito e con questo mi misi a batterti. Ma qui ricominciarono le metamorfosi e si arrivò al punto che tu eri scomparsa, mentre ero io che ardevo e io ancora che battevo con l’abito. Ma ciò non serviva a nulla e così era confermato il mio vecchio sospetto che queste cose non valgono contro il fuoco. Intanto però erano arrivati i pompieri e nonostante tutto tu in qualche modo fosti salvata. Ma eri diversa da prima, spettrale, disegnata col gesso nel buio e, inanimata o forse soltanto svenuta per la gioia di essere salva, mi cadesti tra le braccia. Ma anche qui si riscontrò l’incertezza della trasformazione perché forse ero io che cadevo tra le braccia di qualcuno.
Franz Kafka, Lettere a Milena, , settembre 1920




JANA CERNA’ – “Lettera a Milena” – Forum Edizioni
“Franz non è adatto a vivere. Franz non guarirà mai. Franz morirà presto.
Di certo tutti noi siamo apparentemente adatti a vivere.
Perchè ci siamo rifugiati nella bugia, nella cecità, nell’entusiasmo, nell’ottimismo, in una qualche convinzione, nel pessimismo, oppure in qualcos’altro ancora. Ma lui non si è mai rifugiato in nessun ricovero sicuro. E’ assolutamente incapace di mentire, così come è incapace di ubriacarsi. Non ha il benchè minimo rifugio, non ha asilo. Perchè è esposto a tutto ciò di fronte a cui noi siamo protetti. E’ come se fosse nudo fra persone vestite. Non che sia tutto vero ciò che dice, ciò che è, ciò che vive. E’ un’esistenza determinata, un’esistenza in sè e per sè, spoglia di tutti gli orpelli che lo aiuterebbero a rendere più bella la vita, nella bellezza o nella miseria, fa lo stesso. E la sua ascesi non ha assolutamente niente di eroico, per questo è più grande e più sublime. Ogni eroismo è menzogna e vigliaccheria. Non è un uomo che ha costruito la propria ascesi come mezzo per raggiungere un qualche fine. E’ un uomo costretto all’ascesi dalla propria terribile chiaroveggenza, purezza e incapacità di scendere a compromessi.” (da una lettera di Milena a Max Brod”)
Dei libri di lui scrive che sono “feroci e dolenti e pieni dello scherno crudele e dello sguardo attento e sensibile di un uomo il quale vide il mondo così chiaramente che non resse e dovette morire”.
JANA CERNA’ – “Lettera a Milena” – Forum Edizioni

La madre di Jana era Milena Jesenska, la “Milena” destinataria delle “Lettere” di Kafka, e “Lettera a Milena” é dedicata, significativamente alla madre morta nel 1944, nel Campo di concentramento di Ravensbrück, in Germania.


Sposarsi, fondare una famiglia, accettare tutti i figli che possono giungere, provvedere a loro in questo mondo così poco sicuro, dar loro anche qualche direttiva, questo è il traguardo più alto, ne sono convinto, cui può arrivare un uomo. Il fatto che apparentemente lo raggiungano con facilità non è una controprova, anzitutto perché in realtà non sono poi in molti a riuscirvi, in secondo luogo questi non molti non << agiscono >>, lasciano semplicemente che ciò <<accada>>; insomma non è certo la meta ultima, pur essendo qualcosa di grande e assai degno ( soprattutto perché in questo campo l' <<agire>> e l' <<accadere>> non sono nettamente divisi). Non si tratta dunque di quel traguardo, ma solo di un avvicendarsi da lontano, sia pure in modo dignitoso; non è necessario volare fino al sole, in fondo basta strisciare sulla terra fino a un posticino pulito dove a volte il sole appaia e ci si possa scaldare un poco. Com'ero preparato a questo? Nel modo peggiore possibile.
Franz Kafka - Lettera al padre - Feltrinelli (pag. 57)




"Carissimo padre,di recente mi hai domandato perché mai sostengo di avere paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente. E se anche tento di risponderti per iscritto, il mio tentativo sarà necessariamente assai incompleto, sia perché anche nello scrivere mi sono d'ostacolo la paura che ho di te e le sue conseguenze, sia perché la vastità del materiale supera di gran lunga la mia memoria e il mio intelletto."
Franz Kafka, "Lettera al padre"


LETTERA AL PADRE di FRANZ KAFKA.
“Mai come nella lettera al padre, scritta nel novembre del 1919, affidata alla madre senza tuttavia giungere al destinatario, Kafka ci ha dato un ritratto così lucido di sé. E molti dei motivi che vengono toccati in questa confessione anche spietata - primo fra tutti quello di "un immenso senso di colpa" - non possono che ricordare i suoi personaggi più famosi. Quello che qui viene messo in scena è un vero e proprio conflittoFigura che incarna un'autorità assoluta, che "ha l'aspetto enigmatico dei tiranni, la cui legge si fonda sulla loro persona, non sul pensiero"; agli occhi di Kafka il padre appare come il tipico rappresentante di un mondo da cui egli invece si sente escluso: pratico, utilitaristico, ben lontano dalle sue aspirazioni. Così, in pagine di forte impatto emotivo, Kafka svela la sua natura di "figlio disederato" e proscritto, non compreso nella vocazione di scrittore, inquieto e in cerca di conferme quanto il suo avversario ostenta sicurezza. Nel saggio posto in appendice Georges Bataille indaga in modo provocatorio sui momenti di questa contesa. L'esperienza di Kafka diventa anche occasione per interrogarsi sul senso ultimo della letteratura. Forse nessun altro scrittore ha saputo mostrare come quel senso sia tutt'uno con la vita stessa.”


Il mio undicesimo figlio è gracile, certo è il più debole di tutti; ma la sua debolezza inganna, perché a volte sa esser forte e risoluto; ma anche allora la sua debolezza è in qualche modo determinante. Non è però una debolezza di cui s'abbia a vergognare, ma qualcosa che sembra tale soltanto su questa nostra terra. Non è per esempio anche la disposizione al volo la debolezza, trattandosi di un vacillare incerto, di uno svolazzare a caso? Qualcosa di simile appare nel mio figliuolo. Il padre, di tali qualità non può certo rallegrarsi, perché tendono evidentemente alla disgregazione della famiglia. A volte mi guarda quasi mi volesse dire: Ti prenderò con me, babbo. Ed io, penso allora: Saresti l'ultimo a cui mi affiderei. E il suo sguardo sembra rispondere: Ebbene, ch'io sia almeno l'ultimo:
questi sono i miei undici figli.
Franz Kafka, Undici figli, in Tutti i racconti.



Ciò che temo, che temo con gli occhi spalancati e follemente sprofondato nell’angoscia (se potessi dormire come sprofondo nell’angoscia, non vivrei più), è soltanto questa intima congiura dentro di me (che capirai meglio dalla lettera a mio padre, benché non interamente, poiché la lettera è troppo costruita per lo scopo a cui tende) che si fonda, diciamo, sul fatto che io, non essendo nel grande giuoco degli scacchi neanche pedina di una pedina, anzi tutt’altro, ora, contro le regole del giuoco e per confonderlo, pretendo di occupare persino il posto della regina – io, pedina della pedina, dunque pezzo che non esiste neanche, che non prende neanche parte al giuoco – e poi forse anche il posto del re stesso o magari di tutta la scacchiera, e che, se lo volessi davvero, ciò dovrebbe avvenire in un modo diverso, più disumano.
Franz Kafka


"Ahi!” disse il topo, “il mondo diventa ogni giorno più angusto. Prima era così ampio che avevo paura, continuavo a correre ed ero felice di vedere finalmente a sinistra e a destra in lontananza delle pareti, ma queste lunghe pareti si corrono incontro l’un l’altra così rapidamente che io sono già nell’ultima stanza, e lì, nell’angolo, c’è la trappola nella quale cadrò”. - “Devi solo cambiare la direzione della corsa”, disse il gatto e lo mangiò.”
Franz Kafka, Piccola favola


Un gattone vide un gattino che rincorreva la sua coda e gli domandò : "Come mai corri dietro alla tua coda in questo modo?" Rispose il gattino: " ho sentito dire che la cosa migliore per un gatto è la felicità, e che la felicità è la mia coda. Ecco perché la rincorro, e quando l'avrò afferrata avrò la felicità". "figliolo" disse il vecchio gatto "anch'io ho considerato con attenzione i problemi universali. Anch'io ho concluso che la felicità è nella mia coda, ma ho notato che, ogni volta che mi metto a rincorrerla, essa mi sfugge, mentre quando faccio altre cose, mi viene dietro ovunque io vada".
C. L. James




Ciò che mi ostacola può difficilmente chiamarsi realtà; è paura, paura della felicità, un’inclinazione e un ordine a torturarmi per una meta più elevata. La voce interiore mi conduce nel buio, la realtà invece mi porterebbe da te. Non c’è posto per alcun compromesso, e anche se ci provassimo, ne saremmo entrambi distrutti.
Franz Kafka, Da Lettere.



"Il signor Keuner interrogò due donne sui loro mariti. Una diede le seguenti informazioni:- Ho vissuto vent’anni con lui. Dormivamo nella stessa camera e nello stesso letto. Mangiavamo insieme. Mi raccontava tutti i suoi affari. Ho conosciuto i suoi genitori e frequentavo tutti i suoi amici. Sapevo tutte le malattie che lui sapeva di avere e qualcuno di più. Di tutti quelli che lo conoscono sono la persona che lo conosce meglio.
- Dunque lo conosci? – disse il signor Keuner.
- Lo conosco.
Il signor Keuner interrogò anche l’altra donna su suo marito. Questa diede le seguenti informazioni:
- Spesso non veniva per parecchio tempo e non sapevo mai se sarebbe tornato. Ora è un anno che non viene. Non so se tornerà. Non so se viene dalle case per bene o dagli angiporti. Quella in cui abito è una casa per bene. Chissà se verrebbe da me anche in una casa brutta? Non racconta nulla, parla con me solo delle mie faccende. Queste le conosce a menadito. So quel che dice, ma lo so poi davvero? Quando viene, qualche volta ha fame ma qualche volta è sazio. Ma non sempre mangia, quando ha fame, e quando è sazio non rifiuta un pasto. Una volta arrivò con una ferita. Gliela fasciai. Una volta fu portato dentro di peso. Una volta cacciò via tutte le persone che avevo in casa. Quando lo chiamo «uomo tenebroso» ride e dice: Quel che è andato via è tenebroso, ma quel che è qui è chiaro. Ma qualche volta fa una brutta faccia quando sente questo appellativo... Io non so se lo amo. Io...
- Non dire altro, - disse svelto il signor Keuner. – Vedo che lo conosci. Nessun essere umano conosce un altro meglio di quanto tu conosca lui"
Franz Kafka







Perché studi così tanto? Quale segreto vai cercando? La vita te lo rivelerà presto.
Io so già tutto, senza leggere o scrivere. Poco tempo fa, forse solo qualche giorno fa, ero una ragazza che camminava in un mondo di colori, di forme chiare e tangibili. Tutto era misterioso e qualcosa si nascondeva; immaginare la sua natura era per me un gioco. Se tu sapessi com'è terribile raggiungere tutta la conoscenza all'improvviso – come se un lampo illuminasse la terra! Ora vivo in un pianeta di dolore, trasparente come il ghiaccio. È come se avessi imparato tutto in una volta, in pochi secondi.
Le mie amiche, le mie compagne si sono fatte donne lentamente. Io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è insipido e piatto. So che dietro non c'è niente; se ci fosse qualcosa lo vedrei...
Franz Kafka  - da Lettera ad Alejandro Gomez Arias




Nel sanatorio di Kierling presso Klosterneuburg nei dintorni di Vienna è morto l’altro ieri il dott. Franz Kafka, scrittore di lingua tedesca vissuto a Praga. Qui lo conoscevano in pochi perché era un individuo solitario, un uomo sapiente, spaventato dal mondo. Da anni era affetto da una malattia polmonare e sebbene la curasse, tuttavia consapevolmente la nutriva e incoraggiava col pensiero. Quando l’animo e il cervello non riescono più a tollerare il peso, scrisse una volta in una lettera, i polmoni se ne addossano la metà, affinché esso perlomeno sia meglio distribuito. Così fu anche per la sua malattia. Essa gli conferiva una delicatezza quasi stupefacente, un raffinamento d’ingegno del tutto alieno da compromessi; ma lui, l’uomo, aveva scaricato sulla malattia tutta la propria angoscia intellettuale. Era timido, timoroso, delicato e buono, ma i suoi libri sono crudeli e dolorosi. Nel mondo scorgeva invisibili demoni, che straziano e distruggono l’essere umano indifeso. Era troppo perspicace, troppo saggio per poter vivere, troppo debole per lottare, debole come lo sono le creature nobili, belle, che non sono capaci di accettare la lotta contro la loro paura dell’incomprensione, della mancanza di bontà, della menzogna intellettuale, poiché sin dal principio sono coscienti della loro fragilità e nella sconfitta umiliano l’avversario. Conosceva gli uomini, come solo un essere di grande sensibilità nervosa è in grado di riconoscerli, un essere solitario, che da un unico sguardo, quasi profeticamente comprende l’altro. Conosceva il mondo in modo insolito e profondo, era lui stesso un mondo straordinario e profondo. […] Tutti i suoi libri descrivono l’orrore di misteriose incomprensioni, di colpe immeritate diffuse fra gli uomini. La sua coscienza di uomo e artista era a tal punto affinata da consentirgli di penetrare anche laddove gli altri, sordi, ritenevano di essere al sicuro.
Milena Jesenská, Elogio Funebre di Franz Kafka





La Metamorfosi. L’incubo nella vita quotidiana” di Kafka: IL RIFIUTO DEL SÉ NASCOSTO. La Metamorfosi di Kafka è stato uno dei testi più analizzati e dibattuti dell’ultimo secolo. BREVE, INCISIVO, ANGOSCIANTE. REDATTO IN APPENA VENTI GIORNI DI LAVORO CONTINUATO. Un vero fiume in piena in cui Franz Kafka ha riversato tutta la sua anima inquieta, un’opera magistrale. La storia, arcinota, del COMMESSO VIAGGIATORE GREGOR SAMSA CHE UN BEL MATTINO SI TROVA TRASFORMATO IN UN RIBUTTANTE SCARAFAGGIO. Incipit realmente perfetto: «UNA MATTINA GREGOR SAMSA SI SVEGLIÒ DA SOGNI ANGOSCIOSI E SI TROVÒ TRASFORMATO IN UN MOSTRUOSO INSETTO.» Non è un’introduzione. È uno schianto sonoro. È un precipizio assordante. L’UOMO MEDIO, IL BRAVO RAGAZZO, IL BUON FIGLIOLO DEDITO AL LAVORO E ALLA FAMIGLIA, PRONTO SEMPRE AD OBBEDIRE ALLE DIRETTIVE PATERNE, E TENERAMENTE AFFEZIONATO ALLA SORELLA GRETE È DIVENTATO UN MOSTRO. MA QUAL È LA SUA PREOCCUPAZIONE? NON IL TERRORE DELLA METAMORFOSI IN SÉ, BENSÌ L’ADEMPIERE AI SUOI DOVERI. Non starò qui a raccontare l’intera vicenda di GREGOR, ODIATO DAL PADRE, TEMUTO DA MADRE E SORELLA, INFINE RIFIUTATO DA TUTTO IL SUO NUCLEO FAMILIARE. Cercherò piuttosto di “leggere fra le righe”. L’impressione che il testo dà, subito, è di possedere una duplice lettura. La prima, immediata, di superficie, della vicenda di Gregor. La seconda, più sottile, più sfuggente, più abissale, ciò che la vicenda di Gregor dice. È questa seconda faccia ad attrarre la mia attenzione. Kafka è sempre stato, in ogni suo testo, un fine psicologo, estremamente attento alle sfumature dell’individuo. Con La Metamorfosi tocca un punto specifico, un suo stesso nervo scoperto. COSA È QUESTO ORRENDO INSETTO IN CUI GREGOR È IMPRIGIONATO? È UN MUTAMENTO MERAMENTE FISICO? OPPURE È UNA METAMORFOSI DELL’IO? La sensazione che si riceve leggendo è che Gregor abbia effettuato un cambiamento molto più profondo e lacerante di quello di una pura metamorfosi fisica; SIGNIFICATIVO PROPRIO COME ALL’INIZIO LA SUA PREOCCUPAZIONE NON RIGUARDI IL CAMBIAMENTO, MA L’ESSERE IN GRADO DI OTTEMPERARE AI SUOI DOVERI. Perché? Una reazione standard sarebbe stata la disperazione del vedersi insetto. Ma…alt, fermi un attimo. “Vedersi”? O “sentirsi”? LEGGENDO, SI HA COME LA SENSAZIONE CHE QUELL’ORRENDO INSETTO SIA QUALCOSA DA SEMPRE PRESENTE IN GREGOR, MA TENUTO NASCOSTO. VISTO E DETERMINATO DALLE REGOLE SOCIALI, INCARNATE DALLA FIGURA DEL PADRE IN PRIMIS E DALL’INTERA FAMIGLIA IN GENERALE, COME SE UNA PARTE DI GREGOR FOSSE “SOCIALMENTE ORRENDA”. COME VOGLIAMO CHIAMARLO? LA SCOPERTA E IL RIFIUTO DELL’IO NASCOSTO? COME SE GREGOR AVESSE PRESO COSCIENZA DEL SUO VERO IO, IN CONTRASTO (PERCIÒ INACCETTABILE) CON QUELL’IO CUCITOGLI ADDOSSO DALLA SOCIETÀ ESTERNA. COME SE LO STESSO GREGOR FOSSE RIMASTO INORRIDITO E SHOCKATO DAL SUO STESSO LATO OSCURO, perché ben di quello si sta qui parlando. È QUEL FANTASMA PRESENTE IN OGNI PERSONA, CHE LO ACCOMPAGNA ALLE SPALLE, CHE PUÒ DIVENTARE UN COMPAGNO DI VIAGGIO O UN TERRORE ABISSALE. Questo il caso presentato da Kafka. Il caso di Gregor. Il caso di Kafka stesso. UN TERRORE ABISSALE DERIVATO DALL’INACCETTABILITÀ DA PARTE DEL PADRE DELLA VERA NATURA DEL FIGLIO. UN RIFIUTO CHE PORTA ALL’AUTORIFIUTO DI QUEL SÉ INTIMO E NASCOSTO, UNA VOLTA CHE EMERGE. Una soluzione suggerita da KAFKA STESO, CHE CHIESE PER LA COPERTINA DEL TESTO UN’IMMAGINE CHIARIFICATRICE ED ELOQUENTE: PADRE, MADRE E FIGLIA IN PIEDI CHE GUARDANO VERSO UNA PORTA SPALANCATA SU UN BUIO ABISSO. L’ABISSO DELL’IO. QUESTO CIÒ CHE SI CELA DIETRO L’ORRIDO SCARAFAGGIO. UNA VERITÀ RIFIUTATA E TRASFORMATA IN MOSTRUOSA E INACCETTABILE, SENZA SCAMPO E SENZA APPELLO.






Meglio il malvagio che sa di esserlo del buono che sa di esserlo;
soltanto l’innocenza che non sa nulla di sé vive accanto a Dio,
(…) solo chi non pretende di sapere che cosa è e sarà, sarà ciò che è:
sono tratti di saggezza chassidica che spiegano le massime morali di Kafka, il suo arzigogolo perpetuo, che non lasciano mai spiraglio di speranza affinché l’uomo impari a camminare senza grucce, o sopra le acquePer Kafka la speranza riacquista il volto originario, quello che ebbe nel mito di Pandora: tutte le maledizioni sfuggirono al vaso quando il buffone Epimeteo l’aprì, una restò dentro, e almeno di quella l’uomo faccia a meno, la lasci nel vaso: la speranza.
Elemire Zolla, Prefazione a Kafka, Confessioni e immagini.






Ugo Rubini, Il sogno di Jan Jesensky.
Milena Jesenská è un personaggio che ha visto e vissuto gli anni cruciali del secolo scorso, rendendosi protagonista del suo tempo tramite i suoi scritti, i suoi amori, le sue lotte personali e politiche. In questo libro Rubini non si limita a narrarci, grazie ad una documentazione precisissima e curata, la vita della giornalista praghese, ma delinea perfettamente anche la figura forte ed importante del padre di Milena, Jan Jesenský, chirurgo maxillofacciale di successo. L'autore traccia anche il percorso, parallelo a quello di Jan, di Herman Kafka, padre di Franz, di estrazione proletaria ceco-ebraica, che dal poverissimo paese d’origine   si trasferisce nel povero ghetto di Praga. Come due rette parallele che ad un certo punto miracolosamente si incrociano, i percorsi umani, professionali ed economici di Jan e Herman trovano il loro punto di congiunzione nell’incontro e nell’intensa relazione che legherà Milena e Franz dal 1920 al 1922.  L'occupazione nazista di Praga nel 1939, la lotta clandestina, l'arresto di Milena e la su atragica fine a Ravensbruck nel 1944 segnano il tardivo e sofferto riavvicinamento fra padre e figlia.
http://www.librerieclaudiana.it/index.php?main_page=product_info&products_id=28837&zenid=7e47a581b1c41abd992f4ef61520d59f



Il sogno di Jan Jesensky.
[...] la magica Praga (con le sue strade, le sue piazze, i suoi alchimisti, i golem…), con le musiche di Smetana e Dvořak, ha giocato un ruolo determinante per la sua intrinseca multietnicità ante litteram, la sua storia, la sua cultura, il suo vissuto. E Milena si sente (un po’ come Kafka) scevra da fastidiosi legami vetero religiosi. Il crocifisso è più un amuleto, che un simbolo sacro; le ricorderà la sofferenza, ma non la gioia. La valenza del rapporto religioso nel romanzo è fondamentale per capire i ruoli e i personaggi: l’ebraismo e il cattolicesimo, l’ortodossia e la nuova religione comunista… segnano vite e destini. Ma Milena coglie solo ciò che le serve per vivere! [...]

Nel suo The Third Wave, “La terza ondata”, Alvin Toffler afferma che dalla fine dell’ottocento, ci sarebbero state tre “ondate”, nella storia dell’economia e della cultura umana e che sono: l’agricoltura, l’industria e l’informazione. Ve ne sarebbe una quarta: la comunicazione (Apro un lungo inciso. La relazione amorosa tra Milena e Kafka o Willy è, come naturalmente, normalmente accadeva nei tempi passati, fondamentalmente incentrata su un epistolario. Era il modo di trasmettere e comunicare i sentimenti, le idee, i progetti, le aspirazioni. Oggi questo non è e non sarebbe più possibile. Non solo è mutata la “corrispondenza” tra i giovani, quindi: la comunicazione - essendosi tutta ridotta in sms o mms -; ma non c’è materialmente il tempo per sedersi, concentrarsi e scrivereAbolito lo slow, tutto è ridotto a un fast: food, WEB, love. Si consuma tutto in tempi rapidi – una indagine ha rilevato una durata di un incontro d’amore tra i sette e i dieci minuti. Pensate Milena e Kafka! Era solo il tempo per sfiorarsi e accarezzarsi con gli occhi e per gestire migliaia di pensieri!. Oggi si tende a velocizzare ogni cosa e ridurre ogni cosa: pensate ai dischi in vinile, al grammofono della mamma di Milena e agli mp3 di oggi, dove sono compressi oltre mille brani di musica. Di conseguenza i rapporti umani e, quindi, le relazioni amorose, hanno subito un cambiamentoNon penso che ci siano più coppie che si scambino lunge lettere – e-mail, per l’esattezza – o che si dilunghino nello scrivere rime, poesie, pensieri e quant’altro. Non è più nella natura umana e delle cose avere una dimensione del tempo come successioni di istanti di eterno da cogliere, vivere, assorbire, elaborare, esaltare. No. Sono solo attimi fuggenti da cogliere, rapire, goderne in nano secondi. È l’unità di misura più consona. Sempre più rapido e sempre più piccolo. Se oggi ci fosse una storia di amore intrisa di epistolari…beh! Avrebbe il sapore di una passione antica che si sia risvegliata!). La prima (ondata) è durata dieci millenni, la seconda due secoli, la terza ma, sopratutto la quarta, sono in itinere

Altri sociologi hanno, invece, allargato l’orizzonte aggiungendovi o i giovani, o le donne.
Il problema vero è che come nel mare: le onde si susseguono, hanno una sola origine, non sono uguali , sono, generalmente in una unica direzione (il progresso), vanno tutte a “morire” sulla battigia, cioè a cadere sul, nel mondo. Si confrontano con la concretezza. Il moto delle onde è analogico al momento del concepimento della vita di ogni essere e specie, è perenne e l’acqua è, da sempre, l’elemento femminile per eccellenza collegato, appunto, con la vita.

[...] La figura di Milena acquista, quindi e ha acquistato per me, un sapore particolare, perché si staglia in un panorama storico ben preciso, di grandi mutamenti sociali, politici, storiografici, umani. Perché, non dimentichiamolo, la storia la facciamo noi con i nostri atti, gesti, pensieri che partono dalla quotidianità banale, per assurgere alle inventive o alle azioni degli Stati.

[...] La morale, il vincolo/contratto coniugale, la libertà di coppia (aperta, allargata), le esperienze, l’uso della droga (prima per gioco, poi per necessità terapeutica), il conflitto col padre (non potendolo avere con la madre, come tutte le donne), gli amori, sono vissuti da Milena (antesignana in tutto) con travaglio, ma con ferma decisione di giungere a una conclusione di vita. Del resto, come tutte le donne, privilegia la razionalità alla irrazionalità, fino a comprimere, fin dove sia possibile, anche i sentimenti.

[...] Quanto al “sogno di Jan” esso si concretizza in un incubo (come si afferma nelle pagine finali, ma come anche si comprende dallo scorrere della narrazione); non è un fallimento vero e proprio, però. Tenderei ad assolvere Jan più come uomo che come padre. Perché se siamo, a volte, bravi nella difficile arte del vivere, spesso di fallisce in quella di genitori. Basti pensare allo sviluppo della pedagogia, “scienza” alla quale anche Milena si approccia comprendendone la indispensabilità (si accenna alla Montessori…) quando studia il modo come “aiutare” i bambini, i fanciulli nel loro iter scolastico e di studi. Jan è stato un semplice figlio della sua epoca che non ha cercato di mutare se non per una affermazione del suo Stato, della sua etnia contro “gli altri”, gli estranei, gli invasori (anche ideologici e religiosi), i “diversi”. [...]
Ernesto Cianciola
http://www.studiocianciola.it/file/Rubini.pdf











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