giovedì 13 marzo 2014

Joseph Conrad. Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?

Anche il dolore più acuto può alla fine esplodere in violenza, ma di solito si tramuta in apatia.
Joseph Conrad, Cuore di tenebra



Che bizzara cosa la vita – questo misterioso congegnarsi di implacabile logica in vista di uno scopo tanto futile. Il piú che se ne possa sperare è una certa qual conoscenza di se stessi – che giunge troppo tardi – e una messe di inestinguibili rimpianti. Ho lottato con la morte. È la contesa meno eccitante che immaginar si possa. Ha luogo in un grigiore impalpabile dove non s’ha più nulla sotto i piedi, nulla tutt’attorno; senza spettatori, senza clamori, senza glorie; senza il gran desiderio di vincere, senza il gran timore della sconfitta, in una insalubre atmosfera di tiepido scetticismo, senza una ferma convinzione nel proprio diritto, e meno ancora in quello dell'avversario. Se è questa la forma suprema della saggezza, allora la vita è un enigma più grande di quanto alcuni di noi pensano che sia. Ero a un passo dalla mia ultima occasione di pronunciare una parola, e ho scoperto con umiliazione che probabilmente non avevo niente da dire.
Joseph Conrad, Cuore di Tenebra


“No, è impossibile, impossibile comunicare ad altri la sensazione viva di un momento qualsiasi della nostra esistenza, quel che ne costituisce la verità, il significato; la sua sottile e penetrante essenza. È impossibile. Si vive come si sogna: perfettamente soli.”
Joseph Conrad, Cuore di tenebra


Voi sapete che io odio, detesto, non tollero la menzogna; non perché io sia più retto degli altri, ma solo perché mi sgomenta. Nella menzogna c’è un odore di morte, di corruzione della carne, che mi ricorda ciò che mi fa più orrore al mondo e che cerco di dimenticare. Mi fa star male, mi dà la nausea come se avessi in bocca qualcosa di marcio. Questione di temperamento, credo.
Joseph Conrad, Cuore di tenebra


Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?
Joseph Conrad


Sapevo che la mia nave - al pari di certe donne rare - era una di quelle creature la cui semplice esistenza è sufficiente a ispirare un disinteressato piacere. Si sente che è bello essere nel mondo dove c’è lei.
Joseph Conrad, La linea d’ombra



«E se mi domandi come, perché, per quale ragione, ti risponderò: Suvvia, per caso! Per puro caso, così come accadono le cose, fortunate e sfortunate, terribili o tenere, importanti o meno; e anche le cose che non sono né l’uno né l’altro, cose per loro natura assolutamente neutrali, al punto che ti verrebbe da chiederti perché accadano se non sapessi che anch’esse, nella loro insignificanza, portano i semi di ulteriori innumerevoli casualità».
Joseph Conrad, “Il caso”


E’ straordinario che si possa attraversare la vita con gli occhi semichiusi, le orecchie intorpidite e la mente letargica. Forse è meglio così; ed è possibile che sia proprio questa ottusità a rendere la vita così sopportabile e così gradita ad una maggioranza incalcolabile. Tra noi possono però esserci alcuni che non hanno mai conosciuto uno di quei rari attimi di risveglio in cui vediamo, udiamo e comprendiamo tante cose – ogni cosa – in un lampo – prima di ripiombare in una piacevole sonnolenza
Joseph Conrad, Lord Jim


<<Badate, >> riprese, alzando l'avambraccio, con il palmo rivolto in fuori, sicché, con le gambe incrociate davanti, aveva la posa di un Budda predicante in abiti moderni e senza il fiore di loto. << Badate...quello che ci salva è il rendimento - la devozione al rendimento. Ma quei tipi non valevano gran che, davvero. Non erano colonizzatori; ho l'impressione che la loro amministrazione fosse esclusivamente un'arte per spremere, e nient'altro. Erano conquistatori, e per esserlo occorre solo la forza bruta - una cosa di cui c'è poco da vantarsi, quando l'avete, poiché la vostra forza è solo un accidente che nasce dalla debolezza degli altri. Arraffavano quel che potevano per il piacere di possedere. Si trattava soltanto di rapina a mano armata, di omicidio aggravato fatto su vasta scala, e di uomini che agivano alla cieca - come si conviene a coloro che affrontano le tenebre. La conquista della terra, che in pratica significa toglierla a coloro che hanno un colore diverso o un naso un po' più schiacciato del nostro..[...]
Joseph Conrad, Al limite estremo - Garzanti


Nessun uomo si aprirà con il proprio padrone; ma a un amico di passaggio, a chi non viene per insegnare o per comandare, a chi non chiede niente e accetta tutto, si fanno confessioni intorno ai fuochi del bivacco, nella condivisa solitudine del mare, nei villaggi sulle sponde del fiume, negli accampamenti circondati dalle foreste — si fanno confessioni che non tengono conto di razza o di colore. Un cuore parla — un altro ascolta; e la terra, il mare, il cielo, il vento che passa e la foglia che si agita, ascoltano anche loro il vano racconto del peso della vita. -
Joseph Conrad


Solo i giovani hanno simili momenti. Non dico i giovanissimi. No. I giovanissimi, ad essere precisi, non hanno momenti. È privilegio della prima giovinezza vivere proiettati nel futuro in tutta la meravigliosa continuità che non conosce pause né introspezione. Ti chiudi alle spalle la porticina della mera puerilità – ed entri in un giardino incantato, dove anche le ombre sono rilucenti di promesse. Ogni svolta del sentiero è seducente. E non perché quello sia un luogo inesplorato. Sai bene che ogni uomo ci è passato. È l’incanto dell’esperienza universale, da cui ti aspetti una sensazione rara o personale – un pò di te stesso.
Continui a ritrovarvi i segni del passaggio dei predecessori, emozionato, divertito, accettando la buona e la cattiva sorte – le rose e le spine, come si dice – la pittoresca sorte comune che offre così tante possibilità per i meritevoli o, forse, per i fortunati. Sì. Vai avanti. E anche il tempo va avanti, – fino al momento in cui scorgi, dinnanzi a te, una linea d’ombra che ti avverte che la regione della prima giovinezza, anche quella, va lasciata alle spalle.
Questo è il periodo della vita in cui è probabile che vengano momenti come quelli di cui parlavo. Quali momenti? Ma i momenti di noia, di estenuazione, di insoddisfazione. Momenti avventati. Voglio dire, momenti in cui chi è ancora giovane tende a compiere azioni avventate, come sposarsi all’improvviso oppure lasciare un lavoro senza alcun motivo.
Questa non è la storia di un matrimonio. Non ero messo così male. La mia azione, seppure avventata, era più simile a un divorzio, quasi un abbandono. Senza alcun motivo che potesse apparire minimamente sensato, mandai all’aria il mio lavoro – mollai il mio posto – lasciai la nave di cui il peggio che si poteva dire era che fosse una nave a vapore e perciò non richiedeva quella cieca fedeltà che… Ad ogni modo, non ha senso stare a giustificare una cosa che persino io al tempo sospettavo essere un capriccio.
Joseph Conrad, La linea d'ombra







"Joseph Conrad aveva 12 anni e si chiamava ancora Józef Teodor Konrad Korzeniowski quando, come avrebbe raccontato anni dopo, vide di nascosto suo padre Apollo, grande esponente del patriottismo polacco conculcato dall'oppressione zarista, distruggere i propri manoscritti. In quel ricordo, il padre appare allo scrittore «un uomo sconfitto» che sta compiendo un atto di resa. È probabile, osserva Richard Ambrosini, che si tratti più di una fantasia simbolica che di un ricordo oggettivo; molti scritti del padre sono stati conservati e il suo funerale, pochi giorni dopo quella distruzione spiata dal figlio, furono un' apoteosi di folla, non certo il commiato di un vinto dalla vita. Quando rievoca quell'episodio, Conrad ha già lasciato da tempo la Polonia, ha attraversato da marinaio e da capitano i mari del mondo e il mare della vita - le sue tempeste, le sue bonacce, il suo incanto insostenibile, i suoi gorghi melmosi - e ha scritto immortali romanzi in lingua inglese senza riuscire a parlarla perfettamente. Ma quel ritratto del padre - fedelmente ripescato nella memoria o inconsapevolmente falsificato nella rielaborazione fantastica - contiene alcuni fondamentali sentimenti, ossessioni, immagini, valori e angosce di Conrad: l'eroica sconfitta, l'impavido coraggio nell'affrontarla e un'oscura vocazione alla resa. Forse nessuno come Conrad ha capito - e rappresentato poeticamente - come il destino dell'uomo e la legge della vita siano la sconfitta e come ciò non scalfisca la grandezza di chi, nonostante tutto, «non dà troppo peso alle cose, siano esse buone o cattive», e continua a far fronte alla sorte, ai propri errori, alle inquietudini della propria coscienza, come dice il capitano Giles nella Linea d' ombra. Molti personaggi di Conrad sono sconfitti - dalla vita, dai loro fantasmi o dai loro princìpi, dalle ambiguità della Storia e dell' animo. Vinti sono Almayer e Willems, il reietto delle isole, il capitano Lingard con la sua idea fissa, il capitano Whalley quasi cieco, sopravvissuto al suo mondo e condotto alla rovina dal suo amore per la figlia; Nostromo, il cui coraggio e la cui generosità vengono a poco a poco irretiti nella sordida degradazione di un meccanismo sociale che corrompe oggettivamente ideali e sentimenti; non sono certo vittoriosi sul proprio destino e sul proprio cuore i due più grandi personaggi conradiani, Lord Jim e Kurtz, in Cuore di tenebra. Questo sentimento della vita quale sconfitta nasce da un profondo pessimismo conservatore, che sente il tempo e la Storia come un' erosione del proprio mondo e dei propri valori - il mare che consuma la nave, la tempesta che la affonda. A quei valori si resta orgogliosamente fedeli pur sapendoli perduti o forse proprio perché li si sa perduti, rifiutandosi di accettare i mutamenti del tempo ossia di tradire. Conrad, in fondo, non accettava nemmeno il tramonto della navigazione a vela. La fedeltà, uno dei suoi valori cardinali, è uno struggente amore della vita che rifiuta il suo cambiamento, il suo passare, la sua morte e in questa incorruttibile dedizione si irrigidisce in una perseveranza a sua volta simile alla morte. Questo sentimento conservatore non crede in alcun progresso sociale, la fede nel quale gli appare una falsificazione retorica e ottimista o addirittura uno strumento ideologico di sopraffazione. Come molti altri grandi scrittori della sua epoca, Conrad, nelle sue esplicite e spesso semplicistiche dichiarazioni politiche, è un donchisciottesco, talora patetico reazionario. In tal senso, scrive Franco Marenco, egli esprime «la grande intuizione dell' anima borghese, al crepuscolo della sua grande stagione culturale, della disumanità e dello sfacelo che nutre in sé il corpo civile». L'evoluzione della storia contemporanea, ai suoi occhi, neutralizza ed elide i più diversi, antitetici programmi politici, dal liberalismo al socialismo alla rivoluzione, in un meccanismo totalitario che stritola o integra ogni slancio individuale e impedisce reali alternative con la ferrea necessità dell' antico destino. Ma è proprio questo cupo pessimismo storico-sociale che smaschera, forse più di quanto egli sapesse o si proponesse, le contraddizioni e gli abissi della modernità e fa, suo malgrado, di lui, come di altri grandi scrittori ideologicamente reazionari, un rivoluzionario demistificatore delle certezze e delle falsità di cui si avvale ogni potere. In qualsiasi circostanza della vita e del lavoro quotidiano l' individuo, per Conrad, è sfidato dall'assurdo e dall' ignoto. Dinanzi a questa sfida nel cuore dell' uomo ci sono, egualmente forti, due verità: la verità del «buon combattimento», come lo chiama San Paolo, ossia il dovere di dar senso all' esistenza raccogliendo quella sfida e restando sul ponte della nave anche quanto infuria il tifone, e la verità della diserzione, della resa e della fuga. Conrad le ha sentite e narrate entrambe, spesso con straordinaria poesia. La sconfitta dei suoi personaggi non è causata solo dalla disparità delle loro forze rispetto alla vita e alle cose, ma anche dalle loro sotterranee e talora sordide inclinazioni all'autodistruzione, da una simpatia per l'ombra e la resa, da un neghittoso compiacimento dell' indegnità, di cui è specchio il torpido e lussureggiante paesaggio africano e orientale, malese, rispecchiato da un linguaggio talora spesso e intricato come un' oscura, umida giungla. Così come invece il mare, narrato con altissima poesia, è lo specchio della sfida, della prova e del buon combattimento. Conrad ha sentito fortemente tutta la propensione all'abiezione che c'è, in forme diverse, nella coscienza e nell'inconscio degli uomini. Il tradimento di Razumov, in Sotto gli occhi dell'Occidente, la codardia di Verloc nell'Agente segreto, le cupe perfidie in agguato in tanti racconti, la crudeltà di Kurtz o il momento di viltà di Lord Jim nascono da verità dell' animo umano che, per essere anche turpi, non sono meno vere e autentiche. Conrad ha capito che, nel mezzo del «buon combattimento» cui spesso andiamo incontro con forze impari, è forse inevitabile l'impulso di disertare, di fuggire, di sparire, come quel capitano di Lord Jim che scompare nel brulicare della gente sulla costa del Pacifico, come Lord Jim stesso che fugge dalla propria onta in luoghi sempre più sperduti dell'Oriente o come Kurtz sprofondato nelle tenebre africane e in quelle del male. Disertare non è solo una debolezza o una viltà morale, è una verità (una delle verità) dell' animo umano, in cui - si dice nella Linea d'ombra - c' è una «disponibilità all'essere ma anche a non essere», una nostalgia della materia inerte, un desiderio di cancellarsi e di perdersi o addirittura, come in Kurtz, di mimetizzarsi nell'abiezione. Questo impulso ad arrendersi e ad abbandonare il proprio posto c'è, più o meno nascosto, anche nel cuore di ogni bravo soldato che pure sa restare al suo posto. Proprio perché ha fatto i conti così a fondo, calandosi nel buio delle pulsioni, col male, Conrad può raccontare con tanta grandezza e verità il coraggio e la fedeltà di chi accetta il buon combattimento, di chi come Lord Jim risale dal fondo della vergogna, di chi pur nel groviglio dei sentimenti sa attenersi alla secchezza dei fatti, compilare con esattezza avvisi ai naviganti e guidare la nave, magari senza genio, come il limitato capitano Mac Whirr in Tifone ma tenendo testa alla furia del mare. Tutto è e rimane ambiguo; anche la pietà - in un capolavoro come Il negro del Narciso - può sconfinare con l'infamia, ma solo il coraggio e la lealtà che affrontano il male possono capirne l' essenza. Nel Compagno segreto, il capitano si identifica con l'assassino, suo torbido sosia, e lo lascia al libero mare, ma rimane fermamente al proprio posto. Animato da sentimenti omerici, Conrad si immerge nei meandri più limacciosi della modernità; è una specie di Kafka uscito all'aria aperta e al grande vento del mare, che aiuta a capire meglio anche l'aria viziata degli uffici kafkiani. È uno scrittore classico che racconta la dissoluzione di ogni classicità e di ogni lineare nettezza in un labirinto in cui tutto si aggroviglia; un maestro che ha creato strutture narrative tortuose e complesse come la vita che raccontano, riscattando così una certa retorica, una certa lutulenta enfasi linguistica o altri limiti della sua scrittura - ad esempio impappinata dinanzi al sesso, come altri grandi scrittori «coloniali», forse intimoriti dalle mescolanze e dai meticciati d'ogni genere che eros scatena. Il mare, per Conrad, è come la vita; incanto e orrore, abbandono e naufragio, consunzione, immortalità, distruzione. Nascere, dice Stein in Lord Jim, è come cadere in mare e bisogna farsi sostenere dal mare senza fondo. Non c' è un fondamento saldo su cui poggiare; non ci sono fedi o filosofie precise che garantiscano la scelta e la bontà delle azioni. Come Conrad, forse noi non sappiamo perché sia giusto essere fedeli e leali, combattere piuttosto che disertare, ma, come lui, in qualche modo sappiamo che è giusto.

L'AUTORE
Indie, Africa, Borneo: una vita sulle onde
Jozef Teodor Konrad Korzeniowski nasce il 3 dicembre 1857 a Berdichev (oggi Ucraina), da una famiglia polacca (suo padre Apollo, patriota dell' antica aristocrazia terriera, viene esiliato per anni in Russia). Studia a Cracovia; a 16 anni parte per Marsiglia e si imbarca per la Martinica; viaggia nelle Indie, in Africa, in Malesia, nel Borneo, passando alla marina britannica. Promosso capitano, diventa cittadino inglese. Nel 1889 inizia il primo romanzo, in lingua inglese, La follia di Almayer, cui seguono Un reietto delle isole (' 96), Il negro del «Narciso» (' 98), Lord Jim (1900), Cuore di tenebra (1902), Tifone (1903), Nostromo (1904), L' agente segreto (1907), La linea d' ombra (' 17). Muore per un attacco di cuore il 3 agosto 1924. È sepolto a Canterbury."

 (12 agosto 2003 - Corriere della Sera - Claudio Magris, Conrad, nascere è cadere in mare. La vera grandezza appartiene a chi affronta con coraggio la sconfitta. La vita e il lavoro quotidiano come sfida all' assurdo e all' ignoto. Un viaggio sull' orlo dell' abisso sempre sospesi tra incanto e orrore. I VALORI Fedeltà e lealtà, non possiamo rinunciare a combattere per ciò che sentiamo giusto)









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