Istanbul, Martina e l’inclusione intelligente degli alunni disabili.
19 NOVEMBRE 2015 | di Simonetta Morelli
Abbiamo rivolto ai lettori l’invito a condividere sul blog le loro esperienze sulla disabilità all’estero, un modo per conoscersi e confrontarsi sul piano della stretta quotidianità e, se possibile, di ridefinire i contorni della condizione in Italia.
Martina Fuga, madre di Emma, ci scrive da Istanbul dove si è trasferita da pochi mesi con la sua famiglia. Un atto di coraggio che ha determinato molte preoccupazioni per Emma che la sindrome di Down ha reso molto speciale e amata nella scuola in cui è cresciuta, a Milano.
L’esperienza di Martina ci dice come la scelta della scuola per i figli con disabilità non può prescindere da molto lavoro di ricerca, di confronto e di verifica. In Italia e all’estero.
testo di Martina Fuga *
Emma ha vissuto 10 anni a Milano e da quando ne aveva 1 ha frequentato un istituto privato di Milano insieme ai suoi fratelli. Ha iniziato il nido quando ancora non camminava, nonostante fosse un prerequisito per frequentarlo grazie alla disponibilità della direttrice e del corpo insegnanti che si sono assunti l’impegno e la responsabilità di questo. E’ stata accolta dal primo giorno con affetto ma soprattutto con fiducia ed è iniziato un percorso straordinario dal punto di vista scolastico e umano che l’ha accompagnata fino in quarta elementare. Dieci anni nella stessa scuola con le stesse persone intorno. Sei anni con la stessa insegnante di sostegno. Compagni di scuola che sono diventati compagni di classe, compagni di classe che sono diventati amici e punti di riferimento insostituibili. Non sono mancate le difficoltà, ma quando le abbiamo incontrate famiglia e scuola hanno lavorato insieme nel rispetto dei diritti e delle condivisione delle responsabilità e li abbiamo superati insieme.
A fine giugno di quest’anno la famiglia ha deciso di seguire papà Paolo a Istanbul dove lo aspettava una nuova avventura professionale. Non ci sono stati molti dubbi in merito a questa decisione, ma certo Emma e il suo percorso scolastico sono stati la nostra più grande preoccupazione.
Il sistema scolastico in Turchia è di tipo misto e prevede sia le scuole inclusive sia le scuole speciali, pubbliche o private che siano, sotto l’occhio vigile del Ministero dell’Istruzione. Ma la scuola turca non era un’opzione per ragioni di lingua e perché la nostra permanenza qui dovrebbe essere di un paio d’anni, abbiamo quindi scelto di iscrivere i nostri figli in una scuola internazionale. A Istanbul ci sono scuole internazionali, scuole americane, scuole inglesi, oltre alla scuola italiana. Il mio approccio è stato molto scientifico e ho affrontato la questione studiando piani di studi, siti internet, leggendo nei blog i commenti dei genitori che avevano frequentato le scuole e in seguito ho visitato e incontrato i presidi di tutte le scuole che mi interessava valutare. Una su tutte aveva attirato la mia attenzione sulla carta: la British School in quanto parlava esplicitamente di alunni con bisogni speciali. E anche dopo la visita rimaneva la mia prima scelta insieme alla scuola internazionale con curriculum americano che mi aveva colpito per la sua filosofia incentrata sul benessere della persona e sulle peculiarità dell’individuo.
Nel portare avanti il dialogo con le due scuole ho capito chiaramente che mia figlia non era la benvenuta alla British International School e che il dipartimento di special need era solo una formalità oppure i bisogni speciali riguardavano solo i disturbi di apprendimento. Dopo lunghe trattative più per capire come la pensavano veramente che per iscrivere davvero lì mia figlia ho ricevuto dalla scuola la disponibilità di accogliere mia figlia a condizione di pagare un insegnate di sostegno per l’intera giornata che seguisse Emma in un’educazione esclusiva. Il punto critico non era solo il costo dell’insegnante oltre alla già straordinaria retta da affrontare, ma quanto la dolorosa certezza che mia figlia non sarebbe mai stata inclusa nella sua classe nè tantomeno nella scuola, ma sarebbe stata totalmente gestita ed educata da una singola persona. Probabilmente visto l’alto potenziale di Emma sarebbe stato molto efficace e Emma avrebbe probabilmente imparato molto dal punto di vista accademico, ma che ne sarebbe stato di lei dal punto di vista sociale ed emotivo?
Con queste domande nel cuore sono andata a incontrare per la seconda volta la Keystone International School con la quale avevo continuato un dialogo molto intenso con la coordinatrice scolastica fatto di contenuti e non di forma. La Keystone a differenza della British dimostrava un’innata attitudine inclusiva e sebbene avesse meno mezzi e risorse della scuola inglese aveva certamente le persone giuste.
In quel mese in cui dovevo prendere una decisione cruciale ho rimpianto molto l’Italia e la sua fama mondiale di essere la prima al mondo ad aver chiuso le scuole speciali, di avere la legge più tutelante in materia scolastica per gli alunni con disabilità, ma poi la scuola è iniziata e l’eco delle polemiche che si rinnovano ogni anni è arrivato fino a Istanbul. In Italia abbiamo sì la situazione migliore sulla carta, ma abbiamo grandi problemi di applicazione e il problema non sono solo i fondi che vengono tagliati anni dopo anno, ma soprattutto le risorse umane. Il punto centrale sono le persone: dirigenti scolastici, insegnanti curriculari, insegnati di sostegno per non parlare poi dei genitori dei compagni di scuola dei nostri figli perché tutti devono fare la loro parte nel processo di inclusione.
I genitori sono pieni di rabbia e pretendono il rispetto della legge, come è giusto che sia, ma temo che così non arriveremo da nessuna parte, finiremo solo con il lamentarci, i più determinati intenteranno cause, i più fragili o solo quelli più stanchi di lottare si rassegneranno e accumuleremo rabbia e senso di ingiustizia. Conosco genitori che invece lavorano sulla cultura dell’inclusione, insistono con i dirigenti scolastici per avere un GLI o un GLHI, pretendono un PEI, contrattano sulle giuste ore di sostegno, condividono con gli insegnanti strategie e progetti, via mail o di persona, supportano il loro lavoro con altrettanta energia a casa, intessono relazioni con i genitori dei loro figli e creano un ambiente più accogliente e più consapevole.
Cambiano le condizioni di base e le leggi, ma in fondo tutto il mondo è paese come si suol dire e io sto facendo la stessa cosa qui a Istanbul.
L’inclusione non la fa la legge o le risorse, meglio averle certo, ma la differenza la fanno soprattutto le persone, la buona volontà, le grandi idee e quel senso di corresponsabilità che fa sentire tutti impegnati e non consente a nessuno il privilegio della delega.
*Martina Fuga è autrice del blog Imprevisti, della pagina Facebook Emma’s Friends e del libro Lo zaino di Emma . Molto attiva nel mondo dell’associazionismo è anche un’appassionata maratoneta.
http://invisibili.corriere.it/2015/11/19/istanbul-martina-e-linclusione-intelligente-degli-alunni-disabili/
Il blog InVisibili si presenta dal nome:
denuncia una condizione nella quale troppo spesso vive chi ha a che fare con una disabilità. L’obiettivo del blog è cambiare questa situazione: innanzitutto parlandone, nel modo più chiaro e sereno possibile. Discutendo idee, proposte, progetti per mettere i disabili in condizione di vivere e confrontarsi alla pari. E nello stesso tempo per offrire alla società le risorse dei disabili. Non vorremmo che lo spazio venisse occupato dalla compassione o, peggio, dalla pietà. Sono atteggiamenti inutili in un Paese che dovrebbe sforzarsi di eliminare qualsiasi tipo di discriminazione. Vorremmo che insieme si stigmatizzassero i comportamenti sbagliati e si trovassero soluzioni dettate dal rispetto dell’individuo ma anche dal buon senso. Chi non sta abitualmente accanto a persone con handicap, fisico o mentale, non conosce le difficoltà quotidiane che queste devono affrontare. E le enormi fatiche di chi le aiuta e le sostiene. Probabilmente non è insensibilità, è semplicemente ignoranza. Al pari del Canale Disabilità di Corriere Salute, questo blog ha le caratteristiche per “intendersi” con i vari software di cui i disabili possono dotarsi per ovviare alla loro specifica limitazione. Sarà per noi un lavoro in continuo aggiornamento, un impegno tecnologico e non solo. L’accessibilità per i disabili non è necessariamente sinonimo di complicazione: lo dimostreranno Franco Bomprezzi e Simone Fanti che gestiranno il blog a distanza con assoluta facilità, da telelavoratori. E’ tempo di portare allo scoperto quello che è restato per troppo tempo nascosto. O meglio Invisibile.Il blog InVisibili si presenta dal nome: denuncia una condizione nella quale troppo spesso vive chi ha a che fare con una disabilità. L’obiettivo del blog è cambiare questa situazione: innanzitutto parlandone, nel modo più chiaro e sereno possibile. Discutendo idee, proposte, progetti per mettere i disabili in condizione di vivere e confrontarsi alla pari. E nello stesso tempo per offrire alla società le risorse dei disabili. Non vorremmo che lo spazio venisse occupato dalla compassione o, peggio, dalla pietà. Sono atteggiamenti inutili in un Paese che dovrebbe sforzarsi di eliminare qualsiasi tipo di discriminazione. Vorremmo che insieme si stigmatizzassero i comportamenti sbagliati e si trovassero soluzioni dettate dal rispetto dell’individuo ma anche dal buon senso. Chi non sta abitualmente accanto a persone con handicap, fisico o mentale, non conosce le difficoltà quotidiane che queste devono affrontare. E le enormi fatiche di chi le aiuta e le sostiene. Probabilmente non è insensibilità, è semplicemente ignoranza. Al pari del Canale Disabilità di Corriere Salute, questo blog ha le caratteristiche per “intendersi” con i vari software di cui i disabili possono dotarsi per ovviare alla loro specifica limitazione. Sarà per noi un lavoro in continuo aggiornamento, un impegno tecnologico e non solo. L’accessibilità per i disabili non è necessariamente sinonimo di complicazione: lo dimostreranno Franco Bomprezzi e Simone Fanti che gestiranno il blog a distanza con assoluta facilità, da telelavoratori. E’ tempo di portare allo scoperto quello che è restato per troppo tempo nascosto. O meglio Invisibile.
http://invisibili.corriere.it/descrizione/#more_descrizione
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