domenica 26 marzo 2017

Ruggero conclude la conquista della Sicilia nel 1084 con la conquista di Siracusa. Ruggero lascia coabitare le quattro religioni: cattolica, ortodossa, mussulmana ed ebrea e l’isola conoscerà uno dei suoi momenti migliori, ridiventando il granaio di Roma. Ruggero muore nel 1101 a Mileto in Calabria. I suoi due figli, Simone (8 anni ) e Ruggero (5 anni) sono troppo giovani per governare; la sua vedova Adelaide assicura la reggenza con abilità, facendo di Palermo la capitale della Sicilia. Morto Simone nel 1105, Ruggero viene armato cavaliere nel 1112 e inizierà il suo regno a 17 anni con il nome di Ruggero II. La pacificazione della Sicilia diventerà definitiva nel corso del 1140. Ruggero viene incoronato nel Natale del 1130. “I discendenti di Tancredi d’Altavilla hanno dato prova di un pragmatismo assoluto mantenendo e adattando le istituzioni preesistenti, garantendo la coesistenza pacifica fra le diverse religioni.

ALTAVILLA (HAUTEVILLE).
Gli Altavilla, all’inizio del XI secolo fecero la loro comparsa i primi mercenari Normanni (figli di famiglie senza feudo), che vennero a offrire i loro servigi ai vari signori dell’Italia meridionale che si combattevano tra loro; i discendenti di questi condottieri, dovevano fondare in poco pù di un secolo uno dei più potenti regni del Mediterraneo.

La prima investitura per i suoi servigi la ottenne Rainolfo Drengot, che si vide conferire dal Duca di Napoli, la Contea di Anversa (1030). Questo fu il primo nucleo Normanno ad avere un possedimento:nel frattempo, Giorgio Maniace era stato mandato nel 1038, a scacciare gli Arabi dalla Sicilia dall’Imperatore Bizantino Michele Paflagonio, il Generale Maniace chiese aiuto a Guglielmo d’Altavilla detto Braccio di ferro, il quale con circa 300 uomini tra i quali Drogone e Umfrido arrivarono in Sicilia e misero in fuga gli Arabi dalle città  di Messina e Siracusa, senocchè nel 1040 Maniace dovette ritornare precipitosamente a Costantinopoli, perchè accusato ingiustamente di tradimento dall’Imperatore Costantino IX il quale geloso dei suoi successi lo vedeva come un possibile pericolo per il suo Trono, Maniace Lasciò a Messina la Moglie e il figlio Crisafo, (da questi nasce la dinastia dei Crisafi, Grisafi, Grifasi) il quale abbandonato anch’egli dai Normanni che per strategia militare avevano lasciato l’isola, nulla potè¨ fare perchè le terre occupate in precedenza da suo padre tornassero in mano Araba.

La riconquista della Sicilia da parte dei Normanni avvenne con i fratelli di Guglielmo d’Altavilla, Ruggero I e Roberto il Guiscardo (l’Astuto), essi completarono la conquista della Calabria (1057/1060) e sempre nel 1060 si rimpossessarono di Messina, aiutati dall’Emiro di Siracusa Bencumen, il quale era in guerra contro suo fratello Belcamend, Emiro di Agrigento.
Così inizia la conquista della Sicilia.

In verità  l’impresa non fu facile, i due fratelli impiegarono 30 anni per conquistarla, anche perchè dovettero tornare un paio di volte in Calabria per consolidare il loro dominio su quelle terre. Nel 1071 Riccardo con l’esercito e Roberto con la flotta assediarono la capitale dell’isola Palermo, a quel tempo la città  più popolosa e più fiorente d’Italia, è  straordinariamente ricca e sede della splendida vita orientale. Gli Arabi opposero una difesa coraggiosa contrastando a lungo gli assalitori, si narra che le porte della città  non furono mai chiuse per dimostrare la loro fiducia nell’esito della difesa,  ma con uno stratagemma gli assalitori entrarono in Palermo da due lati opposti e i Saraceni assediati nell’interno della città  capitolarono cedendo Palermo al vincitore, a condizione che fosse loro garantita la vita e il libero esercizio del loro culto.

I Normanni risparmiarono Palermo araba.
Presero possesso della splendida città  senza versare sangue, e senza commettervi devastazioni, i Saraceni furono lasciati liberi di vivere a modo loro secondo la loro religione. I Normanni furono tolleranti verso i Saraceni, accettarono le arti e le scienze, nei loro palazzi usarono lo stile arabo, la lingua araba continuò ad essere insegnata. Con la presa di Palermo successivamente venivano conquistate Trapani, Catania e Siracusa nel 1088, Enna (chiamata Cars Iannar dagli arabi, e divenuta con i Normanni Castrogiovanni), Agrigento nel 1091. Così l’isola conquistata veniva divisa in questo modo: Roberto prese il titolo di Duca di Sicilia e tenne per sè Palermo e metà  dell’isola, Ruggero diventò Conte e prese l’altra metà  della Sicilia, il loro nipote Tancredi fu fatto Conte di Siracusa.

Alla morte di Ruggero, Roberto il Guiscardo assicura la discendenza al nipote,
Ruggero II figlio secondo genito di Ruggero, il quale, benchè avesse ereditato anche il Ducato della Puglia e il Principato di Capua,  scelse la Sicilia come residenza reale e si fece  incorornare Re (Rex Siciliae) nel Duomo di Palermo nel Natale del 1130. Con Ruggero II il regno di Sicilia divenne uno Stato moderno. Egli riordinò la monarchia che volle splendida, potente e sicura, seppe tenere a freno tutti i nemici, sia interni che esterni, conquistò l’isola di Malta, Corinto e Atene, seppe tenere a distanza l’imperatore greco, il quale non si era ancora rassegnato ad aver perso la Sicilia. Ruggero II si distinse sempre per ingegno, valore e prudenza, egli aveva modi eleganti e disinvolti.
Morì all’età  di 59 anni nel 1154.

Il suo successore Guglielmo I detto il Malo, per la sua inezia, egli era l’unico figlio rimasto dopo la morte prima del padre dei suoi 4 fratelli, Anfuso, Ruggero, Enrico e Tancredi. Sotto il suo regno la Sicilia subì un periodo pieno di disordini, rivoluzioni e confusione di ogni genere, egli morì all’età di 45 anni nel 1166.

Suo figlio Guglielmo II detto il Buono salì al trono all’età  di 11 anni.
A lui si devono parecchi monumenti dell’architettura religiosa di quel periodo, come il Duomo di Monreale e la Cattedrale di Palermo. Morì all’età  di 36 anni, e con lui si estingue la linea diretta della dinastia normanna per mancanza di eredi maschi in Sicilia.
https://mglorioso.it/altavilla/


Erano predoni e mercenari i normanni cattolici che si istallarono nel meridione d'Italia, e i fratelli Roberto e Ruggero d'Altavilla diedero lustro alla dinastia. Roberto il Guiscardo (1025-1085) si occupò soprattutto di conquistare la Puglie e la Calabria, e verrà nominato Duca da papa Nicolò I nel 1059. Il più giovane Ruggero (1031-1101), dopo alcuni contrasti col fratello, accettò di esserne vassallo, e si occupò soprattutto della Sicilia.
Il primo sbarco di Ruggero a Messina, nel 1060, avvenne con soli sessanta cavalieri: insomma, una scorreria. Il secondo sbarco ebbe luogo con centosessanta compagni, ma fu l'alleanza con l'emiro di Siracusa-Catania, ibn at-Thumma, a convincere i fratelli Altavilla a marciare su Palermo, approfittando della divisioni fra gli emiri arabi. Palermo fu conquistata nel 1072, ed è notevole che gli Altavilla condividessero le gesta con le rispettive mogli, amazzoni e guerriere: Sichelgaita, principessa longobarda consorte di Roberto, e Giuditta d'Evreux, giovane moglie di Ruggero.
Sarà poi Ruggero II, il figlio che Ruggero I ebbe da Adelaide di Monferrato, a unificare i territori siciliani e a diventare il primo Re di Sicilia, titolo assegnatogli dall'antipapa Anacleto e poi confermato dal papa Innocenzo II. È Ruggero II il grande personaggio dell'epoca, abile diplomatico e tendenzialmente pacifico (per quanto consentito dai tempi), tollerante e promotore delle arti, come testimonia la Cappella Palatina da lui fatta costruire, in cui il gotico, la navata latina, i mosaici bizantini e l'arte araba del soffitto, si armonizzano in una sintesi mirabile.

I prolifici signori d'Altavilla ebbero una prevalenza di figlie femmine, e infatti la dinastia si concluse con Costanza (1154-1198) figlia che Ruggero II (dopo due vedovanze) ebbe da Beatrice di Rethul. Andata sposa a Enrico VI di Svevia, figlio del Barbarossa, Costanza generò Federico II, Stupor mundi. [...]
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/e-grazie-ai-normanni-il-sud-d-italia-rimase-cristiano



RUGGERO I° D’ALTAVILLA.
«Era un giovane assai bello, di alta statura e di proporzioni eleganti, pronto di parola, saggio nel consiglio, lungimirante nel trattare gli affari. Conservò sempre il carattere amichevole e allegro. Era inoltre dotato di grande forza fisica e di gran coraggio nei combattimenti. E in virtù di questi pregi, si guadagnò in breve il favore di tutti»
Goffredo Malaterra, XI sec.


LO STRAORDINARIO RUGGERO II D'ALTAVILLA
CHE NEL 1130 A MELFI FONDO' IL REGNO DI SICILIA.
Parlare di Ruggero II D’Altavilla è difficile, affascinante ma difficile; figura troppo poliedrica e complessa da trattare in un semplice blog: condottiero, statista, fondatore di regni, politico eccezionale, poliglotta: volgare siciliano, latino greco, arabo e franconormanno, protettore del sapere, costruttore di cattedrali, legislatore; sovrano crudele ed illuminato. Al suo tempo si diceva se vuoi imparare il latino devi andare a Roma, per il greco a Bisanzio, per l’arabo a Damasco o Cordoba, se vuoi imparare latino, greco e arabo devi andare a Palermo; la sua capitale multietnica dove arabi, latini, greci, slavi, ebrei, longobardi e normanni convivevano, la città d’oro, la città che invento un suo stile di arte detta araba-normanna. Ruggero cercò di battere la prima moneta, fondo uno stato originale nel sud Italia che è stato il prototipo dello stato moderno, protesse una  società multirazziale, ordinò il primo mappamondo della storia, e tanto altro.
Poco ricordato- ovvio non parlo degli esperti- a discapito di altre figure meno importanti, L’Altavilla è stato un gigante della storia; se lo zio Roberto il Guiscardo – e suo padre Ruggero I - fu il conquistatore, lui fu lo statista che riunì alla morte del cugino Guglielmo D’altavilla – figlio di Ruggero Borsa e nipote del Guiscardo - tutti i possedimenti normanni fondando un regno nel 1137 che sotto varie dominazioni e nomi rimase in piedi con i suoi confini fino al 1860/61.  [...]

Ruggero volle avere la conferma del titolo da Innocenzo II [...].
Invece il papa, ancora restio a tale riconoscimento, dopo aver scomunicato Ruggero (8 luglio), invase il Regno con un grande esercito, ma cadde in un'astuta imboscata a Galluccio (22 luglio 1139).
Dopo la vittoria del Re, il papa lo investì del titolo di Re di Sicilia, del ducato di Puglia e del principato di Capua (Rex Siciliae ducatus Apuliae et principatus Capuae).
I confini del Regno furono alla fine fissati da una tregua con papa Lucio II nell'ottobre 1144.
Ruggero II era così divenuto uno dei più potenti sovrani d'Europa.
Nell'estate del 1140 ad Ariano Irpino promulgò le Assise di Ariano, il corpus giuridico che formava la nuova costituzione del Regno di Sicilia.
A lui si deve anche l'istituzione del Catalogus baronum, l'elenco di tutti i feudatari del regno, stilato per stabilire un più attento controllo del territorio, dei rapporti vassallatici e quindi delle potenzialità del proprio esercito. A Palermo Ruggero attrasse intorno a sé i migliori uomini di ogni etnia, come il famoso geografo arabo al-Idrisi (Idrīsī o Edrisi), che nel 1154 al-Idrisi realizzò un planisfero per Ruggero II di Sicilia, detto Tabula Rogeriana, che è una delle più avanzate mappe del mondo medioevale. L'originale era inciso su una lastra d'argento, andato perduto perché fuso dopo esser stato predato in occasione d'una sommossa contro il sovrano normanno Guglielmo I di Sicilia nel marzo 1161.

A questo planisfero s'accompagnava un famoso libro di geografia, Liber ad eorum delectationem qui terras peregrare studeant (Il sollazzo per chi si diletta di girare il mondo, Kitāb nuzhat al-mushtāq fī ikhtirāq al-āfāq), chiamato il libro di Ruggero (Kitāb Rugiār o Kitāb Rugiārī), finito verso il 1154, edito in 9 tomi in Italia dall'Istituto Universitario Orientale di Napolie l'IsMEO di Roma fra il 1970 e il 1984.
L'opera, che è un'eccezionale testimonianza della cultura geografica del XII secolo, mostra come le conoscenze geografiche d'Idrīsī travalicassero di gran lunga quelle dell'epoca e contiene tutte le informazioni raccolte nel corso dei suoi viaggi attraverso il Mediterraneo, nonché i resoconti di vari viaggiatori siciliani.
Di lui ci resta anche un'opera farmacologica, De omnibus herbis. Morì in Sicilia nel 1165 circa

[...] Il Re mantenne nel regno una completa tolleranza per tutte le fedi, razze e lingue.
Egli fu servito da uomini di ogni nazionalità, come l'anglonormanno Thomas Brun nella Curia, il rinnegato musulmano Christodoulos nella flotta e il bizantino Giorgio di Antiochia, che nel 1132 fu fatto amiratus amiratorum (in effetti comandante in capo).

Ruggero rese la Sicilia la potenza dominante del Mediterraneo.
Grazie ad una potente flotta, costituita sotto diversi ammiragli, effettuò una serie di conquiste sulla costa africana (1135 - 1153), che andavano da Tripoli (Libia) a Capo Bon (Tunisia) e Bona (Algeria).
Ruggero II creò in quei due decenni un "Regno normanno d'Africa" che divenne un "protettorato" siciliano, sostenuto in parte dalla residua piccola comunità cristiana nel nord Africa.

«I tentativi di Ruggero II di insediarsi in Africa, in primo luogo a Mahdia e poi a Tripoli, sfociarono nella creazione di un piccolo impero normanno lungo le coste dell'Ifriqiya, con la sola eccezione di Tunisi. Gli sceicchi locali si sottomisero all'autorità del re di Sicilia, che tentò di promuovere nella regione nuovi insediamenti cristiani allo scopo di proteggere la modesta popolazione cristiana già esistente.»
I Normanni riuscirono a mantenere le conquiste africane di Ruggero II fino al 1160. [...]

Postato 26th February 2015 da Leo Pisani

http://leonardopisani.blogspot.com/2014/12/lo-straordinario-ruggero-ii-daltavilla.html


Storia del manto di Ruggero II.
il tesoro scippato a Palermo e al Regno di Sicilia.
Fra i reperti più significativi del Weltliche Schatzkammer della Hofburg, cioè il museo imperiale di Vienna, si trova anche il preziosissimo manto di Ruggero, erroneamente conosciuto come manto dell'incoronazione, realizzato nel tiraz (cioè l'opificio di tessitura) del palazzo reale di Palermo nel 1134. Si tratta di un manufatto di rara magnificenza, di forma semicircolare e di oltre tre metri di diametro di apertura. Il manto, in seta, è color rosso porpora con ricami in oro che dalla iconografia lasciano trasparire un' origine orientaleggiante. Una palma divide infatti in due campi lo spazio decorativo, sulla destra e sulla sinistra il leone normanno sovrasta il cammello, il riferimento è sicuramente agli Arabi. Lungo poi tutto l' orlo della semicirconferenza, in caratteri cufici, si sviluppa una scritta che consegna alla storia preziose informazioni sul reperto. Vi si legge, infatti, la seguente dicitura: «Eseguito nel tiraz reale di Palermo dove la felicità e l'onore, il benessere e la perfezione, il merito e l'eccellenza hanno loro dimora; di grandi liberalità, d'un alto splendore, della reputazione, delle speranze; possano i giorni e le notti ivi scorrere nel piacere senza fine né mutamento nell'onore, la fedeltà, l'attività diligente, la felicità e la lunga prosperità, la sottomissione e il lavoro che conviene. Nella capitale della Sicilia, l'anno 528».
Il 528 va riferito alla datazione araba e corrisponde appunto al 1134, quattro anni dopo l'incoronazione di Ruggero II a re di Sicilia avvenuta, appunto in Palermo, nel dicembre del 1130. Questo splendido manufatto, come altri preziosi che arricchivano la reggia di Palermo, fu asportato dal tesoro reale di Palermo da Enrico VI, marito di Costanza d' Altavilla e padre di Federico II, dopo che, nel 1194, prese possesso, con la forza e con l' inganno, dei domini normanni. Fece, infatti, parte dei beni che oltre un centinaio di muli portarono dalla Sicilia in Germania quasi si trattasse di un vero e proprio bottino di guerra.
La fine del regno normanno sotto il colpi del "furor theutonicus", fece perdere la memoria del collegamento di quel prezioso reperto con la stessa Sicilia al punto che se ne contestò perfino una provenienza che l'inequivocabile scritta invece, testimonia in modo evidente. Il tiraz della reggia di Palermo - cui re Ruggero, attribuiva grande valore, al punto da rafforzarne la manodopera con i tessitori ed i lavoranti che si era procurato in Grecia - realizzava manufatti che manifestavano un'abilità artigianale che per tecnica, per finezza, per qualità in genere non aveva pari in quel tempo, almeno nell'area del Mediterraneo. Per circa nove secoli, il manto ed altri pezzi importanti di artigianato tessile normanno - e cioè l' Alba di Guglielmo, i chiriteche, i tibiale, i sandali e la cintura, anche questi sottratti da Enrico VI - sono rimasti a Vienna senza che alcuno ne reclamasse la restituzione, almeno fino al 1918, quando il trattato di pace, siglato dopo la sconfitta dell'impero austro-ungarico, previde fra le altre clausole di riparazione che l'Austria dovesse restituire all' Italia «tutte quelle opere d' arte sottratte nel corso dei secoli e attraverso svariate vicende storiche a talune regioni d' Italia». Sulla scorta di questa clausola fu presentata anche per quanto riguarda la Sicilia, una documentata richiesta di restituzione dei reperti citati. La Commissione, incaricata della valutazione delle richieste di restituzione, non ritenne però di potere accogliere la richiesta siciliana accampando una opinabile prescrizione del diritto stesso. Chiusa la vicenda, senza una protesta delle autorità italiane, i reperti sono rimasti a Vienna fino all' annessione dell' Austria al Reich nazista che si appropriò dei reperti e li riportò a Norimberga dove, originariamente, li aveva depositati Enrico VI. Nel secondo dopoguerra, il manto e gli altri reperti, subirono un nuovo spostamento: la sconfitta nazista consentiva all'Austria di chiederne la reimmissione in possesso e infatti il Museo imperiale di Vienna ne tornò in possesso dove, alla faccia del buon diritto dei siciliani, si offrono nella loro magnificenza allo sguardo del turista.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/08/23/storia-del-manto-di-ruggero-il-tesoro.html


BOEMONDO D'ALTAVILLA,
IL NORMANNO DEL SUD ITALIA, GRANDE CONDOTTIERO DELLA PRIMA CROCIATA.

"Ora [Boemondo] era uno, per dirla in breve, di cui non s'era visto prima uguale nella terra dei Romani, fosse barbaro o Greco (perché egli, agli occhi dello spettatore, era una meraviglia, e la sua reputazione era terrorizzante). Lasciate che io descriva l'aspetto del barbaro più accuratamente: egli era tanto alto di statura che sopravanzava il più alto di quasi un cubito, sottile di vita e di fianchi, con spalle ampie, torace possente e braccia poderose. Nel complesso il fisico non era né troppo magro né troppo sovrappeso, ma perfettamente proporzionato e, si potrebbe dire, costruito conformemente ai canoni di Policleto.. (...) La sua vita ispirava ammirazione, il suo nome il Terrore. Nel suo intero aspetto c’era una caratteristica dura e selvaggia, persino il suo sorriso sembrava una minaccia. In lui sia il Coraggio che l’Amore erano armati, entrambi pronti per il combattimento e le risposte che dava erano regolarmente ambigue”.
Così lo descrive Anna Comnena nella sua Alessiade quando vide Boemondo D’Altavilla a Bisanzio, dove affascinò tutta la corte imperiale di Alessio I Comneno, quando il condottiero normanno vi soggiornò nel viaggio verso Gerusalemme,.era uno dei maggiori baroni della 1° crociata, molti storici lo indicano come il vero leader, per Condra, Yewdale, Wendell David e Nicholson ha comandato la prima crociata fino alla conquista di Antiochia, di certo comandava il più forte e addestrato contingente di crociati: l’esercito normanno del sud Italia [...]. il cronista Romualdo Guarna disse di Boemondo che «egli sempre cercava l'impossibile». [...]

BLASONE DEGLI ALTAVILLA.
[...] Boemondo radunò un esercito normanno, forse la miglior compagine dello stuolo crociato: sicuramente il suo contingente non era particolarmente numeroso, assommando all'incirca 500 cavalieri oltre ai fanti su un totale di circa 35.000 crociati.  Alla testa del suo esercito egli traversò, partendo da Trani, il Mare Adriatico e, dopo essere sbarcato a Durazzo, si diresse per la Via Egnatia alla volta di Costantinopoli. Fece grande attenzione a osservare un atteggiamento "corretto" nei confronti di Alessio e quando arrivò a Costantinopoli nell'aprile 1097 rese omaggio all'Imperatore.[...]

http://leonardopisani.blogspot.com/2015/03/boemondo-daltavilla-il-normmanno-del.html


Il normanno più famoso citato nella Saga del Giglio e il Grifone è Boemondo d'Altavilla.
Ecco come lo ricorda la principessa Anna Comnena, figlia di Alessio I Comneno imperatore di Bisanzio all'epoca della Prima Crociata.

« Ora [Boemondo] era uno, per dirla in breve, di cui non s'era visto prima uguale nella terra dei Romani, fosse barbaro o Greco (perché egli, agli occhi dello spettatore, era una meraviglia, e la sua reputazione era terrorizzante). Lasciate che io descriva l'aspetto del barbaro più accuratamente: egli era tanto alto di statura che sopravanzava il più alto di quasi un cubito, sottile di vita e di fianchi, con spalle ampie, torace possente e braccia poderose. Nel complesso il fisico non era né troppo magro né troppo sovrappeso, ma perfettamente proporzionato e, si potrebbe dire, costruito conformemente ai canoni di Policleto...
La sua pelle in tutto il corpo era bianchissima, e in volto il bianco era temperato dal rosso. I suoi capelli erano biondastri, ma egli non li teneva sciolti fino alla vita come quelli di altri barbari, visto che l'uomo non era smodatamente vanitoso per la sua capigliatura e la tagliava corta all'altezza delle orecchie.
Che la sua barba fosse rossiccia, o d'un altro colore che non saprei descrivere, il rasoio vi era passato con grande accuratezza, sì da lasciare il volto più levigato del gesso... I suoi occhi azzurri indicavano spirito elevato e dignità; e il suo naso e le narici ispiravano liberamente; il suo torace corrispondeva alle sue narici e queste narici... all'ampiezza del suo torace. Poiché attraverso le sue narici la natura aveva dato libero passaggio all'elevato spirito che gli traboccava dal cuore. Un indiscutibile fascino emanava da quest'uomo ma esso era parzialmente contrassegnato da un'aria di terribilità... Era così fatto di intelligenza e corporeità che coraggio e passione innalzavano le loro creste nel suo intimo ed entrambi lo rendevano incline alla guerra. Il suo ingegno era multiforme, scaltro e capace di trovare una via di fuga in ogni emergenza. Nella conversazione era ben informato e le risposte che dava erano fortemente inconfutabili. Quest'uomo del tutto simile all'Imperatore per valore e carattere, era inferiore a lui solo per fortuna, eloquenza e per qualche altro dono di natura. »
Anna Comnena, Alexiade, (XIII, 10, 4-5)



L’ARRIVO DEI NORMANNI IN SICILIA E LA RICONQUISTA.
di Max Trimurti -

950 anni fa, ad Hastings, Guglielmo in Normanno, duca di una Normandia riunificata, conquista il regno d’Inghilterra. Contemporaneamente, una parte della stessa popolazione normanna, spinta all’emigrazione dal dinamismo vichingo e dal sovrappopolamento della regione d’origine, si ritaglia uno spazio fondamentale nel sud della penisola italiana dando inizio alla riconquista della Sicilia

Studi recenti condotti da ricercatori inglesi sul dna della popolazione della Normandia hanno evidenziato come l’apporto vichingo in alcune aree della regione abbia superato il 50% della popolazione locale. Questo fattore, unito a un importante dinamismo demografico del X secolo, si è coniugato, a sua volta, con un dinamismo politico, grazie all’elaborazione di uno stato feudale progressivamente centralizzato, sintesi dello spirito di iniziativa dei vichinghi e dell’adozione del modello organizzativo carolingio. In definitiva questo dinamismo umano e il grande pragmatismo delle popolazioni saranno alla base dei successi dei Normanni in Inghilterra e in Sicilia nel corso dell’anno mille.

Per quanto riguarda i Normanni del sud, tutto ha inizio da un provvedimento di bando, quando “a partire dal 1017, Roberto de Tosny, castellano di Tillieres-sur-Avre, fuggendo la collera ducale, si porta con lui tutti quelli che ha potuto riunire e parte per incontrare papa Benedetto VIII che lo aveva consigliato di farsi arruolare presso dei signori longobardi. Secondo Raoul il Glabro questi suoi successi attireranno un numerosissima moltitudine, comprendente anche donne e bambini, con l’accordo e lo stesso ordine del duca Riccardo”.

Nella stessa epoca Osmont Drengot viene a sua volta esiliato; dall’Inghilterra raggiunge Benevento insieme ai suoi quattro fratelli, dove il principe locale gli affida la custodia di una piazzaforte. Ma oltre alle cause politico giudiziarie, sarebbe stata una “demografia galoppante” che avrebbe spinto tanti uomini a lasciare la Normandia. In tal modo, nella famiglia degli Altavilla (fondatrice del regno normanno di Sicilia), Tancredi, che ha avuto cinque figli dal primo matrimonio e sette dal secondo, avrà solamente un erede per le sue terre. Ecco così che i fratelli Altavilla, “di comune accordo, … avendo inizialmente lasciato la loro patria e ricercando in diversi luoghi il profitto attraverso le armi, raggiungono alla fine, guidati da Dio, la Puglia, provincia d’Italia” .

Secondo Guglielmo di Puglia, i primi Normanni, rientrati in Normandia, inciteranno i loro vicini a seguirli in Italia “raccontando loro della fertilità della Puglia e della infingardia dei loro abitanti”. Rainulfo Drengot invia messaggi in Normandia per vantare la bellezza e la fertilità della Puglia. “Sulla base di questi discorsi, poveri e ricchi normanni arriveranno in massa nel sud dell’Italia”, personaggi, discendenti dei Vichinghi, fra i migliori guerrieri dell’epoca, riusciranno a ritagliarsi dei feudi nell’Italia del sud.

La famiglia Altavilla è originaria di Hauteville-la-Guichard nei pressi di Coutances. Tancredi d’Altavilla vi viveva nel suo castello agli inizi del XI secolo con i suoi cinque figli avuti da Murielle: Serlon, Guglielmo, Dreux (Drogo), Goffredo e Onfroi, oltre a quelli avuti dal secondo matrimonio con Fressenda: Roberto il Guiscardo, Maugerio, Guglielmo il giovane, Umberto, Auvray, Tancredi e Ruggero, ai quali vanno aggiunte anche tre figlie. Dopo l’arrivo dei messaggi di Rainulfo Drengot, diventato conte d’Aversa (vicino a Napoli) nel 1036, Gugliemo Drogo e Onfroi decidono di lasciare il paese natale per tentare l’avventura in Italia. Nel sud della penisola, Guaimario, principe di Salerno, invia contingenti di mercenari normanni in rinforzo ai Greci, che con generale bizantino Giorgio Maniakis o Maniace (998-1043) tenta di riprendere la Sicilia ai Mussulmani. Con essi, Guglielmo d’Altavilla e i suoi fratelli si mettono in evidenza nel 1038 nella battaglia di Troina, nell’est della Sicilia, Per la sua forza e il suo coraggio Gugliemo verrà soprannominato Braccio di Ferro, ma i Normanni, furiosi per non aver avuto la loro parte di bottino, decidono di abbandonare la partita e di rientrare in Puglia. Di fatto, a partire dalla loro base di Melfi, Guglielmo Braccio di Ferro e i suoi fratelli, aiutati da Guaimario di Salerno, conquisteranno la Puglia, togliendola ai Bizantini; Guglielmo, conte di Puglia nel 1042, instaurerà un sistema feudale incentrato su Melfi, e basato su cavalieri normanni. Guglielmo muore nel 1046.

A Guglielmo succede Drogo o Drogone che diventa “duca e signore dell’Italia dei conti normanni dell’insieme della Puglia e della Calabria”. Enrico III Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, venuto a Roma per farsi incoronare dal Papa, lo riconosce Duca della Puglia e della Calabria. Gli Italiani del sud avevano accolto favorevolmente i Normanni di fronte ai Bizantini, ma il loro regime di ferro determina una certa stanchezza fra la popolazione e dà spazio a complotti organizzati dai Bizantini contro di loro. Drogone viene assassinato nel 1052 nella cappella del suo castello di Monte Ilaro (vicino a Bovino) e Onfroi gli succede come Duca di Puglia. Ma un altro figlio di Tancredi d’Altavilla era arrivato nel frattempo dalla Normandia nel 1045: Roberto il Guiscardo (1015-1085, soprannome che significa “l’astuto”, attribuitogli dal suo zio). Drogone l’aveva inviato in Calabria dove si era insediato a San Marco e viveva di saccheggi. Egli aveva sposato intorno al 1051, Aubrée (Alberada), la figlia di Gerardo di Buonalbergo, un cavaliere normanno che possedeva un feudo in Calabria.

Ma, a fronte della crescente potenza normanna, il papa Leone IX richiede l’aiuto dell’imperatore Enrico III, che scende in Italia, portando con sé un contingente tedesco, rinforzato di mercenari Greci provenienti da Bari. Di fronte a questa minaccia, Onfroi chiede aiuto al suo fratellastro Roberto il Guiscardo. I Normanni “bardati di ferro”, inferiori di numero, otterranno una brillante vittoria a Civitate nel giugno 1053. I loro nemici vengono messi in rotta e papa Leone IX viene fatto prigioniero, diventando un brillante jolly nelle mani dei Normanni. Di fatto, nel 1054, il papa accetta di riconoscere Onfroi duca di Puglia e di Calabria e nel giugno dello stesso anno viene liberato, ma Onfroi muore nel 1057 e Roberto il Guiscardo diventerà il nuovo duca. Inoltre il nuovo papa, Niccolò II, in conflitto con l’imperatore, decide di riavvicinarsi ai Normanni.

Il potere della famiglia degli Altavilla si è, nel frattempo, rinforzato con l’arrivo, nel 1054, di Goffredo, Maugerio e Guglielmo. Ruggero I il Normanno (1031-1101), il figlio più giovane di Tancredi, arriva nel 1058. Infine, nel 1060, Roberto e Ruggero si impadroniscono dell’ultima fortezza calabrese tenuta dai Greci: Reggio Calabria. La Sicilia è ormai di fronte a loro, separata solamente dallo stretto di Messina.

Nel 1060 Ruggero ha già effettuato diversi raid senza significativi risultati. A quest’epoca l’isola risulta spartita sotto la sovranità degli Ziridi di Tunisia, che nel 1053 avevano spodestato quella sciita dei Kalbiti. Da questa data, l’isola era stata divisa in quattro comandi sotto la guida di quattro caids, due Berberi e due Arabi. Un quinto Caid, Mohammed Ibrahim Ibn al Thimmah o Ibn at Thumma, poco dopo il 1010, riesce progressivamente a costituirsi un territorio intorno a Siracusa e quindi a Catania. Questi, nella disperata ricerca di aiuti esterni contro l’emiro di Agrigento e di Enna, Ibn al Hawas,, si incontra in segreto, nel 1061, con Ruggero, stipulando un accordo che aprirà la strada della Sicilia ai Normanni. Questo accordo segnerà l’inizio della ritirata mussulmana dall’isola.

Gli storici arabi, che scrivono a partire dal XII secolo (Cronaca Universale o la Perfezione nella storia, del curdo Ibn al Athir o Alī ʿIzz al-Dīn bin al-Athīr al-Jazarī, 1160-1233), attribuiscono la vittoria dei Normanni alle divisioni dell’isola, che per di più usufruisce di scarsi aiuti da parte dell’Africa del Nord. L’organizzazione della popolazione siciliana, riparata in città fortezze, i numerosi rifugi naturali nella montagna e il controllo del mare da parte dei mussulmani, contribuiscono a rendere la conquista difficile, lunga e probabilmente molto sanguinosa. Quest’ultimo punto è un fatto decisamente determinante nella tattica che sarà utilizzata dai conquistatori, nella misura in cui è noto che i cavalieri normanni sono poco numerosi e che, seppur beneficino di un afflusso regolare di emigranti dalla Normandia e dal nord est della Francia, questo flusso non supera di certo l’entità di qualche centinaio di unità l’anno. Pertanto, i Normanni, fatta eccezione per l’assedio di Palermo, eviteranno accuratamente gli scontri in campo aperto (vedasi Hastings nel caso dell’Inghilterra). In questo contesto, Ruggero, detto anche il Gran Conte di Calabria, che non abbandonerà mai l’isola, si impone progressivamente, non solo come un buon comandante di guerra, ma soprattutto come un eccellente amministratore.

Le vicende della conquista ci sono state tramandate principalmente attraverso le fonti cristiane fra le quali le cronache di Amato da Monte Cassino (1010-1090), Guglielmo di Puglia (Guillelmus Apiliensis) e Goffredo Malaterra. Il ritorno della Sicilia al Cristianesimo, vissuto da questi autori come una grande impresa, non sembra avere avuto una grande ripercussione nel mondo mussulmano, dove, a prescindere dal suo interesse economico, la Sicilia rappresenta un semplice avamposto e un possesso periferico. Tuttavia, dal lato cristiano, il successivo lancio della Prima Crociata verrà a occupare tutto lo spazio politico, relegando l’impresa della Sicilia in secondo piano. I Normanni del Mediterraneo, comunque, preoccupati di non provocare agitazioni nei loro stati, non prenderanno parte alle Crociate, al di là di un aiuto logistico. Unica eccezione Beomondo di Taranto (1054-1111), figlio di Roberto il Guiscardo, che tenterà la sua sorte in Terra Santa.

La Sicilia che era stata bizantina, era diventata mussulmana dopo un certo numero di incursioni, 827, 831 (conquista di Palermo), 872 (conquista di Siracusa) e 902 (conquista di Taormina) e una forte immigrazione araba e berbera dall’Africa del nord, con una forte presenza greco cristiana nel nord est (Val Demone).

Dopo un fallito tentativo, nel febbraio 1061, di impadronirsi di Messina, Ruggero fa ricorso a Roberto il Guiscardo e con un esercito di duemila uomini, sbarca nuovamente in Sicilia, conquistando Messina nel maggio 1061. Fra il 1061, inizio delle operazioni militari in Sicilia, e il gennaio 1072, anno della conquista di Palermo, i Normanni saranno peraltro costretti a battersi anche su altri fronti, contingenza che obbliga Roberto il Guiscardo a numerosi andirivieni, specie in Puglia, dove le rivolte, fomentate dai Bizantini, sono ricorrenti.

Il Caid di Catania, Ibn al Thumma, rimane un alleato fedele dei Normanni e fornisce loro un importante sostegno almeno sino all’inizio del 1062, data del suo assassinio in un agguato. Nello stesso tempo, la città di Troina, posta sulla strada da Messina a Palermo e abitata prevalentemente da cristiani, si solleva e apre le sue porte a Ruggero. In questo periodo di incertezza militare i Normanni continuano a costruire torri fortificate, ai fini di un sistematico controllo del territorio conquistato.

Nonostante la loro netta inferiorità numerica, nel luglio 1063, i Normanni daranno battaglia in campo aperto a Cerami, a est di Troina, in Val Demone. Questa battaglia, vinta dai Normanni, entrerà nella leggenda degli Altavilla, come uno dei fatti più importanti di tutta la campagna. Sebbene rinforzati da elementi provenienti dal Nord Africa, i Mussulmani vengono schiacciati da un esercito comprendente il fior fiore dei più feroci avventurieri normanni, fra i quali il famoso Roussel de Bailleul (Ursellus de Ballione o Frangopoulos o anche Roscelin de Baieul, morto in Asia Minore nel 1078), che qualche anno più tardi sarà alla guida di un esercito imperiale bizantino contro i Turchi.

In questo momento in cui nulla è ancora deciso, si comprende, proprio attraverso Roussel de Bailleul, quanto sia atipico il contingente normanno: composto da mercenari in cerca di bottino e di successi militari, esso segue Roberto il Guiscardo, che condivide i loro valori ma che, a loro differenza, è dotato di una visione geopolitica. Il duca si preoccupa di consolidare le sue conquiste, lasciando la gestione diretta ai suoi fratelli. La maggioranza di questi uomini di guerra abbandoneranno poi la Sicilia, come lo stesso Guiscardo, dopo la conquista di Palermo, per continuare le loro avventure nei Balcani, in Africa o in Spagna, preferendo decisamente la guerra alla vita di corte.

Dopo un vano assedio a Palermo nel 1064, Ruggero, disponendo di un contingente limitato, consolida le sue posizioni. Per demoralizzare i difensori della città i Normanni devastano il territorio circostante e tentano dei colpi di mano più improbabili. Il ritorno in Sicilia di Roberto il Guiscardo, consente a Ruggero di assediare nuovamente Palermo nell’ottobre del 1071. Questa città, ricca e opulenta, risulta molto ben difesa da possenti bastioni, edificati dai migliori specialisti dell’arte militare araba. I battelli alla fonda nel porto sono protetti dalle fortificazioni e da un sistema di enormi catene che impediscono l’accesso alla baia. I primi assalti normanni vengono condotti dal mare allo scopo di isolare i difensori e portano alla distruzione delle difese e all’incendio della flotta mussulmana. La logistica del contingente normanno è stata preparata minuziosamente: essa si appoggia sulle flotte dei commercianti pisani. Questi ultimi, che puntano sulla vittoria dei Normanni, forniscono un sostegno interessato, in quanto la pace ed il ritorno della Sicilia in mano cristiana rappresenta sinonimo di sviluppo del commercio e di guadagni.

Prima di attaccare la città antica, composta dal Qasr (Cassero) e dalla Kalsa, sede del potere difeso da spesse muraglie, i Normanni si dirigono contro i quartieri abitativi più moderni e meno fortificati. Ancora una volta, Roberto il Guiscardo, che ha appena conquistato Bari, conduce la lotta alla testa delle sue truppe, non esitando a partecipare all’assalto dei bastioni, operazione altamente pericolosa. “Una astuzia di Roberto consente di avere ragione della città. Avendo impiegato il grosso delle sue truppe per attaccare la parte più forte della città , egli si introduce con un commando nel quartiere di Al Halisah ed apre le porte della piazzaforte che viene finalmente invasa”.

Di fronte alla progressiva avanzata, che è stata senza dubbio facilitata dall’aiuto della popolazione locale di fronte ai mussulmani, i notabili arabi della città preferiscono negoziare la resa. In cambio, essi domandano di conservare le loro leggi e la pratica dell’Islam. Dopo lunghi ed estenuanti negoziati i Normanni fanno il loro definitivo ingresso nella città vecchia all’inizio del 1072 e con un gesto simbolico gli Altavilla rendono al culto cristiano l’antica cattedrale, diventata moschea e ristabiliscono l’antico arcivescovo greco. Ma molto rapidamente quasi tutto il clero di rito orientale sarà a sua volta accantonato, a vantaggio della Chiesa di Roma.

Roberto diventa a quel punto duca di Sicilia e Ruggero Conte di Sicilia. Ma Roberto il Guiscardo non si ferma a Palermo: partito per la Grecia con suo figlio Beomondo, si apre la strada di Costantinopoli, grazie alla vittoria di Durazzo nel 1082. Una nuova vittoria ottiene a Corfù nel 1085, ma colpito dalla malaria Roberto muore nel giugno dello stesso anno. Gli succede suo figlio Ruggero Borsa per i ducati di Puglia e Calabria, governati con l’aiuto dello zio Ruggero, gran conte di Sicilia.

Ruggero conclude la conquista della Sicilia nel 1084 con la conquista di Siracusa. Ruggero lascia coabitare le quattro religioni: cattolica, ortodossa, mussulmana ed ebrea e l’isola conoscerà uno dei suoi momenti migliori, ridiventando il granaio di Roma. Ruggero muore nel 1101 a Mileto in Calabria. I suoi due figli, Simone (8 anni ) e Ruggero (5 anni) sono troppo giovani per governare; la sua vedova Adelaide assicura la reggenza con abilità, facendo di Palermo la capitale della Sicilia. Morto Simone nel 1105, Ruggero viene armato cavaliere nel 1112 e inizierà il suo regno a 17 anni con il nome di Ruggero II.

La pacificazione della Sicilia diventerà definitiva nel corso del 1140. Ruggero viene incoronato nel Natale del 1130. “I discendenti di Tancredi d’Altavilla hanno dato prova di un pragmatismo assoluto mantenendo e adattando le istituzioni preesistenti, garantendo la coesistenza pacifica fra le diverse religioni. L’esempio della Sicilia è molto significativo, anche se non bisogna credere che è “tutto oro quello che riluce”. L’incoronazione di Ruggero II si è ispirata al cerimoniale di Bisanzio, come è dimostrato da un mosaico nella Martorana a Palermo, Il principe indossa un abito bizantino e il Cristo pone sulla sua testa il Kamelaukion del Basileus, composto da una corona di pendenti. Più significativa la scelta del suo principale consigliere, l’ammiraglio Giorgio d’Antiochia, greco di Siria, che era stato al servizio dell’emiro di El Medeah prima di passare a quello di Ruggero II.

Giorgio d’Antiochia effettuerà la conquista della costa tunisina da Tunisi a Tripoli, riuscendo persino a controllare Kairuoan fra il 1143 e il 1148, mentre Ruggero, con la pubblicazione delle Assise, codice dell’organizzazione del regno, dimostrerà l’efficacia delle istituzioni amministrative. Ruggero II viene riconosciuto come un geografo, un cartografo di valore; egli è re di Sicilia, ma anche duca della Puglia e della Calabria. Sotto il suo regno si sviluppa una architettura siculo-normanna caratterizzata da influenze arabe. Ricordiamo di questo periodo la Cappella Palatina (1130-1140), la Martorana (1143), San Cataldo (1154), l’inizio della cattedrale di Cefalù (1131).

Ruggero II muore nel 1154 a Palermo. Gli succede Guglielmo I detto il Malo (1131-1166), all’età di 34 anni. Il suo regno risulta agitato, il suo ministro Maione di Bari (1115-1160), governa con competenza, ma viene contestato dal popolo. Il re muore nel 1166 e gli succede Guglielmo II il Buono (1153-1189), all’età di 13 anni; la madre, la regina Margherita di Navarra (1134-1183), assicurerà la reggenza per cinque anni. Il suo regno effettivo ha inizio nel 1171 e sarà un periodo brillante. Egli farà edificare l’abbazia di Monreale (dal 1172) e farà terminare la Zisa; allaccerà inoltre relazioni diplomatiche con l’Inghilterra e con l’Impero, facendo sposare la zia Costanza d’Altavilla (1154-1198, figlia postuma di Ruggero II) al futuro imperatore Enrico VI (1165-1197, figlio di Federico Barbarossa), che diventerà suo erede, morendo senza figli nel 1189. Ma i siciliani preferiscono Tancredi di Lecce (1138-1194), vecchio ministro di Guglielmo II, che diventa re di Sicilia, dove mantiene la pace. Questi, colpito da malattia, muore improvvisamente a Palermo nel 1194, consentendo così ad Enrico VI di Hohenstaufen di entrare a Palermo, dove nel frattempo era stato messo sul trono Guglielmo III o Guglielmino d’Altavilla (1185-1198), figlio di Tancredi di Lecce con la reggenza della madre Sibilla di Medania o d’Acerra (1153-1205). Enrico VI si comporterà in modo brutale, portando nell’Impero il mantello di Ruggero II (conservato a Vienna). Guglielmino morirà in prigionia nel 1198. Enrico VI muore poco dopo la sua incoronazione nel 1198. Gli succede suo figlio Federico di Hohenstaufen. Sarà uno dei più grandi sovrani del medioevo, imperatore nel 1215 e ultimo re normanno di Sicilia.

Per saperne di più
Amari Michele, Storia dei musulmani di Sicilia, Catania, Romeo Prampolini, 1933-1939
Amato di Montecassino, Storia dei Normanni, introduzione, traduzione e note di Giuseppe Sperduti, ed. Ciolfi, Cassino 1999
Pasquale Hamel, L’invenzione del regno, dalla conquista normanna alla fondazione del Regnum Siciliae (1061-1154), Palermo, Nuova Ipsa, 2009
Ferdinand Chalandon e Alberto Tamburrini, Storia della dominazione normanna in Italia e in Sicilia, Cassino, Francesco Ciolfi Editore, 2009
John Julius Norwich e Elena Lante Rospigliosi, Il regno del sole. I Normanni nel Sud, 1130-1194, Milano, Mursia, 2007

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