lunedì 9 dicembre 2013

Bertolt Brech. Sono venuto qui perché c’ è un giudice a Berlino

«Un giudice a Berlino».
«Sono venuto qui perché c’ è un giudice a Berlino».
Bertolt Brech

Nella storia del drammaturgo tedesco, ambientata nel Diciottesimo secolo, un mugnaio di Potsdam era incappato nel sopruso di un nobile. Dopo aver cercato, invano, giustizia in tutti i possibili tribunali della Prussia, l’umile mugnaio decise di arrivare a Federico II di Hohenzollern, passato alla Storia come Federico il Grande. E così, a Berlino, il pover’uomo ebbe finalmente giustizia: perché «il miglior giudice è il re».

Il mugnaio di Saint-Souci

di Emilio Broglio

(tratto da "Il Regno di Federico di Prussia, detto il Grande"stampato in Roma nel 1880 )


"Un pensiero costante di Federico, come già si è detto fu la bona amministrazione della giustizia, e n'era venuto, fino dal 1747, il Codex Fridericianus. Ma passati trent'anni, morto l'illustre Cocceio, sopraggiunte le gravi cure della guerra, gli abusi, per opera della gente di toga, ripullularono. E Federico daccapo a volerli rimondare, non senza dimolta fatica, perché la sullodata gente di toga, salve le rare eccezioni, è sempre e da per tutto nemica ostinata delle riforme; vive di precedenti, di tradizioni, di regole formali, e non se ne sa, o non se ne vuole distaccare; gli abusi poi, sono per l'appunto opera sua, e se ne giova. 
[...] 
Questo Re, schiavo del dovere, prendeva molto sul serio anche l'alto suo ufficio di Giudice Supremo, e come si vede non aveva bisogno di sproni; ma se n'avesse avuto bisogno, appunto in questi anni accadde un fatto famoso, il processo del mugnaio Arnold, dove il Re, da ultimo, si credette in obbligo d'intervenire con sommo rigore, destando sentimenti e giudizi discrepanti in Europa; di viva ammirazione nei più, di severa condanna in pochi".
Ci sono de' Giudici a Berlino, aveva risposto trent'anni prima, a chi lo minacciava d'espropriazione, il mugnaio di Potsdam, che non volle mai vendere il suo mulino ad acqua sul poggio di Sans-Souci; e Federico Re lo rispettò, lui e il suo mulino, senza bisogno di giudici; oggi invece il mugnaio Arnold ebbe, contro i giudici di Berlino, bisogno del Re.

Il mulino del Gambero - Krebsmúhle - era d'un conte di Schmettau, maggiore nell'esercito, ma non della famiglia inclita in guerra; affittato da parecchie generazioni agli Arnold, mugnai. Nel '70, un barone von Gersdorf volle farsi, più in su del mulino, una peschiera, e deviò parte dell'acqua; il mugnaio, impedito così dal macinare per una gran parte dell'anno, non ebbe più modo di pagare il fitto regolarmente; il conte di Schmettau, dopo aver pazientato parecchio, da ultimo lo citò dinanzi al giudice feudale, Schlecker, che lo condannò a pagare; e perché pagare non poteva, quando non macinava, finì col fargli vendere all'asta nel '78 il mulino. 
Comprato da un esattore, Kuppisch, fu poi rivenduto da costui allo stesso barone von Gersdorf, ch'ebbe così l'aria d'aver meditata e compita la spogliazione. Portata la causa in appello, dinanzi alla Regierung di Cústrin, la sentenza venne trovata giusta, e quindi confermata.
Il 1° maggio del '79, Arnold, o più esattamente sua moglie Rosina, una donna non più giovane, intendiamoci, presenta una petizione al Re, chiedendo la nomina d'una Commissione Militare, che esamini la cosa; domanda certo molto strana per noi, avvezzi oramai alla divisione de' poteri, alle più o meno savie finzioni costituzionali, e a vedere la giustizia amministrata sempre in nome del Re, da giudici nominati dal Re, senza che il Re ne sappia mai nulla; non punto strana allora, con un Re, fontana vera, non finta, d'ogni potere, e quindi anche della giustizia.
Con che, badiamo, non intendo già dire che quello fosse un sistema migliore; tutt'altro! Dico soltanto che era così; e aggiungo anzi subito, che richiedeva un Federico II per funzionare ragionevolmente mentre poi un Federico II non è lì che cova.img/mugnaio2.jpg

Il 4 maggio un Ordine del Re manda l'istanza Arnold al Ministero della Giustizia, perché esamini e riferisca; quello esamina e riferisce, che tutto é perfettamente in regola

Più tardi, nello stesso anno, il Gran Cancelliere von Fúrst, durante il suo viaggio d'ispezione da quelle parti, riceve un altro ricorso dall'implacabile Rosina; non so quanto lo esamini, certo è che lo respinge.

Allora gli Arnold tentarono una strada nova; il marito aveva un fratello soldato; suo colonnello era il Principe Leopoldo di Brunswick, nipote del Re, adorato dal popolo, perché bono, affabile, umano; tanto umano, che sei anni più tardi, nell'85, s'affogò miseramente nell'Oder, mentre si sforzava, in una barchetta, di soccorrere de' poveri inondati.

Il soldato, un bravo soldato, bisogna dire, gli si raccomanda. 
Il Principe ne parla al Gran Cancelliere; ma Fúrst risponde picche anche a lui
In agosto, la madre del Principe, sorella del Re, fa una lunga visita al fratello a Potsdam; costì Leopoldo coglie un momento favorevole e narra la lunga storia al Re, presentando una nova domanda Arnold, per una Commissione Mista, militare e civile; il giorno dopo, 22 agosto, un ordine di Gabinetto alla Corte - Regierung - di Cústrin, gl'intima di nominar subito un Consigliere, affinché per opera sua, d'accordo col Colonnello Heucking, di guarnigione da quelle parti, sia fatta giustizia. La Corte elegge Neumann, che si mette a studiare col Colonnello, ma senza frutto; perché quello riferisce alla sua Corte che non c'è nulla da fare, e la Corte presenta, il 27 settembre, rapporto analogo a Sua Maestà; il Colonnello invece s'è convinto, che Arnold aveva ragione, in equità, di non pagare il fitto d'un mulino che non macina, e fa il suo rapporto in questo senso.

Il Re lo trova chiaro e preciso - deutliches und ganz umstàndliches - e lo manda al tribunale Supremo di Berlino -Kammergericht - sempre perchè sia fatta giustizia. Invece non lo persuade punto il rapporto della Corte di Cústrin, glielo rimanda insieme alla manifestazione del suo vivo malcontento - áusserstes Misfallen - e ordina un novo esame
Que' signori della Corte eleggono un'altra Commissione, e questa volta ci mettono anche un idraulico, di nome Schade; la Commissione fa il suo rapporto il 28 ottobre, sempre concludendo che tutto era andato benone, benchè lo Schade non fosse di questo parere; soltanto, per dimostrare quanta fosse la loro diligenza, scoprono un piccolo errore: che Arnold aveva lasciato del grano nel mulino, pel valore di cencinquanta o censessanta lire: che questo era suo, e non si poteva comprendere nella vendita del mulino e ora gli si doveva restituire: ma per tutto il resto, non c'era che dire.

La Rosina, colla sua indomabile tenacità femminile, torna all'assalto in novembre con una nova petizione a Sua Maestà; e Sua Maestà, senz'ancora perdere la pazienza, che fu un bel fatto, la rimanda a Cústrin; gli si risponde che la sentenza è inalterabile, salvo l' intervento di un giudizio superiore.

Il Re, con Ordine 98 novembre, incarica dunque il Kammergericht di Berlino, di pronunziare il suo giudizio definitivo, e presto! mandando un espresso a Cústrin a prendere l'inserto. Il Gran Cancelliere Fúrst, ricevuto l'ordine, lo trasmette al Presidente del Kammergericht, un von Rebeur; il quale, appena arrivate le carte, il 7 dicembre, nomina subito relatore il Consigliere Rannsleben, perchè riferisca quam primum; costui, con un lavoro indefesso diurno e notturno, è in grado di riferire il giorno seguente: "La sentenza é giusta e va confermata. Detto fatto, la si conferma in nome del Re".

Federico riceve la notizia formale il 10, in preda a un fiero attacco di gotta; ordina al Fúrst di venire domani al Castello coi tre Consiglieri che hanno redattimg/mugnaio3.jpgo la sentenza

Il Rannsleben, relatore, in una sua Autobiografia inedita, racconta la scena, e questo brano, per fortuna, venne stampato.

Sentiva in aria un grosso temporale, tanto ch'ebbe la precauzione di non dir nulla alla moglie della sua chiamata al Castello. Entrati i tre Consiglieri preceduti dal Fúrst, trovarono il Re seduto, che voltava le spalle al foco del caminetto, coi piedi tormentati stesi sopra sgabelli, una mano nascosta in un manicotto, e l'altra che teneva la sentenza; lì presso, a un tavolino, il segretario-stenografo Stellter, che stese un processo verbale, pubblicato poi il 14 dicembre per ordine di Sua Maestà.

Il Re interrogò i Consiglieri, senza darsi per inteso della presenza del Gran Cancelliere:
- Un povero villano, può egli pagare il fitto, se gli portate via il carro, l'aratro, e tutti gli strumenti di lavoro?- 
- No, Maestà.-
- E' giusto portar via il mulino a un povero mugnaio che non può pagare il fitto, perché gli s'è levata l'acqua e quindi non può macinare? 
- No, Maestà’.
- Un nobile vuol farsi una peschiera e devìa l'acqua dal mulino; il mugnaio Arnold è ridotto a non poter macinare che quindici giorni in primavera e quindici in autunno; come può egli pagare lo stesso fitto di prima? Eppure la Corte di Cústrin gli fa vendere il suo mulino, perché un altro nobile intaschi l'intero fitto, e il Tribunale di Berlino...
- il Kammergericht, Maestà.- suggerisce qui, o corregge, il Gran Cancelliere,-
- il Kammergericht...-
Il Re dice al segretario:
- il Kammergericht;-
poi, volgendosi al Fúrst, gl'intima di andarsene, aggiungendo d'avergli già nominato il successore; e quello scompare senza dir verbo.

- E' una sentenza ingiusta, - continua il re accendendosi vie più;-
- è contraria alle mie intenzioni di padre del popolo; e voi l'avete pronunziata in mio nome. 
In mio nome! Quando mai ho io oppresso il povero in favore del ricco? Quando mai ho fatto prevalere la vana forma legale all'intrinseca moralità della cosa? E voi siete de' giudici? E voi dispensate la giustizia in nome di Dio e del Re?...- E più che il dolor potendo l'ira, battimg/mugnaio4.jpgeva la sentenza colla mano gottosa, e ripeteva:
- Il mio nome crudelmente abusato! -
meinen Namen cruel missbraucht -
-Ma io darò un esempio memorabile, -
- ein nachidrúckliches Exempel;
- l'ultimo contadino, che dico? un mendicante, è anch'egli un essere umano come il Re, tutti eguali dinanzi alla legge e alla giustizia; un tribunale ingiusto è più pernicioso d'una banda di ladri; contro questi potete difendervi, non così contro quello. Uscite. signori! -

E li fece mettere in una carrozza e portare in prigione; ordinò lo stesso trattamento pei loro colleghi di Cústrin; incaricò il suo ministro della giustizia, von Zedlitz, di nominare una Commissione, che li condannasse almeno a un anno di fortezza e al risarcimento del danno verso gli Arnold. Il ministro uomo rettissimo, dichiara ne' termini più rispettosi, che la sua coscienza non gli permette di pronunziare la sentenza imposta da Sua Maestà; allora il Re la pronunzia lui, il 1 gennaio 1780: il consigliere Scheibler, della corte di Cústrin, che ha votato solo contro i suoi colleghi, torni al suo posto.

Il Rannsleben del Kammergericht, che ha studiato la questione con grande imparzialità, prosciolto. Tutti gli altri, destituiti, cassirt! Condannati a un anno d'arresto in fortezza, a Spandau, e al rifacimento del danno, liquidato poi e pagato all'Arnold in 1358 talleri, 11 groschen e 1 pfennig - poco più di 5000 lire:
- Il mugnaio Arnold rimesso nel suo mulino - in integrum restituirt.

- Quanto a lei, signor ministro, rispetto i suoi scrupoli di coscienza, e rimango come prima il suo affezionatissimo Re, Federico. - Infatti conservò il suo posto.

La cosa fece, naturalmente, gran chiasso in Europa: Caterina II, amica de' filosofi, mandò al suo Senato, come salutare esempio, copia del processo verbale 11 dicembre 1779, fatto pubblicare il 14 dal re: in Francia lo si vendeva da tutt'i librai, sotto il titolo: Balance de Frédéric; e i giornali non parlavano d'altro.

A Berlino invece l'alta società, nobile e forense, condannava Federico; trasse in folla alla casa del Gran Cancelliere destituito, in segno di condoglianza, ingombrandone la via colla fila delle carrozze, che si vedevano dalle finestre del Palazzo reale, senza che Federico, ben inteso, se ne facesse nè in quà nè in là.

Si notò il fatto, che ogni giorno gran numero di villani, fino a un centinaio, stavano sulla piazza del Castello, sotto le finestre del Re, con petizioni in mano, chiedendo giustizia come Arnold; e ne' tribunali, le parti soccombenti gridavano, che si sarebbero appellate al Re; ecco, dicevano, le naturali e pessime conseguenze del suo dispotico intervento e dell' umiliata magistratura. Questo sentimento di disapprovazione durò fino alla morte di Federico; il barone von Gersdorf, chiese e ottenne dal successore un novo giudizio; fu deciso: che il barone aveva diritto all'acqua per la sua Peschiera, e che Arnold doveva restituire ai giudici il mal ottenuto compenso, e al barone, o il mulino, o il prezzo d'asta; le quali somme, per altro, furono invece sborsate dal Re Federico Guglielmo II, atto convenientissimo di regia munificenza. E s'intende che il vecchio Fúrst, e l'altre vittime, furono richiamati ai loro posti e agli onori perduti, nella certezza, da parte del nuovo re, di cattivarsi cosi una certa popolarità; voglio dire popolarità nobilesca e forense; mentre quella ambìta da Federico era molto più vasta, e più, alta, e più indipendente.


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La leggenda del mulino di Sanssouci racconta che il re fosse infastidito dal rumore delle pale del mulino che si trovava nei pressi del suo castello. Offertosi di comperarlo, al rifiuto del mugnaio, il re gli fece notare che avrebbe potuto requisirlo senza pagarlo. Al che il mugnaio - sempre secondo la leggenda - gli avrebbe risposto che avrebbe senz'altro potuto farlo a patto che a Berlino non ci fosse stata la Corte Suprema cui ricorrere.
Lo storico Mulino di Sanssouci a Potsdam

https://it.wikipedia.org/wiki/Die_M%C3%BChle_von_Sanssouci



Amor Fati:
Dicono che sia di Brecht. 
Era un mugnaio tedesco che disse no alle tasse sull'acqua applicate da nobile barone prussiano. 
E perse così il mulino nel processo locale. A chi gli diceva di smettere, perché avrebbe rischiato pure la prigione, ripeteva: "ci sarà un giudice a Berlino". Nessun giudice tedesco lo prese in considerazione. Ma tanto fece che la causa venne presa in mano da Federico il Grande. Che restituì il mulino al proprietario e condannò al carcere i giudici corrotti.



Il mugnaio di Sans Souci
di Giovanni Impagliatelli

[...] Vorrei raccontare a “lor signori” una breve storia che viene da lontano: 
quella del mugnaio di Sans Souci.

Agli inizi del 1700 un semplice mugnaio riuscì a tenere testa all’imperatore di Prussia Federico II, il quale voleva espropriargli il mulino colpevole solamente di rovinare, con la sua presenza, la veduta panoramica del suo nuovo castello di San Souci. Un’opera straordinaria a tutt’oggi esistente e ben conservata. L’imperatore, forte del suo potere, continuava a minacciare l’onesto e caparbio mugnaio e pur di affermare il principio del “potere” non esitava a corrompere tutti i giudici e gli avvocati presso cui il mugnaio si rivolgeva. Ma l’onesto mugnaio, caparbio come qualsiasi cittadino sangiovannese, forte dei propri  diritti non volle mollare ed andò alla ricerca di un bravo ed onesto giudice disposto ad ascoltarlo e a sposare la sua giusta causa che poi, alla fine, altri non è che la causa di chi cerca nel diritto quello che il “potere” da un po’ di tempo vorrebbe sostituire. Alla fine trovò a Berlino un bravissimo giudice che non ebbe paura di mettersi contro il potere, affermando il principio che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla Legge e che, prima o poi, la giustizia compie il suo corso. Il mugnaio vinse la sua giusta causa e contro tutto e contro tutti ed il mulino visse vicino il castello per molti lustri ed ogni volta che qualcuno tentava di minacciare il mugnaio  egli rispondeva “c’è pur sempre un giudice a Berlino”.

Non sappiamo se tutto ciò sia stata solo una battuta di un’opera teatrale di Bertold Brecht o se invece fosse una storia realmente accaduta. [...]

https://michelegemma.wordpress.com/2013/07/20/il-mugnaio-di-sans-souci/

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