sabato 4 maggio 2019

Se la letteratura giocasse a calcio Italo Svevo: le perde tutte, ma a fine stagione trionfa perché tutti gli altri vengon squalificati. Per la sua squadra ogni sconfitta è sempre l’ultima. James Joyce: fallosissimo, spezza le gambe agli avversari e inveisce contro l’arbitro, per lui le partite finiscon sempre con uno o due uomini in meno ed inizian solo dopo esser ormai sotto 0-3. Esperto in rimonte clamorose, il risultato finale varia spesso da 3-3 a 5-3.

Se la letteratura giocasse a calcio
Italo Svevo: le perde tutte, ma a fine stagione trionfa perché tutti gli altri vengon squalificati. Per la sua squadra ogni sconfitta è sempre l’ultima.

James Joyce: fallosissimo, spezza le gambe agli avversari e inveisce contro l’arbitro, per lui le partite finiscon sempre con uno o due uomini in meno ed inizian solo dopo esser ormai sotto 0-3. Esperto in rimonte clamorose, il risultato finale varia spesso da 3-3 a 5-3.

Ernest Hemingway: maestro del contrasto duro ma leale, cela dietro un gioco pane e salame la filosofia d’un calcio impregnato di coraggio, determinazione e tenacia. Celebri le sue vittorie per 1-0 al 95°.

Franz Kafka: vive la stagione nell’angoscioso terrore d’esser retrocesso da un giorno all’altro in Lega Pro. Per lui le partite parton sempre dallo 0-1. Con un uomo in meno. E ogni volta, chissà come, deve vedersela con un pallone più grande di lui. 

Samuel Beckett: squadra tipicamente attendista, vive nell’incessante attesa di poter conquistar palla, invano. Con lui il minuto è sempre il 90°.

Marcel Proust: virtuoso del fraseggio corto e prolungato, la sua squadra è capace di palleggiar per un’ora intera senza mai tirare in porta. Ah, già, dimenticavo, il tempo non esiste. Le sue azioni vivono in moviola costante e il tè dell’intervallo dura più della partita. 

George Byron: giocare per lui vuol dire solo giocare alla morte. Le partite i suoi giocatori le terminano puntualmente all’ospedale a gruppi di 6 o 7. Spesso estromessi dal torneo per sciagurato decesso di ¾ della squadra.

Gabriele D’annunzio: lui vince sempre. Prima squadra al mondo composta di 11 numeri 10, tutti fantasisti, gioca senza schemi e senza arbitro, segnando direttamente da rinvio. Apoteosi del calcio specchiato.

Émile Zola: fautore d’un calcio operaio, è abile a trasformare la difesa in attacco, studiando approfonditamente i difetti ereditari degli avversari allo scopo di scovarne i punti deboli. Recordteam di probità: 0 ammonizioni.

Albert Camus: tipica squadra di fatica e sacrificio, i suoi giocatori impiegano oltre un’ora per portar palla nell’area avversaria, dopodiché la perdono e devono ricominciare da capo. Abbonati allo 0-0, ma nutrendo sempre la speranza del gol.

Eugène Ionesco: gioca senza palla, iniziando le partite al 70°, andando al riposo al 23° e chiudendole al 3° del secondo tempo. Assolutamente indimenticabili le sue partite con Beckett. In porta c’è un rinoceronte. 

Jean Racine: surclassa l’avversario e domina per tre quarti di gara, dopodiché getta via le partite, suicidandosi calcisticamente. “Imparare dalla sconfitta”.

Honoré de Balzac: la sua squadra le prende sempre, ma ai suoi giocatori non interessa. Loro pensano solo ai soldi.


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