domenica 23 aprile 2017

Magna Charta. la “Grande Carta delle libertà d’Inghilterra”, che nessun uomo libero potrà essere arrestato o messo in prigione, né spossessato della sua libera proprietà, né delle sue libertà o franchigie, né messo fuori della legge o esiliato, né molestato in nessun’altra maniera, se non in virtù di una sentenza legale dei suoi pari o delle leggi del paese. [...]

1. Costituzionalismo e puritanesimo nella "grande ribellione".

Introduzione.
Nella rivoluzione inglese (1640-49) confluiscono e si sovrappongono molteplici aspetti: politico, economico, sociale e religioso. Il conflitto fra il parlamento e il re era cominciato nel 1628 su un terreno strettamente giuridico-politico, ma sin dal principio era stato accompagnato dall’enorme produzione di opuscoli puritani diretti contro la chiesa anglicana. A questa veniva rimproverato da un lato di aver eliminato solo in modo superficiale le superstizioni cattoliche, dall’altro di essere un organo dell’assolutismo regio. La convergenza dei temi politici e di quelli religiosi si scorge molto bene nella “Grande rimostranza”, un lungo documento approvato dal parlamento nel novembre 1641 che faceva il punto sugli arbitrî del re, dei suoi ministri e della chiesa di stato, sulle riforme già adottate in quell’anno e su quelle ancora da realizzare.

L’accusa a Carlo I e all’arcivescovo di Canterbury William Laud (già arrestato e in seguito condannato a morte) di aver restaurato il cattolicesimo (“il papismo gesuita”) era forse eccessiva, ma è vero che la chiesa anglicana, gerarchica e ritualista, era considerata dal re e dai suoi seguaci come uno strumento per la vittoria dell’assolutismo. D’altra parte i puritani apparivano consapevoli delle implicazioni politiche della loro fede religiosa: chiedere l’abolizione della gerarchia ecclesiastica e l’elettività dei ministri del culto conduceva anche ad affermare il principio della sovranità popolare.

Richiamando leggi vecchie di tre o quattro secoli, le rivendicazioni del parlamento possono forse essere scambiate per un anacronistico ritorno ai princìpi politici medievali. Ma dietro questa apparenza vi è invece l’affermazione di princìpi politici decisamente moderni. Ciò si vede ancora meglio nel “Patto del popolo”, il programma politico dei livellatori, l’ala più avanzata del movimento rivoluzionario: l’estensione del diritto di voto, la riforma della legge elettorale, la libertà di coscienza, l’abolizione dei privilegi, la dottrina dei diritti naturali e immodificabili. 

Il carattere radicale di questa dottrina, con la sua richiesta dell’uguaglianza politica, andava oltre i propositi del parlamento. La vecchia legge elettorale denunciata nel primo articolo del “Patto del popolo” restò in vigore. Alla fine la condanna del re venne sì decisa in nome della sovranità popolare, ma i giudici preferirono richiamarsi all’antica tradizione inglese piuttosto che ai diritti naturali.


1. Costituzionalismo e puritanesimo nella "grande ribellione".

Le prerogative del parlamento.
Il 7 giugno 1628, tre anni dopo l’ascesa al trono di Carlo I Stuart, il parlamento inglese presentò al sovrano un atto noto con il nome di Petition of Rights. Riferendosi a leggi e a disposizioni che risalivano a molti secoli prima («le leggi e i liberi costumi di questo regno»), i parlamentari delineavano i caratteri di un nuovo regime costituzionale che doveva impedire l’evoluzione in senso assolutista della monarchia.

Alla Eccellentissima Maestà del Re.

I. I Lords spirituali e temporali e i Comuni, riuniti in Parlamento, fanno osservare molto umilmente al nostro Sovrano Signore il Re che è dichiarato e fissato da uno statuto fatto sotto il regno di Edoardo I, conosciuto sotto il nome di statuto de tallagio non concedendo che il Re o i suoi eredi non impongano né levino imposte o aiuti in questo regno, senza il buon volere e assenso degli arcivescovi, vescovi, conti, baroni, cavalieri, borghesi e altri uomini liberi dei comuni di questo regno. [...]

II. Considerando tuttavia che sono state stabilite, recentemente, diverse commissioni in parecchie contee, con istruzioni per le quali il vostro popolo è stato riunito in diversi luoghi e richiesto di prestare certe somme di denaro a V.M.; e che, rifiutandosi qualcuno, è stato a questo fatto prestare giuramento, e sono stati obbligati a comparire e a presentarsi, contro tutte le leggi e gli statuti di questo reame, davanti al vostro Consiglio privato o in altri luoghi; che altri sono stati arrestati e imprigionati, turbati e molestati in diverse altre maniere. [...]

III. Considerando che è anche fissato e stabilito, dallo statuto chiamato la “Grande Carta delle libertà d’Inghilterra”, che nessun uomo libero potrà essere arrestato o messo in prigione, né spossessato della sua libera proprietà, né delle sue libertà o franchigie, né messo fuori della legge o esiliato, né molestato in nessun’altra maniera, se non in virtù di una sentenza legale dei suoi pari o delle leggi del paese. [...]

V. Considerando tuttavia che, nonostante questi statuti e altri statuti e buone leggi del vostro reame aventi il medesimo oggetto, parecchi dei vostri soggetti sono stati recentemente imprigionati senza che ne sia stata indicata causa. [...]

VI. Considerando che considerevoli distaccamenti di soldati e marinai sono stati recentemente dispersi in parecchie contee del reame, e che gli abitanti sono stati costretti a riceverli e albergarli loro malgrado, contro le leggi e costumi di questo reame, con grande gravame e oppressione del popolo.

VII. Considerando che è stato anche dichiarato e fissato dall’autorità del Parlamento nel 25° anno del regno del re Edoardo III (1352), che nessuno potrà essere condannato a morte o alla mutilazione, se non nelle forme indicate dalla Grande Carta e dalle leggi del paese; e che, per la detta Grande Carta e le altre leggi e statuti del vostro reame, nessun uomo deve essere condannato a morte, se non per mezzo delle leggi stabilite nel reame e delle consuetudini che vi sono in vigore, o di un atto del Parlamento. [...]

X. Per queste ragioni, supplicano umilmente la Vostra Eccellentissima Maestà che nessuno, in avvenire, sia costretto a fare alcun dono gratuito, alcun prestito di danaro, alcun particolare presente, né a pagare alcuna tassa o imposta senza il consenso comune dato per atto del Parlamento; che nessuno sia chiamato in giustizia, né obbligato a prestare giuramento, né obbligato a un servizio, né arrestato, inquietato o molestato in occasione di queste tasse, o del rifiuto di pagarle; che nessun uomo libero sia arrestato o detenuto nella maniera indicata sopra; [...]

Le carte dei diritti, a c. di F. Battaglia, Sansoni, Firenze 1946, pp. 19-25.
Da chi era stato emanato e quale principio affermava lo statuto De tallagio non concedendo
In che anno venne introdotta la “Grande Carta delle libertà d’Inghilterra” e quali garanzie stabiliva a favore della libertà personale? (max 5 righe)

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Il parlamento inglese contro il re.
Nell’autunno del 1640 si svolsero le decisive elezioni di quello che passerà alla storia con il nome di “parlamento lungo”: esso durerà in carica fino al 1653 e condurrà in porto, fra defezioni ed epurazioni, la rivoluzione inglese. 

Sui 511 seggi della camera dei comuni, 290 andarono a deputati che si opponevano alla politica del re. I realisti risultarono in maggioranza solo nelle contee economicamente più arretrate dell’ovest e del nord (119 contro 71); nelle contee dove l’agricoltura era stata avviata alla modernizzazione dalle recinzioni e dove più sviluppate erano le industrie tessili, come pure nei maggiori centri urbani, la maggioranza andò alle opposizioni: 
105 contro 32 nell’est e nel centro, 114 contro 70 nel sud e sud-ovest.

Il 22 novembre 1641 il parlamento approvò un documento chiamato “Grande rimostranza”, un elenco puntiglioso e dettagliato, in oltre duecento proposizioni, delle violazioni della legalità attribuite ancora al “partito” degli “agenti e promotori” della sovversione, in una fase nella quale si cercava ancora di evitare la rottura diretta con Carlo I.

17. Dopo la violazione del parlamento nel quarto [anno di regno: 1629] di sua Maestà, l’ingiustizia, il sopruso e la violenza irruppero su di noi senza nessun ritegno o moderazione. [...]

18. La Tonnage and Poundage è stata imposta senza sembianza o apparenza di legge; molte altre gravose imposizioni sono continuate in contrasto con la legge, talune delle quali così assurde, che la somma del gravame eccedeva il valore delle mercanzie. [...]

20. E sebbene tutto questo sia stato preso col pretesto della protezione dei mari, pure una nuova e inaudita tassa di ship money è stata escogitata, e col medesimo pretesto; per effetto insieme di questa e di quella tassa v’è stato in certi anni un onere sul suddito di circa 700 mila sterline, e tuttavia i mercanti sono stati lasciati così inermi di fronte alla violenza dei pirati turchi, che molti grandi vascelli di valore e migliaia di sudditi di sua Maestà sono stati catturati da loro e continuano a rimanere in misera schiavitù. [...]

27. I monopoli del sapone, del sale, del vino, del cuoio, del carbone e, in certo qual modo, di tutte le cose d’uso più comune e più necessario.

28. La limitazione delle libertà dei sudditi nella loro abitazione, nei loro commerci e altri interessi. [...]

34. Per aver rifiutato quelle illegittime imposizioni, gran numero di sudditi di sua Maestà sono stati vessati con lunghe e dispendiose cause, alcuni multati e giudicati, altri mandati in lunghe e dure prigionie e reclusioni, con perdita della salute di molti, della vita di taluni, mentre altri hanno avuto la casa distrutta, i beni confiscati, alcuni sono stati impediti di svolgere la loro legittima professione. [...]

36. È stato proibito a mercanti di scaricare le loro mercanzie nei porti vantaggiosi per essi, costringendoli a portarle nei luoghi che maggiormente andavano a vantaggio dei monopolisti e degli escogitatori d’espedienti.

37. La Corte della Camera stellata ha abbondato in giudizi smodati, non solo per la conservazione e il perfezionamento dei monopoli e delle loro illecite tasse, ma anche per diversi altri motivi in cui non c’era stata offesa o ce n’era stata pochissima, per il che [per la qual cosa] dei sudditi di sua Maestà sono stati angariati da gravose ammende, imprigionamenti, marchiature, mutilazioni, fustigazioni, esposizioni alla berlina, applicazioni della mordacchia, reclusioni, messe al bando. [...]

137. Sono in preparazione molte eccellenti leggi e provvedimenti per sopprimere il potere, il sopruso e l’usurpazione eccessivi dei vescovi, per correggere l’orgoglio e l’ozio di molti membri del clero, per alleviare il popolo da superflue cerimonie nel campo della religione, per portare in giudizio e destituire ministri del culto indegni e di scarso profitto e per il mantenimento di predicatori pii e attivi in tutto il regno. [...]

183. Confessiamo che il nostro intento è, e il nostro sforzo è stato, quello di ridurre entro limiti lo smodato potere che i prelati si sono arrogati, così contrario alla Parola di Dio e insieme alle leggi del paese, e a tale fine abbiamo passato il progetto di legge per destituirli del loro potere e impieghi temporali affinché in tal modo meglio possano dedicarsi in umiltà all’assolvimento delle loro funzioni, progetto al quale essi si sono opposti, e nell’ostacolare il quale essi sono stati i principali strumenti.

184. E intendiamo qui dichiarare ch’è lontano dal nostro proposito o desiderio il voler allentare le auree redini della disciplina e del governo nella Chiesa per lasciare persone private o congregazioni particolari libere d’adottare la forma di servizio divino che piace loro, poiché reputiamo indispensabile che debba esservi in ogni parte dell’intero regno una conformità con l’ordine che le leggi ingiungono secondo la Parola di Dio. E desideriamo sgravare la coscienza degli uomini da cerimonie superflue o superstiziose, sopprimere le innovazioni ed eliminare i monumenti dell’idolatria.

G. Walter, La rivoluzione inglese, De Agostini, Novara 1972, pp. 133, 151 e 158.


Che cos’era la Tonnage and Poundage e perché venne contestata dal parlamento inglese? Con quali pretesti il re aveva introdotto una nuova ship money? Come mai fu giudicata esosa e per di più inefficace? (max 5 righe)

Quali provvedimenti si propone di assumere il parlamento rispetto al potere ecclesiastico? Perché il re sosteneva la chiesa anglicana? (max 5 righe)



1. Costituzionalismo e puritanesimo nella "grande ribellione"

Un programma di riforma costituzionale.
Nell’ottobre del 1647, mentre il re era prigioniero dell’esercito di Cromwell, i rappresentanti delle forze più radicali presenti fra gli ufficiali e i soldati (i livellatori) stesero un documento che portava il seguente titolo: Patto del popolo, per ottenere una pace sicura e sollecita, fondata sui princìpi del diritto comune e della libertà.
Si trattava di un programma di riforma costituzionale che andava ben oltre i propositi del parlamento e rivelava l’esistenza di serie divergenze all’interno dell’esercito rivoluzionario.
I. Il popolo inglese, attualmente ripartito in maniera ineguale in contee, città e borghi, per quel che riguarda l’elezione dei membri del Parlamento, dovrà essere suddiviso in modo tale che non sussistano più ineguaglianze, ma soltanto in base al numero degli abitanti delle circoscrizioni. Il Parlamento ora riunito, prima del suo scioglimento, dovrà provvedere a stabilire i particolari del numero dei cittadini, del luogo e delle modalità delle votazioni.

II. Per porre termine ai numerosi inconvenienti che chiaramente si presentano allorché le stesse persone occupano per lungo tempo posizioni di autorità, si stabilisce che l’attuale Parlamento sia disciolto l’ultimo giorno di settembre dell’anno 1648.

III. I cittadini saranno normalmente chiamati a votare un Parlamento ogni due anni, e cioè il primo giovedì ogni due successivi mesi di marzo, secondo le modalità che saranno fissate prima della fine del presente Parlamento. [...]

IV. Il potere di questo e di tutti i futuri Parlamenti è inferiore soltanto a quello delle persone che lo hanno eletto; le sue disposizioni hanno valore senza bisogno del consenso di qualsiasi altra persona. Esso avrà il potere di approvare, mutare e abrogare leggi, istituire e abolire incarichi e comitati, nominare, allontanare, chiedere un rendiconto ai magistrati e agli altri funzionari di qualsiasi grado; potrà dichiarare guerra e concludere la pace, nonché trattare con le potenze straniere. Più in generale, il suo potere si estenderà anche a tutto quanto non è espressamente dichiarato, o implicitamente riservato dagli elettori a se stessi.

In particolare si tratta dei seguenti punti:

1. Tutto ciò che concerne la religione e il culto non può essere in alcun modo da noi abbandonato a un potere terreno, giacché non possiamo senza commettere un peccato volontario rinunciare anche in minima parte a ciò che la nostra coscienza dichiara essere la volontà di Dio: inoltre, l’insegnamento in questo campo alla nazione intera – mai però con la forza – rimane affidato alla coscienza.

2. Obbligare i cittadini a servire nell’esercito va contro la loro libertà, e perciò non possiamo permettere che i nostri rappresentanti ci costringano a questo servizio. Al contrario, riteniamo che essi, per mezzo del denaro che hanno sempre a disposizione (l’arma principale di ogni guerra) potranno arruolare in qualsiasi momento un numero sufficiente di soldati che combattano per una giusta causa. [...]

4. Tutte le leggi esistenti, o future, dovranno essere osservate allo stesso modo da tutti i cittadini; potere, ricchezze, titoli, nobiltà, nascita, posizione sociale non dànno diritto a eccezioni al corso normale della giustizia, alla quale gli altri sono sottoposti. [...]

Noi dichiariamo che questi sono nostri diritti naturali. Siamo perciò risoluti a conservarli, impegnandoci al massimo delle nostre forze, contro qualsiasi forma di opposizione. [...]
È chiaro il motivo per cui noi desideriamo istituire un patto col popolo e dichiarare quali sono i nostri diritti naturali, piuttosto che richiedere al Parlamento che li sancisca: nessun atto del Parlamento è, o può essere, immodificabile, per cui non esclude con garanzia sufficiente – per la vostra e la nostra sicurezza – la possibilità che un altro Parlamento si lasci corrompere e decida in senso contrario. Inoltre, il Parlamento deriva il potere e la rappresentatività da coloro che glieli trasmettono. Il popolo deve quindi specificare in che cosa consiste tale potere e tale rappresentatività, ed è appunto questo che si prefigge il nostro patto.

I Puritani. I soldati della Bibbia, a c. di U. Bonanate, Einaudi, Torino 1975, pp. 168-171 e 173.

Da chi deriva, secondo gli estensori del Patto del popolo, il potere del parlamento e a chi spetta l’elezione dei suoi membri? Ogni quanti anni andrebbe eletto questo organismo? Per quale motivo? (max 4 righe)


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Il processo a Carlo I.
Il processo al deposto sovrano d’Inghilterra si svolse fra il 20 e il 27 gennaio 1649. 
L’alta corte giudicante era composta di 135 membri, in parte membri ancora in carica del “parlamento lungo”. Molti dei giudici non se la sentirono di condannare Carlo I. 
Al momento decisivo solo 64 erano presenti e di questi 20 votarono contro la pena di morte. 
Dagli atti processuali riportiamo parte dell’arringa finale tenuta il 27 gennaio dal presidente della corte, prima della sentenza.

PRESIDENTE 
(Le leggi) sono sopra di voi, signore, e invero vi è anche qualcosa ch’è sopra di esse, e che ne è il padre e l’autore, e questo è il popolo d’Inghilterra. Infatti, signore, siccome è lui che, da principio, sugli esempi degli altri Paesi, s’è scelto per sé questa forma di governo per amore della giustizia, affinché essa s’amministri in modo tale che la pace possa conservarsi, egli ha perciò, signore, dato delle leggi ai suoi governanti conformemente alle quali essi devono governarlo, a condizione, tuttavia, che se dovessero risultare difettose e pregiudizievoli per il pubblico, egli avrebbe un potere riservato e innato in lui di cambiarle ove giudicasse che ve ne sia bisogno. [...] Se [un re] tende a un fine contrario a quello per il quale il suo governo è stato instaurato, bisogna che sappia ch’egli altro non è se non un ufficiale al quale hanno affidato un incarico e ch’egli è obbligato a impiegare per il bene del popolo il potere che gli è stato commesso. Se non lo fa, spetta a questo popolo dar ordine che si punisca e castighi questo governante per aver commesso una tale offesa. Questa, signore, non è una nuova legge, fatta da ieri o da quando v’è dissidio e dibattito tra voi e i vostri popoli, ma è una legge antichissima. Abbiamo anche autori e testimonianze autenticissime che ci apprendono quale fosse a quel tempo il senso delle leggi riguardanti l’elezione dei re e il giuramento che questi facevano ai loro popoli, per il mancato adempimento del quale si ricorreva al rimedio che vien chiamato parlamento. Erano i parlamenti che dovevano giudicare [...] le doglianze sulle ingiustizie e sui torti fatti dal re, dalla regina e dai loro figli, e soprattutto i torti e le ingiurie che non potevano trovare rimedio altrove. Tale è stata sempre, signore, la condizione del popolo d’Inghilterra.

G. Walter, La rivoluzione inglese, De Agostini, Novara 1972, pp. 220-221.

In che rapporto stanno re, leggi e popolo nella tradizione inglese secondo il presidente dell’alta corte che processò Carlo I? Quale funzione compete al re e a chi spetta il diritto di giudicarlo? (max 5 righe)

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