domenica 28 gennaio 2018

Policleto. Doriforo. A proposito di scultura, in quel tempo progredisce la civiltà e vennero stabiliti rapporti matematici tra le varie membra di un essere umano. L’insieme fu chiamato “canone”. Questa concezione sta alla base del periodo “Classico” dell’arte greca, unita ad un risultato di movimento del corpo che si nota osservando l’opera d’arte. Uno dei massimi esponenti è Policleto da Argo (V sec. a.C.) con la statua del "Doriforo" (cioè portatore di lancia). Perso l’originale in bronzo, la copia più completa resta quella proveniente da Pompei, adesso custodita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, di cui non è stata trovata la lancia. Immaginiamo un reticolato di 5 quadrati in orizzontale e 8 in verticale. La testa viene adottata come misura base che deve riempire un quadrato diventando 1/8 dell’altezza totale. Mani e piedi 1/16. Da notare inoltre che tracciando una X si osserva il chiasmo, questa figura retorica che va una estremità all’altra contrapposta.

DORIFORO DI POLICLETO (ca 450 a.C.)

Pompei e le meraviglie dell'arte greca: 
''Il Doriforo''
La scultura fu rinvenuta nella Palestra cd. Sannitica, è databile per contesto ad età augustea (27 a.C. – 14 d.C.) o tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C.. Serviva a ricordare ai giovani aristocratici la loro appartenenza al mondo classico ed agli ideali della cultura greca. Considerata la più completa copia del Doriforo in bronzo di Policleto, rappresenta un giovane portatore di lancia nudo. Il braccio destro è dritto lungo il fianco, il sinistro flesso a reggere una lancia andata perduta, mentre la testa, con i capelli resi a ciocche ondulate, è appena volta verso destra. In questa celebre copia pompeiana, è possibile notare l’utilizzo dello schema chiastico (che riproduce cioè la figura della lettera greca X, chi), creato da Policleto, e consistente sull’opposizione reciproca delle singole parti del corpo: al braccio sinistro piegato corrisponde la gamba destra tesa, al braccio destro teso, la gamba sinistra flessa.

Museo Archeologico di Napoli
Anima Vesuviana



A proposito di scultura, in quel tempo progredisce la civiltà e vennero stabiliti rapporti matematici tra le varie membra di un essere umano.

L’insieme fu chiamato “canone”.
Questa concezione sta alla base del periodo “Classico” dell’arte greca, unita ad un risultato di movimento del corpo che si nota osservando l’opera d’arte.

Uno dei massimi esponenti è Policleto da Argo (V sec. a.C.) con la statua del "Doriforo" (cioè portatore di lancia). Perso l’originale in bronzo, la copia più completa resta quella proveniente da Pompei, adesso custodita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, di cui non è stata trovata la lancia.

Immaginiamo un reticolato di 5 quadrati in orizzontale e 8 in verticale.
La testa viene adottata come misura base che deve riempire un quadrato diventando 1/8 dell’altezza totale. Mani e piedi 1/16. 
Da notare inoltre che tracciando una X si osserva il chiasmo, questa figura retorica che va una estremità all’altra contrapposta.

Inoltre la posizione del Doriforo: arto fermo contrapposto al piede piegato e viceversa, con testa rivolta da un lato, dà la famosa idea del movimento in scultura.





Marbet Rossi 
Maggior morbidezza e dinamismo vennero introdotte nel IV secolo da Prassitele, Skopas e Leocares. Con Lisippo e l'inizio dell'età ellenistica si ha il cosiddetto "secondo canone". 


Eduardo Nasti 
Interpretazione del Doriforo di Policleto secondo Vincenzo Franciosi
Negli ultimi anni è stata presentata dal dottor Vincenzo Franciosi una nuova lettura della statua da tutti conosciuta come il Doriforo di Policleto, teoria che ha messo in discussione l’identificazione ormai sicura di una delle statue più studiate e conosciute al mondo. 

Secondo tale teoria la statua in questione doveva presentarsi in altro modo.
Lo studioso ha avanzato l’ipotesi che il Doriforo non portasse nel braccio sinistro la lancia, perché in tal caso avrebbe distrutto la composizione armonica della figura.

L’avambraccio che risulta piegato all’altezza del gomito e portato leggermente in alto, non sosteneva la lancia ma lo scudo oplitico. Infatti la mano sinistra stringeva l’attacco anteriore dello scudo, ciò si deduce dalla conformazione delle dita della mano, che appunto portano a pensare che stringesse non una forma cilindrica (tipica della lancia), ma arcuata (manico dello scudo).

Inoltre sempre sull’avambraccio sinistro Franciosi ha individuato due macchie che formano segmenti verticali, probabilmente causate dal bracciale dello scudo che si indossava sull’avambraccio.

L’analisi si sposta poi sul braccio destro, il quale è leggermente staccato dal corpo, portato in avanti e in tensione. La mano destra per la sua conformazione interna, quadrangolare, stringeva un oggetto che Franciosi ha rintracciato nell’impugnatura di una spada. Questa teoria, rivede quindi l’intera interpretazione della statua, che non è più “Il portatore di lancia”, bensì il “Nudus telo incessens”, sempre opera di Policleto.

Ario Miller 
interessante, questa ricostruzione posizionale interpretativa di Franciosi, benché torni assai più fascinosa la precedente: quest'ultima, con lo scudo al posto della lancia, è alquanto... normalizzata, stucchevole, benché più verosimile. L'altra, ha viceversa di estraniato, ciò che per l'appunto da sempre tende ad esprimere o evidenzia un artista, foss'anche devoto a un realismo inveterato. 

Comunque sia, considerati i kanoi che per la scultura greca si valutano, questo (perduto ma noto) di Policleto (che vuole la testa 1/8 del tutto; le spalle e il braccio esclusa la mano, pari a 2/8; il busto a 3/8 e gli arti inferiori 4/8, con disposizione degli arti a piegamenti alterni) è austero. 
Non dico di severità dorica, ma di un misto dorico e ionico in età classica, sì. 
Mentre quello lisippèo (solo ipotetico ma verificabile sui corpi statuari) è decisamente più elastico, sciolto. Espressione cioè di un dinamismo al naturale, per l'appunto, e per questo anche di un'età e un pensiero più aperti. Dove la testa è un 1/9 del tutto, il resto di conseguenza proporzionale, con gli arti non solo chiasmici, ovvero in posizione incrociata a "chi" (la X greca), o libera secondo i casi, ma potenzialmente attivi, tendenti al moto e a una gestualità. 
Che è, nell'insieme, una figura più longilinea, elegante, vivace. 
Quanto alle mani del Doriforo e alle dita che... "tengono", l'impressione "a distanza" (certo Franciosi analizza e attesta de visu), è che esse, piuttosto, non "stringano", bensì "sostengano appena" un qualcosa. Nello specifico, la spada nella dx e un qualcos'altro con la sin. 
Volendoci immedesimare, se "sosteniamo" una lancia (quando essa è quindi in riposo), la mano così rialzata la tiene seguendone l'obliquità (e le dita non stringono con durezza). Per di più, dovrebbe esserci un appoggio dell'asta all'altezza della spalla, unica ragione combinata giustificante, questa, per un avambraccio così sollevato. Sempre che l'asta non sia tenuta in posizione verticale. Ove "reggessimo" invece l'impugnatura superiore (o anteriore) dello scudo oplitico, la tensione delle dita e della mano, per sostenerne il peso (tale scudo tondo è enorme e pesante), le disporrebbe tutte parallele a stringere con forza il laccio. Con esse il pollice, che concorrerebbe a legare, stringendolo. Quanto alla mano dx e le dita che sostengono la spada, l'evidenza notata da Franciosi è sostenibile. Ma qui si impongono due domande: qual era, nell'originale di Policleto, la posizione vera delle dita della mano sin, considerato che del Doriforo si hanno solo copie con lievi varianti specie nelle mani? E cosa esprimeva il Doriforo: un guerriero platonico (che offre impavido il proprio corpo al nemico), o piuttosto aristotelico (che cioè si difende per attaccare e offendere più a ragione)?

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