domenica 24 novembre 2013

Anna Achmatova. Requiem. Ho saputo come si infossano i volti, come da sotto le palpebre appare la paura, come la sofferenza traccia sulle guance dure pagine di caratteri cuneiformi, come ciocche nere e color cenere diventano argentee all’improvviso, il sorriso avvizzisce su labbra sommesse, e in una secca risata trema lo spavento. Io prego non per me sola, ma per tutte quelle che erano là con me nel freddo spietato, nell’afa di luglio sotto la parete rossa accecata.


Anna Achmatova nel 1934 era nella casa di Osip Mandel ‘stam quando il poeta, colpevole di avere scritto versi feroci contro Stalin, fu arrestato. Più tardi si sarebbe messa in coda difronte al carcere di Leningrado insieme a centinaia di madri, mogli e figlie, per avere notizie del suo nuovo marito, lo storico dell’arte Nikolaj Punin, e del figlio Lev, nato dal suo matrimonio con Gumilev, entrambi arrestati durante le purghe staliniane. Fu in quell’occasione che qualcuno la riconobbe e una donna le bisbigliò in un orecchio: << Ma lei questo può descriverlo? >>. Rispose <<posso>> e mantenne la parola scrivendo, fra il 1935 e il 1940, Requiem. da REQUIEM – Epilogo Anna Achmatova:

Ho saputo come si infossano i volti,
come da sotto le palpebre appare la paura,
come la sofferenza traccia sulle guance
dure pagine di caratteri cuneiformi,
come ciocche nere e color cenere
diventano argentee all’improvviso,
il sorriso avvizzisce su labbra sommesse,
e in una secca risata trema lo spavento.
Io prego non per me sola,
ma per tutte quelle che erano là con me
nel freddo spietato, nell’afa di luglio
sotto la parete rossa accecata.
da REQUIEM – Epilogo di Anna Achmatova

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