sabato 1 dicembre 2018

L'idealismo Tedesco. (Francesco Lorenzoni)


‎Francesco Lorenzoni‎ a FILOSOFIA E SCIENZA

L’IDEALISMO TEDESCO.
Il termine "idealismo" presenta una varietà di significati. 

Nel linguaggio comune è chiamato idealista colui che, attratto da determinati ideali o valori etici, religiosi, conoscitivi, politici, ecc., dedica ad essi la propria vita

In filosofia si parla di idealismo in senso lato a proposito di quelle visioni del mondo (come il platonismo) che privilegiano la dimensione ideale a quella materiale e che affermano il carattere "spirituale" della vera realtà

In termini più specifici si parla di idealismo come idealismo gnoseologico oppure come idealismo romantico o assoluto

Per idealismo gnoseologico si intende la concezione secondo cui la conoscenza non è conoscenza diretta degli oggetti bensì la loro idea o rappresentazione, ovvero conoscenza fenomenica secondo la posizione inaugurata da Cartesio e ricomposta in sistema da Kant.

Per idealismo romantico o assoluto si intende propriamente l’“Idealismo tedesco”, vasta corrente filosofica post-kantiana sorta in Germania in epoca romantica, iniziata da Johann Fichte, proseguita da Friedrich Schelling e sviluppata da Georg Hegel, il più celebre, la quale ha avuto numerose ramificazioni nella filosofia moderna e contemporanea dei più vari Paesi. 

Dai suoi stessi fondatori questo idealismo è stato anch’esso, kantianamente, chiamato trascendentale in quanto la coscienza, quale forma del conoscere, è parimenti intesa indipendente dall'esperienza e dalla realtà empirica, quest’ultima concepita però, e stavolta diversamente da Kant, come in qualche modo prodotta dalla coscienza medesima; è stato chiamato anche idealismo soggettivo in contrapposizione all'idealismo oggettivo-naturalistico di Spinoza che, riconducendo tutta la realtà ad un unico principio, ad una medesima sostanza, l’ha recepita come oggettiva; è stato, infine, altresì chiamato idealismo assoluto, intendendo l'Io o lo Spirito come principio unico e assoluto del tutto, al di fuori del quale non c'è null’altro

Col termine "Spirito" gli idealisti romantici non significano quello individuale ma lo spirito, l’intelligenza, il pensiero vigenti nel mondo e nell'umanità, concepiti come attività infinita ed inesauribile che si autocrea liberamente

Lo Spirito che genera la realtà non è la singola coscienza empirica, che in quanto tale è finita, bensì la coscienza collettiva; è lo Spirito del mondo e dell'umanità

Esso, poiché il mondo non è visto come caotico e disordinato, è l’intelligenza e la forza che stanno ed agiscono nel mondo e nella storia umana guidandone lo sviluppo

Essendo lo Spirito continua e illimitata azione creatrice, esso allora è anche infinito, assoluto, esclusivo, unico principio di tutta la realtà (monismo): tutto è spirito. Gli enti di natura prodotti sono concepiti solo come manifestazioni dello Spirito, che ne orienta il divenire.

Matrice del sorgere dell’Idealismo tedesco è stata, come anticipato, la risoluta reazione al dualismo di Kant, che distingueva tra "fenomeni", unica possibile fonte della conoscenza umana, e "noumeni", o cose in sé, concreti, reali, esterni alla mente, tuttavia solo pensabili come causa dei fenomeni ma non conoscibili

L'Idealismo non accetta questa contrapposizione, persuaso che non possano esistere enti al di fuori del pensiero, della coscienza, dato che, se pensabili, non sono concepibili come esterni a noi, e che, se non pensati, sono per noi equivalenti ad inesistenti

Non esiste, vale a dire, realtà alcuna indipendente dalla coscienza
L'unica autentica realtà non può essere che quella interna al pensiero, variamente chiamato "Io" o "Spirito" o "Idea" (da cui il termine “idealismo”)

Con un’impropria esemplificazione si può dire che, anche ammettendo che vi siano cose esterne alla coscienza (ammissione che tuttavia l’Idealismo non concede), qualora esse non siano pensate e non se ne abbia consapevolezza rimarrebbero per tale circostanza del tutto ignorate, sarebbe come se non ci fossero, un puro nulla. Pertanto è lo stesso pensiero che fa nascere la realtà e le cose del mondo allorquando pensate

Principio di fondo dell'Idealismo, dunque, è che innanzitutto c'è un'Intelligenza, ossia l'Io o l'Idea o lo Spirito, che dapprima pensa e progetta la realtà e che poi, pensandola, la produce in base a tale progetto

Mentre per Kant la coscienza, cioè l'Io-penso, è solo il legislatore della realtà, che organizza i dati sensibili percepiti e trova le leggi di spiegazione dei fenomeni, per l'Idealismo tedesco invece la coscienza, lo Spirito, è principio "creatore" della realtà

Il cambiamento di impostazione è radicale. 
Si aggiunga che l’Idea o Spirito, diversamente da Spinoza, non è concepita come sostanza statica, bensì come processo continuo, come continuo movimento e attività creatrice della realtà, come principio del suo divenire

Pertanto non solo il primato dell'essere, della realtà, è sostituito da quello del pensiero, creatore della realtà medesima, ma altresì il divenire precede il conoscere: prima c'è lo Spirito, l'Io, l'Idea, che è divenire, attività incessante, e solo in un secondo momento vi è produzione e, quindi, conoscenza della realtà prodotta da parte dello Spirito stesso; il farne conoscenza non può che seguire.

In breve:
1. non esiste un mondo (l’oggetto) indipendente dallo Spirito, dall’Io (il soggetto);

2. il conoscere non è rispecchiamento della realtà la quale, per di più, non è da assumere come datità, come già data, di fronte a cui limitarsi ad una passiva constatazione e presa d’atto; 

3. l’oggetto, ovvero il mondo, è solo in funzione del soggetto;

4. l’Io, il soggetto, determina l’oggetto sia attivamente sia conoscitivamente;

5. in quanto l’Io è in primo luogo attività, processo, il conoscere è primariamente un agire, un fare e un produrre la realtà, trasformandola in vista dell’autorealizzazione del soggetto.

La risposta circa il modo in cui lo Spirito, l'Io, è fonte creatrice di tutto ciò che esiste è rimessa al ricorso alla dialettica, ossia a quella concezione secondo cui nella realtà non c'è mai il positivo senza il negativo, non c'è mai la tesi senza l'antitesi

La dialettica è assunta come struttura costitutiva della realtà, composta dal rapporto e contrapposizione di opposti conciliantisi in una sintesi. 

L’Io o Spirito (tesi) in quanto attività continuativa necessita del suo opposto, cioè della natura (antitesi) quale indispensabile materia su cui poter esercitare la propria azione. 

Infatti un soggetto senza oggetto, un io senza non-io, un'attività senza un ostacolo da superare, sarebbero entità vuote ed astratte, impedite nel loro operare. 

Mentre le filosofie naturalistiche e materialistiche ravvisano la natura come radice del pensiero, dello spirito, concepiti come recettivi, l'Idealismo capovolge i termini e dichiara che è invece l’Io, lo Spirito, ad essere causa della natura, producendola e sviluppandola incessantemente col suo agire (sintesi), dato l’assunto per cui la natura esiste solo per opera dell'Io come semplice materiale, scena e sfondo della sua attività. 

Lo Spirito, come Spirito nel mondo e dell'umanità, è immanente e non trascendente come il Dio delle religioni positive. Infine, poiché lo Spirito è infinito ed assoluto, allora anche il mondo e l'umanità, e la loro storia, convergono nell'infinito e nell’assoluto. 

L'Idealismo tedesco si presenta quindi come una concezione filosofica:
1. immanentistica: non c'è un Dio trascendente, ma divino è piuttosto lo Spirito che è dentro l'umanità e dentro il mondo.

2. panteistica: Dio non è separato dal mondo ma il Dio dell'Idealismo, vale a dire lo Spirito, è diffuso in tutto il mondo e in tutta l'umanità.

3. infinitistica, ovvero una "filosofia dell'infinito", mirante a cogliere e comprendere l’infinità del tutto, in opposizione alla filosofia del finito di Kant che limita la conoscenza alle sole cose finite, ai fenomeni.

L'infinito è costantemente inteso dai romantici come attività e libertà illimitata, come capacità di creazione ininterrotta, interpretato peraltro in due fondamentali modi diversi:

1) infinito come sentimento, cioè come attività libera, priva di determinazioni e limiti, che si rivela all'uomo nell'arte, nell’immaginazione, nella creatività; 

2) infinito come Ragione assoluta, che si muove con necessità rigorosa da una determinazione (da un grado e da un tipo di essere) all'altra, sicché ognuna può essere dedotta necessariamente e a priori: è quest’ultima l'interpretazione che si rinviene nell'Idealismo tedesco di Fichte, Schelling ed Hegel, per quanto Schelling insista su una comunanza essenziale sia di Natura che di Spirito. 

L’Idealismo tedesco influenzerà profondamente la filosofia successiva, ma non verrà meno il contrapporsi ad esso delle filosofie realistiche, empiristiche e materialistiche nel controbattere vivacemente l’astratta ambizione idealistica di un sapere assoluto e totale. 

La reazione si sviluppa non solo nell’Ottocento, con Schopenhauer, Kierkegaard, Feuerbach, con lo stesso Marx col suo rovesciamento dialettico, nonché col Positivismo, ma anche nella contemporaneità, con l’esistenzialismo, con l’irrazionalismo, anche nella particolare forma nietzschiana, col nichilismo, con l’avvento della “filosofia debole” del post-moderno, con lo stesso criticismo neokantiano e con la stessa epistemologia nelle sue varie declinazioni, come pure in altri indirizzi filosofici. 

Nel corso della novecentesca “svolta pratica” della filosofia, interessante appare la critica all’idealismo sollevata dalla cosiddetta “filosofia del dialogo”, che ha in Ebner, Rosenzweig, Buber, Levinas e, a suo modo, in Jonas, i principali rappresentanti. 

Tema comune è il rifiuto delle pretese idealistiche e onnicomprensive della filosofia, ossia la critica del concetto di totalità, di realtà concepita come totalità animata da un unico spirito o principio in essa immanente, che ignora il molteplice, l'altro, l'individuale. Tali pretese, anche rispetto alla natura finita e mortale del singolo, finiscono per negare la realtà della morte e del tempo. Nascendo tra l’altro anche dal timore della morte, la filosofia ha sovente tentato di circuire l'uomo mediante l'idea del Tutto poiché, certo, il Tutto non muore ma solo il singolo. Ciò ha concorso nello spingere la filosofia verso l'idealismo, ma trascurando la realtà concreta dell'individuo. L'idealismo incarna, per i filosofi del dialogo, l'espressione compiuta del pensiero monologico, privo del momento del dialogico e chiuso in sé, astratto e atemporale. “L'uomo reale sei tu e sono io -commenta Ebner- ma questa, che è la più semplice di tutte le realtà, l'idealismo non è in grado di comprenderla”. Pertanto inevitabile conseguenza dell'idealismo, viene asserito, è il “solipsismo dell'Io”. La filosofia del soggetto universale, dell'Io puro, dello Spirito assoluto, genera sistemi onnicomprensivi ove l'impersonale e l'universale oscurano il personale e il particolare. Il senso del mondo è trasposto dal reale al pensato. Questa riduzione dell'esistente all'universale è esattamente il motivo per cui, alla fine, l'idealismo appare incapace di liberarsi, prosegue Ebner, dalla “discrepanza tra idea e realtà”.

https://www.facebook.com/search/top/?q=idealismo&epa=SEARCH_BOX

Nessun commento:

Posta un commento

Elenco blog personale