lunedì 29 settembre 2014

Schurè. I grandi iniziati. Come nacque Roma? Nacque da una congiura di un’avida oligarchia in nome della forza bruta; con l’oppressione dell’intelletto umano, della religione, della scienza e dell’arte, esercitò un potere politico deificato: in altri termini, dal contrario della verità, nel cui nome un governo trae il proprio diritto unicamente dai superiori concetti di Scienza di Giustizia, di Economia. Tutta la storia romana non è che la conseguenza di quel patto iniquo per cui i padri coscritti dichiararono guerra prima all’Italia e poi a tutto il genere umano. E certo fu molto appropriato il simbolo che essi scelsero! La lupa di bronzo, dal fulvo pelame irto, che protende il suo muso di jena verso il Campidoglio; fedele immagine di quel governo, quel demone che fino all’ultimo sarà padrone dell’anima romana.


Come nacque Roma? Nacque da una congiura di un’avida oligarchia in nome della forza bruta; con l’oppressione dell’intelletto umano, della religione, della scienza e dell’arte, esercitò un potere politico deificato: in altri termini, dal contrario della verità, nel cui nome un governo trae il proprio diritto unicamente dai superiori concetti di Scienza di Giustizia, di Economia. Tutta la storia romana non è che la conseguenza di quel patto iniquo per cui i padri coscritti dichiararono guerra prima all’Italia e poi a tutto il genere umano. E certo fu molto appropriato il simbolo che essi scelsero! La lupa di bronzo, dal fulvo pelame irto, che protende il suo muso di jena verso il Campidoglio; fedele immagine di quel governo, quel demone che fino all’ultimo sarà padrone dell’anima romana.
E. Schurè, I grandi iniziati.




mercoledì 24 settembre 2014

Hokusai. Una gigantesca onda, quasi congelata nell’attimo immediatamente precedente il suo abbattersi su fragili imbarcazioni che sfidano i marosi; quasi artiglio nello spumeggiare sospeso che inquadra nel cavo dell’onda stessa la sagoma eterna del monte Fuji, testimone immoto del dramma che sta per consumarsi nella vita del tempo che fugge, il “mondo fluttuante” dell’ukiyo-e.



Una gigantesca onda, quasi congelata nell’attimo immediatamente precedente il suo abbattersi su fragili imbarcazioni che sfidano i marosi; quasi artiglio nello spumeggiare sospeso che inquadra nel cavo dell’onda stessa la sagoma eterna del monte Fuji, testimone immoto del dramma che sta per consumarsi nella vita del tempo che fugge, il “mondo fluttuante” dell’ukiyo-e.
Questa stampa, che è diventata un’icona del Giappone in Occidente, scaturì dal genio artistico di Hokusai (1760-1849) agli inizi degli anni ’30 del 1800 e fu stampata e ristampata.

Il MAO ne possiede un esemplare pregevolissimo non della prima tiratura e lo presenta al pubblico periodicamente per evitare che un’esposizione prolungata alla luce lo danneggi.

In occasione della Settimana della Cultura, la galleria delle stampe al secondo piano del Giappone ripropone ai visitatori anche una selezione di xilografie dell’ukiyo-e con soggetti tratti dal teatro kabuki. Le opere sono della seconda metà dell’800, e l’autore più rappresentato è Utagawa Kunisada (1786-1864) nella fase di ormai affermato caposcuola della scuola Utagawa.   La produzione artistica di Kunisada è sterminata, ed egli è giustamente considerato l’autore del XIX secolo più influente nell’ambito delleyakusha-e, le stampe che ritraevano attori famosi. Nell’allestimento il suo stile è messo a confronto con quello di alcuni epigoni e di artisti originali come Tsukioka Yoshitoshi (1839-1892). 
Che cosa accomuna dunque la “Grande Onda” di Hokusai agli attori del kabuki ritratti da Kunisada? Una risposta è contenuta nell’idea stessa di “sospensione”, di energia latente che entrambe queste rappresentazioni richiamano. Buona parte degli artisti del kabuki vengono ritratti nelle scene clou del dramma, quando si immobilizzano in pose cariche di tensione chiamate in giapponese “mie”. E, come guardando la grande onda sappiamo istintivamente che un attimo dopo si abbatterà in tutta la sua potenza, così l’entusiasta di teatro sa che nel momento successivo l’attore ripartirà nell’azione, calandosi nuovamente in quel “mondo fluttuante” fatto di movimento nel quale viviamo, e che aveva abbandonato per quell’impercettibile istante di eternità che l’arte soltanto può immortalare.

Katsushika Hokusai, La Grande Onda



martedì 23 settembre 2014

Sisaia. Gli speleologi iniziarono a cercare un nome per lo scheletro. Il corredo funebre faceva pensare a una donna, per questo e per la vetustà evidente delle ossa, pensarono a una nonna, anzi una bisnonna, ed ecco la lingua nuorese venne loro in aiuto e per questo fu coniato il nome Bisaia cioè bis nonna. Infatti, in nuorese nonna si dice Iaia e bis nonna Bisaia. Le traduzioni degli antropologi che in seguito studiarono lo scheletro, fecero il resto. Bisaia diventò facilmente Sisaia con riferimenti al latino di Sexies Avia, antica progenitrice.





      Questa di "Sisaia” è la storia vera...

Questa di "Sisaia” è la storia vera...

      Prendo in prestito le parole di una vecchia e cara canzone di Fabrizio De André, perché desidero raccontare una storia che è quasi una favola. Una storia che risale a quasi quattromila anni fa e racconta di magia, di un'antica e colta civiltà, precedente quella nuragica. La storia dolorosa di una piccola e giovane donna, una guaritriceforse, una sacerdotessa, non si sa con certezza. Ma ecco la storia che si desume dalla sua semplice ma augusta sepoltura.

Ecco la storia di "Sisaia".
Tutto ebbe inizio una domenica mattina della primavera del 1961. Un gruppetto di appartenenti al Gruppo Grotte Nuorese, durante una passeggiata nella valle di Lanaittu, in località "Borrosca",sul sentiero del canyon di Doloverre, s’imbatté in un piccolo anfratto, quasi interamente coperto dalla vegetazione, ma non abbastanza da passare inosservato.
Lasciati gli zaini all'ingresso, prese cime e poca altra attrezzatura, s’incamminarono dentro la cavità. Pian piano gli occhi iniziarono a prendere confidenza con il buio e la luce fioca delle torce. Di primo acchito, la sensazione che gli speleologi provarono, fu quella di trovarsi in una grotta importante. Già la immaginavano connessa al sistema idrocarsico della sorgente di San Pantaleo, ma questa eccitazione durò poco: la grotta si rivelò certamente più piccola, giusto qualche decina di metri, e, esplorando il suo perimetro, questi ardimentosi, non trovarono alcun segno di proseguimento.
La grotta aveva due ingressi, posti a differenti altezze. Entrambi avevano uno sviluppo a budello che terminava, convergendo, dopo pochi metri, in uno slargo. Il tutto della dimensione di una domo de Janas.
Una grotta ricca di concrezioni iridescenti, ma poco più che un anfratto, dunque. La delusione fu grande. Mentre alcuni si avviavano all'uscita, un appartenente al gruppo, più determinato degli altri a trovare qualcosa, notò delle pietre poste, con apparente simmetria, proprio al centro della piccola sala ipogeica. Poteva essere un focolare recente, magari messo su da un pastore, sorpreso dal cattivo tempo. Ma avvicinandosi per verificare se ci fossero resti di pasto, o qualsiasi altra traccia che potesse far datare la cosa, questo esploratore si accorse che non si trattava di un focolare, ma di una tomba. Erano ossa coperte dalla polvere del tempo, non vecchi carboni, quelli che vedeva.
*" Astringhie pitzinnos... inoke bi sun' ossos de cristianu" (Avvicinatevi ragazzi, qui ci sono ossa umane) gridò.



Si trattava di una deposizione che solo più tardi si scoprì, essere davvero importante.
Al momento "sos pitzinnos" potevano vedere delle ossa molto vecchie, disposte con cura su un povero letto di semplici frasche; un corredo funerario scarso: dei tegamini di terracotta, dei punteruoli in osso e una piccola macina di pietra.
Gli speleologi iniziarono a cercare un nome per lo scheletro. Il corredo funebre faceva pensare a una donna, per questo e per la vetustà evidente delle ossa, pensarono a una nonna, anzi una bisnonna, ed ecco la lingua nuorese venne loro in aiuto e per questo fu coniato il nome Bisaia cioè bis nonna. Infatti, in nuorese nonna si dice Iaia e bis nonna Bisaia. Le traduzioni degli antropologi che in seguito studiarono lo scheletro, fecero il resto. Bisaia diventò facilmente Sisaia con riferimenti al latino di Sexies Avia, antica progenitrice.
Lo scheletro nei giorni seguenti, fu deposto in una teca, proprio così come era stato trovato, assieme al suo corredo, e poi fu chiamato a studiare le vetuste ossa, il prof. Germaná, eminente scienziato, paleoantropologo e medico legale e docente universitario.  Per la parte archeologica, lo studio fu assegnato alla prof.ssa Maria Luisa Ferrarese Ceruti, la più grande esperta di ceramiche del bacino del Mediterraneo, oggi scomparsa.
La tomba si rivelò della cultura "Bonnannaro" una cultura immediatamente precedente la cultura nuragica. I Bonnannaro erano genti dure, essenziali, dedite soprattutto alla guerra. Le loro ceramiche non erano decorate. Per questa ragione, la tomba della donna trovata nella grotta, era sempre più strana e inusuale. Tipiche di questa cultura erano le inumazioni collettive, per questo motivo, la deposizione singola di Sisaia, ha dell’eccezionale e suggerisce che la donna dovesse avere un ruolo molto importante in seno al suo clan .
Ma quello che vi era di più strano e inusuale, era proprio lo scheletro.
La cultura detta Bonnannaro è testimoniata sino al 1900 a.C.. E questa è pressappoco l'età di Sisaia.
Sisaia era una piccola donna, non più alta di un metro e cinquanta. Per i nostri canoni, non doveva essere molto bella: aveva una testa grande rispetto al torace, peraltro incurvato verso l'interno, fatto questo che doveva rendere la sua voce cavernosa e sgradevole. Uno scheletro minuto ma robusto, che presentava segni di fratture rinsaldate all'avambraccio sinistro, che oggi definiremo fratture da difesa, come se un corpo contundente le avesse rotto l'ulna, mentre lei cercava di difendersi. Una frattura alla spalla, rinsaldata ma che le doveva avere lasciato grosse difficoltà di movimento. Aveva evidenti ferite al bacino, lasciate da un tumore osseo che doveva darle dolori terribili, da seduta, come da distesa e in piedi.
Alle gambe i segni delle malformazioni dovute al rachitismo.



Ma quello che più di tutto l'ha resa famosa, è il cranio. Infatti, nel cranio ci sono le prove evidenti di una trapanazione con riposizione della rondella ossea. Trapanazione cui Sisaia è sopravvissuta, infatti, le ossa sono perfettamente rinsaldate.
Le trapanazioni craniche pare fossero frequenti nelle genti del neolitico, sia per scopi magici sia curativi. Ma pochissime mostrano segni di sopravvivenza. Questo è il motivo per cui Sisaia è così famosa. Inoltre, secondo il Prof. Franco Germaná, questo intervento è stato fatto di certo per scopi terapeutici. Lo dimostrerebbero dei solchi lasciati dagli strumenti, (forse un intervento di pulitura?) sulla rondella ossea, prima asportata e poi riposizionata in situ. Il cranio di Sisaia mostra evidenti spugnosità a livello frontale, cosa che ha fatto ritenere la povera donna affetta anche da una sinusite devastante. Si possono solo immaginare i mal di testa di cui doveva soffrire.
Ci troviamo dinanzi ad un mistero della storia. Parliamo di popolazioni precedenti il periodo nuragico. Dei nostri antichi predecessori, ci hanno raccontato che furono un popolo bellicoso, capaci di guardare in cagnesco il vicino di casa e di costruire delle torri (anche se torri pazzesche che sfidano, non solo il tempo ma anche le leggi di gravità). Ma capaci solo di questo? Per quanti di noi la nostra terra è sempre stata solo una terra di conquista, abitata da genti divise e ignoranti? Ma allora come si coniuga la precisione di questo intervento chirurgico, con l'unica curiosa attitudine di litigare con il vicino di nuraghe come passatempo?





Il dubbio di qualcosa di non detto comincia a serpeggiare con sempre maggiore frequenza.
Dubbio che è anche avvalorato dalla presenza di altri crani con tracce di trapanazione. Al museo di Antropologia dell’Università di Cagliari, fa bella mostra di se, un cranio che presenta ben due trapanazioni: il tipo d’intervento è differente, in questo, infatti, non c’è stata riposizione della rondella ossea estratta, anche se la prima trapanazione mostra segni di ricrescita ossea, quindi di sopravvivenza. La seconda, invece, deve essere stata letale per quell’essere umano.
E se i "detrattori esterofili", così io chiamo chi ridicolizza qualunque teoria che veda gli antichi sardi diversi da pastori ignoranti, avessero sempre sbagliato?
Lascio alle parole del prof. Germaná la descrizione dell'intervento, affinché sia chiaro il tipo di lavoro che è stato fatto sulla testa della povera Sisaia:
**<<L'analisi delle lesioni craniche connesse con l'intervento di trapanazione in vivo, la ricostruzione dell'atto operatorio in uno o più tempi [...] rende credibile l'ipotesi che [nella Sardegna dell'epoca] fossero presenti veri e propri chirurghi ricchi di esperienza e forse di metodo. Questi specialisti sapevano che non bisogna ledere la continuità della "dura madre" per non causare encefaliti certamente mortali; conoscevano in quali punti del cranio praticare la trapanazione e, quando durante l'intervento non potevano evitare vasi importanti (come l'arteria meningea media) ci lavoravano intorno senza interromperne la continuità [...] da un provetto chirurgo [...] dovete essere operata la donna di Sisaia>>.
Di certo Sisaia doveva essere una donna importante nella sua piccola comunità. Una sciamana, una sacerdotessa, una guaritrice, non sappiamo. Le teorie che vedono in Sisaia un personaggio importante per la vita del suo clan, sono avvalorate da quello che di certo sappiamo di lei: con una situazione clinica come la sua aveva continuo bisogno di assistenza.
La deposizione in una tomba singola, rivela un riguardo quasi regale per un popolo che inumava i suoi morti in tombe collettive. Infatti, questa deposizione ci racconta di rispetto, amore e gratitudine.
Sepolta a guardia della valle che fu teatro della sua vita. Come se il suo popolo la volesse ancora custode di quella terra così aspra.
E ora, vederla nella teca che il museo Archeologico di Nuoro le ha riservato, lontana dalla sua grotta, dalla sua valle, dai suoi boschi, mette tristezza, sa di solitudine e di cattività. Come sarebbe bello che Sisaia tornasse a custodire la sua valle, se tornasse in quel luogo dove era stata in quiete per 4000 anni!

NOTE:
* tratto da "Domina Lunae" - La grotta - sepoltura "Sisaia”.
** tratto da Giacobbe Manca, "La vita di Bisaia/Sisaia:4500 anni fa il primo autotrapianto in Sardegna.


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lunedì 22 settembre 2014

Tom Lehrer. La satira politica è diventata obsoleta da quando Henry Kissinger si è aggiudicato il Nobel per la Pace

"Gli intellettuali sono i primi a fuggire,
subito dopo i topi,
e molto prima delle puttane."
Vladimir Majakovskij

"La satira politica è diventata obsoleta da quando Henry Kissinger si è aggiudicato il Nobel per la Pace."
Tom Lehrer

“In America, in questo periodo della storia del mondo, una stampa indipendente non esiste.
Lo sapete voi e lo so pure io.
Non c’è nessuno di voi che oserebbe scrivere le proprie vere opinioni, e già sapete anticipatamente che se lo facesse esse non verrebbero mai pubblicate.

Io sono pagato un tanto alla settimana per tenere le mie opinioni oneste fuori dal giornale col quale ho rapporti.
Altri di voi sono pagati in modo simile per cose simili, e chi di voi fosse così pazzo da scrivere opinioni oneste, si ritroverebbe subito per strada a cercarsi un altro lavoro.
Se io permettessi alle mie vere opinioni di apparire su un numero del mio giornale, prima di ventiquattr’ore la mia occupazione sarebbe liquidata.

Il lavoro del giornalista è quello di distruggere la verità, di mentire spudoratamente, di corrompere, di diffamare, di scodinzolare ai piedi della ricchezza, e di vendere il proprio paese e la sua gente per il suo pane quotidiano.
Lo sapete voi e lo so pure io.
E allora, che pazzia è mai questa di brindare a una stampa indipendente?

Noi siamo gli arnesi e i vassalli di uomini ricchi che stanno dietro le quinte. Noi siamo dei burattini, loro tirano i fili e noi balliamo.
I nostri talenti, le nostre possibilità, le nostre vite, sono tutto proprietà di altri.
Noi siamo delle prostitute intellettuali.“
John Swinton, redattore-capo del NYT - 1880




Straordinariamente attuale!Come non rammentare Federico De Roberto quando ne "I Vicerè" fa dire a Consalvo Uzeda «La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e sa- ranno sempre gli stessi. Le condizioni esteriori mutano; certo tra la Sicilia di prima del Sessanta, ancora quasi feudale, e questa d’oggi pare ci sia un abisso; ma la differenza è tutta esteriore."



Steven James Joyce. L'ascidia è un invertebrato marino che, poco tempo dopo essere venuto al mondo, cerca un punto al quale ancorarsi per sempre. Quando lo trova e vi si stabilisce, divora il suo stesso cervello. Molti esseri umani sono piú simili all'ascidia di quanto possiamo sospettare di primo acchito. Come l'ascidia, vogliamo soltanto metterci comodi.



UOMINI MOLLUSCO
"L'ascidia è un invertebrato marino che, poco tempo dopo essere venuto al mondo, cerca un punto al quale ancorarsi per sempre. Quando lo trova e vi si stabilisce, divora il suo stesso cervello.
Molti esseri umani sono piú simili all'ascidia di quanto possiamo sospettare di primo acchito. Come l'ascidia, vogliamo soltanto metterci comodi".
Steven James Joyce


Ascidiacea Nielsen, 1995 è una classe del subphylum dei Tunicati. Sono animali marini, sessili, microfagi filtratori, dal corpo a forma di otre. [...]
La larva è dotata di una notocorda (la struttura da cui deriva la colonna vertebrale dei vertebrati). La presenza di questo carattere fa classificare le ascidie nel phylum dei Cordati, assieme ai vertebrati. Le larve subiscono una metamorfosi quando trovano un luogo adatto per l'insediamento. Durante la metamorfosi la coda, insieme alla notocorda e al tubo neurale, viene riassorbita. [...]

A. mentula è ermafrodita: caratteristica molto comune nei Tunicati. La riproduzione avviene tramite la deposizione di uova. Le larve hanno un aspetto molto simile a quello dei girini e sono in grado di nuotare. La notocorda è situata all'interno della "coda" e, dopo qualche giorno, quest'ultima verrà utilizzata per attaccarsi al fondale. Inizierà, così, la metamorfosi, fino a raggiungere l'aspetto dell'esemplare adulto. Due sifoni prenderanno il posto della coda e, di conseguenza, rimpiazzeranno la notocorda.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.



http://it.wikipedia.org/wiki/Ascidiacea




domenica 21 settembre 2014

Enrico Maria Secci. Quando qualcuno ti dice "non ti voglio parlare", dice, in realtà "tu non mi capisci, da tanto tempo non mi sento compreso da te". Nessuna comunicazione può interrompersi realmente tra due che sono stati amici o amanti, mai. Solo, i sentimenti continueranno a fluire oltre il silenzio e il distacco per tutta la vita, dove l'incomprensione a volte é un muro d'orgoglio che dovremmo saper abbattere insieme all'altro, altre volte é un argine, una diga necessaria.



Quando qualcuno ti dice "non ti voglio parlare", dice, in realtà "tu non mi capisci, da tanto tempo non mi sento compreso da te".
Nessuna comunicazione può interrompersi realmente tra due che sono stati amici o amanti, mai. 
Solo, i sentimenti continueranno a fluire oltre il silenzio e il distacco per tutta la vita, dove l'incomprensione a volte é un muro d'orgoglio che dovremmo saper abbattere insieme all'altro, altre volte é un argine, una diga necessaria.
Enrico Maria Secci




Un diga necessaria quando nonostante i sentimenti è necessario salvarsi da un rapporto che non funziona, ammala...


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