"Erano le otto e quaranta quando una tempesta d’applausi annunciò l’ingresso del presidium, con Lenin, il grande Lenin. Piccolo e tarchiato, con una grossa testa calva direttamente attaccata alle spalle, gli occhi piccoli, il naso camuso, la bocca larga e generosa e il mento pesante. Era completamente rasato ma la sua famosa barba stava ricominciando a crescere. Indossava degli abiti consunti, i calzoni erano troppo lunghi. Nient’affatto adatto per essere l’idolo della folla, fu amato e venerato come pochi capi nella storia lo sono stati. Uno strano capo popolare, capo per le sue sole doti intellettuali. Incolore, privo di umorismo, intransigente e distaccato, senza idiosincrasie pittoresche – ma dotato della capacità di spiegare idee profonde in termini semplici, di analizzare le situazioni concrete. Il tutto combinato con l’acutezza e con una grandissima audacia intellettuale."
da John Reed, "I 10 giorni che sconvolsero il mondo"
"L'imperialismo tende a costituire tra i lavoratori categorie privilegiate e a staccarle dalla grande massa dei proletari. [...] Marx ed Engels seguirono per decenni, sistematicamente, la connessione dell'opportunismo in seno al movimento operaio con le peculiarità imperialiste del capitalismo inglese. Per esempio Engels scriveva a Marx il 7 ottobre 1858:
"... l'effettivo, progressivo imborghesimento del proletariato inglese, di modo che questa nazione, che è la più borghese di tutte, sembra voglia portare le cose al punto da avere un'aristocrazia borghese e un proletariato accanto alla borghesia. In una nazione che sfrutta il mondo intero, ciò è in certo qual modo spiegabile"."
Vladimir Lenin, da "L'Imperialismo, fase suprema del Capitalismo"
Per abbattere i padroni, prima bisogna eliminare i loro servi, cioè quella massa di gente senza idee e senza principi
da John Reed, "I 10 giorni che sconvolsero il mondo"
"L'imperialismo tende a costituire tra i lavoratori categorie privilegiate e a staccarle dalla grande massa dei proletari. [...] Marx ed Engels seguirono per decenni, sistematicamente, la connessione dell'opportunismo in seno al movimento operaio con le peculiarità imperialiste del capitalismo inglese. Per esempio Engels scriveva a Marx il 7 ottobre 1858:
"... l'effettivo, progressivo imborghesimento del proletariato inglese, di modo che questa nazione, che è la più borghese di tutte, sembra voglia portare le cose al punto da avere un'aristocrazia borghese e un proletariato accanto alla borghesia. In una nazione che sfrutta il mondo intero, ciò è in certo qual modo spiegabile"."
Vladimir Lenin, da "L'Imperialismo, fase suprema del Capitalismo"
Per abbattere i padroni, prima bisogna eliminare i loro servi, cioè quella massa di gente senza idee e senza principi
Vladimir Lenin
"Uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più schiavo, ma uomo libero."
Vladimir Lenin
Se incontri uno schiavo felice della sua condizione di schiavo, non perdere tempo a liberarlo! Passerebbe il resto della vita alla ricerca di un altro padrone.
Vladimir Lenin
Lo stato non funziona come avremmo desiderato. La macchina non ubbidisce.
Un uomo è al volante e crede di guidarla, ma la macchina non va nella direzione voluta.
Si muove secondo il desiderio di un'altra forza.
Vladimir Lenin
Se è necessario unirsi fate accordi allo scopo di raggiungere i fini pratici del movimento, ma non fate commercio dei princípi e non fate "concessioni" teoriche.
Vladimir Lenin
"150 o 250 anni fa, i capi più avanzati di tale rivoluzione (di tali rivoluzioni, se si vuoi parlare di ogni forma nazionale di un unico tipo generale) hanno promesso ai popoli di liberare l'umanità dai privilegi medioevali, dall'ineguaglianza della donna, dai vantaggi concessi dallo Stato a questa o a quella religione (o all'«idea religiosa», alla «religiosità» in generale), dall'ineguaglianza delle nazioni. Hanno promesso, ma non hanno mantenuto. Non hanno potuto mantenere perché sono stati ostacolati dal «rispetto» per la «sacra proprietà privata». Nella nostra rivoluzione proletaria questo maledetto «rispetto» per questo medioevo tre volte maledetto e per questa «sacra proprietà privata» non c'è stato."
Vladimir Lenin, discorso per il quarto anniversario della rivoluzione d'ottobre, 1921
La cultura è nulla senza impegno e lotta.
Alla teoria deve seguire la prassi.
Vladimir Lenin
"La matematica può esplorare la quarta dimensione e il mondo di ciò che è possibile, ma lo zar può essere rovesciato solo nella terza dimensione."
Vladimir Lenin
"La religione è una delle forme dell'oppressione spirituale che grava dappertutto sulle masse popolari, schiacciate dal continuo lavoro per gli altri, dal bisogno e dall'isolamento. La debolezza delle classi sfruttate nella lotta contro gli sfruttatori genera inevitabilmente la credenza in una vita migliore nell'oltretomba, allo stesso modo che la debolezza del selvaggio nella lotta contro la natura genera la credenza negli dei, nei diavoli, nei miracoli, ecc. La religione predica l'umiltà e la rassegnazione nella vita terrena a coloro che trascorrono tutta l'esistenza nel lavoro e nella miseria, consolandoli con la speranza di una ricompensa celeste. Invece, a coloro che vivono del lavoro altrui la religione insegna la carità in questo mondo, offrendo così una facile giustificazione alla loro esistenza di sfruttatori e vendendo loro a buon mercato i biglietti d'ingresso nel regno della beatitudine celeste. La religione è l'oppio del popolo. La religione è una specie di acquavite spirituale, nella quale gli schiavi del capitale annegano la loro personalità umana e le loro rivendicazioni di una vita in qualche misura degna di uomini."
Vladimir Lenin, Novaia Gizn, n. 28, 3 dicembre 1905
LA DEMOCRAZIA CAPITALISTICA È SOLO PER UNA MINORANZA (LENIN)
"La società capitalistica, considerata nelle sue condizioni di sviluppo piú favorevoli, ci offre nella repubblica democratica una democrazia piú o meno completa. Ma questa democrazia è sempre compressa nel ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico, e rimane sempre, in fondo, una democrazia per la minoranza, per le sole classi possidenti, per i soli ricchi.
La libertà, nella società capitalistica, rimane sempre, approssimativamente quella che fu nelle repubbliche dell'antica Grecia: la libertà per i proprietari di schiavi. Gli odierni schiavi salariati, in forza dello sfruttamento capitalistico, sono talmente soffocati dal bisogno e dalla miseria, che «hanno ben altro pel capo che la democrazia», «che la politica», sicché, nel corso ordinano e pacifico degli avvenimenti, la maggioranza della popolazione si trova tagliata fuori dalla vita politica e sociale.
Democrazia per un'infima minoranza, democrazia per i ricchi: è questa la democrazia della società capitalistica. Se osserviamo piú da vicino il meccanismo della democrazia capitalistica, dovunque e sempre - sia nei «minuti», nei pretesi minuti particolari della legislazione elettorale (durata di domicilio, esclusione delle donne, ecc.), sia nel funzionamento delle istituzioni rappresentative, sia negli ostacoli che di fatto si frappongono al diritto di riunione (gli edifici pubblici non sono per i «poveri»!), sia nell'organizzazione puramente capitalistica della stampa quotidiana, ecc. vedremo restrizioni su restrizioni al democratismo.
Queste restrizioni, eliminazioni, esclusioni, intralci per i poveri, sembrano minuti, soprattutto a coloro che non hanno mai conosciuto il bisogno e non hanno mai avvicinato le classi oppresse né la vita delle masse che le costituiscono (e sono i nove decimi, se non i novantanove centesimi dei pubblicisti e degli uomini politici borghesi), ma, sommate, queste restrizioni escludono i poveri dalla politica e dalla partecipazione attiva alla democrazia. Marx afferrò perfettamente questo tratto essenziale della democrazia capitalistica, quando, nella sua analisi della esperienza della Comune, disse: agli oppressi è permesso di decidere, una volta ogni qualche anno, quale fra i rappresentanti della classe dominante li rappresenterà e li opprimerà in Parlamento!"
Vladimir Lenin, da "Stato e Rivoluzione"
LA CRITICA AGLI INTELLETTUALI DI LENIN
"Bisogna quindi che gli intellettuali ci ripetano un pò meno ciò che sappiamo già e ci diano un pò più di ciò che ignoriamo ancora, di ciò che la nostra vita di fabbrica e la nostra esperienza "economica" non ci permettono mai di imparare: le cognizioni politiche. Queste cognizioni, voi intellettuali, potete acquistarle e dovete trasmetterle cento e mille volte più generosamente di quanto abbiate fatto finora. Dovete trasmettercele non solo con ragionamenti, opuscoli, articoli (che sono spesso — perdonate la nostra franchezza — alquanto noiosi), ma anche con denunce vivaci di ciò che fanno, proprio in questo momento, il nostro governo e le nostre classi dominanti in tutti i campi della vita. Assolvete con un pò più di entusiasmo questo compito che è il vostro, e parlate un pò meno di "elevare l'attività delle masse operaie". Attività ne diamo molto più di quanto non pensiate e sappiamo difendere con la lotta aperta nelle piazze anche le rivendicazioni che non offrono alcun "risultato tangibile". E non sta a voi "elevare" la nostra attività, perché voi stessi non siete abbastanza attivi. Non prosternatevi tanto dinanzi alla spontaneità e pensate un pò di più, o signori, ad elevare la vostra attività!»"
Vladimir Lenin, dal "Che Fare?"
LA LIBERA CONCORRENZA CONDUCE ALLA CONCENTRAZIONE DELLA PRODUZIONE E AL MONOPOLIO (LENIN)
Scritto nel 1916, "L'imperialismo: fase suprema del capitalismo" è uno splendido esempio di come si debba praticare un'analisi marxista della propria società. Oltre che opera fondamentale per ogni marxista che voglia capire come attualizzare il metodo marxista al proprio periodo, Lenin offre alcune considerazioni che mostrano la loro piena validità tutt'ora. Leggete questo testo e guardate l'immagine che esemplifica alcuni processi di monopolio in atto oggi. Illuminante vero? A conferma che forse il capitalismo sotto cui viviamo non è così diverso da quello imperialista studiato da Lenin:
"Uno dei tratti più caratteristici del capitalismo è costituito dall'immenso incremento dell'industria e dal rapidissimo processo di concentrazione della produzione in imprese sempre più ampie. Gli ultimi censimenti industriali offrono ragguagli completi e esatti su tale processo. [...] risulta che la concentrazione, a un certo punto della sua evoluzione, porta, per così dire, automaticamente alla soglia del monopolio. Infatti riesce facile a poche decine di imprese gigantesche di concludere reciproci accordi, mentre, d'altro lato, sono appunto le grandi dimensioni delle rispettive aziende che rendono difficile la concorrenza e suscitano, esse stesse, la tendenza al monopolio. Questa trasformazione della concorrenza nel monopolio rappresenta uno dei fenomeni più importanti - forse anzi il più importante nella economia del capitalismo moderno. [...]
Non in tutti i rami industriali esistono grandi aziende, e inoltre una delle più importanti caratteristiche del capitalismo giunto al suo massimo grado di sviluppo è costituita dalla cosiddetta combinazione, cioè dall'unione in un'unica impresa di diversi rami industriali, sia che si tratti di fasi successive della lavorazione delle materie prime (per esempio, estrazione della ghisa dal minerale di ferro, produzione dell'acciaio ed eventualmente fabbricazione di prodotti diversi in acciaio), sia che si tratti di rami industriali ausiliari l'uno rispetto all'altro (per esempio, la lavorazione di cascami e di sottoprodotti, la fabbricazione di materiali da imballaggio, ecc.). [...]
Allorché Marx, mezzo secolo fa, scriveva il Capitale, la grande maggioranza degli economisti considerava la libertà di commercio una "legge naturale". La scienza ufficiale ha tentato di seppellire con la congiura del silenzio l'opera di Marx, che, mediante l'analisi teorica e storica del capitalismo, ha dimostrato come la libera concorrenza determini la concentrazione della produzione, e come questa, a sua volta, a un certo grado di sviluppo, conduca al monopolio. Oggi il monopolio è una realtà. Gli economisti scrivono montagne di libri per descrivere le diverse manifestazioni del monopolio e nondimeno proclamano in coro che il "marxismo è confutato". Ma i fatti sono ostinati -dicono gli inglesi- e con essi, volere o no, si debbono fare i conti. I fatti provano che le differenze tra i singoli paesi capitalistici, per esempio in rapporto al protezionismo e alla libertà degli scambi, determinano soltanto differenze non essenziali nelle forme del monopolio, o nel momento in cui appare, ma il sorgere dei monopoli, per effetto del processo di concentrazione, è, in linea generale, legge universale e fondamentale dell'odierno stadio di sviluppo del capitalismo."
Vladimir Lenin, da "L'imperialismo: fase suprema del capitalismo", cap. 1:
"La concentrazione della produzione e i monopoli", 1916
LENIN. OBIETTIVI E MODALITÀ DELLE ALLEANZE SOCIALI E POLITICHE
Il capitalismo non sarebbe capitalismo, se il proletariato puro non fosse circondato da una folla straordinariamente variopinta di tipi intermedi tra il proletariato e il semiproletariato (colui che si procura di che vivere solo a metà, mediante la vendita della propria forza lavoro), tra il semiproletariato e il piccolo contadino (e il piccolo artigiano, l'artiere, il piccolo padrone in generale), tra il piccolo contadino e il contadino medio, ecc.; e se, in seno al proletariato stesso, non vi fossero delle suddivisioni in strati più o meno sviluppati, delle suddivisioni per regioni, per mestiere, talvolta per religioni e così di seguito.
E da tutto ciò deriva la necessità, assoluta e incondizionata per l'avanguardia del proletariato, per la parte cosciente di esso e per il partito comunista, di destreggiarsi, di stringere accordi e compromessi con i diversi gruppi di proletari, con i diversi partiti di operai e di piccoli produttori. Tutto sta nel saper impiegare questa tattica allo scopo di elevare, e non di abbassare il livello generale della coscienza proletaria, dello spirito rivoluzionario del proletariato, della sua capacità di lottare e di vincere.
Vladimir Lenin. L'estremismo malattia infantile del comunismo
IL GRANDE ERRORE DI SOSTITUIRE I DIRIGENTI INCAPACI CON LA "FOLLA" (LENIN)
"mancano di senso politico, perché, invece di voler sostituire i cattivi dirigenti con buoni dirigenti, l'autore vuole sostituirli in generale con la «folla». Questo è un tentativo di farci fare macchina indietro nel campo organizzativo [...].
Per maggior chiarezza comincerò con un esempio. Ecco i tedeschi. Non negherete, spero, che la loro organizzazione abbraccia la folla, che tutto viene dalla folla, che il movimento operaio ha imparato in Germania a camminare da solo. Ciò nonostante, quanto sono apprezzati da quella folla di parecchi milioni di uomini i suoi «dieci» capi politici provati! Come si stringe attorno ad essi!
Quante volte i socialisti non si sono sentiti irridere in parlamento dai deputati avversari: «Bei democratici! Con voi il movimento della classe operaia non esiste che a parole: in realtà è sempre lo stesso gruppo di capi che fa tutto. Ogni anno, da decine di anni, sempre lo stesso Bebel, sempre lo stesso Liebknecht! I vostri delegati, che si dicono eletti dagli operai, sono più inamovibili dei funzionari nominati dall'imperatore!». Ma i tedeschi hanno accolto con sprezzante ironia quei tentativi demagogia di contrapporre la «folla» ai «capi», di risvegliare nella prima gli istinti cattivi e vanitosi e di togliere al movimento la solidità e la stabilità minando la fiducia della massa in una «decina di teste forti».
Essi sono politicamente abbastanza educati, hanno sufficiente esperienza politica per comprendere che senza una «decina» di abili capi (e gli uomini abili non sorgono a centinaia), provati, professionalmente preparati ed istruiti da una lunga esperienza, che siano d'accordo fra loro, nessuna classe della società contemporanea può condurre fermamente la sua lotta. [...] Orbene, proprio quando tutta la crisi della socialdemocrazia russa si spiega con il fatto che le masse, entrate spontaneamente in movimento, non hanno dirigenti abbastanza preparati, sviluppati ed esperti, ecco i nostri sapientoni venirci a dire con tono sentenzioso: «È un male che il movimento non sorga dal basso!»."
Vladimir Lenin, dal "Che Fare?"
LO STATO È LA VIOLENZA SOCIALE ORGANIZZATA, E NOI CE NE SERVIREMO PER COSTRUIRE IL SOCIALISMO (LENIN)
Il marxismo ha in comune con l'anarchismo l'avversione verso il concetto di "Stato", giudicato la sovrastruttura giuridica attraverso cui la borghesia e più in generale le classi dominanti esercitano il proprio potere sul proletariato e le classi oppresse.
D'altronde, come ricorda lo stesso Lenin, "lo Stato potrà estinguersi completamente quando la società avrà realizzato il principio: «Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni», cioè quando gli uomini si saranno talmente abituati a osservare le regole fondamentali della convivenza sociale e il lavoro sarà diventato talmente produttivo ch'essi lavoreranno volontariamente secondo le loro capacità". Lo stato potrà insomma estinguersi quando, anche dopo che le classi dominate ne abbiano preso il controllo politico, siano in grado di passare dal socialismo al comunismo.
Per fare ciò è però necessario innanzitutto lo sviluppo intensivo delle forze di produzione, obiettivo strategico fondamentale per il quale può tornare utile anche la borghesia e il capitalismo. Sempre da Lenin:
"Il progresso delle forze produttive è il nostro compito fondamentale ed improrogabile. [...] Cediamo gli stabilimenti che non ci sono strettamente indispensabili ad appaltatori privati, compresi i capitalisti privati e gli investitori stranieri".
Questo d'altronde era il motivo per cui ad inizio anni '20 Lenin aveva improntato l'indirizzo della NEP (Nuova Politica Economica), che tante similitudini presenta con il percorso intrapreso dalla Cina dalla fine degli anni '70 (e se la NEP fu abbandonata in URSS dal PCUS fu per la necessità di industrializzare più rapidamente, con inevitabili risvolti traumatici, il Paese per prepararlo ai venti di guerra imminenti). Si utilizza lo stato per sviluppare le forze di produzione e se necessario per sottomettere la classe borghese, come aveva insegnato bene Engels:
"Finchè il proletariato ha ancora bisogno dello Stato, ne ha bisogno non nell'interesse della libertà ma nell'interesse dell'assoggettamento dei suoi avversari, e, quando diventa possibile parlare di libertà, allora lo Stato come tale cessa di esistere".
Insomma secondo Lenin "il potere statale, l'organizzazione centralizzata della forza, l'organizzazione della violenza, sono necessari al proletariato sia per reprimere la resistenza degli sfruttatori, sia per dirigere l'immensa massa della popolazione - contadini, piccola borghesia, semiproletariato - nell'opera di avviamento dell'economia socialista". Naturalmente uno stato di questo tipo presenta peculiarità particolari. Per sua natura "lo Stato è la violenza sociale organizzata", e tutto il marxismo è cosciente di ciò. Lo stato che occorre per necessità mantenere non è però lo stato borghese: "lo stato di questo periodo (dittatura del proletariato) deve essere uno stato democratico in modo nuovo per i proletari e i non abbienti in generale, e dittatoriale in modo nuovo contro la borghesia".
E sicuramente lo Stato borghese “non può essere sostituito dallo Stato proletario (dittatura del proletariato) per via di estinzione; può esserlo unicamente, come regola generale, per mezzo della rivoluzione violenta”.
Questi gli insegnamenti di Lenin, che tutt'oggi troppi anarcoidi, populisti, sinistrati, disconoscono o ignorano, bollando l'URSS come un totalitarismo e non capendo invece che tale stato socialista, costruito e rafforzato durante l'epoca staliniana, pur con contraddizioni e problematiche ben presenti alla sua stessa dirigenza, ha costituito nel XX° secolo il principale baluardo del progresso contro la barbarie capitalista e i suoi terroristici stati borghesi. Il resto è chiacchiericcio utopistico e menzognero utile per sognatori e idealisti privi del benchè minimo contatto con la realtà.
Lenin disse pure che bastava dare ai contadini un pezzo di terra e su sarebbero dimenticati immediatamente della rivoluzione!
"Uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più schiavo, ma uomo libero."
Vladimir Lenin
Se incontri uno schiavo felice della sua condizione di schiavo, non perdere tempo a liberarlo! Passerebbe il resto della vita alla ricerca di un altro padrone.
Vladimir Lenin
"Nessuno è colpevole di essere nato schiavo. Ma lo schiavo al quale non solo sono estranee le aspirazioni alla libertà, ma che giustifica e dipinge a colori rosei la sua schiavitù, un tale schiavo è un lacchè e un bruto che desta un senso legittimo di sdegno, di disgusto e ripugnanza."
Vladimir Lenin, Sull'orgoglio nazionale dei Grandi Russi, 12 Dicembre 1914
Lo stato non funziona come avremmo desiderato. La macchina non ubbidisce.
Un uomo è al volante e crede di guidarla, ma la macchina non va nella direzione voluta.
Si muove secondo il desiderio di un'altra forza.
Vladimir Lenin
Se è necessario unirsi fate accordi allo scopo di raggiungere i fini pratici del movimento, ma non fate commercio dei princípi e non fate "concessioni" teoriche.
Vladimir Lenin
"150 o 250 anni fa, i capi più avanzati di tale rivoluzione (di tali rivoluzioni, se si vuoi parlare di ogni forma nazionale di un unico tipo generale) hanno promesso ai popoli di liberare l'umanità dai privilegi medioevali, dall'ineguaglianza della donna, dai vantaggi concessi dallo Stato a questa o a quella religione (o all'«idea religiosa», alla «religiosità» in generale), dall'ineguaglianza delle nazioni. Hanno promesso, ma non hanno mantenuto. Non hanno potuto mantenere perché sono stati ostacolati dal «rispetto» per la «sacra proprietà privata». Nella nostra rivoluzione proletaria questo maledetto «rispetto» per questo medioevo tre volte maledetto e per questa «sacra proprietà privata» non c'è stato."
Vladimir Lenin, discorso per il quarto anniversario della rivoluzione d'ottobre, 1921
La cultura è nulla senza impegno e lotta.
Alla teoria deve seguire la prassi.
Vladimir Lenin
"La matematica può esplorare la quarta dimensione e il mondo di ciò che è possibile, ma lo zar può essere rovesciato solo nella terza dimensione."
Vladimir Lenin
"La religione è una delle forme dell'oppressione spirituale che grava dappertutto sulle masse popolari, schiacciate dal continuo lavoro per gli altri, dal bisogno e dall'isolamento. La debolezza delle classi sfruttate nella lotta contro gli sfruttatori genera inevitabilmente la credenza in una vita migliore nell'oltretomba, allo stesso modo che la debolezza del selvaggio nella lotta contro la natura genera la credenza negli dei, nei diavoli, nei miracoli, ecc. La religione predica l'umiltà e la rassegnazione nella vita terrena a coloro che trascorrono tutta l'esistenza nel lavoro e nella miseria, consolandoli con la speranza di una ricompensa celeste. Invece, a coloro che vivono del lavoro altrui la religione insegna la carità in questo mondo, offrendo così una facile giustificazione alla loro esistenza di sfruttatori e vendendo loro a buon mercato i biglietti d'ingresso nel regno della beatitudine celeste. La religione è l'oppio del popolo. La religione è una specie di acquavite spirituale, nella quale gli schiavi del capitale annegano la loro personalità umana e le loro rivendicazioni di una vita in qualche misura degna di uomini."
Vladimir Lenin, Novaia Gizn, n. 28, 3 dicembre 1905
LA DEMOCRAZIA CAPITALISTICA È SOLO PER UNA MINORANZA (LENIN)
"La società capitalistica, considerata nelle sue condizioni di sviluppo piú favorevoli, ci offre nella repubblica democratica una democrazia piú o meno completa. Ma questa democrazia è sempre compressa nel ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico, e rimane sempre, in fondo, una democrazia per la minoranza, per le sole classi possidenti, per i soli ricchi.
La libertà, nella società capitalistica, rimane sempre, approssimativamente quella che fu nelle repubbliche dell'antica Grecia: la libertà per i proprietari di schiavi. Gli odierni schiavi salariati, in forza dello sfruttamento capitalistico, sono talmente soffocati dal bisogno e dalla miseria, che «hanno ben altro pel capo che la democrazia», «che la politica», sicché, nel corso ordinano e pacifico degli avvenimenti, la maggioranza della popolazione si trova tagliata fuori dalla vita politica e sociale.
Democrazia per un'infima minoranza, democrazia per i ricchi: è questa la democrazia della società capitalistica. Se osserviamo piú da vicino il meccanismo della democrazia capitalistica, dovunque e sempre - sia nei «minuti», nei pretesi minuti particolari della legislazione elettorale (durata di domicilio, esclusione delle donne, ecc.), sia nel funzionamento delle istituzioni rappresentative, sia negli ostacoli che di fatto si frappongono al diritto di riunione (gli edifici pubblici non sono per i «poveri»!), sia nell'organizzazione puramente capitalistica della stampa quotidiana, ecc. vedremo restrizioni su restrizioni al democratismo.
Queste restrizioni, eliminazioni, esclusioni, intralci per i poveri, sembrano minuti, soprattutto a coloro che non hanno mai conosciuto il bisogno e non hanno mai avvicinato le classi oppresse né la vita delle masse che le costituiscono (e sono i nove decimi, se non i novantanove centesimi dei pubblicisti e degli uomini politici borghesi), ma, sommate, queste restrizioni escludono i poveri dalla politica e dalla partecipazione attiva alla democrazia. Marx afferrò perfettamente questo tratto essenziale della democrazia capitalistica, quando, nella sua analisi della esperienza della Comune, disse: agli oppressi è permesso di decidere, una volta ogni qualche anno, quale fra i rappresentanti della classe dominante li rappresenterà e li opprimerà in Parlamento!"
Vladimir Lenin, da "Stato e Rivoluzione"
LA CRITICA AGLI INTELLETTUALI DI LENIN
"Bisogna quindi che gli intellettuali ci ripetano un pò meno ciò che sappiamo già e ci diano un pò più di ciò che ignoriamo ancora, di ciò che la nostra vita di fabbrica e la nostra esperienza "economica" non ci permettono mai di imparare: le cognizioni politiche. Queste cognizioni, voi intellettuali, potete acquistarle e dovete trasmetterle cento e mille volte più generosamente di quanto abbiate fatto finora. Dovete trasmettercele non solo con ragionamenti, opuscoli, articoli (che sono spesso — perdonate la nostra franchezza — alquanto noiosi), ma anche con denunce vivaci di ciò che fanno, proprio in questo momento, il nostro governo e le nostre classi dominanti in tutti i campi della vita. Assolvete con un pò più di entusiasmo questo compito che è il vostro, e parlate un pò meno di "elevare l'attività delle masse operaie". Attività ne diamo molto più di quanto non pensiate e sappiamo difendere con la lotta aperta nelle piazze anche le rivendicazioni che non offrono alcun "risultato tangibile". E non sta a voi "elevare" la nostra attività, perché voi stessi non siete abbastanza attivi. Non prosternatevi tanto dinanzi alla spontaneità e pensate un pò di più, o signori, ad elevare la vostra attività!»"
Vladimir Lenin, dal "Che Fare?"
LA LIBERA CONCORRENZA CONDUCE ALLA CONCENTRAZIONE DELLA PRODUZIONE E AL MONOPOLIO (LENIN)
Scritto nel 1916, "L'imperialismo: fase suprema del capitalismo" è uno splendido esempio di come si debba praticare un'analisi marxista della propria società. Oltre che opera fondamentale per ogni marxista che voglia capire come attualizzare il metodo marxista al proprio periodo, Lenin offre alcune considerazioni che mostrano la loro piena validità tutt'ora. Leggete questo testo e guardate l'immagine che esemplifica alcuni processi di monopolio in atto oggi. Illuminante vero? A conferma che forse il capitalismo sotto cui viviamo non è così diverso da quello imperialista studiato da Lenin:
"Uno dei tratti più caratteristici del capitalismo è costituito dall'immenso incremento dell'industria e dal rapidissimo processo di concentrazione della produzione in imprese sempre più ampie. Gli ultimi censimenti industriali offrono ragguagli completi e esatti su tale processo. [...] risulta che la concentrazione, a un certo punto della sua evoluzione, porta, per così dire, automaticamente alla soglia del monopolio. Infatti riesce facile a poche decine di imprese gigantesche di concludere reciproci accordi, mentre, d'altro lato, sono appunto le grandi dimensioni delle rispettive aziende che rendono difficile la concorrenza e suscitano, esse stesse, la tendenza al monopolio. Questa trasformazione della concorrenza nel monopolio rappresenta uno dei fenomeni più importanti - forse anzi il più importante nella economia del capitalismo moderno. [...]
Non in tutti i rami industriali esistono grandi aziende, e inoltre una delle più importanti caratteristiche del capitalismo giunto al suo massimo grado di sviluppo è costituita dalla cosiddetta combinazione, cioè dall'unione in un'unica impresa di diversi rami industriali, sia che si tratti di fasi successive della lavorazione delle materie prime (per esempio, estrazione della ghisa dal minerale di ferro, produzione dell'acciaio ed eventualmente fabbricazione di prodotti diversi in acciaio), sia che si tratti di rami industriali ausiliari l'uno rispetto all'altro (per esempio, la lavorazione di cascami e di sottoprodotti, la fabbricazione di materiali da imballaggio, ecc.). [...]
Allorché Marx, mezzo secolo fa, scriveva il Capitale, la grande maggioranza degli economisti considerava la libertà di commercio una "legge naturale". La scienza ufficiale ha tentato di seppellire con la congiura del silenzio l'opera di Marx, che, mediante l'analisi teorica e storica del capitalismo, ha dimostrato come la libera concorrenza determini la concentrazione della produzione, e come questa, a sua volta, a un certo grado di sviluppo, conduca al monopolio. Oggi il monopolio è una realtà. Gli economisti scrivono montagne di libri per descrivere le diverse manifestazioni del monopolio e nondimeno proclamano in coro che il "marxismo è confutato". Ma i fatti sono ostinati -dicono gli inglesi- e con essi, volere o no, si debbono fare i conti. I fatti provano che le differenze tra i singoli paesi capitalistici, per esempio in rapporto al protezionismo e alla libertà degli scambi, determinano soltanto differenze non essenziali nelle forme del monopolio, o nel momento in cui appare, ma il sorgere dei monopoli, per effetto del processo di concentrazione, è, in linea generale, legge universale e fondamentale dell'odierno stadio di sviluppo del capitalismo."
Vladimir Lenin, da "L'imperialismo: fase suprema del capitalismo", cap. 1:
"La concentrazione della produzione e i monopoli", 1916
LENIN. OBIETTIVI E MODALITÀ DELLE ALLEANZE SOCIALI E POLITICHE
Il capitalismo non sarebbe capitalismo, se il proletariato puro non fosse circondato da una folla straordinariamente variopinta di tipi intermedi tra il proletariato e il semiproletariato (colui che si procura di che vivere solo a metà, mediante la vendita della propria forza lavoro), tra il semiproletariato e il piccolo contadino (e il piccolo artigiano, l'artiere, il piccolo padrone in generale), tra il piccolo contadino e il contadino medio, ecc.; e se, in seno al proletariato stesso, non vi fossero delle suddivisioni in strati più o meno sviluppati, delle suddivisioni per regioni, per mestiere, talvolta per religioni e così di seguito.
E da tutto ciò deriva la necessità, assoluta e incondizionata per l'avanguardia del proletariato, per la parte cosciente di esso e per il partito comunista, di destreggiarsi, di stringere accordi e compromessi con i diversi gruppi di proletari, con i diversi partiti di operai e di piccoli produttori. Tutto sta nel saper impiegare questa tattica allo scopo di elevare, e non di abbassare il livello generale della coscienza proletaria, dello spirito rivoluzionario del proletariato, della sua capacità di lottare e di vincere.
Vladimir Lenin. L'estremismo malattia infantile del comunismo
IL GRANDE ERRORE DI SOSTITUIRE I DIRIGENTI INCAPACI CON LA "FOLLA" (LENIN)
"mancano di senso politico, perché, invece di voler sostituire i cattivi dirigenti con buoni dirigenti, l'autore vuole sostituirli in generale con la «folla». Questo è un tentativo di farci fare macchina indietro nel campo organizzativo [...].
Per maggior chiarezza comincerò con un esempio. Ecco i tedeschi. Non negherete, spero, che la loro organizzazione abbraccia la folla, che tutto viene dalla folla, che il movimento operaio ha imparato in Germania a camminare da solo. Ciò nonostante, quanto sono apprezzati da quella folla di parecchi milioni di uomini i suoi «dieci» capi politici provati! Come si stringe attorno ad essi!
Quante volte i socialisti non si sono sentiti irridere in parlamento dai deputati avversari: «Bei democratici! Con voi il movimento della classe operaia non esiste che a parole: in realtà è sempre lo stesso gruppo di capi che fa tutto. Ogni anno, da decine di anni, sempre lo stesso Bebel, sempre lo stesso Liebknecht! I vostri delegati, che si dicono eletti dagli operai, sono più inamovibili dei funzionari nominati dall'imperatore!». Ma i tedeschi hanno accolto con sprezzante ironia quei tentativi demagogia di contrapporre la «folla» ai «capi», di risvegliare nella prima gli istinti cattivi e vanitosi e di togliere al movimento la solidità e la stabilità minando la fiducia della massa in una «decina di teste forti».
Essi sono politicamente abbastanza educati, hanno sufficiente esperienza politica per comprendere che senza una «decina» di abili capi (e gli uomini abili non sorgono a centinaia), provati, professionalmente preparati ed istruiti da una lunga esperienza, che siano d'accordo fra loro, nessuna classe della società contemporanea può condurre fermamente la sua lotta. [...] Orbene, proprio quando tutta la crisi della socialdemocrazia russa si spiega con il fatto che le masse, entrate spontaneamente in movimento, non hanno dirigenti abbastanza preparati, sviluppati ed esperti, ecco i nostri sapientoni venirci a dire con tono sentenzioso: «È un male che il movimento non sorga dal basso!»."
Vladimir Lenin, dal "Che Fare?"
LO STATO È LA VIOLENZA SOCIALE ORGANIZZATA, E NOI CE NE SERVIREMO PER COSTRUIRE IL SOCIALISMO (LENIN)
Il marxismo ha in comune con l'anarchismo l'avversione verso il concetto di "Stato", giudicato la sovrastruttura giuridica attraverso cui la borghesia e più in generale le classi dominanti esercitano il proprio potere sul proletariato e le classi oppresse.
D'altronde, come ricorda lo stesso Lenin, "lo Stato potrà estinguersi completamente quando la società avrà realizzato il principio: «Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni», cioè quando gli uomini si saranno talmente abituati a osservare le regole fondamentali della convivenza sociale e il lavoro sarà diventato talmente produttivo ch'essi lavoreranno volontariamente secondo le loro capacità". Lo stato potrà insomma estinguersi quando, anche dopo che le classi dominate ne abbiano preso il controllo politico, siano in grado di passare dal socialismo al comunismo.
Per fare ciò è però necessario innanzitutto lo sviluppo intensivo delle forze di produzione, obiettivo strategico fondamentale per il quale può tornare utile anche la borghesia e il capitalismo. Sempre da Lenin:
"Il progresso delle forze produttive è il nostro compito fondamentale ed improrogabile. [...] Cediamo gli stabilimenti che non ci sono strettamente indispensabili ad appaltatori privati, compresi i capitalisti privati e gli investitori stranieri".
Questo d'altronde era il motivo per cui ad inizio anni '20 Lenin aveva improntato l'indirizzo della NEP (Nuova Politica Economica), che tante similitudini presenta con il percorso intrapreso dalla Cina dalla fine degli anni '70 (e se la NEP fu abbandonata in URSS dal PCUS fu per la necessità di industrializzare più rapidamente, con inevitabili risvolti traumatici, il Paese per prepararlo ai venti di guerra imminenti). Si utilizza lo stato per sviluppare le forze di produzione e se necessario per sottomettere la classe borghese, come aveva insegnato bene Engels:
"Finchè il proletariato ha ancora bisogno dello Stato, ne ha bisogno non nell'interesse della libertà ma nell'interesse dell'assoggettamento dei suoi avversari, e, quando diventa possibile parlare di libertà, allora lo Stato come tale cessa di esistere".
Insomma secondo Lenin "il potere statale, l'organizzazione centralizzata della forza, l'organizzazione della violenza, sono necessari al proletariato sia per reprimere la resistenza degli sfruttatori, sia per dirigere l'immensa massa della popolazione - contadini, piccola borghesia, semiproletariato - nell'opera di avviamento dell'economia socialista". Naturalmente uno stato di questo tipo presenta peculiarità particolari. Per sua natura "lo Stato è la violenza sociale organizzata", e tutto il marxismo è cosciente di ciò. Lo stato che occorre per necessità mantenere non è però lo stato borghese: "lo stato di questo periodo (dittatura del proletariato) deve essere uno stato democratico in modo nuovo per i proletari e i non abbienti in generale, e dittatoriale in modo nuovo contro la borghesia".
E sicuramente lo Stato borghese “non può essere sostituito dallo Stato proletario (dittatura del proletariato) per via di estinzione; può esserlo unicamente, come regola generale, per mezzo della rivoluzione violenta”.
Questi gli insegnamenti di Lenin, che tutt'oggi troppi anarcoidi, populisti, sinistrati, disconoscono o ignorano, bollando l'URSS come un totalitarismo e non capendo invece che tale stato socialista, costruito e rafforzato durante l'epoca staliniana, pur con contraddizioni e problematiche ben presenti alla sua stessa dirigenza, ha costituito nel XX° secolo il principale baluardo del progresso contro la barbarie capitalista e i suoi terroristici stati borghesi. Il resto è chiacchiericcio utopistico e menzognero utile per sognatori e idealisti privi del benchè minimo contatto con la realtà.
Lenin disse pure che bastava dare ai contadini un pezzo di terra e su sarebbero dimenticati immediatamente della rivoluzione!
LENIN. ORGANIZZATORE E CAPO. Lenin,
organizzatore e capo del Partito comunista della Russia. Vi sono due gruppi di
marxisti. Entrambi lavorano sotto la bandiera del marxismo e si considerano “VERI
“ MARXISTI. Eppure sono ben lungi dall'essere identici. Anzi, un abisso li
separa, poiché i loro metodi di lavoro sono diametralmente opposti.
IL PRIMO GRUPPO SI LIMITA DI
SOLITO AL RICONOSCIMENTO ESTERIORE DEL MARXISMO, ALLA SUA SOLENNE
PROCLAMAZIONE. Non sapendo o non volendo penetrare la sostanza del marxismo,
non sapendo o non volendo applicarlo nella pratica, esso TRASFORMA LE TESI VIVE
E RIVOLUZIONARIE DEL MARXISMO IN FORMULE MORTE CHE NON DICONO NULLA. ESSO NON
BASA LA SUA ATTIVITÀ SULL'ESPERIENZA, SUGLI INSEGNAMENTI DEL LAVORO PRATICO, MA
SULLE CITAZIONI PRESE DA MARX. Attinge indicazioni e direttive non dall'analisi
della realtà vivente, ma dalle analogie e dai paralleli storici. LA DISCORDANZA
TRA LE PAROLE E GLI ATTI: ECCO LA PRINCIPALE MALATTIA DI QUESTO GRUPPO. Di qui,
le delusioni e la perpetua insoddisfazione verso il destino che continuamente e
regolarmente lo tradisce, si beffa di lui. IL NOME DI QUESTO GRUPPO È
MENSCEVISMO (IN RUSSIA), OPPORTUNISMO (IN EUROPA). Al Congresso di Londra il
compagno Tyszko (Jogiches) ha dato una definizione abbastanza precisa di questo
gruppo, dicendo che ESSO NON PARTE DEL PUNTO DI VISTA DEL MARXISMO MA CI RIPOSA
SOPRA.
Il secondo gruppo, al contrario, TRASFERISCE
IL CENTRO DI GRAVITÀ DELLA QUESTIONE DAL RICONOSCIMENTO ESTERIORE DEL MARXISMO
ALLA SUA ATTUAZIONE, ALLA SUA APPLICAZIONE PRATICA. L'INDICAZIONE, IN
CONFORMITÀ CON LA SITUAZIONE, DELLE VIE E DEI MEZZI PER L'ATTUAZIONE DEL
MARXISMO, LA MODIFICAZIONE DI QUESTE VIE E DI QUESTI MEZZI QUANDO LA SITUAZIONE
CAMBIA: ECCO I PUNTI A CUI SOPRATTUTTO QUESTO GRUPPO RIVOLGE LO SUA ATTENZIONE.
ESSO TRAE DIRETTIVE E INSEGNAMENTI NON DALLE ANALOGIE E DAI PARALLELI STORICI,
MA DALLO STUDIO DELLE CIRCOSTANZE. NELLA SUA ATTIVITÀ NON SI BASA SULLE
CITAZIONI E SULLE SENTENZE, MA SULL'ESPERIENZA PRATICA; CONTROLLA OGNUNO DEI
SUOI PASSI CON L'ESPERIENZA; TRAE INSEGNAMENTI DAI PROPRI ERRORI E INSEGNA AGLI
ALTRI L'EDIFICAZIONE DI UNA NUOVA VITA. Questo precisamente spiega perché NELL'ATTIVITÀ
DI QUESTO GRUPPO LA PAROLA NON DISCORDA DALL'AZIONE e la dottrina di Marx
conserva interamente la sua viva forza rivoluzionaria. A questo gruppo si
addicono pienamente le parole di Marx secondo le quali I
MARXISTI NON POSSONO LIMITARSI A SPIEGARE IL MONDO, MA DEBBONO PROCEDERE OLTRE,
AL FINE DI TRASFORMARLO. Il nome di questo gruppo è bolscevismo,
comunismo. Organizzatore e capo di questo gruppo è V. I. Lenin,
Biblioteca digitale Mels. Resistenze.org pp. 344 - 345
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