“Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l'acume della vista o l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.”
Bernardo di Chartres
Un esempio conosciutissimo che spiega la mia umile opera di divulgatrice:
"Nella lettera del 5 febbraio 1676, che indirizza a Robert Hooke, con cui è in polemica perché lo accusava di non essere lui l’autore delle scoperte sull’ottica, ISAAC NEWTON (1643 – 1727 scienziato, fisico, matematico, alchimista, e filosofo britannico) afferma: If I have seen further it is by standing on the shoulders of giants. Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti.
La metafora risale al grammatico latino Priscianus Caesariensis (Cesarea in Mauritania IV-V sec d.C) ripresa da Guglielmo di Conches nelle Glosse a Prisciano 1123 (Guglielmo di Conches - Normandia, 1080 circa – dopo 1154; filosofo francese), poi da Giovanni di Salisbury «Diceva Bernardo di Chartres (Bernardo di Chartres (Bernardus Carnotensis; ... 1126 o 1130; filosofo) che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l'acume della vista o l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.» «Dicebat Bernardus Carnotensis francesenos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possimus plura eis et remotiora videre, non utique proprii visus acumine, aut eminentia corporis, sed quia in altum subvehimur et extollimur magnitudine gigantea» Giovanni di Salisbury, Metalogicon III, 4 – 1159.
Nel 1160 lo troviamo in un testo della scuola di Laon, nel 1185 lo usa lo storico danese Sven Aggesen; poi Gerardo di Cambrai, Raoul de Longchamp, ed Egidio di Corbeil, e Gerardo d' Alvernia; poi Zedekiah ben Abraham Anav (1280 circa), nel XIV secolo Alexandre Ricat, medico dei re d' Aragona; il saggio di Robert Burton “Anatomia della malinconia” ( 1624), Questioni armoniche” del matematico Marin Mersenne (1634); anche nelle opere di Ambroise Paré, dello scienziato Richard Sennert e pure in Ortega y Gasset (Madrid, 9 maggio 1883 – Madrid, 18 ottobre 1955)".
Se talvolta diamo la sensazione di essere alti, è solo perché, benché siamo dei nani, camminiamo sulle spalle dei GIGANTI che ci hanno preceduto
Sir Isaac Newton
SCIENZA È QUALSIASI DISCIPLINA IN CUI ANCHE UNO STUPIDO DI QUESTA GENERAZIONE PUÒ OLTREPASSARE IL PUNTO RAGGIUNTO DA UN GENIO DELLA GENERAZIONE PRECEDENTE
Max Gluckman
Umberto Eco: SIAMO TUTTI NANI SULLE SPALLE DEI GIGANTI.
[…] Eco: siamo tutti nani sulle spalle dei giganti
«Perché le teorie scientifiche di Rifkin sono simili agli aforismi di un
filosofo del XII secolo»
«BERNARDO DI CHARTRES DICEVA CHE
NOI SIAMO COME NANI CHE STANNO SULLE SPALLE DEI GIGANTI, COSÌ CHE POSSIAMO
VEDERE PIÙ LONTANO DI LORO NON GRAZIE ALLA NOSTRA STATURA O ALL' ACUTEZZA DELLA
NOSTRA VISTA, MA PERCHÉ - STANDO APPUNTO SULLE LORO SPALLE - STIAMO PIÙ IN ALTO
DI LORO...».
[…] Se si prende a misura LA
BIBLIOTECA che corre lungo le pareti della sua casa milanese (circa trentamila
volumi), a sostenerlo è un colosso che gli consente di guardare lontanissimo. E
difatti il professore spiega: «L' AFORISMA CHE DICE "SIAMO NANI SULLE
SPALLE DI GIGANTI" nasce nel XII secolo, con Bernardo di Chartres, appunto,
e ha un successo straordinario. Tutti lo riprendono».
Può rivelarcene il percorso?
«Nel 1160 lo troviamo in un testo
della scuola di Laon, nel 1185 lo usa lo storico danese Sven Aggesen; poi
Gerardo di Cambrai, Raoul de Longchamp, ed Egidio di Corbeil, e Gerardo d'
Alvernia; nel XIV secolo Alexandre Ricat, medico dei re d' Aragona; due secoli
dopo lo ritroviamo nelle opere di Ambroise Paré, poi lo usano lo scienziato
secentesco Richard Sennert e tre secoli dopo di lui Ortega y Gasset...».
[…] Sulle spalle dei giganti, dunque. Ed ecco che
dal cilindro del professore salta fuori un altro nome, quello di uno dei più
grandi sociologi contemporanei, ROBERT MERTON, AMERICANO, IL QUALE HA RIPRESO
L' AFORISMA DA UNA RIFORMULAZIONE DI NEWTON e ne ha ricavato un libretto dove
si rintracciano tutte le citazioni. Ne esiste una versione italiana con una
prefazione di Eco (Il Mulino, 1991). «Ma non abbiamo finito», avverte il
professore, «nel recente Entropia di Jeremy Rifkin ho trovato una citazione da
Max Gluckman che dice: "SCIENZA È QUALSIASI DISCIPLINA IN CUI ANCHE UNO
STUPIDO DI QUESTA GENERAZIONE PUÒ OLTREPASSARE IL PUNTO RAGGIUNTO DA UN GENIO
DELLA GENERAZIONE PRECEDENTE». Tra questa citazione e quella attribuita a
Bernardo passano otto secoli, così UN DETTO CHE SI RIFERIVA AL RAPPORTO COI
PADRI NEL PENSIERO FILOSOFICO E TEOLOGICO DIVENTA UN DETTO CHE CONTRASSEGNA IL
CARATTERE PROGRESSIVO DELLA SCIENZA».
Semplificando al massimo: NELL'
ETERNA LOTTA TRA PADRI E FIGLI, OGNI GESTO DI INNOVAZIONE SI È SERVITO DI UN
GIGANTE PRECEDENTE. «GIÀ, PER AMMAZZARE IL PADRE SI VA A RECUPERARE L' IMMAGINE
DEL NONNO. È stato così sino alle ultime avanguardie. JOYCE HA BISOGNO DI OMERO».
È così anche oggi, propriamente
oggi? «No, perché oggi non ci sono più differenze generazionali. Padre e figli
vivono degli stessi modelli, usano gli stessi strumenti, non c' è più alcuno
scarto. […] È un grande conversatore, Eco, al punto che chi lo intervista può
perdere il filo, soggiogato dal fluire dei suoi ragionamenti, dallo
scoppiettare delle sue battute, dalle raffiche delle sue citazioni. Come
questa, imprevedibile, di un' ODE CARDUCCIANA: «... MORIRE PER MAN DEI
MERCATANTI...». Carducci per spiegare Baudolino, o meglio per dimostrare che l'
invenzione letteraria può aiutare a capire il senso della storia. «A proposito
della fine dell' assedio di Alessandria», spiega Eco, «in Baudolino rileggo la
storia in modo diverso da Carducci, "Sui campi di Marengo...", ma
tenendo presente il suo modello». La letteratura non soltanto come uno
strumento di lettura della storia, ma come una possibile verità, anche
attraverso l' invenzione, l'impostura? «IL NARRATORE HA IL PRIVILEGIO DI
METTERE IN SCENA PERSONAGGI FITTIZI, CAPACI, A VOLTE, DI AIUTARCI A COMPRENDERE
LA STORIA PIÙ DEI SEMPLICI DOCUMENTI. MANZONI RILESSE IN MODO ORIGINALE UNA
STORIA SECENTESCA, FACENDONE UNA SORTA DI SPECCHIO DEI SUOI TEMPI. Anche uno
storico può fare lo stesso. CROCE DICEVA CHE OGNI STORIA È UNA STORIA
CONTEMPORANEA. Tuttavia, al narratore riesce più facile. Prendiamo Federico
Barbarossa: contrariamente a quanto ci viene detto a scuola, nel mio romanzo ne
ho fatto un uomo simpatico, uno che s' incazzava a causa del suo amore per l'
Italia. Era questo, il suo vero dramma. Amava l' Italia, ma non riusciva a
capire cosa stava avvenendo nelle nuove città mercantili. La sua era una
condizione patetica: RISCHIAVA DI PERDERE LA GERMANIA PER STAR DIETRO ALL'
ITALIA SENZA CAPIRE PERCHÉ LE SUE CITTÀ NON STAVANO AI PATTI e sui campi di
battaglia ci si imbatteva in gente che vendeva formaggio. "Morire per man
di mercatanti..."». Carducci, appunto. Anche lui un gigante - e chi lo
avrebbe detto? - sulle cui spalle il professore si è arrampicato per guardare
più lontano e raccontarci una storia che incastonata nel XII secolo riesce a
parlarci dei giorni nostri”
Matteo Collura
Umberto Eco (nella foto) è nato
ad Alessandria nel 1932 Docente universitario e studioso di estetica, si è poi
rivelato anche come semiologo e scrittore Fra i suoi saggi: Opera Aperta
(1962), Diario Minimo (1963), Trattato di semiotica generale (1975), La ricerca
della lingua perfetta nella cultura europea (1993) Quattro i suoi romanzi: Il
nome della rosa (1980, Premio Strega), Il pendolo di Foucault (1988, Premio
Bancarella), L' isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000)
Collura Matteo
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