Il cielo era stellato, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva se sotto un cielo così potessero vivere uomini senza pace
Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Le notti bianche
Era una notte incantevole, una notte quale può forse capitare soltanto quando siamo giovani, mio amabile lettore. Il cielo era così stellato, così luminoso che, guardandolo, si era costretti a chiedere a se stessi involontariamente: è mai credibile che possano vivere sotto un simile cielo persone irate e capricciose? Anche questa è una domanda da giovane, amabile lettore, da uomo molto giovane; ma che Iddio ce ne mandi di simili più spesso, per rallegrarci l'animo!...Parlando di gente capricciosa e di vari individui di cattivo umore, non ho potuto fare a meno di ricordarmi della mia condotta esemplare durante tutto quel giorno. Fin dalle prime ore del mattino aveva incominciato a torturarmi un'angoscia strana, sorprendente.
Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”
«Era una notte meravigliosa, una notte come forse ce ne possono essere soltanto quando siamo giovani, amabile lettore. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso che, gettandovi uno sguardo, senza volerlo si era costretti a domandare a se stessi: è mai possibile che sotto un cielo simile possa vivere ogni sorta di gente collerica e capricciosa? Anche questa è una domanda da giovani, amabile lettore, molto da giovani, ma voglia il Signore mandarvela il più sovente possibile nell'anima! ... Parlando d'ogni sorta di signori capricciosi e collerici, non ho potuto fare a meno di rammentare anche la mia saggia condotta in tutta quella giornata.»
Fëdor Dostoevskij, incipit de Le notti bianche (1848)
.. E ti domandi: dove sono andati i tuoi sogni? E scuotendo la testa dici: come volano veloci gli anni! E di nuovo ti chiedi: cosa ne hai fatto della tua vita? Dove hai seppellito i tuoi giorni migliori? Hai vissuto oppure no? Guarda, ti dici, guarda, come giunge il freddo nel mondo. E passeranno ancora gli anni e appresso verrà la solitudine cupa. Verrà la vecchiaia con il bastone tremante, e appresso l'angoscia e la desolazione. Impallidirà il tuo mondo fantastico, moriranno, annegheranno i tuoi sogni e si disperderanno come le foglie gialle dagli alberi... Oh, Nasten'ka! Sarà triste allora restare solo, completamente solo, e non avere più nulla di cui rammaricarsi, nulla, assolutamente nulla... Perché tutto ciò che è andato perduto, tutto ciò, tutto era niente, uno stupido zero assoluto, nient'altro che sogno!
Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”
«E non faccio che sognare, ogni giorno, che alla fine, chissà quando, incontrerò qualcuno.
Ah, se sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo!»
Ah, se sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo!»
«Ma come dunque, di chi?»
«Ma di nessuno, di un ideale, di colei che mi appare in sogno. Io in sogno creo interi romanzi».”
Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”
Un sognatore - se è necessaria una sua definizione precisa - non è una persona, ma, sapete, un essere di genere neutro. Si stabilisce il più delle volte in qualche angolo inaccessibile, come se ci si nascondesse perfino dalla luce del giorno, e quando poi si rifugia a casa, allora si radica al suo angolo come una lumaca, o, almeno, è molto simile in questo atteggiamento a quell'interessante animale che è animale e casa insieme, che si chiama tartaruga. Cosa ne pensate, perché ama tanto le sue quattro pareti, pitturate immancabilmente di colore verde, annerite, tristi e intollerabilmente affumicate?»
Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche, 1848
«Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni. Vi sognerò per tutta la notte, per tutta la settimana, per tutto l’anno. Senz’altro domani ritornerò qui, proprio qui, in questo luogo, e proprio a quest’ora, e sarò felice ricordando l’accaduto».
Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”
«Ci sono, Nasten'ka, se non lo sapete, ci sono a Pietroburgo degli angoletti piuttosto strani. In quei posti è come se non facesse capolino lo stesso sole che brilla per tutti i pietroburghesi, ma ne facesse capolino un altro, nuovo, come fosse stato richiesto apposta per quegli angoli, e brilla su tutto con un'altra luce, particolare. In quegli angoli, cara Nasten'ka, è come se si vivesse una vita completamente diversa, per nulla simile a quella che ferve intorno a noi, una vita come potrebbe essere in un regno sconosciuto ai confini del mondo, e non da noi, nel nostro tempo serio-straserio. E proprio questa vita è un'autentica mescolanza di qualcosa di puramente fantastico, di ardentemente ideale e insieme (ahimè, Nasten'ka) di vuotamente prosaico e banale, per non dire: triviale fino all'inverosimile!»
«Uh! Signore Iddio! che prologo! Cosa mai sentirò ancora?»
«Sentirete, Nasten'ka (mi sembra che non finirò mai di chiamarvi Nasten'ka), sentirete che in quegli angoli vivono strane persone - sognatori. Un sognatore - se è necessaria una sua definizione precisa - non è una persona, ma, sapete, un essere di genere neutro. Si stabilisce il più delle volte in qualche angolo inaccessibile, come se ci si nascondesse perfino dalla luce del giorno, e quando poi si rifugia a casa, allora si radica al suo angolo come una lumaca, o, almeno, è molto simile in questo atteggiamento a quell'interessante animale che è animale e casa insieme, che si chiama tartaruga. Cosa ne pensate, perché ama tanto le sue quattro pareti, pitturate immancabilmente di colore verde, annerite, tristi e intollerabilmente affumicate?»
Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche
"E’ possibile, è possibile che non ci vedremo mai più? … Che il nostro incontro rimanga così?"
"Vedete", disse ridendo la ragazza, "all’inizio volevate solo due parole, e adesso … Del resto io non vi dirò nulla …. Forse ci incontreremo ancora …"
"Verrò qui domani", dissi io. "Oh, perdonatemi, io lo pretendo già …"
"Si, voi siete impaziente … voi quasi pretendete …"
"Ascoltate, ascoltate!", l’interruppi. "Perdonatemi se vi dirò ancora qualcosa … Ecco, vedete: domani non potrò non venire qui. Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni. Vi sognerò per tutta la notte, per tutta la settimana, per tutto l’anno. Sicuramente domani ritornerò qui, proprio qui, in questo posto, e proprio a quest’ora, e sarò felice ricordando quello che è successo. […]
Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche
"Vedete", disse ridendo la ragazza, "all’inizio volevate solo due parole, e adesso … Del resto io non vi dirò nulla …. Forse ci incontreremo ancora …"
"Verrò qui domani", dissi io. "Oh, perdonatemi, io lo pretendo già …"
"Si, voi siete impaziente … voi quasi pretendete …"
"Ascoltate, ascoltate!", l’interruppi. "Perdonatemi se vi dirò ancora qualcosa … Ecco, vedete: domani non potrò non venire qui. Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni. Vi sognerò per tutta la notte, per tutta la settimana, per tutto l’anno. Sicuramente domani ritornerò qui, proprio qui, in questo posto, e proprio a quest’ora, e sarò felice ricordando quello che è successo. […]
Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche
«Invano il sognatore rovista nei suoi vecchi sogni, come fra la cenere, cercandovi una piccola scintilla per soffiarci sopra e riscaldare con il fuoco rinnovato il proprio cuore freddo, e far risorgere ciò che prima gli era così caro, che commuoveva la sua anima, che gli faceva ribollire il sangue, fino a strappargli le lacrime dagli occhi, così ingannandolo meravigliosamente».
Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”
Avanzando negli anni si scacciano gli antichi ideali, ed essi cadono in polvere, si spezzano in tanti frammenti, con i quali di vuol ricostruire la vita passata, a meno che non si pensi di iniziarne un’altra, una vita nuova. Ma intanto l’anima chiede, vuole nuove cose. Il sognatore fruga invano tra i vecchi sogni, come fra la cenere, cercandovi una piccola scintilla, per soffiarci sopra e riscaldare col fuoco ridestato il proprio cuore freddo e farvi risorgere ciò che prima gli era tanto caro, tutto ciò che lo commuoveva, che gli faceva ardere il sangue, che gli strappava le lacrime dagli occhi e lo illudeva meravigliosamente. “
Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”
Perché non dire subito, direttamente, quel che si ha nel cuore, se sai che non parlerai al vento?
Altrimenti ognuno appare più severo di quanto in effetti sia, come se tutti temessero di offendere i propri sentimenti palesandoli molto velocemente
Fedor Dostoevskij, "Le notti bianche"
«Camminavo e cantavo, perché, quando sono felice, devo assolutamente canticchiare qualche cosa per me solo, come ogni uomo felice che non ha né amici né buoni conoscenti e che, in un momento di gioia, non sa con chi condividerla».
Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”
Infatti, quando siamo infelici noi avvertiamo più fortemente l'infelicità degli altri;
il sentimento non si disperde, bensì si concentra ...
Fedor Dostoevsij (1821-1881), Le notti bianche, in: Racconti, Garzanti 2001 pag.170.
Un nuovo sogno - una nuova felicità!
Una nuova dose di veleno raffinato e lussurioso!
Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”
“Io vorrei farti dormire, ma come i personaggi delle favole, che dormono per svegliarsi solo il giorno in cui saranno felici. Ma succederà così anche a te. Un giorno tu ti sveglierai e vedrai una bella giornata. Ci sarà il sole, e tutto sarà nuovo, cambiato, limpido. Quello che prima ti sembrava impossibile diventerà semplice, normale. Non ci credi? Io sono sicuro. E presto. Anche domani. Guarda, Natalia, il cielo! È una meraviglia!”
Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Le notti bianche
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