CAMPI ELETTROMAGNETICI
All'inizio del XIX secolo furono scoperti nuovi fenomeni che non potevano essere spiegati dalla fisica newtoniana.
Si trattava di fenomeni elettromagnetici, la cui scoperta e il cui studio portarono alla formulazione di una nuova teoria. Si definì il campo elettromagnetico una condizione nello spazio dotato della potenzialità di produrre una forza. La vecchia meccanica newtoniana aveva spiegato l'interazione fra particelle positive e negative, come protoni e gli elettroni, dicendo semplicemente che essi si attraggono a vicenda come due masse. Ma Michael Faraday e James Clerk Maxwel trovarono più appropriato il concetto di campo elettromagnetico e stabilirono che la forza di una carica crea un "disturbo" o una "condizione" nello spazio circostante, così che la carica opposta se presente, avverte tale forza. Nacque in tal modo il concetto di universo composto di campi elettromagnetici, fonte di forze che interagiscono tra loro. Esisteva finalmente un quadro scientifico all'interno del quale cominciare a spiegare perché gli esseri umani influiscono gli uni sugli altri a distanza.
A ciascuno di Noi è capitato almeno una volta di rispondere al telefono sapendo già chi ci stava chiamando.
Tutte queste esperienze si possono spiegare a partire della teoria dei campi.
Molte persone iniziano a usare questi concetti applicandoli alla vita quotidiana. Cominciamo ad ammettere che siamo fatti di campi energetici. Parliamo di "vibrazioni" negative o positive, di "mandare" le nostre energie a qualcuno, e la frase:"mi ha letto nel pensiero" è da tempo ormai comune.
Sentiamo immediatamente se una persona ci piace oppure no, se andremo d'accordo con lei oppure se entreremo in conflitto. Questo sentire è spiegato dall'armonia o dalla disarmonia dell'interazione dei campi energetici.
Electrophorus electricus ("Elettroforo" o "Anguilla elettrica")
"Questo grosso Pesce d'acqua dolce (può arrivare a 2,5 me di lunghezza), diffuso perlopiù nella forsesta amazzonica, è onosciuto soprattutto per la sua capacità di generare, tramite dei muscoli modificati disposti lungo i suoi fianchi, dei potenti campi elettrici, dell'ordine di alcune centinaia di volt, che utilizza sia per la caccia che per l'autodifesa.
Esso possiede tre paia di organi elettrici addominali in grado di produrre una differenza di potenziale e generare così un campo elettrico. Questi organi sono costituiti di cellule speciali, di origine muscolare, denominate elettrociti; tali elettrociti sono cellule piatte, a forma di disco, affrontate ed allineate, all'interno delle quali scorre la corrente elettrica. Al momento di liberare la scarica elettrica, per esempio per catturare una preda, i canali ionici situati sulla membrana di queste cellule si aprono, permettendo il libero passaggio di ioni sodio, caricati positivamente, che entrano nelle cellule stesse invertendone momentaneamente la carica, e generando perciò una scarica. Il meccanismo è simile a quello di una batteria, nella quale piatti conduttori affrontati producono una carica elettrica. Lungo i fianchi del pesce, gli elettrociti, presenti in un numero che va dai 5 ai 6.000, possono produrre in questo modo una scarica di più di 500 volt, ed un flusso di corrente pari ad 1 ampere (500 watt). Una scarica di questo tipo rende l'elettroforo uno dei pesci elettrofori più forti, insieme alle torpedini, ed anche uno degli animali più pericolosi delle foreste sudamericane: un elettroforo adulto è capace di uccidere con le sue scariche un uomo adulto e sano.
Oltre a questa devastante scarica, che il pesce utilizza per la caccia o l'autodifesa, questo pesce è in grado di generare anche campi elettrici di più lieve intensità, che utilizza principalmente per l'elettrolocalizzazione. Questi campi elettrici, dell'ordine di 10-15 volt, giocano un ruolo importante per la localizzazione non solo delle prede, ma anche per la comunicazione con altri esemplari della stessa specie, e probabilmente nella ricerca del partner e nell'accoppiamento."
(© opencage)
Scienza leggera: LE RANE DI
GALVANI, la pila di Volta e il bolognese Victor Frankenstein. Era una notte
buia e tempestosa. I due erano andati a letto da poco, ma un tuono più violento
degli altri li svegliò. “Presto! Andiamo, andiamo!!!” gridò lui balzando fuori
dalle coperte. Lei, più lentamente, seguì il marito mettendosi una vestaglia.
Il temporale stava arrivando. Mentre si dirigeva verso la terrazza, dove il
marito stava già sistemando tutto, si fermò a chiudere una finestra che
sbatteva. E proprio in quel momento, un enorme fulmine sopra S. Luca illuminò
tutta la città. Si ritrasse di scatto e chiuse le persiane infreddolita e
spaventata. Quando arrivò era già tutto pronto. Dal palo di metallo fissato sul
tetto, pendeva UN FILO LUNGO POCHI METRI CHE ARRIVAVA FINO UN TAVOLACCIO POSTO
AL CENTRO DELLA TERRAZZA, DOVE L’ESTREMITÀ ERA FISSATA A DUE ZAMPE DI RANA. La
moglie si sedette vicina al marito, in attesa. Poi il vento si fece sempre più
forte e cominciò a cadere qualche goccia d’acqua: il temporale era quasi sulle
loro teste. Lui si alzò a controllare ancora una volta che tutto fosse in ordine
e mentre stava tornando a ripararsi sotto una piccola veranda, ecco che accadde
ciò che stavano attendendo: UN FULMINE VIOLENTISSIMO SQUARCIÒ IL CIELO E ANDÒ A
COLPIRE IL PALO DI METALLO POSTO SUL TETTO, IL FILO TREMOLÒ E LA SCARICA
ELETTRICA PASSÒ ATTRAVERSO DI ESSO FINO AD ARRIVARE ALLE ZAMPE DELLA RANA CHE COMINCIARONO
A MUOVERSI E CONTRARSI PROPRIO COME ACCADE QUANDO UNA RANA SALTA. Il marito
uscì nella pioggia e guardò con attenzione e poi prese a saltare di gioia e
andando ad abbracciare la moglie: “Hai visto?? Hai visto??? Hai visto come si
muovevano???” Le gocce del temporale scivolavano su di loro confondendosi con
le lacrime erano bagnati fradici ma felici, felicissimi: l’esperimento era
pienamente riuscito! La storia appena descritta ebbe certamente luogo, più o
meno in questi termini, a Bologna il 16 aprile 1786 ed i protagonisti furono
Luigi Galvani e la moglie Lucia Galeazzi. All’epoca GALVANI HA 49 ANNI E DA
NOVE È PROFESSORE DI ANATOMIA PRATICA ALL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (per la
precisione all’Accademia delle Scienze), dove ha preso il posto del suocero. GALVANI
È QUINDI PIÙ CHE ALTRO UN MEDICO, UN ANATOMISTA, CHE PERÒ DA QUALCHE ANNO HA
COMINCIATO AD INTERESSARSI ALL’ELETTRICITÀ. Fino a pochi anni prima, L’ELETTRICITÀ
ERA UN FENOMENO ASSOLUTAMENTE MISTERIOSO, una MANIFESTAZIONE MAGICA con cui
intrattenere nobili e regnanti durante cene e ricevimenti. SIN DAI TEMPI DEI
GRECI, SI SAPEVA CHE, SE SI STROFINAVA UN MATERIALE COME L’AMBRA, ESSA ERA
CAPACE DI ATTRARRE OGGETTI LEGGERI COME AD ESEMPIO I CAPELLI. La stessa parola “ELETTRICITÀ”
DERIVA PROPRIO DA “ELECTRON” CHE IN GRECO SIGNIFICA: AMBRA. Ma da allora, come
buona parte delle scienze, per diversi secoli, le conoscenze sull’elettricità
non progredirono quasi per nulla. Una prima importante razionalizzazione fu
merito di BENJAMIN FRANKLIN, personaggio poliedrico e geniale, scienziato e
padre fondatore degli Stati Uniti d’America. FRANKLIN ERA CONVINTO CHE LA
RAGIONE FOSSE IN GRADO DI SPIEGARE E RIPRODURRE OGNI FENOMENO FISICO,
soprattutto quelli che, fino ad allora, come l’elettricità, erano stati fonte
di superstizione e mistero e quindi di subordinazione della borghesia
(americana) alla nobiltà e all’ancient regime europei. FRANKLIN FU INFATTI IL
PRIMO A CONCEPIRE, NEL 1747, LA POSSIBILITÀ CHE ESISTESSERO CARICHE NEGATIVE E
CARICHE POSITIVE CHE SI ATTRAEVANO TRA LORO E CHE TENDEVANO AD ANNULLARSI A
VICENDA. Poco tempo dopo Galvani, a Bologna, comincia ad effettuare ESPERIMENTI
PER VERIFICARE QUALI RELAZIONI ESISTANO TRA L’ELETTRICITÀ E LA FISIOLOGIA O, IN
SENSO PIÙ AMPIO, TRA L’ELETTRICITÀ E LA VITA. Bologna è da circa 200 anni parte
dello Stato Pontificio e l’università, seppure goda di una certa libertà, non
può sfuggire al controllo della Chiesa. E’ illuminante a questo proposito la
storica sala di anatomia dell’università bolognese. NELLA PARTE SUPERIORE DELLA
SALA, MOLTO VICINO AL TETTO, SI PUÒ ANCOR OGGI VEDERE UNA PICCOLA FINESTRELLA
CHIUSA DA UNA PERSIANA. DIETRO AD ESSA, QUANDO SI ESEGUIVANO LE DISSEZIONI DEI
CADAVERI, SI POSIZIONAVA UN RELIGIOSO CHE AVEVA IL PRECISO COMPITO DI SPIARE
GLI SCIENZIATI (non ignari della sua presenza) PER VERIFICARE COSA SCOPRISSERO
ALL’INTERNO DEL CORPO UMANO E, IN PARTICOLARE, SE ARRIVASSERO AD INDIVIDUARE
COSA FOSSE L’ANIMA. Insomma: LIBERTÀ SCIENTIFICA SÌ, MA SEMPRE SOTTO IL
CONTROLLO DELLA CHIESA. Anche Galvani è molto religioso e lo SCONTRO INTERIORE
TRA FEDE E SPIRITO SCIENTIFICO ebbe probabilmente un ruolo assai importante
nella storia che andiamo a raccontare. La statua di Galvani nell’omonima piazza
bolognese. VEDERE LE ZAMPE DI UNA RANA MORTA CHE SI CONTRAGGONO QUANDO SONO
ATTRAVERSATE DALLA CORRENTE ELETTRICA È UNA VISIONE SENSAZIONALE PER GALVANI E
PER QUALSIASI SCIENZIATO DELL’EPOCA. Per la prima volta SI COMINCIA A PENSARE A
POSSIBILI COLLEGAMENTI TRA VITA ED ELETTRICITÀ. Lo scienziato bolognese
fornisce questa interpretazione: NELLE ZAMPE DELLE RANE (e per estensione in
qualsiasi essere vivente) RISIEDE UN’”ELETTRICITÀ ANIMALE”, UN FLUIDO VITALE
CHE SI ATTIVA QUANDO VIENE STIMOLATO DA UNA SCARICA ELETTRICA ESTERNA
(nell’esperimento sopra descritto: da un fulmine). A quel tempo, cosa sia la
vita è tutt’altro che chiaro (anche oggi per la verità…): IN TANTI CREDONO CHE
ESISTA UN “SOFFIO VITALE” CHE ANIMA GLI ESSERI VIVENTI, il cui funzionamento è
giudicato differente da quello della materia inanimata. Galvani è un
personaggio scientificamente controverso e probabilmente tormentato, così come
lo sono tutti i PERSONAGGI DI TRANSIZIONE. Infatti la vicenda che stiamo
raccontando si svolge in uno dei PERIODI DI MAGGIORE TRASFORMAZIONE DELLA
STORIA EUROPEA: nel 1789 scoppia la rivoluzione francese ed IL “VENTO DELLA
LIBERTÀ” CHE PORTA CON SÉ RAZIONALISMO E ROVESCIAMENTO DEI DOGMI RELIGIOSI
ARRIVERÀ PRESTO ANCHE IN ITALIA e a Bologna. Quindi, se è vero che GALVANI
CREDE IN UN’ELETTRICITÀ CHE SI ORIGINA NEGLI ANIMALI INDIPENDENTEMENTE DA
QUALSIASI INTERVENTO ESTERNO E CHE È QUINDI RICONDUCIBILE A DIO, “CREATORE DEL
CIELO E DELLA TERRA” E NON RIPRODUCIBILE DALL’UOMO, È ANCHE VERO CHE EGLI È UNO
SCIENZIATO INTERDISCIPLINARE, COME OGGIGIORNO DEVONO ESSERLO GLI SCIENZIATI
MODERNI, ED È IL PRIMO AD INTEGRARE FISICA ED ELETTRICITÀ NELLA FISIOLOGIA,
FONDANDO DI FATTO L’ELETTROFISIOLOGIA. Galvani pubblica i risultati dei suoi
sensazionali esperimenti nel 1791 (un anno dopo la morte della moglie),
rilevando che LE ZAMPE DI RANA SI CONTRAGGONO ANCHE SENZA LO STIMOLO
DELL’ELETTRICITÀ ESTERNA, MA ANCHE SOLO METTENDO IN CONTATTO NERVO E MUSCOLO (DOVE
GALVANI CREDE SIA ACCUMULATA L’”ELETTRICITÀ ANIMALE”) CON UNA SPECIE DI PINZA
METALLICA. A questo punto, entra in gioco un altro dei personaggi principali di
questa storia: ALESSANDRO VOLTA. Volta è otto anni più giovane di Galvani ed
insegna fisica all’università di Pavia, all’epoca sotto il dominio austriaco.
Così come Galvani, è un ABILISSIMO SPERIMENTATORE E COSTRUTTORE DI STRUMENTI
SCIENTIFICI, ma se il bolognese pubblica i suoi lavori in latino, è introverso
e raramente si sposta da Bologna, il lombardo conosce e scrive in inglese e
francese, viaggia spesso ed ha costruito una fitta e fruttifera rete di
relazioni con scienziati europei. Anche nella scienza queste cose hanno grande
importanza. Se Galvani oggi, userebbe con ritrosia l’email e preferirebbe il
telefono, Volta sarebbe a suo agio con Skype, strumenti di file-sharing e
scriverebbe lavori in collaborazione con scienziati di tutto il mondo,
confrontandosi con loro in video-conferenze. VOLTA È INIZIALMENTE AFFASCINATO
DALLE SCOPERTE DI GALVANI, MA POI, NEL 1792, OFFRE UNA SPIEGAZIONE ALTERNATIVA
ED OPPOSTA. SE PER GALVANI, L’ELETTRICITÀ È INSITA NEL CORPO DELLE RANE E VIENE
SOLO STIMOLATA DALL’ESTERNO, PER VOLTA È VERO INVECE IL CONTRARIO:
L’ELETTRICITÀ OSSERVATA DA GALVANI NON È “ANIMALE”, MA “NORMALE” ELETTRICITÀ GENERATA
DAL CONTATTO DI DUE METALLI DIFFERENTI CHE COLLEGANO NERVI E MUSCOLI. “E’ la
differenza dei metalli che fa” sostiene Volta, il quale È CONVINTO CHE SIANO I
METALLI CHE PRODUCONO ENERGIA, MENTRE LE ZAMPE DELLA RANA SONO SOLO
“RILEVATORI” E NON GENERATORI DI ELETTRICITÀ. Le due interpretazioni sono
opposte e si riveleranno inconciliabili negli anni successivi dando origine ad
una delle più note dispute scientifiche di ogni tempo. SCIENZIATI DI TUTTO IL
MONDO RIPETONO GLI ESPERIMENTI DI GALVANI (POVERE RANE!…), SCHIERANDOSI DALLA
PARTE DEL BOLOGNESE O DEL PAVESE. Con perfetto spirito scientifico, GALVANI
RISPONDE ALLE CRITICHE CON I FATTI E DIMOSTRA CHE LE CONTRAZIONI SI VERIFICANO
ANCHE QUANDO NERVO E MUSCOLO VENGONO MESSI IN CONTATTO UTILIZZANDO UN SOLO
METALLO E POI ADDIRITTURA, NEL 1794, SENZA METALLI, PER ESEMPIO CON PEZZI DI
TESSUTO ANIMALE. VOLTA SEMBRA SCONFITTO. Ma da Pavia, VOLTA REPLICA ANCORA E
AFFERMA CHE NON È, IN EFFETTI, NECESSARIA LA PRESENZA DI DUE METALLI PER
PRODURRE LA CORRENTE CHE FA MUOVERE LE RANE, MA SI POSSONO USARE ANCHE DUE
CONDUTTORI QUALSIASI (CORPI CHE CONDUCONO ELETTRICITÀ), MEGLIO SE UMIDI. “E’ LA
DIVERSITÀ DE’ CONDUTTORI CHE È NECESSARIA”, SCRIVE ORA VOLTA, INDIPENDENTEMENTE
SE SIANO METALLI O ALTRO. Volta sembra proprio un gran rompiballe pieno di sé. E’
infatti vero che È IN GRADO DI REINTERPRETARE TUTTI I RISULTATI DI GALVANI, MA
NON È CAPACE DI CONFUTARLI CON DATI E PROPOSTE NUOVE: le sue appaiono tutte
obiezioni “ad hoc” per rompere le scatole a Galvani. LA CONTROVERSIA NON È
SOLAMENTE SCIENTIFICA: C’È INNANZITUTTO UNA QUESTIONE FILOSOFICO-RELIGIOSA. PER
GALVANI L’ELETTRICITÀ È “DENTRO ALLE RANE” E LÌ CE L’HA MESSA DIO: GLI UOMINI
NON POSSONO RICREARLA PERCHÉ CIÒ SIGNIFICHEREBBE OLTREPASSARE UN LIMITE E
SCONFINARE NELL’AMBITO DI COMPETENZA DEL CREATORE. VOLTA, CHE PURE È RELIGIOSO,
È INVECE CONVINTO CHE LE SCOPERTE DI GALVANI VADANO SPIEGATE COME FENOMENI FISICI,
RIPRODUCIBILI IN LABORATORIO, SENZA LA RANA E QUINDI SENZA DIO, MA GRAZIE A
STRUMENTI COSTRUITI DALL’UOMO. VOLTA È UN RAZIONALISTA DELLO STAMPO DEL
SUMMENZIONATO FRANKLIN. PER GALVANI QUEST’APPROCCIO NON SOLO È IN CONTRASTO CON
LE SUE IDEE SCIENTIFICHE, MA È PRIMA DI TUTTO UNA SACRILEGA IRRIVERENZA NEI
CONFRONTI DELLA SUA FEDE. Ma le contraddizioni sono il sale della vita e anche
di questa storia. Infatti, nonostante queste convinzioni, GALVANI DIMOSTRA DI
ESSERE ANCORA UNA VOLTA UNO SCIENZIATO MODERNO PERCHÉ, PUBBLICANDO I RISULTATI
DEI SUOI ESPERIMENTI, ILLUSTRA SEMPRE IN MODO ACCURATO E CHIARO LE METODOLOGIE
E LE TECNICHE CON CUI LI HA ESEGUITI, IN MODO CHE ALTRI POSSANO RIPRODURLI; una
caratteristica fondamentale e identificativa della scienza moderna. E risponde
ancora: NEL 1797, PREPARANDO CON CURA I NERVI DELLE ZAMPE DELLE RANE, OSSERVA
CONTRAZIONI ANCHE SENZA CHE ESISTA IL CONTATTO TRA DUE CORPI DIVERSI IN UN
ESPERIMENTO CONSIDERATO LA FONDAZIONE DELL’ELETTROFISIOLOGIA. Ma Volta non è
convinto e, in una sua memoria, Galvani esprime tutta la sua frustrazione per
non riuscire a convincere l’avversario: “Egli vuole questa elettricità la
stessa che quella comune a tutti i corpi; io, particolare e propria
dell’animale: egli pone LA CAUSA dello sbilancio negli artifizi che si
adoprano, e segnatamente nella DIFFERENZA DEI METALLI; io, nella macchina
animale: egli stabilisce tal CAUSA ACCIDENTALE ED ESTRINSECA; io, NATURALE ED
INTERNA: egli in somma TUTTO ATTRIBUISCE AI METALLI, NULLA ALL’ANIMALE; IO,
TUTTO A QUESTO, NULLA A QUELLI, ove si consideri il solo sbilancio”. Ma diversi
e nuovi accadimenti segneranno lo sviluppo successivo della diatriba, non tutti
relazionati alla scienza. Il 18 giugno 1796, dopo aver conquistato la
Lombardia, le truppe francesi, con a capo Napoleone, entrano a Bologna,
dichiarando decaduto lo Stato Pontificio. I francesi sono la “modernità” che
scuote – seppure per pochi anni – tutta società del Nord-Italia, compresa
l’università. Nel 1798, la Repubblica Cisalpina (lo stato napoleonico che
comprende Lombardia ed Emilia e quindi sia Pavia che Bologna), esige dai professori
universitari un giuramento di fedeltà: Galvani si rifiuta e perde la cattedra,
Volta invece giura e abbraccia le idee napoleoniche, tanto che sarà destituito
dall’incarico quando i francesi saranno scacciati da Pavia nel 1799
dall’esercito austriaco. Nonostante quindi l’ESTREMA IMPORTANZA DEL SUO ULTIMO
ESPERIMENTO CHE DIMOSTRA L’ESISTENZA DI UNA ELETTRICITÀ INTRINSECA ALL’ANIMALE,
NON DOVUTA ALLA SEMPLICE DIFFERENZA TRA CORPI DIVERSI, Galvani e le sue
interpretazioni cadono in disgrazia, travolti dagli sconvolgimenti politici. Ma
è solo il primo colpo per il “galvanismo”: il 4 dicembre 1798 Galvani muore e
soprattutto NEL
1799, VOLTA METTE A PUNTO LA SUA STRABILIANTE E CELEBERRIMA INVENZIONE: LA PILA.
Sottolineare l’importanza della pila nella storia e nel presente dell’umanità è
superfluo: a cominciare dal cellulare, ogni giorno siamo circondati da
strumenti che utilizzano una pila (batteria). In due parole, LA PILA È UN
DISPOSITIVO CHE, GRAZIE DA UNA REAZIONE CHIMICA CHE HA LUOGO AL SUO INTERNO,
PRODUCE UNA CORRENTE ELETTRICA: FU LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA CHE CIÒ FU
POSSIBILE. Sembra proprio che il vincitore della battaglia sia Volta
che, non a caso, si riferisce alla sua invenzione come ad un “ORGANO ELETTRICO
ARTIFICIALE”, a SOTTOLINEARE
L’EVIDENZA CHE NON SIA NECESSARIA LA PRESENZA DELL’”ANIMALE” COME SOSTENUTO DA
GALVANI, MA CHE L’ELETTRICITÀ POSSA GENERARSI GRAZIE AD UNO STRUMENTO COSTRUITO
DALL’UOMO. Quando Volta presenta la sua invenzione, l’eco è enorme ed egli
diviene un’autentica celebrità a livello mondiale: nel 1801 Napoleone lo vuole
alla sua corte per vedere di persona quella meraviglia e lo riempie di onorificenze.
E’ fuori discussione che vada reso imperituro merito a Volta per aver regalato
all’umanità uno strumento così utile. Tuttavia, diversi aspetti contraddittori
vanno sottolineati per non perdere di vista la questione. All’epoca (ma anche
oggi), il TRIONFO DI VOLTA FU INTERPRETATO COME UNA PROVA INEQUIVOCABILE DELLA
SUA TEORIA SECONDO CUI IL CONTATTO DI METALLI DIVERSI È IN GRADO DI GENERARE
ENERGIA, e quindi, di conseguenza, come una confutazione della teoria del suo
avversario, Galvani. Ma la verità è più sfaccettata e complessa. VOLTA ERA
CONVINTO DI POTER GENERARE ELETTRICITÀ METTENDO VICINI DUE METALLI DIVERSI.
Tuttavia, SE È VERO CHE LA PILA (sia quella costruita da Volta, sia una
attuale) FUNZIONA GRAZIE ALLA PRESENZA DI DUE METALLI DIVERSI, ESSI NON DEVONO
ESSERE IN CONTATTO, BENSÌ ESSERE SEPARATI DA UNA SOLUZIONE SALINA CHE PERMETTE
IL PASSAGGIO DI IONI (ATOMI CARICHI). Ed infatti fu ciò che Volta fece: MISE
TRA UN METALLO E L’ALTRO (ZINCO E RAME), UN DISCO DI CARTA IMBEVUTO IN UNA
SOLUZIONE SALINA. Oltretutto, paradossalmente, NONOSTANTE VOLTA FOSSE IL PIÙ
STRENUO OPPOSITORE DELL’”ELETTRICITÀ ANIMALE”, NELLA COSTRUZIONE DELLA PILA,
EGLI SI ISPIRÒ PROPRIO AD UN ANIMALE, OSSIA ALLA TORPEDINE. Infatti, la pila si
chiama pila, perché, in origine, era costituita da una serie di dischi
metallici (intervallati dal summenzionato strato di carta) “impilati” l’uno
sull’altro e L’IDEA DI RIPETERE L’ELEMENTO DELLA SUA PILA (UN DISCO DI RAME,
UNO DI ZINCO E UNO DI CARTA), METTENDONE UNO SULL’ALTRO GLI VENNE OSSERVANDO
L’ORGANO ELETTRICO DELLA TORPEDINE, CARATTERIZZATO PROPRIO DA UNA DISPOSIZIONE
“A PILA” DEI SUOI ELEMENTI MODULARI. E’ ANCHE PROBABILE CHE LA STESSA,
ESSENZIALE INTUIZIONE DI USARE DISCHI DI CARTA FRAPPOSTI TRA I METALLI SIA
STATA “COPIATA” DALLA TORPEDINE. Inoltre, VOLTA NON COMPRESE MAI LE AUTENTICHE
RAGIONI CHE SOGGIACCIONO AL FUNZIONAMENTO DELLA PILA, rimanendo convinto che il
contatto bimetallico fosse il vero motore di elettricità e rifiutando invece la
corretta interpretazione chimica secondo la quale LA CORRENTE ELETTRICA SI GENERA PERCHÉ
UN ELEMENTO CEDE ELETTRONI AD UN ALTRO. Nonostante ne apparve il chiaro
vincitore, Volta rimase perciò intrappolato nella disputa con Galvani,
continuando ad essere eccessivamente interessato a negare l’elettricità
animale, piuttosto che concentrarsi sulla spiegazione del funzionamento della
sua invenzione. E paradossalmente il sensazionale successo della pila, oscurò,
almeno in parte, la sua persona scientifica e le sue teorie che si riveleranno
almeno parzialmente errate. Ma allora, chi aveva ragione? Per prima cosa
occorre rilevare che, all’epoca, né Galvani, né Volta, né nessun altro avevano
realmente idea di cosa fosse L’ELETTRICITÀ CHE ERA CONSIDERATA COME UN FLUSSO
DI UN “QUALCOSA” CHE SI MUOVE DA UN PUNTO AD UN ALTRO, COSÌ COME FA L’ACQUA.
Non a caso IL TERMINE “CORRENTE” ELETTRICA FA PROPRIO RIFERIMENTO AL
COMPORTAMENTO DI UN FIUME. OGGI SAPPIAMO CHE L’ELETTRICITÀ, IN DUE PAROLE, PUÒ
ESSERE VISTA COME UN EFFETTO DEL COMPORTAMENTO DEGLI ELETTRONI (PARTICELLE
CARICHE NEGATIVAMENTE CHE SI TROVANO NEGLI ATOMI DI QUALSIASI ELEMENTO) CHE
TENDONO A SPOSTARSI DA UNA ZONA IN CUI CE NE SONO DI PIÙ AD UNA DOVE CE NE SONO
DI MENO. QUESTO SQUILIBRIO DI ELETTRONI E QUINDI DI CARICA ELETTRICA VIENE
DEFINITO DIFFERENZA DI POTENZIALE ELETTRICO. MA L’ESISTENZA DELL’ELETTRONE FU
SVELATA SOLO UN SECOLO DOPO GALVANI E VOLTA; la fisiologia (lo studio
del funzionamento degli organismi viventi) era ancora molto misteriosa e la
chimica si evolse in maniera significativa solo più tardi e – parzialmente –
proprio grazie alle applicazioni della pila di Volta che permise di isolare
elementi quali l’idrogeno e l’ossigeno, rompendo la molecola d’acqua. AVEVANO
QUINDI RAGIONE UN PO’ TUTTI E DUE. LE ZAMPE DELLE RANE SI MUOVEVANO E SI
MUOVONO, INFATTI, EFFETTIVAMENTE PER EFFETTO DI UN’ELETTRICITÀ “ANIMALE”, ED IN
PARTICOLARE PER UNA DIFFERENZA DI POTENZIALE SI CREA TRA INTERNO ED ESTERNO
DELLE MEMBRANE CELLULARI E CHE È ALLA BASE DELLA TRASMISSIONE DEI SEGNALI
NERVOSI. Quindi GALVANI AVEVA RAGIONE QUANDO SOSTENEVA CHE ESISTE UN’ELETTRICITÀ INSITA
AD OGNI ORGANISMO VIVENTE; tuttavia la conoscenze e le possibilità
tecniche dell’epoca gli impedirono di individuare le ragioni, i meccanismi e i
luoghi dove essa si genera. In particolare NEGLI ESPERIMENTI SULLE RANE, LE
CONTRAZIONI SI PRODUCONO A CAUSA DI UNA DIFFERENZA DI POTENZIALE GENERATA DAL
CONTATTO TRA LA PARTE DI TESSUTO INTATTA E LA PARTE LESA. QUESTO STIMOLO METTE
IN MOTO L’ELETTRICITÀ INTERNA ACCUMULATA IN CONDIZIONE DI SQUILIBRIO NEL
TESSUTO. Bisognerà però attendere 150 anni dopo la morte di Galvani per
arrivare ad una completa comprensione di questi fenomeni. VOLTA INVECE AVEVA
RAGIONE PERCHÉ INTUÌ CHE L’UTILIZZO DEI METALLI POTEVA CONDURRE ALLA
GENERAZIONE DI ENERGIA ELETTRICA ARTIFICIALE. E soprattutto “ebbe
ragione” all’atto di creare uno strumento straordinario come la pila (del quale
però non comprese mai bene il funzionamento …). Possiamo quindi assegnare un
pareggio. LA CONTROVERSIA TRA QUESTI DUE GENI ITALIANI È STUDIATA DA OGNI
STUDENTE DI CHIMICA O DI FISICA ed influenzò non solo la scienza. Quando una
persona lascia veramente il segno nel mondo, allora nella lingua nascono
termini derivati dal suo nome: un onore che spetta a pochissimi. Se da Volta
discendono il nome dello strumento per misurare differenze di potenziale
(voltmetro), la parola voltaggio (sinonimo improprio di tensione elettrica) e
anche l’unità di misura del potenziale elettrico (il Volt), Galvani non è da
meno, anzi: dal suo nome derivano il galvanometro (strumento per misurare la
corrente elettrica continua), il GALVANISMO (CONTRAZIONE DI UN MUSCOLO STIMOLATO DA UNA
CORRENTE ELETTRICA, TERMINE CURIOSAMENTE CONIATO DA VOLTA) e soprattutto
– massimo onore – UN VERBO CHE ESULA DALL’AMBITO SCIENTIFICO, OSSIA GALVANIZZARE (E
ADDIRITTURA IL CORRISPONDENTE INGLESE: TO GALVANIZE) che significa CARICARE,
ECCITARE, INFONDERE ENERGIA, in senso figurato. ESISTE ADDIRITTURA ANCHE UNA CANZONE DEI
CHEMICAL BROTHERS, INTITOLATA PROPRIO “GALVANIZE”: nessun gruppo di
musica elettronica di fama mondiale ha mai composto una canzone in qualche modo
collegata ad Alessandro Volta. La storia tuttavia non finì con l’invenzione
della pila: in quegli anni non tutta la comunità scientifica dimenticò Galvani
e i suoi studi. Il più accanito e famoso sostenitore delle teorie del
“galvanismo” fu il nipote di Galvani: Giovanni Aldini. Aldini collaborò con lo
zio ed alla sua morte proseguì i suoi studi. Tuttavia SI ERA PROBABILMENTE
STUFATO DI TUTTE QUELLE RANE E DECISE DI PROVARE GLI EFFETTI DELL’ELETTRICITÀ
SU UN ALTRO TIPO DI ORGANISMI. ALDINI, INFATTI, FACEVA PASSARE ELETTRICITÀ
ATTRAVERSO CADAVERI UMANI O PEZZI DI ESSI (AD ESEMPIO LA TESTA) OTTENENDO
L’INCREDIBILE EFFETTO DI FAR MUOVERE QUEI CORPI, PRODUCENDO IN ESSI CONVULSIONI
E SPAVENTOSI MOVIMENTI DEGLI ARTI. DURANTE UN ESPERIMENTO IL BRACCIO DI UN
CADAVERE “ELETTRIFICATO” FU IN GRADO DI SOLLEVARE UN PESO DI DIVERSI CHILI. NON
È CHIARO SE FOSSE EFFETTIVAMENTE CONVINTO DI POTER RIPORTARE IN VITA QUEI CORPI
O SE INVECE IL SUO INTENTO ERA SOLO IMPRESSIONARE IL PUBBLICO. Sta di fatto
che, oltre ad essere uno scienziato, Aldini era un vero e proprio “showman” e
viaggiò per per l’Europa mostrando i suoi “particolari” esperimenti che
produssero enorme curiosità e scalpore e che gli permisero di raccogliere
denaro che poi donò all’Accademia delle Scienze bolognese. Ma Aldini voleva
sempre di più: voleva provare un esperimento ancora più ambizioso e per questo
dovette spostarsi a Londra. I CORPI SU CUI EFFETTUAVA LE SUE PROVE ERANO
INFATTI DI CONDANNATI A MORTE CHE IN QUASI TUTTA EUROPA VENIVANO DECAPITATI. NELLA
CAPITALE INGLESE, ESSI VENIVANO INVECE IMPICCATI, così che Aldini poteva avere
a disposizione corpi perfettamente intatti. La sua più famosa
“rappresentazione” ebbe luogo il 18 gennaio 1803 al Royal College of Surgeons
(Collegio Reale dei Chirurghi) di Londra. UN TALE GEORGE FORSTER ERA APPENA
STATO IMPICCATO PER AVER ASSASSINATO MOGLIE E FIGLIO. IL CORPO FU PORTATO AD
ALDINI IL QUALE GLI APPLICÒ UNA CORRENTE ELETTRICA PRODOTTA DA UNA PILA: LA
MANDIBOLA COMINCIÒ A TREMARE, GLI OCCHI SI APRIVANO E CHIUDEVANO FISSANDO IL
PUBBLICO E IL VISO DEL CADAVERE ERA SCOSSO DA ORRIBILI SPASMI. Poi il gran
finale: ALDINI INTRODUSSE UN POLO DELLA PILA IN UN ORECCHIO E L’ALTRO NELL’ANO:
L’INTERO CORPO PRESE A MUOVERSI IN MANIERA SCONNESSA, TRA ORRIBILI CONVULSIONI:
LA SCHIENA SI INARCAVA, LE GAMBE SI CONTORCEVANO, UN BRACCIO SI ALZÒ VERSO
L’ALTO STRINGENDO UN PUGNO, I POLMONI COMINCIARONO A GONFIARSI E LA TESTA A
MUOVERSI AVANTI E INDIETRO. Una sensazione mista di terrore e incredulità
attraversò la platea di esimi chirurghi londinesi: DAVANTI A LORO STAVA
ACCADENDO QUALCOSA DI STRAORDINARIO E MAI VISTO PRIMA. E nessuno, davvero
nessuno, poté evitare di pensare in cuor proprio qualcosa di assolutamente
terribile e stupefacente: SEMBRAVA PROPRIO CHE IL PROFESSOR ALDINI STESSE
RIPORTANDO IN VITA QUEL CADAVERE. In tutta Europa e soprattutto a Londra,
Aldini divenne una celebrità: in molti lessero il suo studio pubblicato nel
1807 a Londra: “An account of the late improvements in Galvanism” ed
assistettero ai suoi shows. Tra questi è probabile che ci fosse anche la moglie
di un famoso poeta dell’epoca Percy Shelley. Il suo nome era MARY SHELLEY. NEL
1818 LA SHELLEY PUBBLICÒ UNA LIBRO ASSAI PARTICOLARE, POI PASSATO ALLA STORIA:
“FRANKENSTEIN, OVVERO IL MODERNO PROMETEO”, dove si racconta di come UN TAL
DOTTOR VICTOR FRANKENSTEIN GENERI UNA CREATURA VIVENTE DA MATERIA INANIMATA,
GRAZIE A SCARICHE ELETTRICHE. E’ quindi assai verosimile che la storia
raccontata nel libro sia stata ispirata dalle vicende appena descritte e la
figura del dottor Frankenstein proprio da Giovanni Aldini. La “creatura”
generata dal dottor Frankenstein, protagonista dell’omonimo romanzo, pubblicato
nel 1818 e rimodificato dall’autrice Mary Shelley per una seconda edizione del
1831. E’ interessante notare che, all’epoca, romanzi di finzione come
“Frankenstein” erano considerati “cultura bassa”, letti soprattutto da donne.
La scienza invece era materia esclusiva delle élite: la classi meno istruite e
meno abbienti avevano scarsissimo accesso o notizia di informazioni
scientifiche. UN LIBRO COME “FRANKESTEIN” CONTRIBUÌ INVECE A POPOLARIZZARE IN
QUALCHE MODO LA SCIENZA, seppure fornendone una visione assai romanzata e
ovviamente fantascientifica. Inoltre IL LIBRO DELLA SHELLEY POSE PER PRIMO
QUESTIONI TUTTORA ATTUALISSIME: LA SCIENZA DEVE AVERE DEI LIMITI? QUALI SONO I
RAPPORTI TRA SCIENZA E MORALE? O TRA SCIENZA E RELIGIONE? Clonare essere umani
o costruire robot intelligenti sono prospettive ogni giorno più concrete e non
è assolutamente chiaro come le affronteremo. In fondo TUTTO SI RIDUCE ALLA
DOMANDA PIÙ GRANDE DI TUTTE: COS’È LA VITA? E alla fantasia che ci ha
accompagnato sin dall’alba dei tempi: SCONFIGGERE LA MORTE. RINASCERE,
RIPORTARE ALLA VITA CIÒ CHE ERA MORTO È IL PIÙ GRANDE ED ASSOLUTO MISTERO E LA
PIÙ PROFONDA ASPIRAZIONE DEGLI ESSERI UMANI. E, forse, per la prima volta nella
storia, quest’ambizione si presentò non più come un impossibile sogno, ma come
una possibilità, quella sera bolognese di tempesta, quando Luigi Galvani e la
moglie videro danzare, sulla loro terrazza, le zampette di una rana….
GIAN PIETRO "JUMPI"
MISCIONE
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