lunedì 5 agosto 2013

Max Scheler. L’ORIGINARIA ESPERIENZA INTERIORE DELLA REALTÀ, QUALE ESPERIENZA INTERIORE DELLA RESISTENZA DEL MONDO, ‘PRECEDE’ QUALSIASI COSCIENZA, RAPPRESENTAZIONE, PERCEZIONE. ANCHE LA PIÙ MODESTA PERCEZIONE SENSIBILE NON È MAI CONDIZIONATA ESCLUSIVAMENTE DALLO STIMOLO E DALLE CONSUETE REAZIONI DEL SISTEMA NERVOSO: la semplice sensazione è necessariamente preceduta da un ORIENTAMENTO TENDENZIALE, SIA ESSO DI ATTRAZIONE O DI REPULSIONE. E poiché LA SPINTA DEL NOSTRO IMPULSO VITALE È LA CONDIZIONE INDISPENSABILE DI OGNI POSSIBILE SENSAZIONE E PERCEZIONE, LE RESISTENZE CHE I CENTRI E I CAMPI DI FORZA SOTTOSTANTI ALLE IMMAGINI DEI CORPI DELL’AMBIENTE OPPONGONO ALLA SPINTA VITALE – le «IMMAGINI SENSORIALI» ‘non sono’ per sé agenti – possono di già essere interiormente sperimentate, allorché il corso temporale di una possibile percezione in divenire non ha ancora raggiunto lo stadio di una percezione cosciente dell’«immagine». Di modo CHE L’ESPERIENZA INTERIORE DELLA REALTÀ È DATA ‘PRIMA’ E NON DOPO OGNI NOSTRA «RAPPRESENTAZIONE» DEL MONDO.




Max Scheler. LA SPERIMENTAZIONE INTERIORE DELLA REALTÀ. ‟Noi non giungiamo a porre la realtà del mondo esteriore (la cui sfera persiste, per esempio, anche nel sogno), IN BASE A UN RAGIONAMENTO; CIÒ CHE CI DÀ L’ESPERIENZA INTERNA DELLA REALTÀ NON È NÉ IL CONTENUTO INTUITIVO DELLA PERCEZIONE («forma», «figura» ecc.), NÉ L’OGGETTIVITÀ (che è anche il prodotto della fantasia), NÉ UN POSTO FISSO NELLO SPAZIO NEI CONFRONTI DELLO SPOSTARSI DELLA NOSTRA ATTENZIONE, e così via; ma è l’IMPRESSIONE INTERIORE DI UNA RESISTENZA, sperimentata da quel grado elementare e primitivo della VITA PSICHICA (CHE, APPARTIENE ANCHE ALLE PIANTE), dall’«IMPULSO AFFETTIVO», da quel centro di tendenze, che agisce in tutte le direzioni e sussiste persino nel sonno e negli ultimi gradi di incoscienza. Nell’ordine rigoroso di ELEMENTI (COLORE, FIGURA, ESTENSIONE, ecc.), che forma, sia obiettivamente sia solo relativamente alla nostra PERCEZIONE, un qualsiasi SOGGETTO CORPOREO – ordine che possiamo studiare, per esempio, nel DISGREGAMENTO PATOLOGICO DELLE FACOLTÀ PERCETTIVE – IL MOMENTO IN CUI SPERIMENTIAMO INTERIORMENTE LA REALTÀ, È QUELLO CHE NE COSTITUISCE L’ELEMENTO ORIGINARIO. SE SVANISCONO E ANCHE SE SPARISCONO PER LA COSCIENZA I COLORI, GLI ELEMENTI SENSIBILI, LE FIGURE, I RAPPORTI, LA FORMA UNITARIA DI COSA, RIMARRÀ, SPOGLIA DA OGNI MODALITÀ, UNA RADICALE IMPRESSIONE DI REALTÀ, DI ‘VERITÀ EFFETTIVA’ DEL MONDO. L’ORIGINARIA ESPERIENZA INTERIORE DELLA REALTÀ, QUALE ESPERIENZA INTERIORE DELLA RESISTENZA DEL MONDO, ‘PRECEDE’ QUALSIASI COSCIENZA, RAPPRESENTAZIONE, PERCEZIONE. ANCHE LA PIÙ MODESTA PERCEZIONE SENSIBILE NON È MAI CONDIZIONATA ESCLUSIVAMENTE DALLO STIMOLO E DALLE CONSUETE REAZIONI DEL SISTEMA NERVOSO: la semplice sensazione è necessariamente preceduta da un ORIENTAMENTO TENDENZIALE, SIA ESSO DI ATTRAZIONE O DI REPULSIONE. E poiché LA SPINTA DEL NOSTRO IMPULSO VITALE È LA CONDIZIONE INDISPENSABILE DI OGNI POSSIBILE SENSAZIONE E PERCEZIONE, LE RESISTENZE CHE I CENTRI E I CAMPI DI FORZA SOTTOSTANTI ALLE IMMAGINI DEI CORPI DELL’AMBIENTE OPPONGONO ALLA SPINTA VITALE – le «IMMAGINI SENSORIALI» ‘non sono’ per sé agenti – possono di già essere interiormente sperimentate, allorché il corso temporale di una possibile percezione in divenire non ha ancora raggiunto lo stadio di una percezione cosciente dell’«immagine». Di modo CHE L’ESPERIENZA INTERIORE DELLA REALTÀ È DATA ‘PRIMA’ E NON DOPO OGNI NOSTRA «RAPPRESENTAZIONE» DEL MONDO.”
MAX SCHELER (1874 - 1928), “La posizione dell’uomo nel cosmo ed altri saggi”, a cura e trad. di Rosa Padellaro, Fratelli Fabbri, Milano 1970, pp. 193 – 194.


‟Nicht ein Schluß führt etwa zur Realsetzung der Außenwelt (die als Sphäre z. .B. auch im Traume besteht), nicht der anschauliche Gehalt der Wahrnehmung (wie die «Formen», «Gestalten») gibt uns das Realitätserlebnis, nicht der Gegenständlichkeit (die ja auch Phantasiertes hat), nicht die fixe Stelle im Raume in der Bewegung der Aufmerksamkeit usw., - sondern der ʻerlebte Widerstandseindruckʼ gegen die unterste, primitivste, wie wir sahen, selbst der Pflanze noch zukommende Stufe des seelischen Lebens, den «Gefühlsdrang», gegen unser nach allen Richtungen ausgreifendes, immer, auch im Schlafe und in den letzten Stufen der Bewußtlosigkeit noch tätiges Triebzentrum. In der streng geregelten Ordnung seiner Bestandteile (Farbe, Gestalt, Ausdehnung etc.), in der sich, sowohl objektiv wie bei seiner Wahrnehmung für uns, irgendein körperliches Ding aufbaut - eine Ordnung, die wir z. B. beim pathologischen Abbau der Wahrnehmungsfähigkeit studieren können -, ist keines ursprünglicher als die Realität bzw. das erlebte Realitätsmoment. Lasset für ein Bewußtsein alle Farben und sinnlichen Materien verbleichen, alle Gestalten und Beziehungen zergehen, alle dinglichen Einheitsformen verbschweben - das, was schließlich gleichsam nackt und von jeder Art der Beschaffenheit frei und ledig noch bleiben wird, das ist der machtvolle Eindruck der Realität, der ʻWirklichkeitsʼeindruck der Welt.
Das ursprüngliche Wirklichkeitserlebnis als Erlebnis des Widerstandes der Welt geht also allem Be-wußtsein, geht aller Vor-stellung, aller Wahr-nehmung ʻvorherʼ. Auch die aufdringlichste sinnliche Wahrnehmung ist niemals bloß bedingt durch den' Reiz und den normalen Vorgang im Nervensystem: eine triebhafte Zuwendung, sei es Verlangen oder Abscheu, muß gleichfalls vorhanden sein, wenn es auch nur zur einfachsten Empfindung kommen soll. Da also ein Impuls unseres Lebens dranges die unumgängliche Mitbedingung ist für alle möglichen Empfindungen und Wahrnehmungen, können die Widerstände, welche die den Körperbildern der Umwelt zugrundeliegenden Kraftzentren und -felder - die «Sinnesbilder» selbst sind ja gänzlich ʻunʼwirksam - auf unseren Lebensdrang ausüben, bereits an einer Stelle des zeitlichen Prozesses einer urerdenden möglichen Wahrnehmung erlebt werden, wo es zu einer bewußten «Bild»wahrnehmung noch nicht gekommen ist. Das Realitätserlebnis ist also all unserer «Vorstellung» der Welt nicht nach-, sondern ʻvorʼgegeben.”

MAX SCHELER, ‟Die Stellung des Menschen im Kosmos”, Bouvier, Bonn 1991 (12. Auflage, I., Otto Reichl, Darmstadt 1928), S. 53 – 54.

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