Roger Penrose. Vita e bassa entropia.
L’intera rete della vita sulla Terra richiede il mantenimento di una profonda e sottile organizzazione, il che implica senza dubbio che l’entropia dev’essere tenuta a un livello basso; nel dettaglio, c’è una struttura immensamente intricata e interconnessa che si è evoluta in armonia con il principio biologico fondamentale della selezione naturale e con molte questioni particolari di chimica.
Va bene, direte voi, ma tutti questi problemi di biologia e di chimica che cos’hanno mai a che fare con l’uniformità dell’universo primordiale? La complessità biologica non permette al sistema, preso globalmente, di violare le leggi generali della fisica, come quella della conservazione dell’energia; inoltre, non può offrire una via di fuga dai vincoli imposti dalla Seconda legge. La struttura della vita su questo pianeta si disgregherebbe in breve tempo se non fosse per una grande fonte di bassa entropia dalla quale dipende quasi tutta la vita sulla Terra, vale a dire il Sole. Di solito, tendiamo a pensare che il sole rifornisca il nostro pianeta come una fonte esterna di ‹energia›, ma ciò non è affatto corretto, dato che l’energia che la Terra riceve di giorno dal Sole è sostanzialmente ‹uguale› a quella che essa restituisce all’oscurità dello spazio! Se le cose non stessero così, il nostro pianeta continuerebbe semplicemente a riscaldarsi fino a raggiungere uno stato di equilibrio. Ciò da cui la vita dipende è invece il fatto che il Sole è molto più caldo dell’oscurità dello spazio e, di conseguenza, i fotoni da esso provenienti hanno una frequenza considerevolmente più alta (quella della luce gialla) dei fotoni infrarossi che la Terra restituisce alla spazio. La formula di Planck ‹E = hv› ci dice che, in media, l’energia trasportata da un singolo fotone giunto fino a noi dal Sole è notevolmente maggiore di quella che un singolo fotone emesso dalla Terra restituisce allo spazio; pertanto, dato che la quantità di energia è nel complesso la stessa, ci sono molti più fotoni che partono dalla Terra di quanti non ne arrivino dal Sole. Ora, un maggior numero di fotoni significa più gradi di libertà e, quindi, un volume più grande nello spazio delle fasi; di conseguenza, la formula di Boltzmann ‹S = k› log ‹V› ci dice che l’energia che arriva dal Sole ha un livello di entropia considerevolmente più basso di quella che ritorna nello spazio.
Ora, sulla Terra, con il principio di fotosintesi, le piante verdi hanno trovato un modo per convertire i fotoni di frequenza relativamente alta provenienti dal Sole in fotoni di frequenza più bassa, e usano questo guadagno in termini di bassa entropia per formare la sostanza da cui sono fatte estraendo carbonio dall’anidride carbonica (CO₂). Quando gli animali mangiano le piante (o si nutrono di altri animali che le hanno mangiate), usano questa fonte di bassa entropia, assieme all’O₂, per mantenere bassa la propria entropia; ciò naturalmente, vale anche per gli uomini […] e costituisce la fonte di quella bassa entropia […] necessaria.
Quindi, il Sole non si limita a farci arrivare l’energia, ma ce la fornisce in una forma a bassa entropia tale da permetterci (grazie alle piante verdi) di mantenere basso il nostro stesso livello di entropia; e tutto ciò è possibile perché il Sole è un ‹punto caldo in un cielo altrimenti buio›. Se l’intero cielo avesse avuto la stessa temperatura del Sole, la sua energia non sarebbe stata di alcuna utilità per la vita sulla Terra; e questo discorso non vale solo per gli esseri viventi, ma anche per quanto riguarda la capacità del Sole di sollevare l’acqua degli oceani fino alle nubi, che a sua volta dipende fondamentalmente da questa differenza di temperatura.
E perché il Sole è un punto caldo in un cielo buio? Beh, dentro il Sole avvengono tutta una serie di processi complicati, una parte dei quali è costituita erto un guadagno da queste reazioni dalle reazioni termonucleari con cui l’idrogeno viene convertito in elio. Tuttavia, il punto chiave è l’esistenza stessa del Sole, che dipende dalla forza di gravitazionale che lo tiene assieme. Senza reazioni termonucleari, il Sole continuerebbe a brillare, ma si contrarrebbe diventando molto più caldo e avrebbe una vita molto più breve. Sulla Terra traiamo certo un guadagno da queste reazioni termonucleari, ma esse non avrebbero neppure avuto la possibilità di svilupparsi se non fosse stato per l’agglomerazione gravitazionale che ha dato origine al Sole. Di conseguenza, possiamo dire che nell’inesorabile processo di agglomerazione gravitazionale, accompagnato da un aumento dell’entropia, c’è la potenzialità perché le stelle si formino (seppure attraverso processi piuttosto complicati che avvengono in idonee regioni dello spazio) a partire da un materiale iniziale che si trova in uno stato a bassa entropia gravitazionale molto uniforme.
In ultima analisi, tutto ciò dipende dal fatto che ci troviamo di fronte a un Big Bang dalla natura molto speciale, il cui stato (relativo) di entropia estremamente ‹bassa› è una manifestazione del fatto che inizialmente i suoi gradi di libertà gravitazionali non erano attivati. Si tratta di una situazione decisamente curiosa.”
ROGER PENROSE (1931), “Dal Big Bang all’eternità. I cicli temporali che danno forma all’universo”, trad. di Daniele Didero, Rizzoli, Milano 2011 (I ed.), Seconda parte ‘Il carattere stranamente speciale della natura del Big Bang’, 2.2 ‘L’ubiquità della radiazione di fondo a microonde’, pp. 104 – 107.
“ The entire fabric of life on Earth requires the maintaining of a profound and subtle organization, which undoubtedly involves entropy being kept at a low level. In detail, there is an immensely intricate and interconnected structure, which has evolved in keeping with the fundamental biological principle of natural selection and with many detailed matters of chemistry.
What, you might well ask, do such matters of biology and chemistry have to do with the uniformity of the early universe? Biological complication does not allow the system as a whole to violate the general laws of physics, such as the law of conservation of energy; moreover, it cannot provide escape from the constraints imposed by the Second Law. The structure of life on this planet would run rapidly down were it not for a powerful low-entropy source, upon which almost all life on Earth depends, namely the Sun. One tends to think of the Sun as supplying the Earth with an external source of energy, but this is not altogether correct, as the energy that the Earth receives from the Sun by day is essentially equal to that which the Earth returns to the darkness of space! If this were not so, then the Earth would simply heat up until it reaches such an equilibrium. What life depends upon is the fact that the Sun is much hotter than the darkness of space, and consequently the photons from the Sun have a considerably higher frequency (namely that of yellow light) than the infra-red photons that Earth returns to space. Planck’s formula ‹E= hν› then tells us that, on average, the energy carried in by individual photons from the Sun is considerably greater than the energy carried out by individual photons returning to space. Thus, there are many more photons carrying the same energy away from Earth than there are that carry it in from the Sun. See Fig. 2.9. More photons imply more degrees of freedom and therefore a larger phase-space volume. Accordingly, Boltzmann’s ‹S= k› log ‹V›, tells us that energy coming in from the Sun carries a considerably lower entropy than that returning to space.
Now, on Earth, the green plants have, by the process of photosynthesis, found a way of converting the relatively high-frequency photons coming from the Sun to photons of a lower frequency, using this gain in low entropy to build up their substance by extracting carbon from CO2 in the air and returning it as O2. When animals eat plants (or eat other animals that eat plants), they use this source of low entropy, and the O2, to keep down their own entropy. This applies to humans, of course, […] and it supplies the source of low entropy needed […]. So what the Sun does for us is not simply to supply us with energy, but to provide this energy in a low- entropy form, so that we (via the green plants) can keep our entropy down, this coming about because the Sun is a hot spot in an otherwise dark sky. Had the entire sky been of the same temperature as that of the Sun, then its energy would have been of no use whatever to life on Earth. This applies, also, to the Sun’s ability to raise water from the oceans high up into the clouds, which again depends crucially on this temperature difference. Why is the Sun a hot spot in the dark sky? Well, there are all sorts of complicated processes going on in the Sun’s interior, and the thermo-nuclear reactions that result in hydrogen being converted to helium play an important part in this. However the key issue is that the Sun is there at all, and this has come about from the gravitational influence which holds the Sun together. Without thermonuclear reactions, the Sun would still shine, but shrink and get much hotter, and have a far shorter life.
On Earth, we clearly gain from these thermonuclear reactions, but they would not even have the chance to take place were it not for the gravitational clumping that produced the Sun in the first place. Accordingly, it is the potential for stars to form (albeit via somewhat complicated processes in appropriate regions in space), through the relentless entropy raising process of gravitational clumping, from initial material that started off in a very uniform gravitationally low-entropy state.
This all comes about, ultimately, from the fact that we have been presented with a Big Bang of a very special nature, the extreme (relative) lowness of its entropy being manifested in the fact that its gravitational degrees of freedom were indeed not initially activated. This is a curiously lop-sided situation.”
ROGER PENROSE, “Cycles of Time. An Extraordinary New View of the Universe”, The Bodley Head, London 2010, Part 2. ‘The oddly special nature of the Big Bang’, 2.2 ‘The ubiquitous microwave background’, pp. 77 – 79.
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