Sebbene la psicologia e la pedagogia ci abbiano fatto credere che il bambino è un essere felice e senza conflitti, e che le sofferenze degli adulti siano causate dal peso e dalle difficoltà della vita reale, è vero esattamente il contrario. Ciò che abbiamo imparato sul bambino e l'adulto, grazie alla psicoanalisi, ci mostra come tutte le sofferenze della vita, successive a questa fase, siano in larga parte ripetizioni di sofferenze precedenti e che ogni bambino, nei primi anni di vita, passa attraverso un incommensurabile grado di sofferenza.
Mélanie Klein , Amore, odio e riparazione
Cosa c'entra la posizione depressiva introdotta da Mélanie Klein con la depressione?
E perché si chiama così?
Premesso che per posizione depressiva s'intende la capacità di riconoscere che madre buona e madre cattiva, e più in generale oggetto buono e oggetto cattivo, sono in realtà la stessa persona, a me pare che il termine depressiva possa creare confusione, perché posizione depressiva e depressione non sono certo la stessa cosa.
Altri autori, prima di Mélanie Klein, hanno usato lo stesso termine, in particolare Abraham ha parlato di stati maniaco-depressivi, oggi perlopiù descritti come depressioni bipolari.
Probabilmente M. Klein ha chiamato depressiva questa posizione che in genere comincia a presentarsi nell'infante tra i sei mesi e un anno (è stata lei la prima a proporre quest'idea) perché somiglia allo stato d'animo prevalente nella depressione, cioè uno stato d'animo di malinconia.
L'infante comincia a capire che la madre odiata (odiata perché non sempre presente quando lui/lei la vorrebbe) e la madre amata (amata quando c'è e l* nutr* e l* ama e l* cura) sono la stessa persona. La madre presente fra un po' sarà assente, e la madre assente fra un po' tornerà. E' sempre lei. Allora comincia a sentirsi in colpa per averla morsa, odiata e aggredita, e ha paura di averla distrutta o di poterla distruggere, dunque cerca di contenere la propria aggressività e comincia a fare i conti con la realtà, ossia con l'altra persona che non esiste soltanto per rispondere e per soddisfare lui/lei.
Questo è il processo più o meno sano ed è abbastanza doloroso anche perché fa cadere le precedenti illusioni di onnipotenza. Ma se l'infante non è in grado di reggere questo dolore, dovuto sia al senso di colpa sia appunto alla perdita dell'onnipotenza illusoria, se non è in grado di riparare i danni recati alla madre e all'immagine della madre dentro di sé, allora in genere torna alla posizione precedente, detta schizoparanoide, e di nuovo scinde gli aspetti buoni e gli aspetti cattivi della madre in due diverse figure, la madre buona e la madre cattiva.
Anche questo ha un suo prezzo però; infatti si evita l'angoscia depressiva ma si cade nell'angoscia persecutoria. La madre cattiva si fissa sempre di più come figura persecutoria interiore, la qual cosa porterà a sentirsi perseguitat* ora da quest* ora da quell* nella realtà esteriore; la diffidenza e il sospetto si radicheranno dentro di noi.
Negli anni seguenti, e anche nell'età adulta, il problema continuamente si ripresenterà, e ancora la persona si troverà difronte alla scelta fra i due tipi di angoscia. E in depressione si cade proprio quando le consuete difese, spesso forme più evolute e sofisticate dell'originaria scissione, non funzionano più. Allora si viene sommers* dalla colpa, si perde ogni aggressività, e tutto il dolore del mondo cade addosso a noi , anzi è dentro di noi, è noi, siamo noi.
Così la depressione si ha proprio in quanto la posizione depressiva non è stata raggiunta in modo abbastanza sicuro a suo tempo, e il lavoro ci tocca farlo ora, magari in vecchiaia.
Ma se, come pare, la posizione depressiva è l'antidoto contro la depressione, bisogna ammettere che la scelta dei termini non aiuta a capire, anzi mi sembra che possa creare confusione.
Donatella Donati
Dove l'invidia vede la matrigna, la gratitudine riconosce la madre.
Ma perlopiù è tutto un miscuglio, oppure peggio, è un'altalena.
Mélanie Klein, (1882 - 1960), ha proseguito il lavoro di Freud, spingendosi nella sua ricerca al di là dei due-tre anni o anche quattro, cioè l'età dell'Edipo su cui Freud ha basato la sua costruzione. Mélanie Klein ha studiato per prima i processi psichici dei primi anni e dei primi mesi di vita e ha ipotizzato che in essi prevalgano i sentimenti di gratitudine e di invidia verso la madre che nutre. Le sue teorie, secondo cui il rapporto tra questi due sentimenti rimane alla base anche della vita psichica adulta, hanno avuto col tempo un larghissimo seguito ma sul momento sono state alquanto osteggiate.
"Le persone che sono riuscite a costituire il loro oggetto buono primario con relativa sicurezza sono in grado di conservare l'amore per l'oggetto pur riconoscendone i difetti; quando questo non avviene, invece, i rapporti di amore e di amicizia sono caratterizzati dalla idealizzazione. Questa però tende a crollare, ed allora l'oggetto amato deve essere sostituito spesso, perché nessun oggetto può soddisfare pienamente l'aspettativa. La persona che è stata in precedenza idealizzata viene spesso sentita come un persecutore ((...))"
Mélanie Klein (1882-1960), Invidia e gratitudine, 1957, ed.it.1969 Martinelli pag.40.
Un atteggiamento troppo ansioso da parte della madre che offre subito il cibo al bambino non appena questi piange non gli giova in alcun modo. Egli percepisce l'angoscia della madre e questa accresce la sua. Ho riscontrato talvolta negli adulti un senso di risentimento per il fatto di non aver avuto la possibilità di piangere a sufficienza e di non aver potuto quindi esprimere la loro angoscia e la loro afflizione (ottenendo così un sollievo)
Melanie Klein, (1882 - 1960), Invidia e gratitudine, 1957, ed. italiana 1969 Martinelli, Firenze, cap. 2, 2, pag. 26.
Va fatta una distinzione tra invidia, gelosia ed avidità.
L'invidia è un sentimento di rabbia perché un'altra persona possiede qualcosa che desideriamo e ne gode - l'impulso invidioso mira a portarla via o a danneggiarla. Inoltre l'invidia implica un rapporto con una sola persona ed è riconducibile al primo rapporto esclusivo con la madre. La gelosia deriva dall'invidia e coinvolge perlomeno altre due persone; infatti si riferisce ad un amore che il soggetto sente come suo e che gli è stato portato via o è in pericolo di essergli portato via da un rivale. Nel significato corrente di gelosia, un uomo o una donna si sentono privati della persona amata da una terza persona.
L'avidità è un desiderio imperioso ed insaziabile che va al di là dei bisogni del soggetto e di ciò che l'oggetto vuole e può dare. Ad un livello inconscio, l'avidità ha soprattutto lo scopo di svuotare completamente, di prosciugare succhiandolo e di divorare il seno: in altre parole il suo scopo è l'introiezione distruttiva; l'invidia invece cerca non solo di derubare in questo modo la madre, ma anche di mettere ciò che è cattivo e soprattutto i cattivi escrementi e le parti cattive del Sé nella madre, e in primo luogo nel seno allo scopo di danneggiarla e di distruggerla. Nel senso più profondo ciò significa distruggere la sua creatività. [...] Una differenza essenziale tra avidità ed invidia (anche se non è possibile fare una netta distinzione dato il loro stretto rapporto) potrebbe di conseguenza essere questa: che per lo più l'avidità è connessa con l'introiezione e l'invidia con la proiezione.
Melanie Klein (1957). Invidia e gratitudine, pp. 17-18. Tr.it. 1969, Martinelli, Firenze.
Mélanie Klein, (1882 - 1960), ha proseguito il lavoro di Freud, spingendosi nella sua ricerca al dilà dei due-tre anni o anche quattro, cioè l'età dell'Edipo su cui Freud ha basato la sua costruzione.
Mélanie Klein ha studiato per prima i processi psichici dei primi anni e dei primi mesi di vita e ha ipotizzato che in essi prevalgano i sentimenti di gratitudine e di invidia verso la madre che nutre.
Le sue teorie, secondo cui il rapporto tra questi due sentimenti rimane alla base anche della vita psichica adulta, hanno avuto col tempo un larghissimo seguito ma sul momento sono state alquanto osteggiate. [...] lo stile di Mélanie Klein non è accattivante, comunque in questo testo c'è una sintesi delle sue idee principali. Mi sembra necessario leggerlo altrimenti diventa davvero arduo capire molt* psicoanalist* dopo di lei, a partire da W. Bion.
Cristina Galante
Ricordo la sua intuizione di "fantasia inconscia" nel bambino che relazionandosi con la realtà circostante, ne determina il carattere. Anzi, visto che tale fantasia mira alla soddisfazione degli impulsi istintuali, la gratificazione che ne deriva può essere considerata una difesa contro la realtà che li circonda Ricordo bene, Donatella? L'avevo letta da giovane neomamma
Forse vuoi dire che fantasticare di avere il seno a disposizione quando il seno non c'è può valere come difesa dalla frustrazione dell'assenza del seno? [...] Non ricordo in che misura Mélanie Klein ponesse l'accento sulla funzione difensiva della fantasia inconscia, ma è vero che nella scuola kleiniana l'interpretazione di tali fantasie primitive nelle persone adulte è frequente ed è in chiave di difese. Questo tipo d'interpretazione viene considerato inefficace da altri studiosi. Ragionare in questi termini è poco congeniale anche a me. Le scoperte di M. Klein, come ogni scoperta, vanno viste nel contesto in cui sono nate, naturalmente; altra cosa è come vengono in seguito applicate.
Cosa vuol dire "costituire l'oggetto buono primario con relativa sicurezza" come scrive Mélanie Klein?
L'oggetto primario è la prima persona con cui nei primi tempi della vita abbiamo a che fare, dunque la madre o comunque chi si prende cura di noi. Da questa figura dipendiamo completamente e all'inizio non ci rendiamo conto che la madre che ci nutre e ha cura di noi con amore è la stessa persona che a volte ci frustra perché non è sempre immediatamente presente a capire e a soddisfare tutti i nostri bisogni: questa mancanza di risposta, questa frustrazione che ci provoca rabbia e dolore diventa per noi un'immagine di madre cattiva. "Costituire l'oggetto primario con relativa sicurezza" vuol dire arrivare gradualmente a riconoscere e ad accettare che la madre che ci soddisfa e che dunque amiamo è la stessa che ci frusta e che odiamo: questo riconoscimento è una conquista perché implica l'accettazione dei limiti e l'abbandono dell'onnipotenza, insomma veniamo a patto con la vita e col fatto che l'altra persona, in questo caso la madre, non è sempre a nostra disposizione, non è identica a noi, non è noi, e questa conquista è chiamata da Mélanie Klein posizione depressiva. Invece la posizione per cui vediamo la madre buona e la madre cattiva come due figure distinte è chiamata posizione schizoparanoide: la parola indica sia la scissione sia il sentirsi perseguitati dall'oggetto cattivo.
Mélanie Klein (1882-1960), psicoanalista inglese.
Il suo libro più conosciuto è Invidia e gratitudine 1957, ed.it.1969 Martinelli.
[...] mi entusiasmò tantissimo aver incontrato un terapeuta che riusciva in qualche modo a far confluire in tre grandi famiglie (in un continuum nevrosi-psicosi) tutti i tipi di disagio e assetti personologici: prodighi, avari e avidi. e anzi, come l'ho detto non è corretto. siamo tutti, tutte e tre le cose, ma diversamente agenti nelle modalità comportamentali, nei diversi contesti, nelle diverse fasi della vita, nelle relazioni e nel rapporto con gli oggetti interni, a seconda di come vengono evocate le tre istanze in intensità. mi piacque perché mi fece proprio pensare a M.K
Sì, in tutti noi sono presenti tutte le istanze. Forse hai studiato che la posizione schizoparanoide e quella depressiva, legate appunto rispettivamente all'invidia e alla gratitudine, non sono soltanto fasi dei primi tempi di vita, ma sono POSIZIONI presenti in noi anche quando siamo adulti, naturalmente con alterne vicende e in diverse gradazioni, da cui dipendono la nostra salute, le nostre angosce e le nostre difese.
cercavo giusto qualcosa sulle cadute (la mia con rottura di polso) apparentemente casuali, ma sappiamo che così non è …il male fisico come male minore? si dice anche "cadere in depressione" ….
Melanie Klein. Sublimazione femminile: recettività e comprensione.
“L’instaurarsi di tutte le inibizioni che attengono all’apprendimento e ad ogni suo ulteriore sviluppo va fatto quindi risalire all’epoca del primo sboccio della sessualità infantile che, con l’inizio della fase edipica, porta al culmine l’importanza della paura dell’evirazione, e cioè all’inizio del periodo fra i tre e i quattro [cfr. qui sotto l’originale, dove compare «in das frühe Alter zwischen dem dritten und fünften (quinto) Jahre »] anni di età. È la conseguente rimozione delle componenti mascoline attive – sia nei bambini che nelle bambine – che costituisce la base principale delle inibizioni nei confronti dell’apprendimento.
Cionondimeno probabilmente si rileverà sempre che l’apporto della componente femminile alla sublimazione è costituito dalla recettività e dalla capacità di comprendere, che sono elementi importanti di ogni attività, anche se l’elemento dell'impulso operativo, che è ciò che caratterizza l’essenza di ogni attività, ha la sua origine nella sublimazione della potenza maschile. L’atteggiamento femminile verso il padre, legato all’ammirazione e al riconoscimento del pene paterno e delle sue capacità operative, diventa, con la sublimazione, la base della capacità di comprensione dell’arte e in generale di ogni altra impresa umana di alto valore. Ho potuto osservare spesso in analisi sia di maschietti che di bambine quale importanza possa avere la rimozione dell’atteggiamento femminile prodotta dal complesso di evirazione. La rimozione di questo atteggiamento contribuisce in grande misura all’inibizione di qualsiasi attività, poiché ne è sempre una parte integrante. Mi è stato anche possibile osservare, nell’analizzare pazienti di entrambi i sessi, come spesso si verifichi uno sboccio rigoglioso dell’interesse artistico e di altri tipi di interesse allorché una parte del complesso di evirazione diventa conscio e l’atteggiamento femminile si estrinseca di nuovo liberamente.”
MELANIE KLEIN (1882 – 1960), “La scuola nello sviluppo Iibidico del bambino” (1923), in Id., “Scritti 1921 • 1958”, Boringhieri, Torino 1978 (I ed.), trad. di Armando Guglielmi, presentazione di Ernest Jones, 2 (pp. 74 – 93), pp. 90 – 91.
“ In die Zeit der ersten Blüte der kindlichen Sexualität, die mit dem Einsetzen des Ödipuskomplexes den großen Schub an Kastrationsangst auslöst, also in das frühe Alter zwischen dem dritten und fünften Jahre, müssen wir die Grundlagen aller Hemmungen verlegen, die auch das Lernen und die ganze weitere Entwicklung bestimmen. Die dabei erfolgende Verdrängung der aktiven männlichen Komponente ist es, die auch — bei Knaben und Mädchen — die hauptsächlichste Grundlage für die Lern- hemmung abgibt.
Als der Beitrag, den die weibliche Komponente zu den Sublimierungen stellt, wird sich wohl immer wieder das Aufnehmen und Verstehen, also auch ein wichtiger Anteil aller Tätigkeiten erweisen; der treibende, ausführende Teil aber, der eigentlich überhaupt den Charakter der Tätigkeit ausmacht, rührt von der Sublimierung der männlichen Potenz her. Diese feminine Einstellung dem Vater gegenüber, mit der die Bewunderung und Anerkennung des väterlichen Penis und seiner Leistungen verbunden ist, wird in der Sublimierung zur Grundlage des Verständnisses der künstlerischen und jeder Leistung überhaupt. Wie bedeutsam sich die Verdrängung dieser femininen Einstellung vom Kastrationskomplex her erweist, konnte ich in Knaben- und Mädchenanalysen wiederholt feststellen. Ihre Verdrängung als die eines grundlegenden Anteils jeder Tätigkeit muß auch sehr zur Hemmung der Tätigkeit beitragen. In weiblichen und männlichen Analysen zeigte sich auch, als ein Teil des Kastrationskomplexes bewußt wurde und die feminine Einstellung
freier herauskam, wiederholt ein starkes Einsetzen künstlerischer und anderer Interessen.ˮ
MELANIE KLEIN, “Die Rolle der Schule in der libidinösen Entwicklung des Kindesˮ, in <Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse>, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Leipzig-Wien-Zürich, Herausgeber und Redaktion: Sandor Ferenczi, IX 1923, Heft 3 (S. 324 – 344), S. 341 – 342.
Va fatta una distinzione tra invidia, gelosia ed avidità.
L'invidia è un sentimento di rabbia perché un'altra persona possiede qualcosa che desideriamo e ne gode - l'impulso invidioso mira a portarla via o a danneggiarla. Inoltre l'invidia implica un rapporto con una sola persona ed è riconducibile al primo rapporto esclusivo con la madre. La gelosia deriva dall'invidia e coinvolge perlomeno altre due persone; infatti si riferisce ad un amore che il soggetto sente come suo e che gli è stato portato via o è in pericolo di essergli portato via da un rivale. Nel significato corrente di gelosia, un uomo o una donna si sentono privati della persona amata da una terza persona.
L'avidità è un desiderio imperioso ed insaziabile che va al di là dei bisogni del soggetto e di ciò che l'oggetto vuole e può dare. Ad un livello inconscio, l'avidità ha soprattutto lo scopo di svuotare completamente, di prosciugare succhiandolo e di divorare il seno: in altre parole il suo scopo è l'introiezione distruttiva; l'invidia invece cerca non solo di derubare in questo modo la madre, ma anche di mettere ciò che è cattivo e soprattutto i cattivi escrementi e le parti cattive del Sé nella madre, e in primo luogo nel seno allo scopo di danneggiarla e di distruggerla. Nel senso più profondo ciò significa distruggere la sua creatività. [...] Una differenza essenziale tra avidità ed invidia (anche se non è possibile fare una netta distinzione dato il loro stretto rapporto) potrebbe di conseguenza essere questa: che per lo più l'avidità è connessa con l'introiezione e l'invidia con la proiezione.
Melanie Klein (1957). Invidia e gratitudine, pp. 17-18. Tr.it. 1969, Martinelli, Firenze.
Mélanie Klein, (1882 - 1960), ha proseguito il lavoro di Freud, spingendosi nella sua ricerca al dilà dei due-tre anni o anche quattro, cioè l'età dell'Edipo su cui Freud ha basato la sua costruzione.
Mélanie Klein ha studiato per prima i processi psichici dei primi anni e dei primi mesi di vita e ha ipotizzato che in essi prevalgano i sentimenti di gratitudine e di invidia verso la madre che nutre.
Le sue teorie, secondo cui il rapporto tra questi due sentimenti rimane alla base anche della vita psichica adulta, hanno avuto col tempo un larghissimo seguito ma sul momento sono state alquanto osteggiate. [...] lo stile di Mélanie Klein non è accattivante, comunque in questo testo c'è una sintesi delle sue idee principali. Mi sembra necessario leggerlo altrimenti diventa davvero arduo capire molt* psicoanalist* dopo di lei, a partire da W. Bion.
Ricordo la sua intuizione di "fantasia inconscia" nel bambino che relazionandosi con la realtà circostante, ne determina il carattere. Anzi, visto che tale fantasia mira alla soddisfazione degli impulsi istintuali, la gratificazione che ne deriva può essere considerata una difesa contro la realtà che li circonda Ricordo bene, Donatella? L'avevo letta da giovane neomamma
Forse vuoi dire che fantasticare di avere il seno a disposizione quando il seno non c'è può valere come difesa dalla frustrazione dell'assenza del seno? [...] Non ricordo in che misura Mélanie Klein ponesse l'accento sulla funzione difensiva della fantasia inconscia, ma è vero che nella scuola kleiniana l'interpretazione di tali fantasie primitive nelle persone adulte è frequente ed è in chiave di difese. Questo tipo d'interpretazione viene considerato inefficace da altri studiosi. Ragionare in questi termini è poco congeniale anche a me. Le scoperte di M. Klein, come ogni scoperta, vanno viste nel contesto in cui sono nate, naturalmente; altra cosa è come vengono in seguito applicate.
Cosa vuol dire "costituire l'oggetto buono primario con relativa sicurezza" come scrive Mélanie Klein?
L'oggetto primario è la prima persona con cui nei primi tempi della vita abbiamo a che fare, dunque la madre o comunque chi si prende cura di noi. Da questa figura dipendiamo completamente e all'inizio non ci rendiamo conto che la madre che ci nutre e ha cura di noi con amore è la stessa persona che a volte ci frustra perché non è sempre immediatamente presente a capire e a soddisfare tutti i nostri bisogni: questa mancanza di risposta, questa frustrazione che ci provoca rabbia e dolore diventa per noi un'immagine di madre cattiva. "Costituire l'oggetto primario con relativa sicurezza" vuol dire arrivare gradualmente a riconoscere e ad accettare che la madre che ci soddisfa e che dunque amiamo è la stessa che ci frusta e che odiamo: questo riconoscimento è una conquista perché implica l'accettazione dei limiti e l'abbandono dell'onnipotenza, insomma veniamo a patto con la vita e col fatto che l'altra persona, in questo caso la madre, non è sempre a nostra disposizione, non è identica a noi, non è noi, e questa conquista è chiamata da Mélanie Klein posizione depressiva. Invece la posizione per cui vediamo la madre buona e la madre cattiva come due figure distinte è chiamata posizione schizoparanoide: la parola indica sia la scissione sia il sentirsi perseguitati dall'oggetto cattivo.
Mélanie Klein (1882-1960), psicoanalista inglese.
Il suo libro più conosciuto è Invidia e gratitudine 1957, ed.it.1969 Martinelli.
[...] mi entusiasmò tantissimo aver incontrato un terapeuta che riusciva in qualche modo a far confluire in tre grandi famiglie (in un continuum nevrosi-psicosi) tutti i tipi di disagio e assetti personologici: prodighi, avari e avidi. e anzi, come l'ho detto non è corretto. siamo tutti, tutte e tre le cose, ma diversamente agenti nelle modalità comportamentali, nei diversi contesti, nelle diverse fasi della vita, nelle relazioni e nel rapporto con gli oggetti interni, a seconda di come vengono evocate le tre istanze in intensità. mi piacque perché mi fece proprio pensare a M.K
cercavo giusto qualcosa sulle cadute (la mia con rottura di polso) apparentemente casuali, ma sappiamo che così non è …il male fisico come male minore? si dice anche "cadere in depressione" ….
Melanie Klein. Sublimazione femminile: recettività e comprensione.
“L’instaurarsi di tutte le inibizioni che attengono all’apprendimento e ad ogni suo ulteriore sviluppo va fatto quindi risalire all’epoca del primo sboccio della sessualità infantile che, con l’inizio della fase edipica, porta al culmine l’importanza della paura dell’evirazione, e cioè all’inizio del periodo fra i tre e i quattro [cfr. qui sotto l’originale, dove compare «in das frühe Alter zwischen dem dritten und fünften (quinto) Jahre »] anni di età. È la conseguente rimozione delle componenti mascoline attive – sia nei bambini che nelle bambine – che costituisce la base principale delle inibizioni nei confronti dell’apprendimento.
Cionondimeno probabilmente si rileverà sempre che l’apporto della componente femminile alla sublimazione è costituito dalla recettività e dalla capacità di comprendere, che sono elementi importanti di ogni attività, anche se l’elemento dell'impulso operativo, che è ciò che caratterizza l’essenza di ogni attività, ha la sua origine nella sublimazione della potenza maschile. L’atteggiamento femminile verso il padre, legato all’ammirazione e al riconoscimento del pene paterno e delle sue capacità operative, diventa, con la sublimazione, la base della capacità di comprensione dell’arte e in generale di ogni altra impresa umana di alto valore. Ho potuto osservare spesso in analisi sia di maschietti che di bambine quale importanza possa avere la rimozione dell’atteggiamento femminile prodotta dal complesso di evirazione. La rimozione di questo atteggiamento contribuisce in grande misura all’inibizione di qualsiasi attività, poiché ne è sempre una parte integrante. Mi è stato anche possibile osservare, nell’analizzare pazienti di entrambi i sessi, come spesso si verifichi uno sboccio rigoglioso dell’interesse artistico e di altri tipi di interesse allorché una parte del complesso di evirazione diventa conscio e l’atteggiamento femminile si estrinseca di nuovo liberamente.”
MELANIE KLEIN (1882 – 1960), “La scuola nello sviluppo Iibidico del bambino” (1923), in Id., “Scritti 1921 • 1958”, Boringhieri, Torino 1978 (I ed.), trad. di Armando Guglielmi, presentazione di Ernest Jones, 2 (pp. 74 – 93), pp. 90 – 91.
“ In die Zeit der ersten Blüte der kindlichen Sexualität, die mit dem Einsetzen des Ödipuskomplexes den großen Schub an Kastrationsangst auslöst, also in das frühe Alter zwischen dem dritten und fünften Jahre, müssen wir die Grundlagen aller Hemmungen verlegen, die auch das Lernen und die ganze weitere Entwicklung bestimmen. Die dabei erfolgende Verdrängung der aktiven männlichen Komponente ist es, die auch — bei Knaben und Mädchen — die hauptsächlichste Grundlage für die Lern- hemmung abgibt.
Als der Beitrag, den die weibliche Komponente zu den Sublimierungen stellt, wird sich wohl immer wieder das Aufnehmen und Verstehen, also auch ein wichtiger Anteil aller Tätigkeiten erweisen; der treibende, ausführende Teil aber, der eigentlich überhaupt den Charakter der Tätigkeit ausmacht, rührt von der Sublimierung der männlichen Potenz her. Diese feminine Einstellung dem Vater gegenüber, mit der die Bewunderung und Anerkennung des väterlichen Penis und seiner Leistungen verbunden ist, wird in der Sublimierung zur Grundlage des Verständnisses der künstlerischen und jeder Leistung überhaupt. Wie bedeutsam sich die Verdrängung dieser femininen Einstellung vom Kastrationskomplex her erweist, konnte ich in Knaben- und Mädchenanalysen wiederholt feststellen. Ihre Verdrängung als die eines grundlegenden Anteils jeder Tätigkeit muß auch sehr zur Hemmung der Tätigkeit beitragen. In weiblichen und männlichen Analysen zeigte sich auch, als ein Teil des Kastrationskomplexes bewußt wurde und die feminine Einstellung
freier herauskam, wiederholt ein starkes Einsetzen künstlerischer und anderer Interessen.ˮ
MELANIE KLEIN, “Die Rolle der Schule in der libidinösen Entwicklung des Kindesˮ, in <Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse>, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Leipzig-Wien-Zürich, Herausgeber und Redaktion: Sandor Ferenczi, IX 1923, Heft 3 (S. 324 – 344), S. 341 – 342.
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