I Maestri del Socialismo
I FONDAMENTI TEORICI NECESSARI AL BUON MILITANTE:
LA DIFFERENZA TRA TATTICA E STRATEGIA
I due termini, desunti dal linguaggio militare, indicano le forme attraverso cui si realizza la direzione complessiva della lotta di classe:
«La capacità strategica e tattica del partito è la capacità di organizzare e unificare attorno all'avanguardia proletaria e alla classe operaia tutte le forze necessarie alla vittoria rivoluzionaria e di guidare di fatto verso la rivoluzione approfittando delle situazioni oggettive e degli spostamenti di forze che esse provocano sia tra la popolazione lavoratrice che tra i nemici della classe operaia. Con la sua strategia e con la sua tattica il partito dirige la classe operaia nei grandi movimenti storici e nelle sue lotte quotidiane. L'una direzione è legata all'altra ed è condizionata dall'altra» (Gramsci, Tesi di Lione, p. 50).
Sono dunque elementi vitali per la strategia e la tattica l'analisi delle condizioni storiche in tutti i loro aspetti e delle possibilità d'azione del proletariato di fronte ad esse, l'agitazione dei problemi e degli obiettivi e la propaganda della linea del partito con lo scopo di legare ad esso, attraverso la difesa e la lotta per le loro rivendicazioni, le masse lavoratrici.
In particolare la strategia determina, in una data fase storica, la direzione dell'obiettivo principale del proletariato, cioè fissa la prospettiva generale e il relativo piano complessivo della disposizione delle forze. Essa quindi è relativa a tutta un'epoca storica, di cui traccia la tendenza e gli sviluppi in senso rivoluzionario.
La tattica invece ha per oggetto la linea di azione nelle diverse situazioni concrete che si possono presentare: il compito della direzione tattica quindi è di mettere in primo piano quegli obiettivi intermedi di lotta, quelle formule organizzative, quella politica di alleanze che meglio rispondono alle condizioni concrete della lotta di classe, alle specificità con cui una tendenza generale si realizza nei diversi paesi, nei diversi periodi, all'interno dei differenti strati sociali. Essa ha il compito di trovare nella catena degli avvenimenti «quell'anello particolare aggrappandosi al quale sarà possibile reggere tutta la catena», quell'obiettivo parziale il cui raggiungimento prepara le condizioni e avvicina la soluzione dei compiti strategici. La tattica dunque dipende ed è parte della strategia, nella misura in cui non si svolge isolatamente, ma come episodio inserito in un contesto strategico, che ne fissa i presupposti e le prospettive.
Una concezione della tattica che la riduca a tatticismo diplomatico, non ne comprenderebbe i caratteri di specificazione della strategia. Slegare la tattica dalla strategia oppure negare la prima e vedere solo la seconda, come è tipico del dottrinarismo e del dogmatismo, non vuol dire "salvare" i principi, ma anzi avere di essi una visione astratta, proprio in quanto non se ne individuano i passi politici reali che li concretizzano nelle diverse fasi storiche.
Concepire una strategia svuotata dai suoi contenuti tattici concreti significa riprodurre quel distacco tra obiettivo finale e pratica politica che fu tipico della Seconda Internazionale e del revisionismo.
Scrive Stalin sulla questione:
"La tattica è subordinata agli interessi della strategia.
I successi tattici, in linea di massima, preparano i successi strategici. Il compito della tattica consiste nel condurre le masse alla lotta, nel dare loro tali parole d’ordine, nel condurle su nuove posizioni in modo tale che la lotta nel suo complesso porti alla vittoria, cioè al successo strategico. Ma accade talvolta che il successo tattico distrugga o allontani il successo strategico e quindi, in questi casi, non bisogna curarsi dei successi tattici.
Un esempio. Al principio del 1917, nel Periodo di Kerenski la nostra agitazione contro la guerra, fra gli operai e i soldati, consegui indubbiamente un risultato tattico negativo perché le masse cacciarono i nostri oratori dalla tribuna, li picchiarono, talora E massacrarono; le masse non affluivano nel partito ma si allontanavano da esso. Quell’agitazione, però, malgrado il suo insuccesso tattico, ci avvicinò a un grande successo strategico, perché le masse capirono ben presto che la nostra agitazione contro la guerra era giusta e ci accelerò e facilitò poi il loro passaggio dalla parte del partito.
Ancora un esempio: la richiesta dell’Internazionale comunista di dividersi dai riformisti e dai centristi in adempimento delle 21 condizioni richiesta che evidentemente racchiude in sé un certo elemento tattico negativo, poiché diminuisce coscientemente il numero dei “partigiani” dell’Internazionale comunista e indebolisce temporaneamente quest’ultima, porta in compenso a un grande vantaggio strategico, liberando l’Internazionale comunista dagli elementi infidi, fatto che indubbiamente porterà a un suo rafforzamento e a un consolidamento della sua compattezza interna, cioè al consolidamento della sua Potenza in generale."
fonti: http://www.resistenze.org/sito/ma/di/di/mddis1.htm#StrategiaTattica, http://paginerosse.wordpress.com/2013/01/23/stalin-strategia-e-tattica-politica-dei-comunisti-russi/
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