Edmund Husserl. Sentire soggettivamente una
successione temporale.
IL TEMPO OBBIETTIVO RIENTRA NEL
CONTESTO DELL’OGGETTUALITÀ D’ESPERIENZA.
I dati di tempo <sentiti> non sono semplicemente sentiti, ma comportano altresì dei caratteri apprensionali cui competono, a loro volta, certe PRETESE E LEGITTIMAZIONI a commisurare l’un l’altro i tempi e i rapporti di tempo che, in base ai dati sentiti, appaiono, a imporre loro questo o quell’ordine obbiettivo, a SELEZIONARE SECONDO DETERMINATI CRITERI ORDINI REALI E ORDINI APPARENTI. Ciò che allora si costituisce come essere obbiettivamente valido è, in ultima analisi, quell’uno e infinito tempo obbiettivo in cui tutte le cose e gli eventi, i corpi e le loro proprietà fisiche, le anime e i loro stati psichici, hanno i loro posti temporali determinati e determinabili per mezzo di un CRONOMETRO.
I dati di tempo <sentiti> non sono semplicemente sentiti, ma comportano altresì dei caratteri apprensionali cui competono, a loro volta, certe PRETESE E LEGITTIMAZIONI a commisurare l’un l’altro i tempi e i rapporti di tempo che, in base ai dati sentiti, appaiono, a imporre loro questo o quell’ordine obbiettivo, a SELEZIONARE SECONDO DETERMINATI CRITERI ORDINI REALI E ORDINI APPARENTI. Ciò che allora si costituisce come essere obbiettivamente valido è, in ultima analisi, quell’uno e infinito tempo obbiettivo in cui tutte le cose e gli eventi, i corpi e le loro proprietà fisiche, le anime e i loro stati psichici, hanno i loro posti temporali determinati e determinabili per mezzo di un CRONOMETRO.
Può darsi – ma la cosa in questa
sede non ci riguarda – che la base ultima di tali DETERMINAZIONI OBBIETTIVE sia
dovuta e constatazioni di differenze e relazioni tra i dati di tempo, o
semplicemente a un’immediata adeguazione a tali dati. Ma non c’è dubbio che,
per esempio, UN <SIMULTANEAMENTE> SENTITO NON È SIMULTANEITÀ OBBIETTIVA; eguaglianza
sentita di distanze fenomenologico-temporali non è eguaglianza obbiettiva di
distanze di tempo ecc.; l’assoluto dato di tempo, sentito, non è senz’altro l’esser-vissuto
di un tempo obbiettivo (e questo vale anche per il dato assoluto
dell’<ora>). Afferrare e afferrare in evidenza un contenuto, così come
esso è vissuto, non significa afferrare una obbiettività in senso empirico, una
realtà obbiettiva nel senso in cui si parla di cose, eventi, situazioni
obbiettive, di posizione obbiettiva nello spazio e nel tempo, di forma spaziale
e temporale obbiettivamente reale ecc.
Guardiamo un pezzo di gesso;
chiudiamo ed apriamo gli occhi. Abbiamo così due percezioni. Diciamo allora che
VEDIAMO LO STESSO GESSO DUE VOLTE. ABBIAMO QUI CONTENUTI TEMPORALMENTE
SEPARATI, AVVERTIAMO BENSÌ UNO STACCO, UNA SEPARAZIONE, FENOMENOLOGICA,
TEMPORALE, MA NELL’OGGETTO NON C’È ALCUNA SEPARAZIONE, È SEMPRE LO STESSO: NELL’OGGETTO
DURATA, NEL FENOMENO CAMBIAMENTO. Allo stesso modo, POSSIAMO SENTIRE
SOGGETTIVAMENTE UNA SUCCESSIONE TEMPORALE LÀ DOVE, OBBIETTIVAMENTE, BISOGNA
CONSTATARE UNA COESISTENZA. Il contenuto vissuto viene <obbiettivato>, ed
ecco che L’OGGETTO È COSTITUITO, NEL MODO DELL’APPRENSIONE, IN BASE AL
MATERIALE DEI CONTENUTI VISSUTI. L’oggetto non è però la semplice somma o il
complesso di questi <contenuti>, che non vi rientrano affatto, esso è più
che un contenuto e, in certo modo, altra cosa. L’OBBIETTIVITÀ APPARTIENE
ALL’<ESPERIENZA> E PRECISAMENTE ALL’UNITÀ DELL’ESPERIENZA, a quello che, IN
BASE ALLE LEGGI DELL’ESPERIENZA, È IL CONTESTO DELLA NATURA. IN TERMINI
FENOMENOLOGICI: NON È NEI CONTENUTI <PRIMARI> CHE SI COSTITUISCE
L’OBBIETTIVITÀ, ma nei caratteri apprensionali e nelle legalità d’essenza ad
essi inerenti. Sviscerare e comprendere tutto ciò è, appunto, il compito di una
FENOMENOLOGIA DELLA CONOSCENZA.”
EDMUND HUSSERL, “Per una
fenomenologia interna del tempo”, a cura di Rudolf Boehm, ed. it. a cura di
Alfredo Marini, Franco Angeli, Milano 1985 (I ed. 1981), Parte I. ‘Le lezioni
sulla coscienza interna del tempo dell'anno 1905’, § 1. ‘Messa fuori causa del
tempo obbiettivo’, pp. 46 – 47.
“ Die objektive Zeit gehört in den Zusammenhang der
Erfahrungsgegenständlichkeit. Die <empfundenen> Temporaldaten
sind nicht bloß empfunden, sie sind auch mit Auffassungscharakteren behaftet,
und zu diesen wiederum gehören gewisse Forderungen und Berechtigungen, die auf
Grund der empfundenen Daten erscheinenden Zeiten und Zeitverhältnisse
aneinander zu messen, so und so in objektive Ordnungen zu bringen, so und so
scheinbar in wirkliche Ordnungen zu fondern. Was sich da als objektiv gültiges
Sein konstituiert, ist schließlich die eine und endliche objektive Zeit, in
welcher alle Dinge und Ereignisse, Körper mit ihren physischen
Beschaffenheiten, Seelen mit ihren seelischen Zuständen ihre bestimmten
Zeitstellen haben, die durch Chronometer bestimmbar find.
Es mag sein -
hier haben wir darüber nicht zu urteilen – daß diese objektiven Bestimmungen
letztlich ihren Anhalt besitzen an Konstatierungen von Unterscheiden und
Verhältnissen der Temporaldaten oder in unmittelbarer
Adäquation an
diese Temporaldaten selbst. Aber ohne weiteres ist z. B. Empfundenes <Zugleich>
nicht objektive Gleichzeitigkeit, empfundene Gleichheit von
phänomenologisch-temporalen Abständen nicht objektive Gleichheit von
Zeitabständen usw., das empfundene absolute Zeitdatum nicht ohne weiteres
Erlebtsein objektiver Zeit (auch für das absolute Datum des Jetzt gilt das).
Erfassen und zwar evident Erfassen eines Inhalts, so wie er erlebt ist, das
heißt noch nicht, eine Objektivität im eimpirischen Sinne erfassen, eine
objektive Wirklichkeit in dem Sinne, in welchem von objektiven Dingen,
Ereignissen, Verhältnissen, von objektiver Raumlage und Zeitlage, von objektiv
wirklicher Raumgestalt und Zeitgestalt usw. Die Rede ist.
Blicken wir
auf ein Stück Kreide hin; wir schließen und öffnen die Augen. Dann haben wir
zwei Wahrnehmungen. Wir sagen dabei: wir sehen dieselbe Kreide zweimal. Wir
haben dabei zeitlich getrennte Inhalte, wir erschauen auch ein
phänomenologisches zeitliches Auseinander, eine Trennung, aber am Gegenstand
ist keine Trennung, er ist derselbe: im Gegenstand Dauer, im Phänomen Wechsel.
So können wir auch subjektiv ein zeitliches Nacheinander empfinden, wo objektiv
eine Koexistenz festzustellen ist. Der erlebte Inhalt wir <objektiviert>,
und nun ist das Objekt aus dem Material der erlebten Inhalte in der Weise der
Auffassung konstituiert.
Der Gegenstand
ist aber nicht bloß die Summe oder Komplexion dieser <Inhalte>, die in
ihn garnicht eingehen, er ist mehr als Inhalt und anderes. Die Objektivität
gehört zur <Erfahrung> und zwar zur Einheit der Erfahrung, zum
erfahrungsgesetzlichen Zusammenhang der Natur. Phänomenologische gesprochen:
die Objektivität konstituiert sich eben nicht in den <primären> Inhalten,
sondern in den Auffassungscharakteren und in den zu dem Wesen dieser Charaktere
gehörigen Gesetzmäßigkeiten. Das voll zu durchschauen und zum klaren Verständnis
zu bringen, ist eben Erkenntnisphänomenologie.”
EDMUND
HUSSERL, “Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewußtfeins”,
herausgegeben von Martin Heidegger, Sonderdruck aus: ‘Jahrbuch für Philosophie
und phänomenologische Forschung’, Bd. IX
Herausgegeben
von E. Husserl, Niemeyer Verlag, Halle 1928 (S. 367 – 490), Erster Teil ‘Die
Vorlesungen über das innere Zeitbewußt. Sein aus dem Jahre 1905, § 1.
‘Hausschaltung der objektiven Zeit’, S. 371 – 373.
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