L'amicizia raddoppia le gioie e divide le angosce a metà.
Francis Bacon
L'uomo crede più facilmente vero ciò che preferisce sia vero
Francesco Bacone
Ho sempre aspirato a esprimermi nel modo più diretto e più crudo possibile, e forse, se una cosa viene trasmessa direttamente, la gente la trova orripilante.
Perché, se dici qualcosa in modo molto diretto a una persona, questa a volte si offende, anche se quello che hai detto è un fatto. Perché la gente tende a essere offesa dai fatti, o da quella che una volta veniva chiamata verità.
Francis Bacon
Perché, se dici qualcosa in modo molto diretto a una persona, questa a volte si offende, anche se quello che hai detto è un fatto. Perché la gente tende a essere offesa dai fatti, o da quella che una volta veniva chiamata verità.
Francis Bacon
Il dominio dell'uomo consiste solo nella conoscenza: l'uomo tanto può quanto sa; nessuna forza può spezzare la catena delle cause naturali; la natura infatti non si vince se non ubbidendole.
Francis Bacon, Da Pensieri e conclusioni sull'interpretazione della natura o sulla scienza operativa, in Scritti filosofici
Il più grande errore consiste nel fraintendere il vero scopo della Conoscenza, poiché alcuni sono spinti verso di essa unicamente da una curiosità naturale e da un temperamento avido di sapere; altri, dalla ricerca della varietà e di un certo piacere mentale; altri, dalla necessità di ostentazione e di essere ben considerati; altri ancora, dall’emulazione e la vittoria; molti, dall’attrazione del guadagno, e pochi soltanto dal desiderio di servirsi del dono divino della ragione nell’interesse dell’umanità.
Francis BACON (1561-1626)
La bellezza è come una ricca gemma, per la quale la montatura migliore è la più semplice
Francesco Bacone
Se un uomo parte con delle certezze finirà con dei dubbi;
ma se si accontenta di iniziare con qualche dubbio, alla fine avrà delle certezze
Bacone
"Colui al quale in un santuario venivano mostrati quadri appesi come voto da gente scampata ad un naufragio, a chi lo incalzava di domande se non riconoscesse la potenza degli dei, chiese a sua volta: "dov'e' il ritratto di coloro che pur avendo fatto il voto, sono morti ugualmente?".
Francesco Bacone, 1561 / 1626
Francesco Bacone. Dei libri e del perché scrivere.
“Alcuni libri si debbono assaggiare, altri inghiottire, e altri pochi masticare e digerire: cioè, alcuni libri si debbono leggere soltanto in parte; altri si debbono leggere ma non con cura; e alcuni pochi si debbono leggere interamente, e con diligenza e attenzione. Alcuni libri inoltre si possono leggere per deputazione, in estratti fattine da altre: ma questo dovrebbe accadere soltanto per gli argomenti meno importanti; e per i libri di qualità inferiore: d’altronde i libri sono, come alcune acque distillate, cose insipide. Il leggere rende un uomo completo; il parlare lo rende pronto; e lo scrivere lo rende preciso. E perciò, se uno scrive poco, deve avere una grande memoria; se conversa poco, deve avere uno spirito pronto; e se legge poco deve avere molta abilità per mostrare di sapere quel che non sa.”
FRANCESCO BACONE (1561 – 1626), “Degli studi”, in Id., “Saggi” (I ed. 1597, III ed. completa e definitiva 1625), traduzione di Cordelia Guzzo, in Id., “Scritti politici giuridici e storici”, a cura e introduzione di Enrico De Mas, 2 voll., vol. I, ‘Scritti politici’, L., p. 468.
“ Some books are to be tasted, others to be swallowed, and some few to be chewed and digested; that is, some books are to be read only in parts; others to be read, but not curiously; and some few to be read wholly, and with diligence and attention. Some books also may be read by deputy, and extracts made of them by others; but that would be only in the less important arguments, and the meaner sort of books, else distilled books are like common distilled waters, flashy things. Reading maketh a full man; conference a ready man; and writing an exact man.”
FRANCIS BACON, “Of Studies”, in Id., “The Essays or Counsels Civil and Moral” (I ed. Hooper, London 1597; III and last ed. printed by Iohn Haviland for Hanna Barret and Richard Whitaker, London 1625), edited with an Introduction and Notes by Brian Vickers, Oxford University Press, Oxford 1999, 50., p. 114.
Francesco Bacone, Le parole fanno violenza all’intelletto.
“Vi sono poi gli idoli che derivano quasi da un contratto e dalle reciproche relazioni del genere umano: li chiamiamo ‹idoli del foro› a causa del commercio e del consorzio degli uomini. Gli uomini infatti si associano per mezzo dei discorsi, ma i nomi vengono imposti secondo la comprensione del volgo e tale errata e inopportuna imposizione ingombra straordinariamente l’intelletto. D’altra parte le definizioni o le spiegazioni, delle quali gli uomini dotti si sono provveduti e con le quali si sono protetti in certi casi, non sono in alcun modo servite di rimedio. Anzi, le parole fanno violenza all’intelletto e confondono ogni cosa e trascinano gli uomini a innumerevoli e vane controversie e finzioni.”
FRANCESCO BACONE (1561 – 1626), “La grande instaurazione” (1620), in ID., “Opere filosofiche”, a cura, introduzione e trad. di Paolo Rossi, UTET, Torino 1975 (I ed.), ‘Parte seconda dell’opere detta Nuovo Organo ossia veri indizi intorno all’interpretazione della natura’, ‘Aforismi sull’interpretazione della natura e sul regno dell’uomo’, Libro primo, XLIII, p. 561.
“ Sunt etiam Idola tanquàm ex contractu & societate humani generis ad invicem, quae Idola Fori, propter hominum commercium, & consortium, appellamus. Homines enim per sermones sociantur; At verba ex captu vulgi imponuntur. Itaque mala & inepta verborum impositio miris modis intellectum obsidet. Neque definitiones aut explicationes, quibus homines docti se munire & vindicare in nonnullis consueverunt, rem ullo modo restituunt. Sed verba planè vim faciunt intellectui, & omnia turbant; et homines ad inanes, & innumeras Controversias, & commenta deducunt.”
FRANCISCI DE VERULAMIO “Instauratio magna”, apud Joannem Billium Londini 1620, Pars secunda quæ dicitur Novum organum, sive indicia vera de interpretatione naturæ’, ‘Summa digesta in aphorismos’, ‘Aphorismi de interpretazionæ naturaæ, et regno hominis’, Aphorismus XLIII, p. 58.
Se un uomo parte con delle certezze finirà con dei dubbi;
ma se si accontenta di iniziare con qualche dubbio, alla fine avrà delle certezze
Bacone
"Colui al quale in un santuario venivano mostrati quadri appesi come voto da gente scampata ad un naufragio, a chi lo incalzava di domande se non riconoscesse la potenza degli dei, chiese a sua volta: "dov'e' il ritratto di coloro che pur avendo fatto il voto, sono morti ugualmente?".
Francesco Bacone, 1561 / 1626
“Alcuni libri si debbono assaggiare, altri inghiottire, e altri pochi masticare e digerire: cioè, alcuni libri si debbono leggere soltanto in parte; altri si debbono leggere ma non con cura; e alcuni pochi si debbono leggere interamente, e con diligenza e attenzione. Alcuni libri inoltre si possono leggere per deputazione, in estratti fattine da altre: ma questo dovrebbe accadere soltanto per gli argomenti meno importanti; e per i libri di qualità inferiore: d’altronde i libri sono, come alcune acque distillate, cose insipide. Il leggere rende un uomo completo; il parlare lo rende pronto; e lo scrivere lo rende preciso. E perciò, se uno scrive poco, deve avere una grande memoria; se conversa poco, deve avere uno spirito pronto; e se legge poco deve avere molta abilità per mostrare di sapere quel che non sa.”
FRANCESCO BACONE (1561 – 1626), “Degli studi”, in Id., “Saggi” (I ed. 1597, III ed. completa e definitiva 1625), traduzione di Cordelia Guzzo, in Id., “Scritti politici giuridici e storici”, a cura e introduzione di Enrico De Mas, 2 voll., vol. I, ‘Scritti politici’, L., p. 468.
“ Some books are to be tasted, others to be swallowed, and some few to be chewed and digested; that is, some books are to be read only in parts; others to be read, but not curiously; and some few to be read wholly, and with diligence and attention. Some books also may be read by deputy, and extracts made of them by others; but that would be only in the less important arguments, and the meaner sort of books, else distilled books are like common distilled waters, flashy things. Reading maketh a full man; conference a ready man; and writing an exact man.”
FRANCIS BACON, “Of Studies”, in Id., “The Essays or Counsels Civil and Moral” (I ed. Hooper, London 1597; III and last ed. printed by Iohn Haviland for Hanna Barret and Richard Whitaker, London 1625), edited with an Introduction and Notes by Brian Vickers, Oxford University Press, Oxford 1999, 50., p. 114.
Francesco Bacone, Le parole fanno violenza all’intelletto.
“Vi sono poi gli idoli che derivano quasi da un contratto e dalle reciproche relazioni del genere umano: li chiamiamo ‹idoli del foro› a causa del commercio e del consorzio degli uomini. Gli uomini infatti si associano per mezzo dei discorsi, ma i nomi vengono imposti secondo la comprensione del volgo e tale errata e inopportuna imposizione ingombra straordinariamente l’intelletto. D’altra parte le definizioni o le spiegazioni, delle quali gli uomini dotti si sono provveduti e con le quali si sono protetti in certi casi, non sono in alcun modo servite di rimedio. Anzi, le parole fanno violenza all’intelletto e confondono ogni cosa e trascinano gli uomini a innumerevoli e vane controversie e finzioni.”
FRANCESCO BACONE (1561 – 1626), “La grande instaurazione” (1620), in ID., “Opere filosofiche”, a cura, introduzione e trad. di Paolo Rossi, UTET, Torino 1975 (I ed.), ‘Parte seconda dell’opere detta Nuovo Organo ossia veri indizi intorno all’interpretazione della natura’, ‘Aforismi sull’interpretazione della natura e sul regno dell’uomo’, Libro primo, XLIII, p. 561.
“ Sunt etiam Idola tanquàm ex contractu & societate humani generis ad invicem, quae Idola Fori, propter hominum commercium, & consortium, appellamus. Homines enim per sermones sociantur; At verba ex captu vulgi imponuntur. Itaque mala & inepta verborum impositio miris modis intellectum obsidet. Neque definitiones aut explicationes, quibus homines docti se munire & vindicare in nonnullis consueverunt, rem ullo modo restituunt. Sed verba planè vim faciunt intellectui, & omnia turbant; et homines ad inanes, & innumeras Controversias, & commenta deducunt.”
FRANCISCI DE VERULAMIO “Instauratio magna”, apud Joannem Billium Londini 1620, Pars secunda quæ dicitur Novum organum, sive indicia vera de interpretatione naturæ’, ‘Summa digesta in aphorismos’, ‘Aphorismi de interpretazionæ naturaæ, et regno hominis’, Aphorismus XLIII, p. 58.
Non esiste affatto alcun conflitto scienza/fede: la prima non riguarda il Bene mentre la seconda sì, pur trattando la stessa cosa (ad es. l’origine del mondo). IL SAPERE SCIENTIFICO È ADIÀFORON, INDIFFERENTE RISPETTO AL BENE, senza contare che è sempre rivedibile, relazionale e congetturale, in senso cusaniano.
Infatti il conflitto non c'è. Si è andata sedimentando una tradizione conflittuale perchè la scienza è stata osteggiata dalle ierocrazie e la conflittualità emerge tutta da questo errore della "classe" sacerdotale, e viene tramandata come una tradizione che avvelena la scienza stessa senza che essa nemmeno se ne accorga. In realtà il motivo di questo conflitto non è nè irragionevole nè gnoseologico nè di potere: il motivo per cui la religione ha ravvisato subito nella scienza un avversario, è che la scienza è una concorrente della religione ma non perchè si situa altrove ma proprio perchè si situa sullo stesso luogo. La scienza _E'_ una religione: lo è metodologicamente, lo è nelle formae mentis che applica, lo è nelle infrastrutture che crea, e lo è nelle conclusioni. Il conflitto non originò da una dissimilitudine ma da una profonda analogia. Per questo la gerarchia ecclesiastica reagì in maniera così veemente e pazzesca, ed è per questo che ancora oggi, quando il conflitto avrebbe oramai tutti i presupposti per essere risolto e riconciliato, continua a trascinarsi stancamente come un fantasma che trascina le sue gigantesche catene.
[…] c'è la dimensione temporale che accomuna scienza e fede; infatti il tempo nella teologia medioevale era così scandito: passato (peccato), presente (redenzione), futuro (salvezza). Nella scienza abbiamo: passato (ignoranza), presente (ricerca), futuro (progresso). Quindi: il peccato è frutto dell'ignoranza che viene redenta attraverso la ricerca (lo studio) che comporta l'emancipazione per l'uomo cioè la sua salvezza attraverso il progresso. […]
"Genesi" (1,26) c'è scritto: "Poi Iddio disse: formiamo l'uomo a nostra immagina, secondo la nostra somiglianza: domini sopra i pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sugli animali domestici; su tutte le fiere della terra e sopra tutti i rettili che strisciano sopra la superficie". Qui c'è il PROGRAMMA TEOSCIENTIFICO DELL'OCCIDENTE, rafforzato nel "Novum Organum" di Bacone, il quale scrive: "In seguito al peccato originale, l'uomo decadde dal suo stato di innocenza, e dal dominio sulle cose create. Ma entrambe le cose si possono recuperare, almeno in parte, in questa vita. La prima mediante la fede, la seconda mediante le tecniche e le scienze (...)"
Studi condotti da Heidegger e Husserl e ripresi in "Psiche e Techne" e "Il tramonto dell'occidente" di Umberto Galimberti.
Il "Tao della fisica" di F.Capra che dimostra palesemente come i principi della meccanica quantistica combaciano con i principi metafisici delle dottrine orientali.
L'ameno e interessante dibattito, che ho riletto interamente, partiva da una affermazione circa la DIFFERENZA DI "OGGETTO" TRA SCIENZA E RELIGIONE. Si diceva che la scienza era "congetturale, rivedibile e relazionale", se non erro. Limitandosi, come prima approssimazione, alla VISIONE POPPERIANA, LA RICERCA SCIENTIFICA TENDE A METTERE CONTINUAMENTE IN DISCUSSIONE I PROPRI PRESUPPOSTI, ossia a "cogliere in fallo", con esperimenti adeguati, i principi teorici accettati. Si chiama più in generale "CONCEZIONE FALLIBILISTA" DELLA SCIENZA. Ora, già questo mette in discussione la tesi principale, poiché NESSUNO SCIENZIATO, SAPENDO DI POTER SBAGLIARE NELLE SUE CONVINZIONI, FAREBBE DEL "MALE" A UNO SCIENZIATO CHE LA PENSA DIVERSAMENTE DA LUI. Guardando alla storia delle religioni (che sono tante e diverse e non solo quelle monoteiste e tanto meno quelle della tradizione ebraico-cristiana), non mi pare questo sia avvenuto. Speriamo bene per il futuro. Ma poi, nell'intervento successivo, l'intervento d'apertura ha fornito l'opportunità di andare oltre e di parlare per così dire di una "struttura" comune. Altri hanno aggiunto che questa struttura comune appare nella cosiddetta "TEMPORALITÀ", tipica ad esempio di qualsiasi "racconto". Ora, la temporalità non va confusa con la storia e col carattere storico che sia la scienza sia le religioni hanno avuto. LA SCIENZA NON SI FERMA E NON VUOLE FERMARSI. HA MUTATO PARADIGMI, HA PRODOTTO RIVOLUZIONI INTELLETTUALI, HA SCALZATO VECCHI PREGIUDIZI. Lo stesso è avvenuto per molte religioni, ma pochi conoscono la storia delle religioni. Quella parte della ricerca scientifica che si chiama "sperimentale" non pone limiti alle possibilità delle risposte che dà la natura. La religione ha lo stesso spirito innovativo? Si può parlare di progresso allo stesso modo per la scienza e per la religione? Lo chiedo ai partecipanti al dibattito, poiché mi interessano le loro risposte. Chiedo solo di non negare l'evidenza. E' facile trovare sofisticherie circa l'esistenza di un progresso scientifici e tecnico, ma allora la perdita di contatto con la realtà assumerebbe contorni psicopatologici.
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