Aborigeni, Australia
Tutto è uno: i nostri antenati, i nostri nipoti che devono ancora nascere, la vita che è ovunque
Aborigeno Australiano
“Oggi più che mai gli uomini dovrebbero imparare a vivere senza gli oggetti.
Gli oggetti riempiono l'uomo di timore: più oggetti si hanno più si ha da temere.” ...
“Gli oggetti hanno la capacità di impiantarsi nell'anima per poi dire all'anima cosa fare.”
Bruce Chatwin
Ancora oggi, disse Wendy, quando una madre aborigena nota nel suo bambino i primi risvegli della parola, gli fa toccare le «cose» di quella particolare regione: le foglie, i frutti, gli insetti e così via. Il bambino, attaccato al petto della madre, giocherella con la «cosa», le parla, prova a morderla, impara il suo nome, lo ripete e infine la butta in un canto. «Noi diamo ai nostri figli fucili e giochi elettronici», disse Wendy. «Loro gli hanno dato la terra».
Bruce Chatwin, Le vie dei canti
"Gli aborigeni non conducono affatto una vita semplice:
debbono conoscere i nomi propri, non quelli della specie, di tutti gli alberi e di tutti i cespugli nel raggio di circa un centinaio di miglia. Debbono conoscerli in quanto singoli. Debbono dare un nome proprio permanente ad ogni arbusto, albero, cespuglio o quant'altro, sopportano dunque una straordinaria sfida mnemonica. Costoro conducono una vita molto difficile, ma si tratta peraltro di una cosa molto pratica. Gli aborigeni debbono imparare i nomi delle cose in modo che, se si chiede loro di recarsi in qualche luogo, possono trovare la strada grazie ai nomi propri degli alberi, degli arbusti, dei cespugli, e così via".
Robert Livingston, docente di neuroscienze all'Università della California di San Diego, a colloquio con Tenzin Ghyatso il Dalai Lama
Elli Maioli:
Quanti nomi ha la neve?
Un antropologo Hugh Brody ha dedicato parte del suo studio alla lingua inuit. Secondo lui "esistono molte parole per descrivere le diverse forme e condizioni della neve. C’è la neve che scende, la neve che segna la fine della bella stagione, la neve appena caduta, la neve soffice su cui si fa fatica a camminare, i cumuli di neve morbida, la neve dura e cristallina, quella che si è sciolta e poi ricongelata, la neve su cui è piovuto sopra, la neve farinosa, la neve trasportata dal vento, la neve con cui il vento copre gli oggetti, la neve dura che cede sotto il peso dei passi, la neve fusa per essere bevuta, la neve ammucchiata e la neve più adatta a costruire gli igloo. In inuktitut ci sono anche molti verbi con la radice “neve”, come scrollarsi la neve di dosso, lavorare la neve con un qualsiasi attrezzo, o mettere un po’ di neve in una bevanda calda per raffreddarla. Gli Inuit distinguono tutte queste varietà di neve e di ghiaccio. Le persone devono scegliere le rotte delle slitte, individuare i luoghi adatti a costruire le case, valutare le superfici più sicure per camminare o passarvi sopra con le slitte e decidere dove posizionarsi accanto alle brecce del ghiaccio da cui le foche escono a respirare, senza emettere rumori che le orecchie sensibili degli animali possano sentire. Devono anche prevedere il tempo, e adeguarsi ai suoi capricci. Le definizioni di neve sono parte integrante del processo decisionale che determina il successo o il fallimento di una battuta di caccia, e hanno un’importanza vitale nella valutazione del possibile livello di benessere, disagio o pericolo, anche nel caso di un viaggio breve."
Esistono molti modi per chiamare la neve quando la neve inizia a cadere. Così nella mia lingua ti chiamavo in differenti modi quando cadevi, muta, sulla mia esistenza quotidiana. Sapevo il giorno in cui eri soffice e leggera, e quello in cui tempestosa seppellivi ogni parte di te per non farti trovare, i giorni in cui mi sferzavi il viso delusa dal mio resistere e quelli in cui tutta questa neve ci trovava insieme, e allora in mezzo alla tormenta eterna di alcuni istanti non aveva più importanza chi era chi. Questo è il motivo per il quale non sempre ti chiamavo per nome. A volte non ti chiamavo affatto, se non nei sogni, e quando mi risvegliavo c'era questa bianca marea intorno a me e capivo che c'eri ancora.
Da poco è arrivato l'autunno, ma qui non ha mai smesso di nevicare. Aspetto primavera, aspetto di chiamarti fiore, mentre la neve, ora, ha cura di me e di quello che resta.
Quando allontanate un uomo dalla sua terra, gli togliete lo spirito che gli dà vita.
Aborigeni, Australia
"Dreamtime […] Nella mitologia aborigena australiana, DREAMTIME, the Dreaming, the Law (dall'inglese "ERA DEI SOGNI", e "legge") è l'EPOCA ANTECEDENTE ALLA CREAZIONE (O ALLA FORMAZIONE) DEL MONDO. […] Benché il Dreamtime sia spesso menzionato come epoca della creazione, alcuni autori e studiosi sottolineano che SI TRATTA PIÙ PRECISAMENTE DI "MITI DELLA FORMAZIONE" (DEL PRENDERE FORMA); NEL TEMPO DEL SOGNO IL MONDO ESISTEVA GIÀ, MA ERA "INDIFFERENZIATO". Era abitato da ESSERI METAFISICI, TOTEMICI, GENERALMENTE RAPPRESENTATI COME CREATURE GIGANTESCHE CON FORMA DI ANIMALI. Camminando, cacciando, danzando o semplicemente sedendosi per terra, essi lasciarono nel mondo fisico tracce delle loro azioni e segni del loro passaggio: le montagne, le rocce, le pozze d'acqua, e ogni altro oggetto presente in natura. Determinati luoghi, creati da eventi di particolare importanza (per esempio combattimenti, morti, o altre vicende drammatiche) mantengono una speciale potenza, chiamata dagli aborigeni IL "SOGNO" DEL LUOGO. Inoltre, ALLA FINE DEL TEMPO DEL SOGNO, GLI STESSI DÈI SI INSEDIARONO IN CERTI LUOGHI, "DIVENTANDO" MONTAGNE, ROCCE, FIUMI E COSÌ VIA. A Perth, per esempio, I NOONGAR PENSANO CHE LA DARLING SCARP SIA IL CORPO DI UN WAUGAL - UN ESSERE A FORMA DI SERPENTE CHE ATTRAVERSÒ NEL TEMPO DEL SOGNO LA ZONA, CREANDO FIUMI, RUSCELLI E LAGHI. […] La visione aborigena ASSEGNA UNA SACRALITÀ A OGNI LUOGO DELLA TERRA, e stabilisce una RETE DI RELAZIONI ORIGINARIE FRA OGNI ESSERE VIVENTE E OGNI LUOGO. L'importanza della topografia in questo sistema di credenze è centrale e non è un caso che una tale mitologia sia stata sviluppata da UN POPOLO LE CUI ABITUDINI DI VITA SEMBRANO ALL'OCCIDENTALE ESPLICITAMENTE MIRATE A NON MODIFICARE NULLA DELL'AMBIENTE NATURALE. Il Tempo del Sogno non è relegato nel passato storico del mondo; nella visione aborigena del mondo, esso è infatti al tempo stesso un "tempo" e quella che gli occidentali chiamerebbero una "DIMENSIONE". Esso RIMANE ACCESSIBILE AGLI ABORIGENI PROPRIO ATTRAVERSO IL SOGNO, STRUMENTO FONDAMENTALE PER COMUNICARE CON GLI SPIRITI, decifrare il significato di presagi o comprendere le cause di malattie e sfortune. OGNI GRUPPO O NAZIONE ABORIGENA CONSERVA UN CERTO NUMERO DI RACCONTI DEL DREAMTIME, DEI QUALI È RESPONSABILE. GLI ANZIANI DI OGNI GRUPPO SVOLGONO QUESTO RUOLO DI "CUSTODI" DEI RACCONTI, E DEVONO TRAMANDARLI ALLE NUOVE GENERAZIONI NEI MODI E NEI TEMPI PREVISTI DALLA TRADIZIONE. Questa tradizione millenaria (forse di decine di migliaia di anni) si è interrotta in molte regioni (soprattutto nel sudest australiano) durante la colonizzazione. Proprio in reazione all'azione distruttiva dei coloni nei confronti della loro cultura, oggi gli aborigeni cercano di preservare i racconti sopravvissuti cercando di diffonderne il più possibile la conoscenza. La tradizione aborigena prevede anche che DETERMINATI RACCONTI, PARTICOLARMENTE IMPORTANTI, SIANO SEGRETI che non possono essere rivelati che a particolari gruppi o a particolari individui. Vi sono, per esempio, STORIE DEL DREAMTIME CHE SOLO LE DONNE CONOSCONO, O SOLO GLI UOMINI. Dato il forte legame fra le storie del Dreamtime e la realtà geografica del paese, non stupisce il fatto che vi siano corrispondenze fra le storie che ogni gruppo può conoscere e raccontare e i luoghi sacri che quello stesso gruppo è autorizzato a frequentare. Così, molte storie che gli aborigeni si rifiutano di raccontare ai bianchi sono legate a luoghi vietati ai turisti. A causa dell'effetto della colonizzazione da una parte, e della segretezza dei miti dall'altra, solo una minima parte della mitologia aborigena è effettivamente nota agli antropologi.
Secondo quanto riportato da BRUCE CHATWIN IN LE VIE DEI CANTI, I RACCONTI DEL DREAMTIME SONO TRAMANDATI IN FORMA DI CANTI; OGNUNO DI QUESTI CANTI DESCRIVE IL PERCORSO SEGUITO DA UNA CREATURA ANCESTRALE NEL SUO VIAGGIO ORIGINARIO, E HA UNA STRUTTURA MUSICALE CHE CORRISPONDE, COME UNA SORTA DI MAPPA, ALLA MORFOLOGIA DEL TERRITORIO ATTRAVERSATO DA TALE PERCORSO".
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Domenico D'Ambrosio
Re della sopravvivenza
Video musicale molto interessante con l'interazione dei boscimani, popolo che abita il sud dell'Angola e parte della Namibia. In Angola, noti anche come "Mucancalas " o " Kamussequeres ".
Considerato uno dei popoli meglio adattati alla sopravvivenza in condizioni estremamente aride e inospitali del deserto del kalaari.
Caratteristica la forma di parlare con clic della lingua.
https://www.facebook.com/manuel.r.ferreira/videos/10206666329429979/
Bel video, però un po triste se si pensa come si può rovinare un popolo facendogli indossare magliette colorate e mutande. Creando in loro un bisogno di una civiltà che in poco tempo li distruggerà e i bambini di questo popolo tra 10anni saranno solo carne da scafisti....
Quelli (anglosassoni, protestanti) che oggi ci insegnano che non sta bene dire 'negro'.
Lo sapevate che il Sudafrica fono al 1936 ha rilasciato regolari permessi di caccia al boscimano?
Boscimano, dall'inglese bushmen, erano una popolazione aborigena del deserto del Kalahari dotata di una cultura straordinaria, analoga a quella dei nativi americani, ma la loro popolazione è stata sterminata dagli occupatori bianchi e protestanti.
Fino alla metà degli anni '60, gli australiani indigeni erano classificati come animali dalla the Flora And Fauna Act, non come esseri umani. Questo voleva dire anche che uccidere un australiano indigeno significava che non si stava uccidendo un essere umano, ma un animale.
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