L’insoddisfazione è il motore della ricerca ma è anche il nostro cruccio e talvolta la nostra infelicità. Siamo infelici perché le cose belle “durano un giorno come le rose” o perché le rose più belle non si fanno cogliere. Siamo confusi e nell’ansiosa ricerca di un ‘traguardo’, pigliamo ‘fischi per fiaschi’ e l’autostima scivola sotto le scarpe.
I nostri rapporti interpersonali, se li guardiamo da vicino, si muovono su diversi livelli. Dai più superficiali, che ci consentono di indossare la maschera che abbiamo preparato fin dall’infanzia per sentirci sempre a nostro agio, ma che mai ci soddisfano, poiché lasciano fuori dal rapporto quasi tutto, a quelli più importanti, dove ci illudiamo un po’ di essere “noi stessi” per il fatto che ci danno modo di ‘sperimentarci’, di vivere dimensioni diverse e più intime e dentro le quali facciamo la conoscenza soprattutto di noi stessi, per mezzo dell’altro. Questi ultimi sono i rapporti che costellano la nostra vita e che per certi versi abbiamo ritenuto appaganti per il fatto che ci hanno maturato, ci hanno consentito, attraverso il confronto, di conoscere come ‘funzioniamo’, di conoscere cosa ci serve e quello di cui possiamo fare a meno. Soprattutto ci hanno consentito di sperimentare le nostre capacità affettive, di accoglienza e di donazione di noi stessi. Se immaginiamo il cielo di notte, possiamo vedere zone ricche di stelle e costellazioni e ampie zone di buio denso. Sappiamo che quelle zone sono tutt’altro che prive di stelle luminose, semplicemente sono troppo lontane da noi per poterne cogliere la luce. Ebbene noi, o meglio, l’essenza della nostra vita, è quel cielo stellato, con stelle luminosissime, addirittura grandi pianeti e galassie zeppe di stelle, ma anche enormi spazi bui, inesplorati.
A ben guardare, tutta la nostra vita è un tendere a quegli spazi bui, a conoscerne i segreti e la luce che vi è racchiusa. A questo scopo adottiamo le più disparate strategie, cadiamo, ci rialziamo, confondiamo e siamo confusi, tentiamo scorciatoie e sperimentiamo Ci illudiamo e deludiamo, spendiamo insomma enormi quantità di energia psichica in questo “tendere a…”. Inevitabilmente questa ricerca, che è stata chiamata in mille modi, ruota intorno ai rapporti, per il fatto che su tutto domina una certezza profonda: siamo incompleti, spaccati, divisi e allora il completamento ci giunge dall’unione con l’altro da noi. Si passa talvolta una vita intera a cercare l’altro “adatto” al completamento, accumulando errori su errori, delusioni su delusioni. Il motivo di tutti questi disastri che costellano le nostre vite bisogna probabilmente cercarlo molto vicino a noi.
Se guardiamo una cucciolata ai primi giorni di vita, vediamo bene l’affannarsi dei cuccioli alla ricerca del capezzolo, ma i loro occhi sono ancora chiusi, il loro olfatto e il loro udito è ancora immaturo e allora ciucciano qualsiasi cosa si trovano davanti alla bocca, con evidente disappunto. Saranno sufficienti pochi giorni e quei cuccioli diventeranno dei veri esperti su come procurarsi tutto ciò che a loro serve. Il nostro affannarci nella vita talvolta somiglia davvero tanto a quella cucciolata nei primi giorni. Per avere l’appagamento non basta cercare, ma serve di avere a disposizione tutti gli strumenti che ci consentano di trovare. Tanto più che la nostra natura di esseri assai evoluti ci spinge a cercare molto in alto e allora è necessario equipaggiarsi alla grande.
La maggioranza dei nostri rapporti interpersonali sono nel quotidiano e sono dei ‘rapporti maschera’. Nulla di strano e anzi del tutto fisiologico questo allacciare rapporti che siano utili alla nostra vita sociale, al nostro lavoro, alla nostra efficienza nel ‘fare’. Sappiamo che la nostra vita è anche un grande gioco di ruolo che entra a pieno titolo nella formazione degli equilibri. Il problema, direi anzi la patologia, è solo di coloro che si identificano nella maschera che indossano e dunque passano la vita dentro un gioco di ruolo. Purtroppo queste persone sono escluse dalla possibilità di una vita piena, non cercano in realtà nulla e spendono tutte le energia al mantenimento e abbellimento della maschera. Poveretto chi ci capita, verrebbe da dire, e comunque sono esclusi, anzi autoesclusi, dal discorso che stiamo cercando di fare qui oggi. Torniamo dunque a coloro che, in sintonia con il destino di crescita riservato alla specie umana, non si accontentano, ma cercano e si attrezzano con strumenti adatti.
L’insoddisfazione è il motore della ricerca, ma è anche il nostro cruccio e talvolta la nostra infelicità. Siamo infelici perché le cose belle “durano un giorno come le rose” o perché le rose più belle non si fanno cogliere. Siamo confusi e nell’ansiosa ricerca di un ‘traguardo’, pigliamo ‘fischi per fiaschi’ e l’autostima scivola sotto le scarpe. Come rimedio a questo dispendio di energie che può condurre la nostra vita ad essere vissuta come un vero ‘disastro’, proviamo innanzitutto a considerare il percorso più importante del traguardo. Dico questo perché, come vedremo più avanti, il traguardo è davvero lassù in mezzo al cielo, in quel punto che ci appare più nero. Può non essere sufficiente una sola vita, può essere che gli affanni della vita quotidiana disperdano molte energie, può essere che incontri sbagliati ci facciano perdere tanto tempo. Comunque sia, dovremmo abituarci a pensare che una vita è ben spesa non in virtù dei traguardi, ma dei percorsi di crescita individuale, poiché solo quelli ci aprono di volta in volta orizzonti nuovi da esplorare, nuove possibilità che credevamo ci fossero precluse. Un’altra importante forma pensiero che dovremmo fare nostra è che è la mente ad avere bisogno di ordine, non l’Universo, dove anzi regna il caos, e allora, se ci accingiamo ad esplorare il nostro Universo interiore alla ricerca della pienezza e della ‘felicità’, non dovremmo mettere in valigia le nostre classiche categorie mentali, non ci serviranno.
Le tipiche categorie mentali che ci sono di aiuto nella vita di ogni giorno, diventano improvvisamente zavorra ingombrante quando esploriamo territori sconosciuti di quanto ci appartiene e che vogliamo conoscere un po’ per avere una vita piena e consapevole. Mi riferisco alle rigide categorie spazio-tempo, maschile-femminile, bene-male.
Dato che la maggioranza degli individui considera il rapporto di coppia come la base di ogni altra considerazione, dobbiamo partire dalla coppia per capire le aspirazioni deluse e le cosiddette “vite sprecate”. Nel modo di vedere le cose che sto descrivendo, il rapporto tra un uomo ed una donna e gli istinti che lo governano, non hanno solo i fini riproduttivi di specie come per gli altri animali e come la dottrina cattolica ci spiega da secoli. Sarebbe così se l’essere umano fosse un animale fra gli altri nel creato, ma non è così semplice. Infatti l’evoluzione della specie umana è andata verso un tale sviluppo delle parti alte della psiche e dunque della coscienza, da differenziarsi enormemente dal resto del mondo animale, anche nei fini. Il fine di un essere umano evoluto non può essere ristretto alla soddisfazione dei bisogni primari, altrimenti si troverebbe nella condizione del leone, che quando ha mangiato e riposato, si adopera a cercare nuovamente il cibo, allo scopo di mantenere la sua forza, che gli serve a procreare e cercare il cibo. L’essere umano invece, quando ha soddisfatto i bisogni primari, si mette a pensare, si fa domande, tende all’evoluzione e alla comprensione di sé e dell’Universo.
Nelle persone più evolute, il rapporto di coppia è considerato la via maestra che più alla svelta di altre porta alla conoscenza di sé e delle umane cose. La stessa strada, essendo carica di queste aspettative, è inevitabilmente lastricata di delusioni, conflitti e amarezza. Spesso viviamo l’attrazione fra individui e il tentativo di farne una coppia, come il mattone per costruire il mondo, dentro e fuori di noi; ebbene il carico si mostrerà presto eccessivo e i progetti spesso inconciliabili. Proviamo per un momento a non trascurare il fatto che in media gli individui hanno una scarsa conoscenza di sé e dei propri meccanismi. Consideriamo che nelle loro scelte sono scarsamente volitivi e più che altro sospinti da pulsioni non decifrate poiché inconsce. In questa luce possiamo considerare gli innamoramenti che costellano la nostra vita come proiezioni del nostro alter-ego contro sessuale affondato nell’inconscio su una figura esterna, che in quel momento si mostra ‘adatta’ ad accogliere e riflettere la proiezione. A queste operazioni proiettive, del resto ampiamente sfruttate nei setting terapeutici, sono annesse grandi quantità di energia, capace dunque di ‘trasformare’ gli individui, generando quel miglioramento della personalità cui tutti aspiriamo. Trattandosi di proiezioni di contenuti che appartengono più a noi che all’altro, quando si accendono le luci in sala, appare in tutta evidenza il telone bianco che abbiamo di fronte, con tutte le immaginabili conseguenze. Si tratta però di tappe importanti nel percorso di conoscenza di se stessi e fanno parte delle esperienze fondamentali dell’Umanità e come tali probabilmente imprescindibili, se intendiamo la vita come percorso di crescita individuale e collettivo.
Gli ‘spazi dell’Anima’ sono dunque il luogo della nostra ricerca e delle nostre aspirazioni alla Conoscenza e il rapporto di coppia e gli incontri sessuali connessi, sono inconsciamente considerati le ‘scorciatoie’ al nostro completamento tramite la ricongiunzione degli opposti. Ma questo è un traguardo e allora non dovremmo disperarci troppo per gli insuccessi, poiché forse mai come in questo caso dovremmo considerare il viaggio più importante della meta.
Il grande ricercatore C.G. Jung, alla cui Opera tutta questa mia relazione di oggi si ispira, descrisse i rari e fortunati casi di quelle che lui stesso chiamò ‘Coppie Anima’. Queste coppie di individui, generalmente un uomo e una donna, ma non necessariamente, hanno avuto dalla vita l’opportunità di ‘saltare’ tante tappe evolutive poiché il loro incontro avviene a livello di Anima, dunque un incontro fra archetipi e solo secondariamente fra individui. In questi incontri non hanno senso le differenze e le categorie mentali usuali, poiché ci troviamo nella dimensione inconscia collettiva, dove i conflitti sono risolti, gli opposti ricongiunti, dove l’età cronologica non ha senso, dove i generi maschile e femminile appartengono per intero a ciascun elemento della coppia, con possibilità di interscambio inusuale dei ruoli, che è l’essenza dell’intimità vera. Si vede bene che stiamo anche ora parlando del traguardo, il fine evolutivo delle nostre affannose ricerche, la costellazione in quegli squarci di cielo buio. Alcuni fortunati vivono il loro incontro in uno spazio Anima compiuto, come fosse cosa di questo mondo, come in effetti è per chi ha occhi per vederla e verso cui tutti, pur senza spesso averne coscienza.
A ben guardare, tutta la nostra vita è un tendere a quegli spazi bui, a conoscerne i segreti e la luce che vi è racchiusa. A questo scopo adottiamo le più disparate strategie, cadiamo, ci rialziamo, confondiamo e siamo confusi, tentiamo scorciatoie e sperimentiamo Ci illudiamo e deludiamo, spendiamo insomma enormi quantità di energia psichica in questo “tendere a…”. Inevitabilmente questa ricerca, che è stata chiamata in mille modi, ruota intorno ai rapporti, per il fatto che su tutto domina una certezza profonda: siamo incompleti, spaccati, divisi e allora il completamento ci giunge dall’unione con l’altro da noi. Si passa talvolta una vita intera a cercare l’altro “adatto” al completamento, accumulando errori su errori, delusioni su delusioni. Il motivo di tutti questi disastri che costellano le nostre vite bisogna probabilmente cercarlo molto vicino a noi.
Se guardiamo una cucciolata ai primi giorni di vita, vediamo bene l’affannarsi dei cuccioli alla ricerca del capezzolo, ma i loro occhi sono ancora chiusi, il loro olfatto e il loro udito è ancora immaturo e allora ciucciano qualsiasi cosa si trovano davanti alla bocca, con evidente disappunto. Saranno sufficienti pochi giorni e quei cuccioli diventeranno dei veri esperti su come procurarsi tutto ciò che a loro serve. Il nostro affannarci nella vita talvolta somiglia davvero tanto a quella cucciolata nei primi giorni. Per avere l’appagamento non basta cercare, ma serve di avere a disposizione tutti gli strumenti che ci consentano di trovare. Tanto più che la nostra natura di esseri assai evoluti ci spinge a cercare molto in alto e allora è necessario equipaggiarsi alla grande.
La maggioranza dei nostri rapporti interpersonali sono nel quotidiano e sono dei ‘rapporti maschera’. Nulla di strano e anzi del tutto fisiologico questo allacciare rapporti che siano utili alla nostra vita sociale, al nostro lavoro, alla nostra efficienza nel ‘fare’. Sappiamo che la nostra vita è anche un grande gioco di ruolo che entra a pieno titolo nella formazione degli equilibri. Il problema, direi anzi la patologia, è solo di coloro che si identificano nella maschera che indossano e dunque passano la vita dentro un gioco di ruolo. Purtroppo queste persone sono escluse dalla possibilità di una vita piena, non cercano in realtà nulla e spendono tutte le energia al mantenimento e abbellimento della maschera. Poveretto chi ci capita, verrebbe da dire, e comunque sono esclusi, anzi autoesclusi, dal discorso che stiamo cercando di fare qui oggi. Torniamo dunque a coloro che, in sintonia con il destino di crescita riservato alla specie umana, non si accontentano, ma cercano e si attrezzano con strumenti adatti.
L’insoddisfazione è il motore della ricerca, ma è anche il nostro cruccio e talvolta la nostra infelicità. Siamo infelici perché le cose belle “durano un giorno come le rose” o perché le rose più belle non si fanno cogliere. Siamo confusi e nell’ansiosa ricerca di un ‘traguardo’, pigliamo ‘fischi per fiaschi’ e l’autostima scivola sotto le scarpe. Come rimedio a questo dispendio di energie che può condurre la nostra vita ad essere vissuta come un vero ‘disastro’, proviamo innanzitutto a considerare il percorso più importante del traguardo. Dico questo perché, come vedremo più avanti, il traguardo è davvero lassù in mezzo al cielo, in quel punto che ci appare più nero. Può non essere sufficiente una sola vita, può essere che gli affanni della vita quotidiana disperdano molte energie, può essere che incontri sbagliati ci facciano perdere tanto tempo. Comunque sia, dovremmo abituarci a pensare che una vita è ben spesa non in virtù dei traguardi, ma dei percorsi di crescita individuale, poiché solo quelli ci aprono di volta in volta orizzonti nuovi da esplorare, nuove possibilità che credevamo ci fossero precluse. Un’altra importante forma pensiero che dovremmo fare nostra è che è la mente ad avere bisogno di ordine, non l’Universo, dove anzi regna il caos, e allora, se ci accingiamo ad esplorare il nostro Universo interiore alla ricerca della pienezza e della ‘felicità’, non dovremmo mettere in valigia le nostre classiche categorie mentali, non ci serviranno.
Le tipiche categorie mentali che ci sono di aiuto nella vita di ogni giorno, diventano improvvisamente zavorra ingombrante quando esploriamo territori sconosciuti di quanto ci appartiene e che vogliamo conoscere un po’ per avere una vita piena e consapevole. Mi riferisco alle rigide categorie spazio-tempo, maschile-femminile, bene-male.
Dato che la maggioranza degli individui considera il rapporto di coppia come la base di ogni altra considerazione, dobbiamo partire dalla coppia per capire le aspirazioni deluse e le cosiddette “vite sprecate”. Nel modo di vedere le cose che sto descrivendo, il rapporto tra un uomo ed una donna e gli istinti che lo governano, non hanno solo i fini riproduttivi di specie come per gli altri animali e come la dottrina cattolica ci spiega da secoli. Sarebbe così se l’essere umano fosse un animale fra gli altri nel creato, ma non è così semplice. Infatti l’evoluzione della specie umana è andata verso un tale sviluppo delle parti alte della psiche e dunque della coscienza, da differenziarsi enormemente dal resto del mondo animale, anche nei fini. Il fine di un essere umano evoluto non può essere ristretto alla soddisfazione dei bisogni primari, altrimenti si troverebbe nella condizione del leone, che quando ha mangiato e riposato, si adopera a cercare nuovamente il cibo, allo scopo di mantenere la sua forza, che gli serve a procreare e cercare il cibo. L’essere umano invece, quando ha soddisfatto i bisogni primari, si mette a pensare, si fa domande, tende all’evoluzione e alla comprensione di sé e dell’Universo.
Nelle persone più evolute, il rapporto di coppia è considerato la via maestra che più alla svelta di altre porta alla conoscenza di sé e delle umane cose. La stessa strada, essendo carica di queste aspettative, è inevitabilmente lastricata di delusioni, conflitti e amarezza. Spesso viviamo l’attrazione fra individui e il tentativo di farne una coppia, come il mattone per costruire il mondo, dentro e fuori di noi; ebbene il carico si mostrerà presto eccessivo e i progetti spesso inconciliabili. Proviamo per un momento a non trascurare il fatto che in media gli individui hanno una scarsa conoscenza di sé e dei propri meccanismi. Consideriamo che nelle loro scelte sono scarsamente volitivi e più che altro sospinti da pulsioni non decifrate poiché inconsce. In questa luce possiamo considerare gli innamoramenti che costellano la nostra vita come proiezioni del nostro alter-ego contro sessuale affondato nell’inconscio su una figura esterna, che in quel momento si mostra ‘adatta’ ad accogliere e riflettere la proiezione. A queste operazioni proiettive, del resto ampiamente sfruttate nei setting terapeutici, sono annesse grandi quantità di energia, capace dunque di ‘trasformare’ gli individui, generando quel miglioramento della personalità cui tutti aspiriamo. Trattandosi di proiezioni di contenuti che appartengono più a noi che all’altro, quando si accendono le luci in sala, appare in tutta evidenza il telone bianco che abbiamo di fronte, con tutte le immaginabili conseguenze. Si tratta però di tappe importanti nel percorso di conoscenza di se stessi e fanno parte delle esperienze fondamentali dell’Umanità e come tali probabilmente imprescindibili, se intendiamo la vita come percorso di crescita individuale e collettivo.
Gli ‘spazi dell’Anima’ sono dunque il luogo della nostra ricerca e delle nostre aspirazioni alla Conoscenza e il rapporto di coppia e gli incontri sessuali connessi, sono inconsciamente considerati le ‘scorciatoie’ al nostro completamento tramite la ricongiunzione degli opposti. Ma questo è un traguardo e allora non dovremmo disperarci troppo per gli insuccessi, poiché forse mai come in questo caso dovremmo considerare il viaggio più importante della meta.
Il grande ricercatore C.G. Jung, alla cui Opera tutta questa mia relazione di oggi si ispira, descrisse i rari e fortunati casi di quelle che lui stesso chiamò ‘Coppie Anima’. Queste coppie di individui, generalmente un uomo e una donna, ma non necessariamente, hanno avuto dalla vita l’opportunità di ‘saltare’ tante tappe evolutive poiché il loro incontro avviene a livello di Anima, dunque un incontro fra archetipi e solo secondariamente fra individui. In questi incontri non hanno senso le differenze e le categorie mentali usuali, poiché ci troviamo nella dimensione inconscia collettiva, dove i conflitti sono risolti, gli opposti ricongiunti, dove l’età cronologica non ha senso, dove i generi maschile e femminile appartengono per intero a ciascun elemento della coppia, con possibilità di interscambio inusuale dei ruoli, che è l’essenza dell’intimità vera. Si vede bene che stiamo anche ora parlando del traguardo, il fine evolutivo delle nostre affannose ricerche, la costellazione in quegli squarci di cielo buio. Alcuni fortunati vivono il loro incontro in uno spazio Anima compiuto, come fosse cosa di questo mondo, come in effetti è per chi ha occhi per vederla e verso cui tutti, pur senza spesso averne coscienza.
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