Secondo Sofocle fu proprio Palamede a inventare i dadi,come del resto anche gli scacchi, come passatempo per i suoi commilitoni impegnati nel decennale quanto noiosissimo assedio di Troia. Secondo Erodoto, invece, i dadi sarebbero stati inventati dagli abitanti dell Lidia ai tempi di Re Atys. Gli archeologi li hanno smentiti entrambi: dadi rituali per divinare, fatti con astragali marcati su quattro facceil futuro,erano già in uso in tempi preistorici, mentre il più antico dado cubico con facce numerate da 1 a 6 risale al 2000 a.C. ed è stato rinvenuto in Egitto.
Andrea Angiolino e Beniamino Sidoti, Dizionario dei giochi, Zanichelli, Bologna, 2010, pag. 324
“Timeo Danaos et dona ferentes” - “Temo i Greci, anche quando portano doni”
QUESTA FRASE GRIDÒ, LAOCOONTE, VEGGENTE E SACERDOTE TROIANO DI FRONTE AL CELEBRE CAVALLO CHE ERA STATO PORTATO DENTRO LE MURA DELLA CITTÀ. Atena, che parteggiava per i greci, punì Laocoonte mandando Porcete e Caribea, due enormi serpenti marini che uscendo dal mare avvinghiarono i suoi due figli, stritolandoli: il sacerdote cercò di accorrere in loro aiuto ma subì la stessa sorte.
Laocoonte e i suoi due figli lottano con i serpenti. Opera greca della scuola di Rodi (II sec.a.C.), ritrovato a Roma nel '500 ridotto in più frammenti e fu oggetto di un pesante restauro.
TROIA E LA "FOLLIA" DI SCHLIEMANN.
[...] Schliemann [scelse], in pieno secolo decimonono, Zeus come Dio e a lui indirizzando le sue preghiere, battezzando Agamennone suo figlio, Andromaca sua figlia, Penelope e Telamone i suoi servitori, e dedicando a Omero tutta la sua vita e i suoi quattrini.
Era un matto, ma tedesco, cioè organizzatissimo nella sua follia che la buona sorte volle ricompensare.
La prima storia che gli raccontò suo padre, quando aveva cinque o sei anni, non fu quella di Cappuccetto Rosso, ma quella di Ulisse, di Achille e di Menelao. Ne aveva otto, quando annunziò solennemente in famiglia che intendeva riscoprire Troia e dimostrare, ai professori di storia che lo negavano, ch'essa era realmente esistita.
[Da adulto, dopo aver divorziato...] mise un annunzio su un giornale chiedendo un'altra moglie, purché fosse greca. La sposò sui due piedi secondo un rito omerico.
Nel 1870 [in Asia Minore] trascorse l'inverno, in un freddo siberiano, a far buchi con sua moglie e i suoi sterratori. Dopo dodici mesi di sforzi inutili e di spese folli, da scoraggiare qualunque apostolo, un giorno un piccone urtò in qualcosa che non era la solita pietra ma una cassa di rame che, scoperchiata, rivelò agli occhi esaltati di quel fanatico ciò che egli subito chiamò "il tesoro di Priamo":migliaia e migliaia di oggetti d'oro e d'argento.
Schliemann telegrafò al Re di Grecia: Maestà, ho ritrovato i vostri antenati."
[Indro Montanelli]
LA CITTA’ DEL MITO. DAL 3.000 a.C. al 400 d.C. STRATO SU STRATO.
Troia è di certo la più famosa città della protostoria mediterranea: scoperta sulla piatta collina di Hissarlik, situata nell'ampia valle dello Scamandro, alla confluenza col Simoenta, a circa 6 km dalla costa occidentale dell'Anatolia settentrionale, presso lo sbocco dei Dardanelli, in un punto strategico all'incrocio dei passaggi dall'Asia all'Europa, all'ingresso del Mar Nero, in una regione di miniere di argento. Il toponimo T. ha probabilmente il significato di un nome comune (Esichio: τροία = πόλις), ma la città era conosciuta anche col nome proto-hittita (preindoeuropeo) di Ilio.
La collina di Hissarlik era nota ai Turchi come "la fortezza", a causa delle mura in rovina che la ricoprivano ed era stata identificata fin dagli inizi del secolo scorso, per le iscrizioni che vi si erano trovate, come il sito della Ilion ellenistica e romana; l'esistenza della città omerica era negata dalla maggior parte degli studiosi che escludevano che i poemi omerici avessero una qualche consistenza storica.
Il primo ad avanzare l'ipotesi che la Troia omerica fosse realmente esistita e si trovasse nel medesimo sito della più tarda città ellenistica e romana fu C. Maclaren nel 1822; alla stessa conclusione giungeva nel 1864, dopo qualche saggio di scavo, F. Calvert, mentre altri cercava T. in una località fornita di sorgenti calde e fredde, su una collina presso lo Scamandro, accanto al piccolo villaggio di BunarbaŞi. Calvert, console americano a Kannakkale e possidente di parte del colle di Hissarlik, nel 1868 mostrò il luogo allo Schliemann, alla cui fede appassionata si deve la scoperta delle rovine di Troia e il riconoscimento sul colle famoso di tenaci segni di abitazioni umane protrattesi senza interruzione dalla prima Età del Bronzo alla fine dell'epoca romana (dal 3.000 a. C. al 400 d C. circa).
Schliemann compì dal 1870 al 1890 sette campagne di scavo.
Nelle sue prime esplorazioni aveva distinto sette livelli sovrapposti designati come città, ma dopo le ricerche del Dörpfeld i livelli salirono a nove ed i successivi scavi americani, soffermandosi specialmente sui primi strati trascurati dai precedenti scavatori (dal I al V), hanno introdotto nell'ambito dei singoli strati numerose suddivisioni fino a raggiungere il numero di 46.
I PERIODI E GLI STRATI.
I periodi da Troia I a Troia V incluso appartengono ad un'era che corrisponde all'antica Età del Bronzo egea, mentre l'inizio di Troia VI segna il principio della media Età del Bronzo; il sesto stanziamento continuò fino all'ultima parte della tarda Età del Bronzo. Con Troia VII un brusco cambiamento segna l'arrivo di un nuovo popolo che poi lasciò deserto il luogo fino al sopraggiungere dei coloni greci (circa 700 a.C.) a cui si deve lo strato di Troia VIII. Troia IX è la città romana di Ilium novum.
Grandi difficoltà ha presentato il tentativo di istaurare una cronologia assoluta per gli strati più antichi, quelli cioè anteriori a Troia VIII:
mancano infatti in quest'epoca documentazioni epigrafiche e solamente per pochi degli oggetti di importazione (soprattutto cicladica e successivamente micenea) si conoscono i dati stratigrafici di ritrovamento.
Nell'ambito delle principali suddivisioni da Troia I a Troia V, e cioè nella prima Età del Bronzo, sono stati riconosciuti attualmente 30 strati per uno spessore complessivo di circa 12 metri. Lo spessore ingente e le numerose stratificazioni fanno supporre un lasso cronologico molto ampio, almeno un millennio, ma forse anche più, durante il quale avvenne un processo lento e costante di evoluzione, senza brusche rotture culturali che possano far supporre invasioni o conquiste da parte di altri popoli; le generali distruzioni che segnano le soglie fra Troia I, II, III, IV e V sono dovute a catastrofi: incendi, terremoti e simili.