"L'importante è non lasciarsi sopraffare ... Io mi rammento che nel Sessantuno, quando lo zio duca fu eletto la prima volta deputato, mio padre mi disse: "Vedi? Quano c'erano i Viceré, gli Uzeda erano Viceré; ora che abbiamo i deputati, lo zio va in Parlamento." (( ... )) Un tempo la potenza della nostra famiglia veniva dal re; ora viene dal popolo ... La differenza è più di nome che di fatto ..."
Federico De Roberto (Napoli 1861 - Catania 1926), I Viceré 1894, ed. Einaudi tascabili pag. 696.
Straordinariamente attuale!Come non rammentare Federico De Roberto quando ne "I Vicerè" fa dire a Consalvo Uzeda «La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e sa- ranno sempre gli stessi. Le condizioni esteriori mutano; certo tra la Sicilia di prima del Sessanta, ancora quasi feudale, e questa d’oggi pare ci sia un abisso; ma la differenza è tutta esteriore."
L'ha danneggiato il giudizio di Croce, che ha parlato di De Roberto come di un "ingegno prosaico, curioso di psicologia e di sociologia, ma incapace di poetici abbandoni", come riferisce Sciascia a pag. XXVIII del libro, dove è riportato l'articolo appunto di Sciascia su Repubblica, 14-15 agosto 1977. Sciascia non è affatto d'accordo con Croce.
Croce criticava perfino Dante perché, secondo la sua estetica, la Summa dantesca conteneva "poca poesia ", non mi meraviglio quindi e da lui, ovviamente, dissento. Lo zio Don Blasco è potentemente delineato e ti rimane vivido nella memoria...ma non solo lui.
Anche per me Don Blasco è un personaggio vivissimo, ed è quello che mi piace (per modo di dire) di più. Nel brano citato sopra la foto è Consalvo che parla a quella scorbutica della zia Ferdinanda, anche lei un personaggio che mi è restato impresso un bel po'.
"Gli intellettuali sono i primi a fuggire,
subito dopo i topi,
e molto prima delle puttane."
Vladimir Majakovskij
"La satira politica è diventata obsoleta da quando Henry Kissinger si è aggiudicato il Nobel per la Pace."
Tom Lehrer
“In America, in questo periodo della storia del mondo, una stampa indipendente non esiste.
Lo sapete voi e lo so pure io.
Non c’è nessuno di voi che oserebbe scrivere le proprie vere opinioni, e già sapete anticipatamente che se lo facesse esse non verrebbero mai pubblicate.
Io sono pagato un tanto alla settimana per tenere le mie opinioni oneste fuori dal giornale col quale ho rapporti.
Altri di voi sono pagati in modo simile per cose simili, e chi di voi fosse così pazzo da scrivere opinioni oneste, si ritroverebbe subito per strada a cercarsi un altro lavoro.
Se io permettessi alle mie vere opinioni di apparire su un numero del mio giornale, prima di ventiquattr’ore la mia occupazione sarebbe liquidata.
Il lavoro del giornalista è quello di distruggere la verità, di mentire spudoratamente, di corrompere, di diffamare, di scodinzolare ai piedi della ricchezza, e di vendere il proprio paese e la sua gente per il suo pane quotidiano.
Lo sapete voi e lo so pure io.
E allora, che pazzia è mai questa di brindare a una stampa indipendente?
Noi siamo gli arnesi e i vassalli di uomini ricchi che stanno dietro le quinte. Noi siamo dei burattini, loro tirano i fili e noi balliamo.
I nostri talenti, le nostre possibilità, le nostre vite, sono tutto proprietà di altri.
Noi siamo delle prostitute intellettuali.“
(John Swinton, redattore-capo del NYT - 1880)
"Gli intellettuali sono i primi a fuggire,
subito dopo i topi,
e molto prima delle puttane."
Vladimir Majakovskij
"La satira politica è diventata obsoleta da quando Henry Kissinger si è aggiudicato il Nobel per la Pace."
Tom Lehrer
“In America, in questo periodo della storia del mondo, una stampa indipendente non esiste.
Lo sapete voi e lo so pure io.
Non c’è nessuno di voi che oserebbe scrivere le proprie vere opinioni, e già sapete anticipatamente che se lo facesse esse non verrebbero mai pubblicate.
Io sono pagato un tanto alla settimana per tenere le mie opinioni oneste fuori dal giornale col quale ho rapporti.
Altri di voi sono pagati in modo simile per cose simili, e chi di voi fosse così pazzo da scrivere opinioni oneste, si ritroverebbe subito per strada a cercarsi un altro lavoro.
Se io permettessi alle mie vere opinioni di apparire su un numero del mio giornale, prima di ventiquattr’ore la mia occupazione sarebbe liquidata.
Il lavoro del giornalista è quello di distruggere la verità, di mentire spudoratamente, di corrompere, di diffamare, di scodinzolare ai piedi della ricchezza, e di vendere il proprio paese e la sua gente per il suo pane quotidiano.
Lo sapete voi e lo so pure io.
E allora, che pazzia è mai questa di brindare a una stampa indipendente?
Noi siamo gli arnesi e i vassalli di uomini ricchi che stanno dietro le quinte. Noi siamo dei burattini, loro tirano i fili e noi balliamo.
I nostri talenti, le nostre possibilità, le nostre vite, sono tutto proprietà di altri.
Noi siamo delle prostitute intellettuali.“
(John Swinton, redattore-capo del NYT - 1880)
Vladimir Majakovskij - in foto
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