giovedì 16 gennaio 2014

Le civiltà matriarcali, dove il principio femminile fu massimamente celebrato nel culto e nei costumi, ebbero grande diffusione nell’età del Bronzo e coincisero con il diffondersi dei culti misterici e con la nascita del ceppo etrusco. L’importanza del femminile nella società etrusca e’un dato acquisito. Nella storia della nostra penisola la civiltà etrusca fu l’ultima che permise alle donne l’accesso al mondo della religione e del culto, conferendo loro anche la massima autorità spirituale nella gerarchia riposta al culto. La donna etrusca potè godere di libertà e considerazione grazie ad una posizione giuridica che consentiva dignità e autonomia pressoché pari a quella dell’uomo. Essa infatti veniva indicata con il nome rigorosamente vietato nella formula onomastica latina ed il cognome come si usa fare oggi, conservava il cognome della famiglia di provenienza anche dopo il matrimonio. Nella formula onomastica spesso i figli portavano oltre al nome del padre anche quello della madre

Antefissa a testa di Menade, 510 - 500 aC. 
Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia , Roma. 

"Le civiltà matriarcali, dove il principio femminile fu massimamente celebrato nel culto e nei costumi, ebbero grande diffusione nell’età del Bronzo e coincisero con il diffondersi dei culti misterici e con la nascita del ceppo etrusco. L’importanza del femminile nella società etrusca e’un dato acquisito. Nella storia della nostra penisola la civiltà etrusca fu l’ultima che permise alle donne l’accesso al mondo della religione e del culto, conferendo loro anche la massima autorità spirituale nella gerarchia riposta al culto. La donna etrusca potè godere di libertà e considerazione grazie ad una posizione giuridica che consentiva dignità e autonomia pressoché pari a quella dell’uomo. Essa infatti veniva indicata con il nome rigorosamente vietato nella formula onomastica latina ed il cognome come si usa fare oggi, conservava il cognome della famiglia di provenienza anche dopo il matrimonio. Nella formula onomastica spesso i figli portavano oltre al nome del padre anche quello della madre. Uno dei tanti esempi ne è l’epitaffio della tomba dei Partuni a Tarquinia. Le era consentito di sedersi alla destra del marito nei momenti più importanti della giornata come i banchetti, e di partecipare alle manifestazioni pubbliche e alle cerimonie ufficiali. Con l’avvento di Roma e della sua civiltà patriarcale, le donne furono via via estromesse da ogni carica e diritto superiore, fino a che il Cristianesimo arrivò a negare la loro possibilità di avere un’anima , confinandole al ruolo marginale di creature inferiori. Nel mondo etrusco il principio femminile fu venerato nelle figure di molteplici dee. La principale dea etrusca fu probabilmente UNI, dalla quale derivò la romana IUNO, Giunone. Per gli etruschi Uni fu la Grande Madre, la generatrice universale, la protettrice delle partorienti, la dispensatrice del potere materno e nutritivo destinato alle creature viventi per la loro prosperità e crescita. Uni corrisponde all’archetipo della madre, la donna quale creatrice e origine del creato. La madre, la donna procreatrice fu associata all’estate, la stagione della fruttificazione e del rigoglio della natura. Alla primavera corrisponde invece Minerva. Il giorno a lei consacrato, il Mineruium, ricorreva il 19 marzo, antica data dell’equinozio primaverile e festa di tutti gli artigiani, classe sociale in stretta consonanza con i culti tellurici della madre terra. Nell’etimologia del nome etrusco Menerva è presenta la radice men, che deriva da un’antica divinità lunare dell’Asia Minore (Frigia), Men o Mene. Le seguaci di questo Dio-Luna furono quelle Menadi celebrate nei miti come donne invase da furore estatico, scatenate nell’orgiastica frenesia di un misticismo irruento e passionale. Un usuale oggetto di arredo dei templi etruschi è la antefissa, una grande maschera di terracotta dipinta a colori vivaci, originariamente appesa sul davanti del tempio in uno o più esemplari. Il tipo più comune raffigura il volto di una menade: l’aspetto è marcatamente femminile e giovane , con tratti realistici sensuali, occhi all’orientale, il capo aureolato da una specie di ampio copricapo circolare a forma di foglie di palma. Il copricapo, come un grande e prezioso diadema, ricorda anche una conchiglia, con le tipiche scanalature a ventaglio. La conchiglia dove nacque Afrodite e la palma che cresce sul mare sono tra i più antichi e classici simboli della Grande Dea nel suo aspetto marino. Il mare e le acque in genere furono sempre dominio della Dea della terra. Gli antichi ritenevano che fiumi, mari, sorgenti, laghi fossero luoghi di passaggio per l’aldilà. Da tale credenza deriva l’attraversamento di fiumi sotterranei come lo Stige, l’Acheronte ed il Lete in verie e mitiche “discese agli inferi”. La dea amazzone Marina, venerata a Lemno e a Smirne quale dea del mare, è forse una delle progenitrici delle mènadi etrusche effigiate sulle antefisse."

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