693
La rimozione è una specie di semi conscio e indeciso lasciar correre le cose, oppure disprezzare l’uva che non si puó raggiungere,oppure un volgersi da un’altra parte per non guardare in faccia i propri desideri.
Carl Gustav Jung. Psicologia e religione, pag. 77
Carl Gustav Jung. Psicologia e religione, pag. 77
Gli uomini appartenenti a un livello primitivo temono i maghi, al livello moderno noi osserviamo spaventati i microbi. Essi credono agli spiriti, noi alle vitamine. Prima gli uomini erano posseduti dal demonio, adesso sono posseduti dalle idee.
Carl Gustav Jung, 'Psicologia e religione'
"La Genesi raffigura la presa di coscienza come la violazione di un tabù, come se mediante la conoscenza si oltrepassi empiamente un limite sacrosanto. Io credo che la Genesi abbia ragione, perchè ogni passo verso una maggiore consapevolezza è una specie di colpa di Prometeo: con la conoscenza si commette in certo modo un furto del fuoco degli Dei, si strappa cioè dalla sua connessione naturale qualcosa che era proprietà delle potenze inconsce, e lo si sottopone all'arbitrio della coscienza. L'uomo che ha usurpato la nuova conoscenza subisce un mutamento o un ampliamento della sua coscienza, sicchè questa diventa dissimile da quella del suo prossimo. Egli si è bensì elevato sopra ciò che al suo tempo è umano ("sarete come Dei"), ma così facendo si è anche allontanato dall'uomo. Il tormento di questa solitudine è la vendetta degli Dei: egli non può più ritornare fra gli uomini. Come dice il mito, è incatenato alle alte e solitarie rocce del Caucaso, abbandonato dagli Dei e dagli uomini."
Carl Gustav Jung, L'Io e L'Inconscio
"La Genesi raffigura la presa di coscienza come la violazione di un tabù, come se mediante la conoscenza si oltrepassi empiamente un limite sacrosanto. Io credo che la Genesi abbia ragione, perchè ogni passo verso una maggiore consapevolezza è una specie di colpa di Prometeo: con la conoscenza si commette in certo modo un furto del fuoco degli Dei, si strappa cioè dalla sua connessione naturale qualcosa che era proprietà delle potenze inconsce, e lo si sottopone all'arbitrio della coscienza. L'uomo che ha usurpato la nuova conoscenza subisce un mutamento o un ampliamento della sua coscienza, sicchè questa diventa dissimile da quella del suo prossimo. Egli si è bensì elevato sopra ciò che al suo tempo è umano ("sarete come Dei"), ma così facendo si è anche allontanato dall'uomo. Il tormento di questa solitudine è la vendetta degli Dei: egli non può più ritornare fra gli uomini. Come dice il mito, è incatenato alle alte e solitarie rocce del Caucaso, abbandonato dagli Dei e dagli uomini."
Carl Gustav Jung, L'Io e L'Inconscio
Un uomo è convinto di essere morto. Dice ai familiari: "Sono morto" e i familiari lo mandano da uno specialista. Subito tra medico e paziente incomincia un'accanita discussione. Il medico fa appello ai sentimenti dell'uomo verso la vita, verso la famiglia. Poi prova a farlo ragionare, dimostrandogli l'intrinseca contraddizione di una frase come "Sono morto": i morti non sono in grado di dire che sono morti, perché è appunto in questo che consiste l'essere morti. Alla fine il medico ricorre all'evidenza dei sensi. Domanda all'uomo: "I morti sanguinano?". "Certo che no" risponde l'uomo, spazientito dall'ottusa dabbenaggine della mente dei medici. "Lo sanno tutti che i morti non sanguinano". Al che il medico gli punge un dito. Ne esce una goccia di sangue. "Ma guarda un po', chi l'avrebbe mai detto" esclama l'uomo. "I morti sanguinano, eccome".
James Hillman, La vana fuga dagli dei
James Hillman, La vana fuga dagli dei
Anima entra solo attraverso i sintomi, con fenomeni emarginati, come l'immaginazione degli artisti o dell'alchimia o dei "primitivi", o naturalmente, travestiti da psicopatologia. Questo è ciò che Jung intendeva quando diceva che gli dèi sono diventati malattie: l'unico modo per tornare per loro in un mondo cristiano è tramite gli emarginati e i reietti.
James Hillman
Sì ogni disturbo è legato ad una dis-armonia e per certi versi ad una negazione di un Dio
...Jung diceva: «Gli Dei sono diventati malattie»...
Eldo Stellucci
Carl Gustav Jung
“In principio, Jung ha detto che gli dèi scacciati dalle nostre religioni tornano nelle nostre malattie, nei nostri sintomi. Prendiamo uno degli dèi antichi, Ares-Marte. Quando accendiamo la Tv, è come se entrassimo in un tempio di Marte, con i suoi altari! Vediamo esplosioni, automobili che corrono a velocità spaventosamente alte, persone che fuggono, colluttazioni, sparatorie: l’intero moto della televisione è in se stesso velocissimo, perfino nella Tv dei ragazzi e nei cartoni animati. Il sabato mattina in America alla Tv c’è un cartone dopo l’altro, zzzzzz!, zzzzz!, bang!, tutti schizzano a una velocità tremenda. E questo è il dio Marte, la cui retorica è velocità, rapidità, guizzo. Esplosioni, incendi, violenza, pistole, coltelli, passioni forti, scene di combattimento e di guerra, rumore, morti, feriti, il campo di battaglia, l’incidente d’auto – questo è il mondo di Marte”.
James Hillman
Le religioni sono sistemi di guarigione per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che CHI E' SPIRITUALMENTE SANO NON HA BISOGNO DI RELIGIONI
Carl Gustav Jung
Devo liberare da Dio il mio Sé, poiché il Dio che ho conosciuto è più che amore, è anche odio; è più che bellezza, è anche ripugnanza; è più che sapienza, è anche assurdità; più che forza, è anche impotenza; più che onnipresenza, è anche la mia creatura.
Carl Gustav Jung, Il libro rosso
Per vedere chiaro l’altro, bisogna imparare a vedere dapprima se stessi e le proprie tenebre.
“Ancora oggi dobbiamo essere estremamente prudenti per non proiettare troppo spudoratamente la nostra ombra; ancora oggi siamo sommersi dalle illusioni proiettate. Un individuo abbastanza coraggioso per ritirare tutte queste proiezioni è un individuo cosciente della propria ombra. un individuo siffatto si è accollato nuovi problemi e nuovi conflitti. Egli è diventato per se stesso un serio problema, poichè egli non è più in grado di dire che gli altri fanno questo o quello, che essi sono in errore e che essi devono venire combattuti. Egli vive nella casa dell’accoglienza del sè, del raccoglimento interiore. Un tale uomo sa che qualunque cosa vada a rovescio nel mondo va a rovescio anche in lui stesso, e che col solo imparare a tener testa alla propria ombra egli ha fatto qualcosa di positivo per il mondo. E’ riuscito a rispondere a una parte infinitesimale dei giganteschi problemi insoluti dei nostri giorni. La difficoltà di questi problemi sta in gran parte nel veleno delle mutue proiezioni. Come è possibile che qualcuno veda chiaro quando non vede nemmeno se stesso, nè quelle tenebre che egli stesso proietta inconsciamente in ogni sua azione?”
Carl Gustav Jung, Storia e psicologia d’un simbolo naturale, Psicologia e religione
“Ancora oggi dobbiamo essere estremamente prudenti per non proiettare troppo spudoratamente la nostra ombra; ancora oggi siamo sommersi dalle illusioni proiettate. Un individuo abbastanza coraggioso per ritirare tutte queste proiezioni è un individuo cosciente della propria ombra. un individuo siffatto si è accollato nuovi problemi e nuovi conflitti. Egli è diventato per se stesso un serio problema, poichè egli non è più in grado di dire che gli altri fanno questo o quello, che essi sono in errore e che essi devono venire combattuti. Egli vive nella casa dell’accoglienza del sè, del raccoglimento interiore. Un tale uomo sa che qualunque cosa vada a rovescio nel mondo va a rovescio anche in lui stesso, e che col solo imparare a tener testa alla propria ombra egli ha fatto qualcosa di positivo per il mondo. E’ riuscito a rispondere a una parte infinitesimale dei giganteschi problemi insoluti dei nostri giorni. La difficoltà di questi problemi sta in gran parte nel veleno delle mutue proiezioni. Come è possibile che qualcuno veda chiaro quando non vede nemmeno se stesso, nè quelle tenebre che egli stesso proietta inconsciamente in ogni sua azione?”
Carl Gustav Jung, Storia e psicologia d’un simbolo naturale, Psicologia e religione
La sofferenza è dovuta ad un ristagno spirituale, ad una sterilità psichica.
Fede, speranza, amore e conoscenza è ciò di cui ha bisogno il paziente per vivere.
Nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso.
Carl Gustav Jung
Se poniamo un Dio fuori di noi, ci strapperà al nostro Sé, perché il Dio è più forte di noi.
Allora il nostro Sé si troverà in grave difficoltà. Se invece il Dio si insedia nel Sé, ci sottrarrà alla sfera di ciò che è fuori di noi.
Carl Gustav Jung. Liber Novus.
Il Dio appare in molteplici forme. Quando compare, ha in sé qualche aspetto della notte e delle acque notturne in cui é rimasto assopito e in cui ha lottato per rinnovarsi nell'ultima ora della notte. La sua apparizione é perciò contraddittoria e ambigua: anzi, é persino straziante per il cuore e la ragione. Al suo comparire, il Dio mi chiama da destra e da sinistra, da entrambi i lati risuona per me il suo richiamo. Il Dio pero' non vuole né l'Uno né l'Altro, vuole la via di mezzo. Nel mezzo ha inizio il lungo cammino.
Carl Gustav Jung, Libro rosso
“Credo che la guarigione con metodi spirituali, e dunque senza uso di tecniche materiali, abbia in futuro delle possibilità insospettate. Credo che, a poco a poco, il vostro ambito di competenza andrà oltre a quello che oggi, a torto o a ragione, definiamo come “funzionale”, per abbracciare anche l’intero organismo. Vedo risplendere di fronte a me l’aurora di una nuova era nella quale certe operazioni chirurgiche, come ad esempio quelle sui tumori, saranno considerate un lavoro di rappezzatura, e ci si renderà conto, pieni di orrore, come mai una volta sia stata possibile una conoscenza così limitata dei metodi di cura. Allora ci sarà a mala pena spazio per le cure tradizionali. Sono lungi dallo screditare in qualche modo la medicina moderna e la chirurgia. Nutro al contrario una grande ammirazione per entrambe. Tuttavia ho potuto dare un’ occhiata alle enormi energie che si trovano all’interno della persona, provenienti da una sorgente esterna, e che sotto certe condizioni fluiscono in lei; energie che possono essere definite solo come divine. Forze che non solo possono guarire disturbi funzionali, ma anche disturbi organici, che poi sono solo espressioni concomitanti di disturbi psico-spirituali”
Carl Gustav Jung in Bruno Groning, Rivoluzione nella medicina - Una documentazione medica sulla guarigione per via spirituale; Dr. med. Matthias Kamp) Baruch Spinoza aveva significativamente detto ...".Non si sa mai cosa può in corpo"
Se poniamo un Dio fuori di noi, ci strapperà al nostro Sé, perché il Dio è più forte di noi.
Allora il nostro Sé si troverà in grave difficoltà. Se invece il Dio si insedia nel Sé, ci sottrarrà alla sfera di ciò che è fuori di noi.
Carl Gustav Jung. Liber Novus.
Il Dio appare in molteplici forme. Quando compare, ha in sé qualche aspetto della notte e delle acque notturne in cui é rimasto assopito e in cui ha lottato per rinnovarsi nell'ultima ora della notte. La sua apparizione é perciò contraddittoria e ambigua: anzi, é persino straziante per il cuore e la ragione. Al suo comparire, il Dio mi chiama da destra e da sinistra, da entrambi i lati risuona per me il suo richiamo. Il Dio pero' non vuole né l'Uno né l'Altro, vuole la via di mezzo. Nel mezzo ha inizio il lungo cammino.
Carl Gustav Jung, Libro rosso
“Credo che la guarigione con metodi spirituali, e dunque senza uso di tecniche materiali, abbia in futuro delle possibilità insospettate. Credo che, a poco a poco, il vostro ambito di competenza andrà oltre a quello che oggi, a torto o a ragione, definiamo come “funzionale”, per abbracciare anche l’intero organismo. Vedo risplendere di fronte a me l’aurora di una nuova era nella quale certe operazioni chirurgiche, come ad esempio quelle sui tumori, saranno considerate un lavoro di rappezzatura, e ci si renderà conto, pieni di orrore, come mai una volta sia stata possibile una conoscenza così limitata dei metodi di cura. Allora ci sarà a mala pena spazio per le cure tradizionali. Sono lungi dallo screditare in qualche modo la medicina moderna e la chirurgia. Nutro al contrario una grande ammirazione per entrambe. Tuttavia ho potuto dare un’ occhiata alle enormi energie che si trovano all’interno della persona, provenienti da una sorgente esterna, e che sotto certe condizioni fluiscono in lei; energie che possono essere definite solo come divine. Forze che non solo possono guarire disturbi funzionali, ma anche disturbi organici, che poi sono solo espressioni concomitanti di disturbi psico-spirituali”
Carl Gustav Jung in Bruno Groning, Rivoluzione nella medicina - Una documentazione medica sulla guarigione per via spirituale; Dr. med. Matthias Kamp) Baruch Spinoza aveva significativamente detto ...".Non si sa mai cosa può in corpo"
“Sono molti i pazienti colti che rifiutano categoricamente di andare dal religioso. Dei filosofi poi non vogliono nemmeno sentir parlare, perché la storia della filosofia li lascia freddi e l’intellettualismo è per loro più arido del deserto. E dove sono i grandi saggi, che non si limitano a parlare del significato della vita e del mondo, ma lo possiedono davvero? Non è assolutamente possibile escogitare sistemi e verità capaci di dare al malato quello di cui ha bisogno per vivere, cioè fede, speranza, amore e conoscenza. Queste quattro massime acquisizioni, meta del desiderio umano, sono altrettante grazie che non si possono né insegnare, né apprendere, né dare né prendere, né trattenere, né meritare perché sono legate a una condizione irrazionale, sottratta all’arbitrio umano, cioè all’esperienza. Ma le esperienze non si possono mai ‘fare’: accadono;
Negli ultimi trent’anni una clientela proveniente da tutti i paesi civili della terra è venuta a consultarmi: mi sono passate per le mani molte centinaia di pazienti. … Fra tutti questi pazienti al di sopra della mezza età, cioè al di sopra dei trentacinque anni, non ce n’è stato uno il cui problema sostanziale non fosse quello del suo atteggiamento religioso. In definitiva tutti si ammalano perché hanno perduto ciò che le religioni vive di tutti i tempi hanno dato ai loro fedeli; e nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso. Naturalmente questo non ha nulla a che vedere con la confessione di una fede o l’appartenenza a una chiesa “.
Carl Gustav Jung
Jung chiama il suo punto di vista "fenomenologico" cioè ...tutto ciò che concerne eventi esperienze ...in poche parole con "fatti"....con la verità e non con un giudizio. Non ci da una visione di quello che lui ritiene l'atteggiamento religioso...ma lascia all'individuo secondo le sue proprie esperienze quello che è l'atteggiamento religiosa.
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
Carl Gustav Jung, Psicoterapia e cura d'anime
"Le religioni sono strumenti di guarigione per i mali della psiche, dal che deriva che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni". Ma "essere spiritualmente sani" è un attributo di benessere interiore, benessere psicologico, fisico, culturale, e "volendo" Spirituale... Jung riteneva che gli esseri umani fossero delle creature psicosomatiche, che devono preoccuparsi dei fatti dello spirito esattamente come fanno per il loro corpo. Inoltre, la nostra psiche non è personale: è connessa a quella degli altri, sia con coloro con i quali visibilmente interagiamo, sia con coloro che sono venuti prima di noi, attraverso le dinamiche dell’inconscio collettivo.
La vita va avanti bene quando questi collegamenti sono aperti, e questi flussi danno un senso e uno scopo. Al contrario, se ci sono dei blocchi, essi possono portare a problemi di salute, con manifestazioni somatiche e psicologiche. “Una psiconevrosi deve essere intesa, in ultima analisi, come la sofferenza di un’anima che non ha scoperto il suo significato”, ha scritto Jung, in un saggio argutamente intitolato “psicoterapeuti o il Clero”.
Altri osservatori della condizione umana hanno fatto rilievi simili. Bertrand Russel, che era piuttosto dissimile da Jung riguardo al bisogno di spiritualità, nondimeno notò che le persone più felici “si sentono parte del flusso della vita, non delle entità rigidamente separate, come una palla da biliardo, che non può avere relazione con altri oggetti simili, se non durante una collisione”. Queste persone si sentono “cittadini dell’universo”.
Jung aveva una predilezione per il linguaggio religioso – per questo parlava dell’universo come dell’“anima del mondo” o anima mundi – e non si trattava solo di un gusto estetico-letterario. Jung credeva che la spiritualità fosse essenziale per gli esseri umani e che occorresse prenderla più seriamente.
Sin dall’inizio della sua attività di psichiatra, Jung aveva notato che “una spiegazione adeguata o una parola di conforto per il paziente può avere un effetto simile alla guarigione”. Si spiegava questa efficacia come derivante da ciò che il medico riesce a trasmettere, non solo da ciò che il medico, in effetti, fa. “Le parole del medico, certamente, sono ‘solo’ delle vibrazioni nell’aria, ma la loro qualità speciale è dovuta ad un particolare stato psichico nel medico.” Esso si collega con lo stato psichico dell’altro. Il paziente scopre che “prenderà possesso di lui e darà senso e forma alla sua anima”. Non si tratta di qualcosa di soprannaturale, ma della consapevolezza che vi sia “una dimensione più profonda del reale”.
Le tradizioni religiose sono le custodi di questa fonte di energia, anche se Jung riteneva che la cosa davvero importante fosse avere un atteggiamento religioso nei confronti della vita, piuttosto che una fede particolare. Nelle lezioni del 1937 Jung sosteneva che occorre tornare ad essere sé stessi, accettarsi e solo così riconciliarsi con le circostanze avverse e gli eventi della vita. Occorre, in un certo senso, fare la pace con Dio, sottomettendosi al suo volere. Sembra un atteggiamento passivo, anche se in realtà, tale accettazione produce un nuovo entusiasmo per la vita, perché l’individuo non si sente più solo nella sua lotta, ma invece tocca con mano “il significato che risveglia”.
(tratto liberamente da un articolo del dott. W. La Gatta)
Rosanna Pizzo :
Uno splendido commento a un capolavoro: il BOVARYSMO CATEGORIA DELL'ESISTENZA, momento di un attraversamento, di una crisi di senso che potenzialmente ci abita tutti? E' fin troppo vero che Il «SIBI CONSTET» DI ORAZIO impedisce quel SANO PERCORSO VERSO L'INDIVIDUAZIONE per "SAPERE NON SOLO CIÒ CHE VOGLIAMO, MA CHI SIAMO: avere contezza delle nostre capacità morali e intellettuali. "In altri termini un sano bovarismo, tra salvezza e dannazione, correndone tutti i rischi ci può aiutare ad ABITARE IL MONDO COME INDIVIDUI COMPIUTI. Mi viene in mente una riflessione junghiana in proposito che é la seguente "OGNI VITA NON VISSUTA RAPPRESENTA UN POTERE DISTRUTTORE E IRRESISTIBILE CHE OPERA IN MODO SILENZIOSO MA SPIETATO". E' proprio "un piccolo ma implacabile fallimento a rate." Altro che Orazio!!!!
IL PICCOLO BORGHESE E L’IMMENSITÀ. LA LOTTA CONTRO IL QUOTIDIANO. IL CASO DI EMMA.
FLAUBERT. Una delle acquisizioni spirituali permanenti della lettura di Madame Bovary è che quel romanzo perfetto ha reso immortale e da allora in poi paradigmatica la LOTTA TRA L’IDEALE E IL REALE, TRA L’INFINITO E IL FINITO, TRA CIÒ CHE NOI VORREMMO ESSERE E CIÒ CHE NOI EFFETTIVAMENTE SIAMO. Ha reso palese il DISSIDIO FRA UNA VITA “ALTRA” CHE SPESSO NON È CHE UNA VITA “ALTA” – CIOÈ AL DISOPRA DELLA MEDIOCRITÀ DELLA VITA DI TUTTI I GIORNI – E L’UMILE SCENARIO IN CUI ESSA SI SVOLGE EFFETTIVAMENTE. Nel caso di Emma era l’astanteria di un medico di provincia piuttosto mediocre e grigio, nel nostro caso può essere la catena corta che ci lega a un ufficio, una fabbrica, un’occupazione non voluta, subìta e di ripiego, come lo sono la stragrande maggioranza delle occupazioni. Oppure una condizione matrimoniale che non è la nostra. Ma NOI TUTTI VIVIAMO QUESTA ESPERIENZA COME UN’INSODDISFAZIONE LATENTE. SAPPIAMO CIÒ CHE NON VOGLIAMO MA NON SAPPIAMO ESATTAMENTE CIÒ CHE VOGLIAMO. FIN QUANDO TUTTO CI APPARE DRAMMATICAMENTE CHIARO. EMMA BOVARY VA AL BALLO DELLA VAUBYESSARD E SCOPRE IL GRAN MONDO. Al ritorno, dice Flaubert, era come se si fosse APERTA UNA CREPA NELLA SUA VITA, uno spartiacque tra ciò che era prima e ciò che sarà dopo questa “ESPERIENZA FONDAMENTALE”. Era avvenuto l’INCONTRO CON IL MONDO LUNGAMENTE SOGNATO NEI ROMANZI, aveva visto nell’ immediato ciò che fino ad allora era desiderio mediato. Non occorre conoscere nei dettagli la teoria del desiderio mimetico di René Girard per intuire come funziona il dispositivo del desiderio. Apuleio diceva: “QUOD NEMO NOVIT PAENE NON FIT” , CIÒ CHE NESSUNO SA QUASI NON ESISTE, PERCHÉ LE COSE ESISTONO IN SÉ E PER SÉ, MA È SOLO IL MOMENTO IN CUI APPRENDI CHE ESISTONO, CHE LE SCOPRI, CHE ESSE VENGONO, PER COSÌ DIRE, AL MONDO.
Emma va alla Vaubyessard: VEDE E SA. Ma ciò che acuisce il dramma di Emma è che DOPO QUESTA ESPERIENZA DEL BALLO NON RIESCE PIÙ A VIVERE LA VITA QUOTIDIANA. L’IDEALE HA FATTO IRRUZIONE NEL REALE E LE RENDE IMPOSSIBILE IL MÉNAGE CONIUGALE. HA SCOPERTO L’INFINITO AL DI LÀ DELLA SIEPE DEL QUOTIDIANO: COME POTRÀ ADATTARSI AL TRAN TRAN DI TUTTI I GIORNI QUANDO HA VISTO IL MONDO?! SCOPRE IMPROVVISAMENTE LA POCHEZZA DEL MARITO, s’avvede per la prima volta che ha una nuca orrenda, e, ASSALITA DALL’ANGOSCIA, VEDE TUTTA LA SUA VITA COME AFFOGATA NELLA MINESTRA SERALE CHE È COSTRETTA A CONSUMARE CON LUI. E una volta sola nel suo dolore si chiede angosciata: “DIO MIO, PERCHÉ MI SONO SPOSATA? Invero tutte le Emme di questo mondo (e noi tutti siamo Emma Bovary!) hanno – indipendentemente dagli stimoli della vita brillante che i giornali oggettivamente di destra si industriano ad illustrare (lo chiamano gossip, ma è una forma raffinata di sublimazione oppressiva) al solo scopo di farle sognare e rosicare per meglio controllare-, HANNO, DICEVO, UN SOLO PROBLEMA: LA GESTIONE DEL QUOTIDIANO. E non è un problema da poco. Occorre la forza d’animo, lo spirito incrollabile di un anacoreta, l’eroismo di un Sisifo per AFFRONTARE TUTTI I SANTI GIORNI LA GESTIONE - I LATINI LE CHIAMAVANO LE “CURE” – DEL VIVERE, DEL SEMPLICE MANTENERSI IN VITA. È IL QUOTIDIANO CHE TEMPRA LE COPPIE O LE FA SBRICIOLARE. Il DESTINO assegnato da Flaubert al suo personaggio è implacabile: CHI NUTRE UNA VISIONE ERRONEA DI SE STESSO, DEL PROPRIO REALE CAPITALE INTELLETTUALE, NON PUÒ AVERE ALTRO RISULTATO CHE LA BANCAROTTA DELL’IO. Madame Bovary disegna la traiettoria di questo fallimento umano: vista ex post la vicenda di Emma suscita in noi raccapriccio più che pena. Eppure È PROPRIO NELL’USCIRE FUORI “DA” SÉ, NEL CONCEPIRSI DIVERSO DA CIÒ CHE SI È, DALL’INSODDISFAZIONE “DI” SÉ, da un sano bovarismo diremmo, che NASCE IL MOVIMENTO E IL CAMBIAMENTO. A ben vedere, IL “PROPRIO” DELL’UOMO È ESSERE SCONTENTO DELLA PROPRIA CONDIZIONE. È in ciò che si distingue da tutte le altre specie. C’È SEMPRE UN “MOMENTO BOVARY” NELLA NOSTRA VITA, dunque, UN MOMENTO IN CUI NON SOPPORTIAMO E NON CI SOPPORTIAMO. Ma proprio da lì può nascere la nostra RIUSCITA o il nostro FALLIMENTO: è a partire da lì che ci potrà accadere di uscire fuori “da” noi ma anche “di” noi, ahimè, ossia di FALLIRE SE CI PROIETTIAMO SENZA ADEGUATI CAPITALI INTELLETTUALI E MORALI FUORI DAI CONFINI NOTI E ABITUALI. Ma OCCORRE SAPERE NON SOLO CIÒ CHE VOGLIAMO, MA CHI SIAMO: avere contezza delle nostre capacità morali e intellettuali.
Flaubert in una lettera ricorda all’amico Le Poittevin il verso di Orazio (“Ars poetica”, vv. 126-127): «SIBI CONSTET»: «SII IN ARMONIA CON TE STESSO», OVVERO «STAI, RESTA IN TE», «NON TENTARE STRADE FUORI DI TE». Ma quale avventura umana potrebbe nascere da questa formula? È solo tentando l’uscita fuori “da” se stessi che potrebbe giungere il guadagno o la perdita “di” se stessi. Solo tentando una sortita dai nostri confini, dai nostri limiti potremmo “diventare ciò che siamo”, ossia realizzarci pienamente. Ma È PROPRIO IL RISCHIO DEL FALLIMENTO CHE CI INDUCE A «RESTARE IN NOI», col risultato che INVECE DI RISCHIARE UN FALLIMENTO GRANDIOSO E DEFINITIVO, PREFERIAMO UN PICCOLO MA IMPLACABILE FALLIMENTO A RATE.
13 mag 2013 di Alfio Squillaci
http://ilcalibro.com/2013/05/13/il-piccolo-borghese-e-limmensita-la-lotta-contro-il-quotidiano-il-caso-di-emma/
Jung alla porta della sua casa di Kusnach, 1960
Nessun commento:
Posta un commento