Il mondo non mi par fatto per me.
Giacomo Leopardi.
Il più solido piacere di questa vita,
è il piacere vano delle illusioni
Giacomo Leopardi
La vita umana, per modo di dire, e composta e intessuta, parte di dolore, parte di noia; dall'una delle quali passioni non ha riposo se non cadendo nell'altra.
Giacomo Leopardi
Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono.
Giacomo Leopardi
La cosa più durevolmente e veramente piacevole è la varietà delle cose,
non per altro se non perché nessuna cosa è durevolmente e veramente piacevole.
Giacomo Leopardi, Zibaldone (10 maggio 1821)
Bisogna combattere ad armi uguali, chi non vuol restare sicuramente inferiore.
Dunque tutto il mondo oggidì essendo armato di egoismo, bisogna che ciascuno si provveda della medesima arma, anche i più virtuosi e magnanimi, se voglion far qualche cosa.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
L'egoismo comune cagiona e necessita l'egoismo di ciascuno.
Perchè quando nessuno fa per te, tu non puoi vivere se non t'adopri tutto per te solo. E quando gli altri ti tolgono quanto possono, e per li loro vantaggi non badano al danno tuo, se vuoi vivere, conviene che tu combatta per te, e contrasti agli altri tutto quello che puoi.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia.
Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa
Che si usino maschere e travestimenti per ingannare gli altri, o per non essere conosciuti; non mi pare strano: ma che tutti vadano mascherati con una stessa forma di maschere, e travestiti a uno stesso modo, senza ingannare l'un l'altro, e conoscendosi ottimamente tra loro; mi riesce una fanciullaggine. Cavinsi le maschere, si rimangano coi loro vestiti; non faranno minori effetti di prima, e staranno più a loro agio. Perché pur finalmente, questo finger sempre, ancorché inutile, e questo sempre rappresentare una persona diversissima dalla propria, non si può fare senza impaccio e fastidio grande.
Giacomo Leopardi, Dialogo di Timandro e di Eleandro (parla Eleandro), dalle “Operette morali”
E quando miro in cielo arder le stelle,
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?
Giacomo Leopardi
Ben mille volte
Fortunato colui che la caduca
Virtù del caro immaginar non perde
Per volger d'anni
Giacomo Leopardi,
versi tratti dal canto Al conte Carlo Pepoli
Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando,
benché tutto il resto del mondo fosse per me come morto.
Giacomo Leopardi
Così tra questa immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare. »
Giacomo Leopardi
Ahi come mal mi governasti, amore!
Perchè seco dovea sì dolce affetto
Recar tanto desio, tanto dolore
Giacomo Leopardi, Il primo amore
Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono
Giacomo Leopardi, Pensieri
È curioso a vedere, che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici,
e che sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco merito.
Giacomo Leopardi
L'Infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi
«Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero.» Giacomo Leopardi
“E fieramente mi si stringe il core,
a pensar come tutto al mondo passa,
e quasi orma non lascia”
Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa
È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che valgono molto, hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore.
Giacomo Leopardi, Pensieri
Quell'artefice o scienziato o cultore di qualunque disciplina, che sarà usato paragonarsi, non con altri cultori di essa, ma con essa medesima, più che sarà eccellente, più basso concetto avrà di se:
perché meglio conoscendo le profondità di quella, più inferiore si troverà nel paragone.
Così quasi tutti gli uomini grandi sono modesti: perché si paragonano continuamente, non cogli altri, ma con quell'idea del perfetto che hanno dinanzi allo spirito, infinitamente più chiara e maggiore di quella che ha il volgo; e considerano quanto sieno lontani dal conseguirla. Dove che i volgari facilmente, e forse alle volte con verità, si credono avere, non solo conseguita, ma superata quell'idea di perfezione che cape negli animi loro.
Giacomo Leopardi, Pensieri
Tempo verrà, che esso universo, e la natura medesima, sarà spenta.
E nel modo che di grandissimi regni ed imperi umani, e loro maravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi segno né fama alcuna; parimente del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empieranno lo spazio immenso. Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi.
Giacomo Leopardi, Cantico del Gallo Silvestre
“Ma la vita mortal, poi che la bella
giovinezza sparì, non si colora
d’altra luce giammai, nè d’altra aurora.
Vedova è insino al fine; ed alla notte
che l’altre etadi oscura,
segno poser gli Dei la sepoltura.”
Giacomo Leopardi, Il tramonto della luna
Il forse.. è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze.
Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito.
Giacomo Leopardi
Agostino Frau
Agostino Frau
"Il forse.. è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito. " non è di Giacomo Leopardi. E' una frase Web di un burlone che ha messo la sua firma. E' una bella frase, direi anche leopardiana, ma è non autentica...
"Parlate di morale quanto volete a un popolo mal governato; la morale è un detto, e la politica un fatto: la vita domestica, la società privata, qualunque cosa umana prende la sua forma dalla natura generale dello stato pubblico di un popolo."
Giacomo Leopardi. Zibaldone di pensieri, 9 novembre 1820, p. 311
Sono odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, nè il male stesso, quando chi lo nomina. In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è stracinato in sui patiboli.
Giacomo Leopardi. "Pensieri"
La solitudine è come una lente d'ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo
Giacomo Leopardi
Tu pensoso in disparte il tutto miri
Giacomo Leopardi, Il passero solitario
L'egoismo è sempre stata la peste della società e quando è stato maggiore,
tanto peggiore è stata la condizione della società.
Giacomo Leopardi
La guerra più terribile è quella che deriva dall'egoismo,
e dall'odio naturale verso altrui, rivolto non più verso lo straniero,
ma verso il concittadino, il compagno.
Giacomo Leopardi
Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce,
ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura.
Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri,
e si principierà la vita felice. Non è vero?
Giacomo Leopardi
La ragione ha bisogno dell'immaginazione e delle illusioni che essa stessa distrugge
Lo Zibaldone, Giacomo Leopardi
I fanciulli trovano tutto nel nulla, gli uomini trovano il nulla nel tutto.
Giacomo Leopardi
Ma nulla fa chi troppe cose pensa.
Torquato Tasso, Aminta, Atto 2 Scena 3 v. ult. nello Zibaldone, di Giacomo Leopardi [2391]
Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova se munito da ogni parte. Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire.
Giacomo Leopardi
Il passato, a ricordarsene, è più bello del presente, come il futuro a immaginarlo. Perché? Perché il solo presente ha la sua vera forma nella concezione umana, è la sola immagine del vero; e tutto il vero è brutto.
Giacomo Leopardi, Zibaldone [1521-1522] (18 Agosto 1821)
Che cosa ci rende tanto diversi dai francesi e dagli inglesi? A noi manca, risponde, una società «stretta», cioè coesa, capace di sentirsi come una rete ben ordita, in cui ognuno tiene in gran conto il giudizio e la stima degli altri, proprio perché si sente parte di una squadra. La coesione manca perché la nazione non ha un centro, «un teatro nazionale, una letteratura veramente nazionale, moderna». Ogni città fa per sé, manca il confronto, la capacità di ascolto e di condivisione. Gli italiani ridono della vita e di se stessi, ma è un riso fatto di disprezzo e freddezza. Hanno usi e abitudini, non costumi. Nessuno di loro pensa che la trasgressione sia biasimevole. Il cinismo è ovunque, nelle classi superiori come nel «popolaccio». La mancanza d’amor proprio provoca lo scarso o nullo rispetto di sé, dunque degli altri. Una vita non traguardata su progetti importanti è pura vanità, una fonte di male e di immoralità.
Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani
In Italia la principale e la più necessaria dote di chi vuole conversare, è il mostrare con le parole e coi modi ogni sorta di disprezzo verso gli altri, l’offendere quanto più si possa il loro amor proprio, il lasciarli più che sia possibile mal soddisfatti di se stessi e per conseguenza di voi stessi medesimi.
Una società civile non può durare tra uomini continuamente occupati a deridersi in faccia gli uni e gli altri.
Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani, 1824
Tutti sanno con Orazio, che le leggi senza i costumi non bastano, e da altra parte che i costumi dipendono e sono determinati e fondati principalmente e garantiti dalle opinioni.
Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani, 1824
I politici antichi parlavano sempre di costumi e di virtù;
i moderni non parlano d'altro che di commercio e di moneta.
Ed è gran ragione, soggiunge qualche studente di economia politica, o allievo delle gazzette in filosofia: perché le virtù e i buoni costumi non possono stare in piedi senza il fondamento dell'industria; la quale provvedendo alle necessità giornaliere, e rendendo agiato e sicuro il vivere a tutti gli ordini di persone, renderà stabili le virtù, e proprie dell'universale.
Molto bene. Intanto, in compagnia dell'industria, la bassezza dell'animo, la freddezza. l'egoismo, l'avarizia, la falsità e la perfidia mercantile, tutte le qualità e le passioni più depravatrici e più indegne dell'uomo incivilito, sono in vigore, e moltiplicano senza fine; ma le virtù si aspettano.
Giacomo Leopardi, Pensieri
Il gran torto degli educatori è il volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità, che la vita giovanile non differisca dalla matura, di voler sopprimere la differenza dei gusti e dei desideri; di volere che gli ammaestramenti, i comandi e la forza della necessità suppliscano all'esperienza
Giacomo Leopardi
L'amore è la vita è il principio vivificante della natura,
Come l'odio il principio distruggente e mortale.
Le cose sono fatte per amarsi scambievolmente e la vita nasce da questo.
Odiandosi, benché molti odi siano naturali,
Ne nasce l'effetto contrario, cioè distruzioni scambievoli
e anche rodimento e consumazione interna dell'odiatore.
Giacomo Leopardi
Io per lunghissimo tempo ho dovuto dolermi di avere un cervello dentro al cranio, perché non poteva pensare di qualunque menomo nulla, né per quanto breve spazio si voglia, senza contrazione e dolore de’ nervi. Ma come non si vive se non pensando, così mi doleva che dovendo pur essere, non fossi pianta o sasso o qualunque altra cosa non ha compagno dell’esistenza il pensiero.
Giacomo Leopardi
Masse felici composte da individui infelici
Giacomo Leopardi
E già non sai né pensi
Quale ferita m'apristi in mezzo al petto
Giacomo Leopardi
Io sono, si perdoni la metafora, un sepolcro ambulante, che porto dentro di me un uomo morto, un cuore già sensibilissimo che più non sente.
Giacomo Leopardi.
Sono così stordito del niente che mi circonda, che non so come abbia forza di prendere la penna per rispondere alla tua del primo. Se in questo momento impazzissi, io credo che la mia pazzia sarebbe di seder sempre cogli occhi attoniti, colla bocca aperta, colle mani tra le ginocchia, senza né ridere né piangere, né muovermi altro che per forza dal luogo dove mi trovassi. Non ho più lena di concepire nessun desiderio, neanche della morte, non perch’io la tema in nessun conto, ma non vedo più divario tra la morte e questa mia vita, dove non viene più a consolarmi neppure il dolore. Questa è la prima volta che la noia non solamente mi opprime e stanca, ma mi affanna e lacera come un dolor gravissimo; e sono così spaventato dalla vanità di tutte le cose, e della condizione degli uomini, morte tutte le passioni, come sono spente nell’animo mio, che ne vo fuori di me, considerando ch’è un niente anche la mia disperazione.
Lettera di Giacomo Leopardi a Pietro Giordani, a Milano, Recanati, 19 novembre 1819
«E perché l'andamento e le usanze e gli avvenimenti e i luoghi di questa mia vita sono ancora infantili, io tengo afferrati con ambe le mani questi ultimi avanzi e queste ombre di quel benedetto e beato tempo, dov'io sperava e sognava la felicità, e sperando e sognando la godeva, ed è passato né tornerà mai più, certo mai più; vedendo con eccessivo terrore che insieme colla fanciullezza è finito il mondo e la vita per me e per tutti quelli che pensano e sentono; sicché non vivono fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita.»
Giacomo Leopardi, da una lettera a Pietro Giordani, 17 dicembre 1819
Carlo mio, se tu credi che quegli che ti scrive sia Giacomo tuo fratello, t'inganni assai, perché questi è morto o tramortito, e in sua vece resta una persona che a stento si ricorda il suo nome.
Giacomo Leopardi, da una Lettera a suo fratello Carlo Leopardi, 25 novembre 1822
L'uomo è infelice perchè incontentabile.
Giacomo Leopardi
Il fine dell'uomo, il suo sommo bene, la sua felicità, non esistono. Ed egli cerca e cercherà sempre sommamente ed unicamente queste cose, ma le cerca senza sapere di che natura sieno, in che consistano, nè mai lo saprà, perchè infatti queste cose non esistono, benché per natura dell'uomo sieno il necessario fine dell'uomo.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
La somma felicità possibile dell’uomo in questo mondo è, quando egli vive quietamente nel suo stato con una speranza riposata e certa di un avvenire molto migliore, che per esser certa, e lo stato in cui vive, buono, non lo inquieti e non lo turbi coll’impazienza di goder di questo immaginato bellissimo futuro. Questo divino stato l’ho provato io di 16 e 17 anni per alcuni mesi ad intervalli, trovandomi quietamente occupato negli studi senz’altri disturbi e colla certa e tranquilla speranza di un lietissimo avvenire. E non lo proverò mai piú, perché questa tale speranza, che sola può render l’uomo contento del presente, non può cadere se non in un giovane di quella tale età, o almeno, esperienza.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
«unico divertimento in Recanati è lo studio; unico divertimento è quello che mi ammazza»
Giacomo Leopardi in una lettera a Pietro Giordani, 1817.
Ben mille volte Fortunato
colui che la caduca Virtù
del caro immaginar
non perde
Per volger d'anni
Giacomo Leopardi, versi tratti dal canto Al conte Carlo Pepoli
Ma non è cosa in terra
Che ti somigli; e s'anco pari alcuna
Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
Saria, così conforme, assai men bella.
Giacomo Leopardi, Alla Sua Donna
«Io sono, si perdoni la metafora, un sepolcro ambulante,
che porto dentro di me un uomo morto,
un cuore già sensibilissimo che più non sente».
Giacomo Leopardi, Zibaldone
… nell’inverno si sente meno la scontentezza del proprio essere, che nella buona stagione.
Nella quale l’animo ripiglia la sua avidità del piacere; e, come è naturale, non lo ritrova mai.
Giacomo Leopardi, Zibaldone. Pensieri di varia filosofia - Recanati 2 Marzo, 1827
La natura ha messo nell'uomo quel desiderio di felicità infinita, senza dargli i mezzi per soddisfarlo.
Leopardi
«La natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno, come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità, è infelice, come chi non ha di che cibarsi, patisce di fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo, senza nemmeno aver posto la felicità nel mondo. Gli animali non han più di noi, se non il patir meno; così i selvaggi: ma la felicità nessuno.»
Giacomo Leopardi (Zibaldone 4517 - 26 maggio 1824)
Se sei felice non gridarlo troppo.
La tristezza ha il sonno leggero.
Giacomo Leopardi
Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo.
Giacomo leopardi
I momenti migliori dell'amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai di che.
Giacomo Leopardi
So ben io qual è, e l'ho provata, ma ora non lo provo più, quella dolce malinconia che partorisce le cose belle, più dolce dell'allegria; la quale, se m'è permesso di dir così, è come il crepuscolo, dove questa è notte fittissima e orribile, è veleno, com'ella dice, che distrugge le forze del corpo e dello spirito.
Giacomo Leopardi, da una lettera a Pietro Giordani, 30 aprile 1817
E lasciarmi alla malinconia, e lasciarmi a me stesso che sono il mio spietatissimo carnefice.
Giacomo Leopardi, dall’Epistolario, lettera a Pietro Giordani, 2 Marzo 1818
Quelle rare volte ch'io ho incontrato qualche piccola fortuna, o motivo di allegrezza, in luogo di mostrarla al di fuori, io mi dava naturalmente alla malinconia, quanto all'esterno, sebbene l'interno fosse contento. Ma quel contento placido e riposto, io temeva di turbarlo, alterarlo, guastarlo, e perderlo col dargli vento. E dava il mio contento in custodia alla malinconia. (27. Dicembre 1820.).
Giacomo Leopardi, Zibaldone (27 Dicembre 1820)
Perché fiorire si può e si deve, anche in mezzo al deserto.
Giacomo Leopardi.
Ah, signora, quella che lei crede una gobba è l'astuccio delle mie ali.
Giacomo Leopardi
Non temere né la prigione, né la povertà, né la morte. Temi la paura.
Giacomo Leopardi
Il silenzio
è il linguaggio di tutte le forti passioni.
Dell'amore, dell'ira, della meraviglia, del timore.
Giacomo Leopardi
Non t’accorgi, Diavolo, che tu sei bella come un Angelo?
Giacomo Leopardi, Lo Zibaldone
Considerando che l'infelicità è la mancanza di piacere e che l'uomo desidera non un semplice piacere, bensì il piacere, eterno per estensione e durata, possiamo ben comprendere quanto questa nostra tensione inappagata sia la radice della nostra infelicità.
Leopardi, Zibaldone
La realtà immaginata costituisce l'alternativa a una realtà vissuta che non è altro che infelicità e noia.
Leopardi
Così, tra sognare e fantasticare, andrai consumando la vita.
Giacomo Leopardi
“...ora che il potere è ridotto in pochissimi, si vedono gli avvenimenti e non si sanno i motivi, e il mondo è come quelle macchine che si muovono per molle occulte o quelle statue fatte camminare da persone nascostevi dentro. E il mondo umano è divenuto come il naturale, bisogna studiare gli avvenimenti come si studiano i fenomeni e immaginare le forze motrici andando tastoni come i fisici. Dal che si può vedere quanto sia scemata l’utilità della storia.”
Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri
Quelli pertanto che essendo gelosissimi della purità e conservazione della lingua italiana, si scontorcono […] ad ogni maniera di dire che non sia stampata sulla forma della grammatica universale, non sanno che cosa sia né la natura della lingua italiana che presumono di proteggere, né quella di tutte le lingue possibili
Giacomo Leopardi, Zibaldone, 5 maggio 1822
Un francese, un inglese, un tedesco che ha coltivato il suo ingegno, e che si trova in istato di pensare, non ha che a scrivere. Egli trova una lingua nazionale moderna già formata, stabilita e perfetta, imparata la quale ei non ha che a servirsene. [...]
Ben diverso è oggidí il caso dell’Italia. Come noi non abbiamo se non letteratura antica, e come la lingua illustre e propria ad essere scritta non è mai scompagnata dalla letteratura, e segue sempre le vicende di questa, e dove questa manca o s’arresta, manca essa pure e si ferma; cosí fermata tra noi la letteratura, fermossi anche la lingua, e siccome della letteratura, cosí pur della lingua illustre si deve dire, che noi non ne abbiamo se non antica. Sono oggimai piú di centocinquant’anni che l’Italia né crea, né coltiva per se verun genere di letteratura, perocché in niun genere ha prodotto scrittori originali dentro questo tempo, e gli scrittori che ha prodotto,
non avendo mai fatto e non facendo altro che copiare gli antichi, non si chiamano coltivatori della letteratura, perché non coltiva il suo campo chi per esso passeggia e sempre diligentemente l’osserva, lasciando però le cose come stanno [...].
Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri
Lo scienziato dell'anima ....
Il filosofo Emanuele Severino spiega la rilevanza filosofica della poetica leopardiana:
"Leopardi può ben considerarsi uno dei maggiori pensatori della filosofia contemporanea.
Ha infatti posto anticipatamente le basi di quella distruzione della tradizione occidentale che sarà poi continuata e sviluppata - ma non resa più radicale - da Nietzsche, Wittgenstein ed Heidegger".
Il tempo non è una cosa.
Esso è un accidente delle cose, e indipendentemente dalla esistenza delle cose è nulla;
è uno accidente di questa esistenza; o piuttosto è una nostra idea, una parola. […]»
Giacomo Leopardi in Zibaldone
Io per lunghissimo tempo ho dovuto dolermi di avere un cervello dentro al cranio, perchè non poteva pensare di qualunque menomo nulla, nè per quanto breve spazio si voglia, senza contrazione e dolore de’ nervi. Ma come non si vive se non pensando, così mi doleva che dovendo pur essere, non fossi pianta o sasso o qualunque altra cosa non ha compagno dell’esistenza il pensiero.
Giacomo Leopardi, Lettera a Pietro Giordani, 13 luglio 1821
Il tale diceva che noi venendo in questa vita, siamo come chi si corica in un letto duro e incomodo, che sentendovisi star male, non vi può star quieto, e però si rivolge cento volte da ogni parte, e proccura in vari modi di appianare, ammollire ec. il letto, cercando pur sempre e sperando di avervi a riposare e prender sonno, finchè senz'aver dormito nè riposato vien l'ora di alzarsi. Tale e da simil cagione è la nostra inquietudine nella vita, naturale e giusta scontentezza d'ogni stato; cure, studi ec. di mille generi per accomodarci e mitigare un poco questo letto; speranza di felicità o almen di riposo, e morte che previen l'effetto della speranza.
Giacomo Leopardi, Zibaldone, 25 Giugno 1824
Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio,
finché gli cade in gola da sé medesimo.
Io sono quella che tu fuggi.
Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese
Ma poichè quel che è distrutto, patisce; e quel che distrugge, non gode, e a poco andare è distrutto medesimamente; dimmi quello che nessun filosofo mi sa dire; a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?
Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese
“Ma dalla molestia degli uomini mi liberai facilmente, separandomi dalla loro società, e riducendomi in solitudine: cosa che nell’isola mia nativa si può recare ad effetto senza difficoltà. Fatto questo, e vivendo senza quasi verun’immagine di piacere, io non poteva mantenermi però senza patimento: perché la lunghezza del verno, l’intensità del freddo, e l’ardore estremo della state, che sono qualità di quel luogo, mi travagliavano di continuo; e il fuoco, presso al quale mi conveniva passare una gran parte del tempo, m’inaridiva le carni, e straziava gli occhi col fumo; di modo che, né in casa né a cielo aperto, io mi poteva salvare da un perpetuo disagio.”
Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese
Il rapporto di Giacomo Leopardi con la vita diventerà un film che uscirà nelle sale il prossimo autunno. Il regista de “Il giovane favoloso” (è questo il titolo del film) è Mario Martone che, con questa pellicola, ha voluto raccontare l’attaccamento incandescente del poeta de “L’infinito” alla vita. Quell’uomo infelice ma straordinario che trovava il senso dell’esistenza nel semplice movimento dei rami di una pianta agitata dal vento, sarà interpretato da Elio Germano che, come ha dichiarato il regista, “Si è calato nei panni di Leopardi con un entusiasmo contagioso. Dopo pochi giorni di lavoro era già in grado di imitarne alla perfezione la grafia”. Isabella Ragonese interpreterà la sorella e Massimo Popolizio il padre. Nel cast anche Michele Riondino, Raffaella Giordano, Valerio Binasco, Anna Mouglalis, Iaia Forte, Edoardo Natoli, Sandro Lombardi, Danilo Nigrelli. I ciak, iniziati il 16 settembre scorso, sono stati realizzati nelle Marche, a Firenze, a Napoli e a Roma. “Il giovane favoloso” è un’opera attesissima e che è costata 8 milioni di euro “Devo ringraziare Palomar, Rai Cinema e la Fondazione Marche, gli industriali marchigiani che hanno finanziato per quasi un terzo il film” ha dichiarato Martone. “Tutti sanno che l'impresa è un rischio, assai anomala per il cinema italiano di questi anni” ha concluso.
Giacomo Leopardi.
Il più solido piacere di questa vita,
è il piacere vano delle illusioni
Giacomo Leopardi
La vita umana, per modo di dire, e composta e intessuta, parte di dolore, parte di noia; dall'una delle quali passioni non ha riposo se non cadendo nell'altra.
Giacomo Leopardi
Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono.
Giacomo Leopardi
La cosa più durevolmente e veramente piacevole è la varietà delle cose,
non per altro se non perché nessuna cosa è durevolmente e veramente piacevole.
Giacomo Leopardi, Zibaldone (10 maggio 1821)
Bisogna combattere ad armi uguali, chi non vuol restare sicuramente inferiore.
Dunque tutto il mondo oggidì essendo armato di egoismo, bisogna che ciascuno si provveda della medesima arma, anche i più virtuosi e magnanimi, se voglion far qualche cosa.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
L'egoismo comune cagiona e necessita l'egoismo di ciascuno.
Perchè quando nessuno fa per te, tu non puoi vivere se non t'adopri tutto per te solo. E quando gli altri ti tolgono quanto possono, e per li loro vantaggi non badano al danno tuo, se vuoi vivere, conviene che tu combatta per te, e contrasti agli altri tutto quello che puoi.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia.
Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa
Trista quella vita che non vede, non ode, non sente se non oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione.
Leopardi, dallo “Zibaldone”, 30 Novembre.
Diceva Bione, filosofo antico:
è impossibile piacere alla moltitudine, se non diventando un pasticcio, o del vino dolce.
Ma questo impossibile, durando lo stato sociale degli uomini, sarà cercato sempre, anco da chi dica, ed anco da chi talvolta creda di non cercarlo: come, durando la nostra specie, i più conoscenti della condizione umana, persevereranno fino alla morte cercando felicità, e promettendosene.
Giacomo Leopardi, Pensieri, LIII
Che si usino maschere e travestimenti per ingannare gli altri, o per non essere conosciuti; non mi pare strano: ma che tutti vadano mascherati con una stessa forma di maschere, e travestiti a uno stesso modo, senza ingannare l'un l'altro, e conoscendosi ottimamente tra loro; mi riesce una fanciullaggine. Cavinsi le maschere, si rimangano coi loro vestiti; non faranno minori effetti di prima, e staranno più a loro agio. Perché pur finalmente, questo finger sempre, ancorché inutile, e questo sempre rappresentare una persona diversissima dalla propria, non si può fare senza impaccio e fastidio grande.
Giacomo Leopardi, Dialogo di Timandro e di Eleandro (parla Eleandro), dalle “Operette morali”
E quando miro in cielo arder le stelle,
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?
Giacomo Leopardi
Ben mille volte
Fortunato colui che la caduca
Virtù del caro immaginar non perde
Per volger d'anni
Giacomo Leopardi,
versi tratti dal canto Al conte Carlo Pepoli
Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando,
benché tutto il resto del mondo fosse per me come morto.
Giacomo Leopardi
Così tra questa immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare. »
Giacomo Leopardi
Ahi come mal mi governasti, amore!
Perchè seco dovea sì dolce affetto
Recar tanto desio, tanto dolore
Giacomo Leopardi, Il primo amore
Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono
Giacomo Leopardi, Pensieri
È curioso a vedere, che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici,
e che sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco merito.
Giacomo Leopardi
L'Infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi
«Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero.» Giacomo Leopardi
“E fieramente mi si stringe il core,
a pensar come tutto al mondo passa,
e quasi orma non lascia”
Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa
È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che valgono molto, hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore.
Giacomo Leopardi, Pensieri
Quell'artefice o scienziato o cultore di qualunque disciplina, che sarà usato paragonarsi, non con altri cultori di essa, ma con essa medesima, più che sarà eccellente, più basso concetto avrà di se:
perché meglio conoscendo le profondità di quella, più inferiore si troverà nel paragone.
Così quasi tutti gli uomini grandi sono modesti: perché si paragonano continuamente, non cogli altri, ma con quell'idea del perfetto che hanno dinanzi allo spirito, infinitamente più chiara e maggiore di quella che ha il volgo; e considerano quanto sieno lontani dal conseguirla. Dove che i volgari facilmente, e forse alle volte con verità, si credono avere, non solo conseguita, ma superata quell'idea di perfezione che cape negli animi loro.
Giacomo Leopardi, Pensieri
Tempo verrà, che esso universo, e la natura medesima, sarà spenta.
E nel modo che di grandissimi regni ed imperi umani, e loro maravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi segno né fama alcuna; parimente del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empieranno lo spazio immenso. Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi.
Giacomo Leopardi, Cantico del Gallo Silvestre
“Ma la vita mortal, poi che la bella
giovinezza sparì, non si colora
d’altra luce giammai, nè d’altra aurora.
Vedova è insino al fine; ed alla notte
che l’altre etadi oscura,
segno poser gli Dei la sepoltura.”
Giacomo Leopardi, Il tramonto della luna
Il forse.. è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze.
Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito.
Giacomo Leopardi
Agostino Frau
Agostino Frau
"Il forse.. è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito. " non è di Giacomo Leopardi. E' una frase Web di un burlone che ha messo la sua firma. E' una bella frase, direi anche leopardiana, ma è non autentica...
"Parlate di morale quanto volete a un popolo mal governato; la morale è un detto, e la politica un fatto: la vita domestica, la società privata, qualunque cosa umana prende la sua forma dalla natura generale dello stato pubblico di un popolo."
Giacomo Leopardi. Zibaldone di pensieri, 9 novembre 1820, p. 311
Sono odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, nè il male stesso, quando chi lo nomina. In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è stracinato in sui patiboli.
Giacomo Leopardi. "Pensieri"
La solitudine è come una lente d'ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo
Giacomo Leopardi
Tu pensoso in disparte il tutto miri
Giacomo Leopardi, Il passero solitario
L'egoismo è sempre stata la peste della società e quando è stato maggiore,
tanto peggiore è stata la condizione della società.
Giacomo Leopardi
La guerra più terribile è quella che deriva dall'egoismo,
e dall'odio naturale verso altrui, rivolto non più verso lo straniero,
ma verso il concittadino, il compagno.
Giacomo Leopardi
Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce,
ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura.
Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri,
e si principierà la vita felice. Non è vero?
Giacomo Leopardi
La ragione ha bisogno dell'immaginazione e delle illusioni che essa stessa distrugge
Lo Zibaldone, Giacomo Leopardi
I fanciulli trovano tutto nel nulla, gli uomini trovano il nulla nel tutto.
Giacomo Leopardi
Ma nulla fa chi troppe cose pensa.
Torquato Tasso, Aminta, Atto 2 Scena 3 v. ult. nello Zibaldone, di Giacomo Leopardi [2391]
Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova se munito da ogni parte. Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire.
Giacomo Leopardi
Il passato, a ricordarsene, è più bello del presente, come il futuro a immaginarlo. Perché? Perché il solo presente ha la sua vera forma nella concezione umana, è la sola immagine del vero; e tutto il vero è brutto.
Giacomo Leopardi, Zibaldone [1521-1522] (18 Agosto 1821)
Che cosa ci rende tanto diversi dai francesi e dagli inglesi? A noi manca, risponde, una società «stretta», cioè coesa, capace di sentirsi come una rete ben ordita, in cui ognuno tiene in gran conto il giudizio e la stima degli altri, proprio perché si sente parte di una squadra. La coesione manca perché la nazione non ha un centro, «un teatro nazionale, una letteratura veramente nazionale, moderna». Ogni città fa per sé, manca il confronto, la capacità di ascolto e di condivisione. Gli italiani ridono della vita e di se stessi, ma è un riso fatto di disprezzo e freddezza. Hanno usi e abitudini, non costumi. Nessuno di loro pensa che la trasgressione sia biasimevole. Il cinismo è ovunque, nelle classi superiori come nel «popolaccio». La mancanza d’amor proprio provoca lo scarso o nullo rispetto di sé, dunque degli altri. Una vita non traguardata su progetti importanti è pura vanità, una fonte di male e di immoralità.
Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani
In Italia la principale e la più necessaria dote di chi vuole conversare, è il mostrare con le parole e coi modi ogni sorta di disprezzo verso gli altri, l’offendere quanto più si possa il loro amor proprio, il lasciarli più che sia possibile mal soddisfatti di se stessi e per conseguenza di voi stessi medesimi.
Una società civile non può durare tra uomini continuamente occupati a deridersi in faccia gli uni e gli altri.
Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani, 1824
Tutti sanno con Orazio, che le leggi senza i costumi non bastano, e da altra parte che i costumi dipendono e sono determinati e fondati principalmente e garantiti dalle opinioni.
Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani, 1824
I politici antichi parlavano sempre di costumi e di virtù;
i moderni non parlano d'altro che di commercio e di moneta.
Ed è gran ragione, soggiunge qualche studente di economia politica, o allievo delle gazzette in filosofia: perché le virtù e i buoni costumi non possono stare in piedi senza il fondamento dell'industria; la quale provvedendo alle necessità giornaliere, e rendendo agiato e sicuro il vivere a tutti gli ordini di persone, renderà stabili le virtù, e proprie dell'universale.
Molto bene. Intanto, in compagnia dell'industria, la bassezza dell'animo, la freddezza. l'egoismo, l'avarizia, la falsità e la perfidia mercantile, tutte le qualità e le passioni più depravatrici e più indegne dell'uomo incivilito, sono in vigore, e moltiplicano senza fine; ma le virtù si aspettano.
Giacomo Leopardi, Pensieri
Il gran torto degli educatori è il volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità, che la vita giovanile non differisca dalla matura, di voler sopprimere la differenza dei gusti e dei desideri; di volere che gli ammaestramenti, i comandi e la forza della necessità suppliscano all'esperienza
Giacomo Leopardi
L'amore è la vita è il principio vivificante della natura,
Come l'odio il principio distruggente e mortale.
Le cose sono fatte per amarsi scambievolmente e la vita nasce da questo.
Odiandosi, benché molti odi siano naturali,
Ne nasce l'effetto contrario, cioè distruzioni scambievoli
e anche rodimento e consumazione interna dell'odiatore.
Giacomo Leopardi
Io per lunghissimo tempo ho dovuto dolermi di avere un cervello dentro al cranio, perché non poteva pensare di qualunque menomo nulla, né per quanto breve spazio si voglia, senza contrazione e dolore de’ nervi. Ma come non si vive se non pensando, così mi doleva che dovendo pur essere, non fossi pianta o sasso o qualunque altra cosa non ha compagno dell’esistenza il pensiero.
Giacomo Leopardi
Masse felici composte da individui infelici
Giacomo Leopardi
E già non sai né pensi
Quale ferita m'apristi in mezzo al petto
Giacomo Leopardi
Io sono, si perdoni la metafora, un sepolcro ambulante, che porto dentro di me un uomo morto, un cuore già sensibilissimo che più non sente.
Giacomo Leopardi.
Sono così stordito del niente che mi circonda, che non so come abbia forza di prendere la penna per rispondere alla tua del primo. Se in questo momento impazzissi, io credo che la mia pazzia sarebbe di seder sempre cogli occhi attoniti, colla bocca aperta, colle mani tra le ginocchia, senza né ridere né piangere, né muovermi altro che per forza dal luogo dove mi trovassi. Non ho più lena di concepire nessun desiderio, neanche della morte, non perch’io la tema in nessun conto, ma non vedo più divario tra la morte e questa mia vita, dove non viene più a consolarmi neppure il dolore. Questa è la prima volta che la noia non solamente mi opprime e stanca, ma mi affanna e lacera come un dolor gravissimo; e sono così spaventato dalla vanità di tutte le cose, e della condizione degli uomini, morte tutte le passioni, come sono spente nell’animo mio, che ne vo fuori di me, considerando ch’è un niente anche la mia disperazione.
Lettera di Giacomo Leopardi a Pietro Giordani, a Milano, Recanati, 19 novembre 1819
«E perché l'andamento e le usanze e gli avvenimenti e i luoghi di questa mia vita sono ancora infantili, io tengo afferrati con ambe le mani questi ultimi avanzi e queste ombre di quel benedetto e beato tempo, dov'io sperava e sognava la felicità, e sperando e sognando la godeva, ed è passato né tornerà mai più, certo mai più; vedendo con eccessivo terrore che insieme colla fanciullezza è finito il mondo e la vita per me e per tutti quelli che pensano e sentono; sicché non vivono fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita.»
Giacomo Leopardi, da una lettera a Pietro Giordani, 17 dicembre 1819
Carlo mio, se tu credi che quegli che ti scrive sia Giacomo tuo fratello, t'inganni assai, perché questi è morto o tramortito, e in sua vece resta una persona che a stento si ricorda il suo nome.
Giacomo Leopardi, da una Lettera a suo fratello Carlo Leopardi, 25 novembre 1822
L'uomo è infelice perchè incontentabile.
Giacomo Leopardi
Il fine dell'uomo, il suo sommo bene, la sua felicità, non esistono. Ed egli cerca e cercherà sempre sommamente ed unicamente queste cose, ma le cerca senza sapere di che natura sieno, in che consistano, nè mai lo saprà, perchè infatti queste cose non esistono, benché per natura dell'uomo sieno il necessario fine dell'uomo.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
La somma felicità possibile dell’uomo in questo mondo è, quando egli vive quietamente nel suo stato con una speranza riposata e certa di un avvenire molto migliore, che per esser certa, e lo stato in cui vive, buono, non lo inquieti e non lo turbi coll’impazienza di goder di questo immaginato bellissimo futuro. Questo divino stato l’ho provato io di 16 e 17 anni per alcuni mesi ad intervalli, trovandomi quietamente occupato negli studi senz’altri disturbi e colla certa e tranquilla speranza di un lietissimo avvenire. E non lo proverò mai piú, perché questa tale speranza, che sola può render l’uomo contento del presente, non può cadere se non in un giovane di quella tale età, o almeno, esperienza.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
«unico divertimento in Recanati è lo studio; unico divertimento è quello che mi ammazza»
Giacomo Leopardi in una lettera a Pietro Giordani, 1817.
Ben mille volte Fortunato
colui che la caduca Virtù
del caro immaginar
non perde
Per volger d'anni
Giacomo Leopardi, versi tratti dal canto Al conte Carlo Pepoli
Ma non è cosa in terra
Che ti somigli; e s'anco pari alcuna
Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
Saria, così conforme, assai men bella.
Giacomo Leopardi, Alla Sua Donna
«Io sono, si perdoni la metafora, un sepolcro ambulante,
che porto dentro di me un uomo morto,
un cuore già sensibilissimo che più non sente».
Giacomo Leopardi, Zibaldone
… nell’inverno si sente meno la scontentezza del proprio essere, che nella buona stagione.
Nella quale l’animo ripiglia la sua avidità del piacere; e, come è naturale, non lo ritrova mai.
Giacomo Leopardi, Zibaldone. Pensieri di varia filosofia - Recanati 2 Marzo, 1827
La natura ha messo nell'uomo quel desiderio di felicità infinita, senza dargli i mezzi per soddisfarlo.
Leopardi
«La natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno, come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità, è infelice, come chi non ha di che cibarsi, patisce di fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo, senza nemmeno aver posto la felicità nel mondo. Gli animali non han più di noi, se non il patir meno; così i selvaggi: ma la felicità nessuno.»
Giacomo Leopardi (Zibaldone 4517 - 26 maggio 1824)
Se sei felice non gridarlo troppo.
La tristezza ha il sonno leggero.
Giacomo Leopardi
Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo.
Giacomo leopardi
I momenti migliori dell'amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai di che.
Giacomo Leopardi
So ben io qual è, e l'ho provata, ma ora non lo provo più, quella dolce malinconia che partorisce le cose belle, più dolce dell'allegria; la quale, se m'è permesso di dir così, è come il crepuscolo, dove questa è notte fittissima e orribile, è veleno, com'ella dice, che distrugge le forze del corpo e dello spirito.
Giacomo Leopardi, da una lettera a Pietro Giordani, 30 aprile 1817
E lasciarmi alla malinconia, e lasciarmi a me stesso che sono il mio spietatissimo carnefice.
Giacomo Leopardi, dall’Epistolario, lettera a Pietro Giordani, 2 Marzo 1818
Quelle rare volte ch'io ho incontrato qualche piccola fortuna, o motivo di allegrezza, in luogo di mostrarla al di fuori, io mi dava naturalmente alla malinconia, quanto all'esterno, sebbene l'interno fosse contento. Ma quel contento placido e riposto, io temeva di turbarlo, alterarlo, guastarlo, e perderlo col dargli vento. E dava il mio contento in custodia alla malinconia. (27. Dicembre 1820.).
Giacomo Leopardi, Zibaldone (27 Dicembre 1820)
Perché fiorire si può e si deve, anche in mezzo al deserto.
Giacomo Leopardi.
Ah, signora, quella che lei crede una gobba è l'astuccio delle mie ali.
Giacomo Leopardi
Non temere né la prigione, né la povertà, né la morte. Temi la paura.
Giacomo Leopardi
Il silenzio
è il linguaggio di tutte le forti passioni.
Dell'amore, dell'ira, della meraviglia, del timore.
Giacomo Leopardi
Non t’accorgi, Diavolo, che tu sei bella come un Angelo?
Giacomo Leopardi, Lo Zibaldone
Considerando che l'infelicità è la mancanza di piacere e che l'uomo desidera non un semplice piacere, bensì il piacere, eterno per estensione e durata, possiamo ben comprendere quanto questa nostra tensione inappagata sia la radice della nostra infelicità.
Leopardi, Zibaldone
La realtà immaginata costituisce l'alternativa a una realtà vissuta che non è altro che infelicità e noia.
Leopardi
Così, tra sognare e fantasticare, andrai consumando la vita.
Giacomo Leopardi
“...ora che il potere è ridotto in pochissimi, si vedono gli avvenimenti e non si sanno i motivi, e il mondo è come quelle macchine che si muovono per molle occulte o quelle statue fatte camminare da persone nascostevi dentro. E il mondo umano è divenuto come il naturale, bisogna studiare gli avvenimenti come si studiano i fenomeni e immaginare le forze motrici andando tastoni come i fisici. Dal che si può vedere quanto sia scemata l’utilità della storia.”
Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri
Quelli pertanto che essendo gelosissimi della purità e conservazione della lingua italiana, si scontorcono […] ad ogni maniera di dire che non sia stampata sulla forma della grammatica universale, non sanno che cosa sia né la natura della lingua italiana che presumono di proteggere, né quella di tutte le lingue possibili
Giacomo Leopardi, Zibaldone, 5 maggio 1822
Un francese, un inglese, un tedesco che ha coltivato il suo ingegno, e che si trova in istato di pensare, non ha che a scrivere. Egli trova una lingua nazionale moderna già formata, stabilita e perfetta, imparata la quale ei non ha che a servirsene. [...]
Ben diverso è oggidí il caso dell’Italia. Come noi non abbiamo se non letteratura antica, e come la lingua illustre e propria ad essere scritta non è mai scompagnata dalla letteratura, e segue sempre le vicende di questa, e dove questa manca o s’arresta, manca essa pure e si ferma; cosí fermata tra noi la letteratura, fermossi anche la lingua, e siccome della letteratura, cosí pur della lingua illustre si deve dire, che noi non ne abbiamo se non antica. Sono oggimai piú di centocinquant’anni che l’Italia né crea, né coltiva per se verun genere di letteratura, perocché in niun genere ha prodotto scrittori originali dentro questo tempo, e gli scrittori che ha prodotto,
non avendo mai fatto e non facendo altro che copiare gli antichi, non si chiamano coltivatori della letteratura, perché non coltiva il suo campo chi per esso passeggia e sempre diligentemente l’osserva, lasciando però le cose come stanno [...].
Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri
Lo scienziato dell'anima ....
Il filosofo Emanuele Severino spiega la rilevanza filosofica della poetica leopardiana:
"Leopardi può ben considerarsi uno dei maggiori pensatori della filosofia contemporanea.
Ha infatti posto anticipatamente le basi di quella distruzione della tradizione occidentale che sarà poi continuata e sviluppata - ma non resa più radicale - da Nietzsche, Wittgenstein ed Heidegger".
Il tempo non è una cosa.
Esso è un accidente delle cose, e indipendentemente dalla esistenza delle cose è nulla;
è uno accidente di questa esistenza; o piuttosto è una nostra idea, una parola. […]»
Giacomo Leopardi in Zibaldone
Io per lunghissimo tempo ho dovuto dolermi di avere un cervello dentro al cranio, perchè non poteva pensare di qualunque menomo nulla, nè per quanto breve spazio si voglia, senza contrazione e dolore de’ nervi. Ma come non si vive se non pensando, così mi doleva che dovendo pur essere, non fossi pianta o sasso o qualunque altra cosa non ha compagno dell’esistenza il pensiero.
Giacomo Leopardi, Lettera a Pietro Giordani, 13 luglio 1821
Il tale diceva che noi venendo in questa vita, siamo come chi si corica in un letto duro e incomodo, che sentendovisi star male, non vi può star quieto, e però si rivolge cento volte da ogni parte, e proccura in vari modi di appianare, ammollire ec. il letto, cercando pur sempre e sperando di avervi a riposare e prender sonno, finchè senz'aver dormito nè riposato vien l'ora di alzarsi. Tale e da simil cagione è la nostra inquietudine nella vita, naturale e giusta scontentezza d'ogni stato; cure, studi ec. di mille generi per accomodarci e mitigare un poco questo letto; speranza di felicità o almen di riposo, e morte che previen l'effetto della speranza.
Giacomo Leopardi, Zibaldone, 25 Giugno 1824
Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio,
finché gli cade in gola da sé medesimo.
Io sono quella che tu fuggi.
Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese
Ma poichè quel che è distrutto, patisce; e quel che distrugge, non gode, e a poco andare è distrutto medesimamente; dimmi quello che nessun filosofo mi sa dire; a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?
Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese
“Ma dalla molestia degli uomini mi liberai facilmente, separandomi dalla loro società, e riducendomi in solitudine: cosa che nell’isola mia nativa si può recare ad effetto senza difficoltà. Fatto questo, e vivendo senza quasi verun’immagine di piacere, io non poteva mantenermi però senza patimento: perché la lunghezza del verno, l’intensità del freddo, e l’ardore estremo della state, che sono qualità di quel luogo, mi travagliavano di continuo; e il fuoco, presso al quale mi conveniva passare una gran parte del tempo, m’inaridiva le carni, e straziava gli occhi col fumo; di modo che, né in casa né a cielo aperto, io mi poteva salvare da un perpetuo disagio.”
Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese
Il rapporto di Giacomo Leopardi con la vita diventerà un film che uscirà nelle sale il prossimo autunno. Il regista de “Il giovane favoloso” (è questo il titolo del film) è Mario Martone che, con questa pellicola, ha voluto raccontare l’attaccamento incandescente del poeta de “L’infinito” alla vita. Quell’uomo infelice ma straordinario che trovava il senso dell’esistenza nel semplice movimento dei rami di una pianta agitata dal vento, sarà interpretato da Elio Germano che, come ha dichiarato il regista, “Si è calato nei panni di Leopardi con un entusiasmo contagioso. Dopo pochi giorni di lavoro era già in grado di imitarne alla perfezione la grafia”. Isabella Ragonese interpreterà la sorella e Massimo Popolizio il padre. Nel cast anche Michele Riondino, Raffaella Giordano, Valerio Binasco, Anna Mouglalis, Iaia Forte, Edoardo Natoli, Sandro Lombardi, Danilo Nigrelli. I ciak, iniziati il 16 settembre scorso, sono stati realizzati nelle Marche, a Firenze, a Napoli e a Roma. “Il giovane favoloso” è un’opera attesissima e che è costata 8 milioni di euro “Devo ringraziare Palomar, Rai Cinema e la Fondazione Marche, gli industriali marchigiani che hanno finanziato per quasi un terzo il film” ha dichiarato Martone. “Tutti sanno che l'impresa è un rischio, assai anomala per il cinema italiano di questi anni” ha concluso.
L'Infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi
«Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero.» Giacomo Leopardi
“E fieramente mi si stringe il core,
a pensar come tutto al mondo passa,
e quasi orma non lascia”
Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa
«Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero.» Giacomo Leopardi
“E fieramente mi si stringe il core,
a pensar come tutto al mondo passa,
e quasi orma non lascia”
Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa
Tempo verrà, che esso universo, e la natura medesima, sarà spenta.
E nel modo che di grandissimi regni ed imperi umani, e loro maravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi segno né fama alcuna; parimente del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empieranno lo spazio immenso. Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi.
E nel modo che di grandissimi regni ed imperi umani, e loro maravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi segno né fama alcuna; parimente del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empieranno lo spazio immenso. Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi.
Giacomo Leopardi, Cantico del Gallo Silvestre
“Ma la vita mortal, poi che la bella
giovinezza sparì, non si colora
d’altra luce giammai, nè d’altra aurora.
Vedova è insino al fine; ed alla notte
che l’altre etadi oscura,
segno poser gli Dei la sepoltura.”
Giacomo Leopardi, Il tramonto della luna
“Ma la vita mortal, poi che la bella
giovinezza sparì, non si colora
d’altra luce giammai, nè d’altra aurora.
Vedova è insino al fine; ed alla notte
che l’altre etadi oscura,
segno poser gli Dei la sepoltura.”
Giacomo Leopardi, Il tramonto della luna
Il forse.. è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze.
Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito.
Giacomo Leopardi
"Il forse.. è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito. " non è di Giacomo Leopardi. E' una frase Web di un burlone che ha messo la sua firma. E' una bella frase, direi anche leopardiana, ma è non autentica...
"Parlate di morale quanto volete a un popolo mal governato; la morale è un detto, e la politica un fatto: la vita domestica, la società privata, qualunque cosa umana prende la sua forma dalla natura generale dello stato pubblico di un popolo."
Giacomo Leopardi. Zibaldone di pensieri, 9 novembre 1820, p. 311
Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito.
Giacomo Leopardi
"Il forse.. è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito. " non è di Giacomo Leopardi. E' una frase Web di un burlone che ha messo la sua firma. E' una bella frase, direi anche leopardiana, ma è non autentica...
"Parlate di morale quanto volete a un popolo mal governato; la morale è un detto, e la politica un fatto: la vita domestica, la società privata, qualunque cosa umana prende la sua forma dalla natura generale dello stato pubblico di un popolo."
Giacomo Leopardi. Zibaldone di pensieri, 9 novembre 1820, p. 311
Sono odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, nè il male stesso, quando chi lo nomina. In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è stracinato in sui patiboli.
Giacomo Leopardi. "Pensieri"
L'egoismo è sempre stata la peste della società e quando è stato maggiore,
tanto peggiore è stata la condizione della società.
Giacomo Leopardi
La guerra più terribile è quella che deriva dall'egoismo,
e dall'odio naturale verso altrui, rivolto non più verso lo straniero,
ma verso il concittadino, il compagno.
Giacomo Leopardi
Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce,
ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura.
Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri,
e si principierà la vita felice. Non è vero?
Giacomo Leopardi
La ragione ha bisogno dell'immaginazione e delle illusioni che essa stessa distrugge
Lo Zibaldone, Giacomo Leopardi
I fanciulli trovano tutto nel nulla, gli uomini trovano il nulla nel tutto.
Giacomo Leopardi
Ma nulla fa chi troppe cose pensa.
Torquato Tasso, Aminta, Atto 2 Scena 3 v. ult. nello Zibaldone, di Giacomo Leopardi [2391]
Giacomo Leopardi. "Pensieri"
La solitudine è come una lente d'ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo
Giacomo Leopardi
Tu pensoso in disparte il tutto miri
Giacomo Leopardi, Il passero solitario
Tu pensoso in disparte il tutto miri
Giacomo Leopardi, Il passero solitario
L'egoismo è sempre stata la peste della società e quando è stato maggiore,
tanto peggiore è stata la condizione della società.
Giacomo Leopardi
La guerra più terribile è quella che deriva dall'egoismo,
e dall'odio naturale verso altrui, rivolto non più verso lo straniero,
ma verso il concittadino, il compagno.
Giacomo Leopardi
Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce,
ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura.
Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri,
e si principierà la vita felice. Non è vero?
Giacomo Leopardi
La ragione ha bisogno dell'immaginazione e delle illusioni che essa stessa distrugge
Lo Zibaldone, Giacomo Leopardi
I fanciulli trovano tutto nel nulla, gli uomini trovano il nulla nel tutto.
Giacomo Leopardi
Ma nulla fa chi troppe cose pensa.
Torquato Tasso, Aminta, Atto 2 Scena 3 v. ult. nello Zibaldone, di Giacomo Leopardi [2391]
Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova se munito da ogni parte. Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire.
Giacomo Leopardi
La stima è come un fiore che, pesto una volta o gravemente appassito, mai più non ritorna.
Giacomo Leopardi
“Che cosa ci rende tanto diversi dai francesi e dagli inglesi?
A noi manca, risponde, una società «stretta», cioè coesa, capace di sentirsi come una rete ben ordita, in cui ognuno tiene in gran conto il giudizio e la stima degli altri, proprio perché si sente parte di una squadra. La coesione manca perché la nazione non ha un centro, «un teatro nazionale, una letteratura veramente nazionale, moderna». Ogni città fa per sé, manca il confronto, la capacità di ascolto e di condivisione. Gli italiani ridono della vita e di se stessi, ma è un riso fatto di disprezzo e freddezza. Hanno usi e abitudini, non costumi. Nessuno di loro pensa che la trasgressione sia biasimevole. Il cinismo è ovunque, nelle classi superiori come nel «popolaccio». La mancanza d’amor proprio provoca lo scarso o nullo rispetto di sé, dunque degli altri. Una vita non traguardata su progetti importanti è pura vanità, una fonte di male e di immoralità.”
Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani
I politici antichi parlavano sempre di costumi e di virtù;
i moderni non parlano d'altro che di commercio e di moneta.
Ed è gran ragione, soggiunge qualche studente di economia politica, o allievo delle gazzette in filosofia: perché le virtù e i buoni costumi non possono stare in piedi senza il fondamento dell'industria; la quale provvedendo alle necessità giornaliere, e rendendo agiato e sicuro il vivere a tutti gli ordini di persone, renderà stabili le virtù, e proprie dell'universale.
Molto bene. Intanto, in compagnia dell'industria, la bassezza dell'animo, la freddezza. l'egoismo, l'avarizia, la falsità e la perfidia mercantile, tutte le qualità e le passioni più depravatrici e più indegne dell'uomo incivilito, sono in vigore, e moltiplicano senza fine; ma le virtù si aspettano.
Giacomo Leopardi, Pensieri
Il gran torto degli educatori è il volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità, che la vita giovanile non differisca dalla matura, di voler sopprimere la differenza dei gusti e dei desideri; di volere che gli ammaestramenti, i comandi e la forza della necessità suppliscano all'esperienza
Giacomo Leopardi
L'amore è la vita è il principio vivificante della natura,
Come l'odio il principio distruggente e mortale.
Le cose sono fatte per amarsi scambievolmente e la vita nasce da questo.
Odiandosi, benché molti odi siano naturali,
Ne nasce l'effetto contrario, cioè distruzioni scambievoli
e anche rodimento e consumazione interna dell'odiatore.
Giacomo Leopardi
Io per lunghissimo tempo ho dovuto dolermi di avere un cervello dentro al cranio, perché non poteva pensare di qualunque menomo nulla, né per quanto breve spazio si voglia, senza contrazione e dolore de’ nervi. Ma come non si vive se non pensando, così mi doleva che dovendo pur essere, non fossi pianta o sasso o qualunque altra cosa non ha compagno dell’esistenza il pensiero.
Giacomo Leopardi
Io sono, si perdoni la metafora, un sepolcro ambulante, che porto dentro di me un uomo morto, un cuore già sensibilissimo che più non sente.
Giacomo Leopardi.
Lettera di Giacomo Leopardi a Pietro Giordani, a Milano, Recanati, 19 novembre 1819
Carlo mio, se tu credi che quegli che ti scrive sia Giacomo tuo fratello, t'inganni assai, perché questi è morto o tramortito, e in sua vece resta una persona che a stento si ricorda il suo nome.
Giacomo Leopardi, da una Lettera a suo fratello Carlo Leopardi, 25 novembre 1822
La somma felicità possibile dell’uomo in questo mondo è, quando egli vive quietamente nel suo stato con una speranza riposata e certa di un avvenire molto migliore, che per esser certa, e lo stato in cui vive, buono, non lo inquieti e non lo turbi coll’impazienza di goder di questo immaginato bellissimo futuro. Questo divino stato l’ho provato io di 16 e 17 anni per alcuni mesi ad intervalli, trovandomi quietamente occupato negli studi senz’altri disturbi e colla certa e tranquilla speranza di un lietissimo avvenire. E non lo proverò mai piú, perché questa tale speranza, che sola può render l’uomo contento del presente, non può cadere se non in un giovane di quella tale età, o almeno, esperienza.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
Entrate in un giardino di piante, d'erbe, di fiori.
Sia pur quanto volete ridente.
Sia nella più mite stagione dell'anno.
Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento.
Tutta quella famiglia di vegetali è in istato di souffrance, qual individuo più, qual meno.
Là quella rosa è offesa dal sole, che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassisce.
Là quel giglio è succhiato crudelmente da un'ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali.
Il dolce mele non si fabbrica dalle industriose, pazienti, buone, virtuose api senza indicibili tormenti di quelle fibre delicatissime, senza strage spietata di teneri fiorellini.
Quell'albero è infestato da un formicaio, quell'altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nella scorza e cruciato dall'aria o dal sole che penetra nella piaga; quello è offeso nel tronco, o nelle radici; quell'altro ha più foglie secche; quest'altro è roso, morsicato nei fiori; quello trafitto, punzecchiato nei frutti. Quella pianta ha troppo caldo, questa troppo fresco; troppa luce, troppa ombra; troppo umido, troppo secco. L'una patisce incomodo e trova ostacolo e ingombro nel crescere, nello stendersi; l'altra non trova dove appoggiarsi, o si affatica e stenta per arrivarvi. In tutto il giardino tu non trovi una pianticella sola in istato di sanità perfetta. Qua un ramicello è rotto o dal vento o dal suo proprio peso; là un zeffiretto va stracciando un fiore, vola con un brano, un filamento, una foglia, una parte viva di questa o quella pianta, staccata e strappata via. Intanto tu strazi le erbe co’ tuoi passi; le stritoli, le ammacchi, ne spremi il sangue, le rompi, le uccidi. Quella donzelletta sensibile e gentile, va dolcemente sterpando e infrangendo steli.
Il giardiniere va saggiamente troncando, tagliando membra sensibili, colle unghie, col ferro. (Bologna. 19. Aprile. 1826.).
Certamente queste piante vivono; alcune perchè le loro infermità non sono mortali, altre perchè ancora con malattie mortali, le piante, e gli animali altresì, possono durare a vivere qualche poco di tempo. Lo spettacolo di tanta copia di vita all'entrare in questo giardino ci rallegra l'anima, e di qui è che questo ci pare essere un soggiorno di gioia. Ma in verità questa vita è trista e infelice, ogni giardino è quasi un vasto ospitale (luogo ben più deplorabile che un cemeterio), e se questi esseri sentono, o vogliamo dire, sentissero, certo è che il non essere sarebbe per loro assai meglio che l'essere”.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
la vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
move la greggia oltre pel campo, e vede
greggi, fontane ed erbe;
poi stanco si riposa in su la sera:
altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
al pastor la sua vita,
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?
Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
La noia è l'asma dell'anima.
Non ho più lena di concepire nessun desiderio, neanche della morte, non perch’io la tema in nessun conto, ma non vedo più divario tra la morte e questa mia vita, dove non viene più a consolarmi neppure il dolore. Questa è la prima volta che la noia non solamente mi opprime e stanca, ma mi affanna e lacera come un dolor gravissimo; e sono così spaventato dalla vanità di tutte le cose, e della condizione degli uomini, morte tutte le passioni, come sono spente nell’animo mio, che ne vo fuori di me, considerando ch’è un niente anche la mia disperazione.
Carlo Bini / Lettera di Giacomo Leopardi a Pietro Giordani, a Milano, Recanati, 19 novembre 1819 da Lettere Mondadori, 2006
Caitlin Worthington
Un genio, che solo in un paese da sempre parruccone e conformista come il nostro poteva essere incompreso, misconosciuto e ridotto alla figura patetica e abusata quanto falsa e stupida di poeta pessimista. Leopardi è stato, al contrario, un precursore, un anticipatore lucido e liricamente eccelso di stilemi modernissimi, poi ampliati nel novecento da altri giganti come Ungaretti, Quasimodo e Cardarelli. E pochi hanno capito come lui, uomo di cultura inarrivabile, la realtà e il carattere del nostro paese: il suo "Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani" è così incredibilmente attuale che sembra scritto ieri e la profondità dell'analisi sociale e antropologica espressa in questo testo è tale che andrebbe insegnato nelle scuole per cercare di dare finalmente agli italiani quell'autoconsapevolezza e coscienza collettiva che da sempre ci mancano.
Aveva un animo ricco e pieno di sensibilità! Non compreso dalla madre rigida e bigotta, vera rappresentante di un'aristocrazia retriva e provinciale. Meglio il padre che coltivava ottime letture e culture, conservate nella ricca biblioteca, che ancora si può visitare nell'antico palazzo.
Ma il giovane Giacomo era troppo avanti per i suoi tempi!!
Leopardi, Operette morali, Dialogo della moda e della morte
Composto a Recanati tra il 15 e il 18 febbraio, 1824.
Dialogo che cita e celebra Francesco Petrarca e i suoi Trionfi.
La Morte e la Moda in un superbo gioco degli specchi sui luoghi comuni della conservazione della bellezza femminile.
La Moda, dopo essersi presentata come sua sorella, in quanto figlie della Caducità, spiega ad una frettolosa ed impegnatissima Morte in cosa è del tutto simile a lei.
La Moda fornisce un elenco di usanze che in suo nome gli esseri umani di ogni epoca compiono, realizzando nello stesso tempo le aspettative della Morte. Si parte dalle indicibili sofferenze per rispettare consuetudini sociali, fino agli esercizi per mantenere in salute il corpo e l'anima perché ormai decaduti quei valori antichi di sobrietà ed equilibrio (tutte cose che in definitiva accorciano la vita ecc.); tanto che ormai l'immortalità cercata dagli uomini, in memoria dell'eroe defunto, è tenuta in bassissima considerazione e per amor suo è spento ogni desiderio di gloria. A trionfare quindi, poiché tutto è passeggero e incostante sulla terra, sarà sempre lei, sua sorella maggiore, la triste Mietitrice.
Riconosciuta la parentela, grazie a queste credenziali, Moda e Morte s'accordano per meglio operare e consultarsi sulle migliori soluzioni da adottare per trarre entrambe miglior partito da ogni situazione.
Dialogo cinico come il Dialogo della Natura e di un'Anima e il Dialogo della Natura e di un Islandese. Oltre a Petrarca si cita Ippocrate in un passo che parla delle usanze dei popoli barbari nel trasfigurare le teste dei neonati.
Sebbene la Morte sia rappresentata nei modi dell'iconografia classica, evinta dalla battuta sull'impossibilità di portare gli occhiali (è l'immagine del teschio classico), il personaggio più originale è la Moda, figura non molto diversa nell'agire dalla sorella, ma sicuramente più elegante nel sostenere l'ipocrisia umana.
http://it.wikipedia.org/wiki/Analisi_delle_Operette_morali#Dialogo_della_Moda_e_della_Morte
- Moda
- Madama Morte, madama Morte.
- Morte
- Aspetta che sia l’ora, e verrò senza che tu mi chiami.
- Moda
- Madama Morte.
- Morte
- Vattene col diavolo. Verrò quando tu non vorrai.
- Moda
- Come se io non fossi immortale.
- Morte
- Immortale?
- Passato è già più che 'l millesim'anno
- che sono finiti i tempi degl’immortali.
- Moda
- Anche Madama petrarcheggia come fosse un lirico italiano del cinque o dell’ottocento?
- Morte
- Ho care le rime del Petrarca, perché vi trovo il mio Trionfo, e perché parlano di me quasi da per tutto. Ma in somma levamiti d’attorno.
- Moda
- Via, per l’amore che tu porti ai sette vizi capitali, fermati tanto o quanto, e guardami.
- Morte
- Ti guardo.
- Moda
- Non mi conosci?
- Morte
- Dovresti sapere che ho mala vista, e che non posso usare occhiali, perché gl’Inglesi non ne fanno che mi valgano, e quando ne facessero, io non avrei dove me gl’incavalcassi.
- Moda
- Io sono la Moda, tua sorella.
- Morte
- Mia sorella?
- Moda
- Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?
- Morte
- Che m’ho a ricordare io che sono nemica capitale della memoria.
- Moda
- Ma io me ne ricordo bene; e so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un’altra.
- Morte
- In caso che tu non parli col tuo pensiero o con persona che tu abbi dentro alla strozza, alza più la voce e scolpisci meglio le parole; che se mi vai borbottando tra’ denti con quella vocina da ragnatelo, io t’intenderò domani, perché l’udito, se non sai, non mi serve meglio che la vista.
- Moda
- Benché sia contrario alla costumatezza, e in Francia non si usi di parlare per essere uditi, pure perché siamo sorelle, e tra noi possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io non sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v’appicco per li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v’improntino per bellezza; sformare le teste dei bambini con fasciature e altri ingegni, mettendo per costume che tutti gli uomini del paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fatto in America e in Asia;[1] storpiare la gente colle calzature snelle; chiuderle il fiato e fare che gli occhi le scoppino dalla strettura dei bustini; e cento altre cose di questo andare. Anzi generalmente parlando, io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a morire gloriosamente, per l’amore che mi portano. Io non vo’ dire nulla dei mali di capo, delle infreddature, delle flussioni di ogni sorta, delle febbri quotidiane, terzane, quartane, che gli uomini si guadagnano per ubbidirmi, consentendo di tremare dal freddo o affogare dal caldo secondo che io voglio, difendersi le spalle coi panni lani e il petto con quei di tela, e fare di ogni cosa a mio modo ancorché sia con loro danno.
- Morte
- In conclusione io ti credo che mi sii sorella e, se tu vuoi, l’ho per più certo della morte, senza che tu me ne cavi la fede del parrocchiano.’ Ma stando così ferma, io svengo; e però, se ti dà l’animo di corrermi allato, fa di non vi crepare, perch’io fuggo assai, e correndo mi potrai dire il tuo bisogno; se no, a contemplazione della parentela, ti prometto, quando io muoia, di lasciarti tutta la mia roba, e rimanti col buon anno.
- Moda
- Se noi avessimo a correre insieme il palio, non so chi delle due si vincesse la prova, perché se tu corri, io vo meglio che di galoppo; e a stare in un luogo, se tu ne svieni, io me ne struggo. Sicché ripigliamo a correre, e correndo, come tu dici, parleremo dei casi nostri.
- Morte
- Sia con buon’ora. Dunque poiché tu sei nata dal corpo di mia madre, saria conveniente che tu mi giovassi in qualche modo a fare le mie faccende.
- Moda
- Io l’ho fatto già per l’addietro più che non pensi.Primieramente io che annullo o stravolgo per lo continuo tutte le altre usanze, non ho mai lasciato smettere in nessun luogo la pratica di morire, e per questo vedi che ella dura universalmente insino a oggi dal principio del mondo.
- Morte
- Gran miracolo, che tu non abbi fatto quello che non hai potuto!
- Moda
- Come non ho potuto? Tu mostri di non conoscere la potenza della Moda:
- Morte
- Ben bene: di cotesto saremo a tempo a discorrere quando sarà venuta l’usanza che non si muoia. Ma in questo mezzo io vorrei che tu da buona sorella, m’aiutassi a ottenere il contrario più facilmente e più presto che non ho fatto finora.
- Moda
- Già ti ho raccontate alcune delle opere mie che ti fanno molto profitto. Ma elle sono baie per comparazione a queste che io ti vo’ dire. A poco per volta, ma il più in questi ultimi tempi, io per favorirti ho mandato in disuso e in dimenticanza le fatiche e gli esercizi che giovano al ben essere corporale, e introdottone o recato in pregio innumerabili che abbattono il corpo in mille modi e scorciano la vita. Oltre di questo ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del corpo come dell’animo, e più morta che viva; tanto che questo secolo si può dire con verità che sia proprio il secolo della Morte: E quando che anticamente tu non avevi altri poderi che fosse e caverne, dove tu seminavi ossami e polverumi al buio, che sono semenze che non fruttano; adesso hai terreni al sole; e genti che si muovono e che vanno attorno co’ loro piedi, sono roba, si può dire, di tua ragione libera, ancorché tu non le abbi mietute, anzi subito che elle nascono. Di più, dove per l’addietro solevi essere odiata e vituperata, oggi per opera mia le cose sono ridotte in termine che chiunque ha intelletto ti pregia e loda, anteponendoti alla vita, e ti vuol tanto bene che sempre ti chiama e ti volge gli occhi come alla sua maggiore speranza. Finalmente perch’io vedeva che molti si erano vantati di volersi fare immortali, cioè non morire interi, perché una buona parte di sé non ti sarebbe capitata sotto le mani, io quantunque sapessi che queste erano ciance, e che quando costoro o altri vivessero nella memoria degli uomini, vivevano, come dire, da burla, e non godevano della loro fama più che si patissero dell’umidità della sepoltura; a ogni modo intendendo che questo negozio degl’immortali ti scottava, perché parea che ti scemasse l’onore e la riputazione, ho levata via quest’usanza di cercare l’immortalità, ed anche di concederla in caso che pure alcuno la meritasse. Di modo che al presente, chiunque si muoia, sta sicura che non ne resta un briciolo che non sia morto, e che gli conviene andare subito sotterra tutto quanto, come un pesciolino che sia trangugiato in un boccone con tutta la testa e le lische. Queste cose, che non sono poche né piccole, io mi trovo aver fatte finora per amor tuo, volendo accrescere il tuo stato nella terra, com’è seguito. E per quest’effetto sono disposta a far ogni giorno altrettanto e più; colla quale intenzione ti sono andata cercando; e mi pare a proposito che noi per l’avanti non ci partiamo dal fianco l’una dell’altra, perché stando sempre in compagnia, potremo consultare insieme secondo i casi, e prendere migliori partiti che altrimenti, come anche mandarli meglio ad esecuzione.
- Morte
- Tu dici il vero, e così voglio che facciamo.
Note
- ↑ In proposito di quest’uso, il quale è comune a molti popoli barbari, di trasfigurare a forza le teste, è notabile un luogo d’Ippocrate, de Aere, Aquis et Locis, opp. ed Mercurial. class. 1, p. 29, sopra una nazione del Ponto, detta dei Macrocefali, cioè Testelunghe; i quali ebbero per usanza di costringere le teste dei bambini in maniera, che elle riuscissero più lunghe che si potesse: e trascurata poi queste pratica, nondimeno i loro bambini nascevano colla testa lunga: perché, dice Ippocrate, così erano i genitori.
Ho fatto una promessa che farò in modo che tutti quelli che hanno difficoltà a rimanere incinta debbano contattare questo grande uomo che mi ha mandato delle erbe per curare il mio TUBO BLOCCATO. Ringrazio Dio per averlo reso possibile e so che ci sono molte donne là fuori che sono state a molti medici e ti dicono che stai bene, ma non puoi ancora rimanere incinta, quindi devi contattarlo tramite whatsapp +38972751056 OR ededetemple@gmail.com o Words non possono esprimere quanto sono felice. Sono per sempre in debito con te, dottor Edede. Grazie ancora. Contattalo per aiuto se hai problemi con:
RispondiElimina*Lupus
* Periodo irregolare
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* Tubo falllopiano bloccato
* Aborto Spontaneo
* Scarico della vagina
* Scarica del seno ecc.