Se devo scegliere un libro, il libro, scelgo senz’altro L’Isola del Tesoro, di Robert Louis Stevenson. Perché è pieno di vento, di immaginazione, di avventura, d’infanzia.
Antonio Tabucchi
Le piú terribili menzogne si dicono sevente con il silenzio.
Robert Louis Stevenson
Se ciascuno di essi, mi dicevo, potesse essere chiuso in entità separate, la vita sarebbe stata priva di tutto ciò che è insopportabile; il malvagio se ne andrebbe per la sua strada, liberato dalle sue aspirazioni e dal rimorso nascenti dal confronto col suo gemello buono; e il giusto percorrerebbe tranquillo e sicuro il suo nobile sentiero, compiendo il bene che è il suo piacere e non più esposto al disonore e al castigo per i soprassalti di esterne forze diaboliche. Era la maledizione dell'umanità che quegli elementi fossero così legati insieme; che nell'agonizzante matrice della coscienza questi due gemelli nemici dovessero essere perpetuamente in guerra.
R. L. Stevenson. Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde
Sia sul piano scientifico che su quello morale, venni dunque gradualmente avvicinandomi a quella verità, la cui parziale scoperta m'ha poi condotto a un così tremendo naufragio:
l'uomo non è veracemente uno, ma veracemente due.
R. L. Stevenson. Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde
“E' stata proprio questa mania di essere considerato a trarre in inganno il cane, facendolo finire nella posizione di satellite di amico dell'uomo. Il gatto, un animale dagli appetiti più espliciti, è riuscito a preservare la propria indipendenza. Ma il cane, con lo sguardo sempre rivolto al pubblico, è stato ridotto in schiavitù con le lusinghe...”
Robert Louis Stevenson, La filosofia dell'ombrello, Il carattere dei cani.
Robert Louis Stevenson, In difesa dei pigri.
incipit:
Proprio ora, tempo in cui ciascuno è costretto, sotto pena di condanna in contumacia per lesa rispettabilità, ad applicarsi a qualche lucrativa professione, e in più ad affannarsi non senza entusiasmo, una voce che si levi dall'opposta fazione di coloro che si accontentano dello stretto necessario, e in quella condizione si compiacciono di guardarsi attorno e divertirsi, ha un po' il sapore della bravata e della spacconata. E non dovrebbe essere. La cosiddetta pigrizia, che non consiste nel non far nulla, ma nel fare molto di quel che non è contemplato nei dogmatici formulari della classe dominante, ha buon diritto di vedere riconosciuto il proprio stato quanto l'operosità stessa.
Robert Louis Stevenson, In difesa dei pigri.
Esiste una specie di morti viventi, di gente banale che a malapena ha coscienza di esistere se non nell'esercizio di qualche occupazione convenzionale. Portateli in campagna o imbarcateli su una nave e vedrete quanto si struggeranno di nostalgia per il lavoro o il loro studio. Non sono mossi da curiosità, non sanno abbandonarsi alle sollecitazioni del caso, non provano piacere nel mero esercizio delle loro facoltà, e, a meno che la necessità non li incalzi minacciandoli con un bastone, non muoveranno un dito. Non vale la pena di parlare con gente simile: sono incapaci di abbandonarsi alla pigrizia, la loro natura non è abbastanza generosa; e trascorrono in una specie di coma le ore che non sono applicate a una frenetica furia di arricchirsi. Quando non tocca di andare in ufficio, quando non hanno fame, né voglia di bere, il mondo dei vivi è per loro uno spazio vuoto.
Robert Louis Stevenson, In difesa dei pigri
[...] Possiamo immaginare il Signor Sagge Parole che gli si avvicina, e la conversazione che ne risulterebbe:
«Allora, giovane amico; che ci fate qui?» «In verità, signore, me la godo.»
«Ma non dovreste essere a scuola? A studiare diligentemente sui vostri libri, alla conquista del sapere?»
«Sì. ma con il vostro permesso, anche qui sto imparando.»
«Imparando, dite! E cosa, prego? Matematica?»
«No. certo.»
«Metafisica?»
«Nemmeno.»
«Una qualche lingua?»
«No. nessuna lingua.»
«Un mestiere forse?»
«No. neppure un mestiere.»
«Di cosa si tratta, allora?»
«In verità, signore, poiché tra breve giungerà per me il tempo di fare un Pellegrinaggio, voglio annotare quel che comunemente fanno le persone nelle mie condizioni, e scoprire dove sono le Paludi e i Boschi più pericolosi lungo la strada; e anche quale genere di Bastone sia il più utile. E poi me ne sto qui. steso accanto a queste acque, per apprendere a fondo una lezione che il mio maestro mi insegna a chiamare Pace, o Appagamento.»
Al che il Signor Sagge Parole sarebbe colto da un accesso d'ira e. brandendo il bastone da passeggio con espressione minacciosa, sbotterebbe addosso a quel giovane saggio: «Imparare, dice! I furfanti come voi dovrebbero essere frustati dal boia!». E se ne andrebbe per la sua strada, sgualcendosi la cravatta inamidata, come un tacchino quando distende le piume. Ora. quella del Signor Sagge Parole è l'opinione comune. Un fatto non è chiamato fatto, ma pettegolezzo, se non rientra in una delle categorie formali. Un'indagine deve dirigersi verso uno scopo riconosciuto, con un nome definito; altrimenti non state cercando nulla, state solo perdendo tempo; e anche l'asilo dei poveri sarebbe troppo per voi.
Si pensa che tutta la conoscenza si trovi in fondo a un pozzo, o all'estremità di un telescopio. Sainte-Beuve. invecchiando, giunse a considerare tutta l'esperienza come un unico grande libro, sul quale studiare per qualche anno prima della dipartita; e per lui tutto era parte della medesima cosa, sia che si leggesse il capitolo XX. riguardo al calcolo differenziale, o il capitolo XXXIX. ossia ascoltare una banda nei giardini pubblici. In realtà, una persona intelligente che osservi con i propri occhi e che ascolti con le sue orecchie, con il sorriso sempre sul volto, avrà un'istruzione molto più autentica di tanti altri che passano la vita in eroiche veglie.
E certamente esiste una qualche conoscenza, fredda e arida, che possiamo cercare sulle vette della faticosa scienza formale; ma in realtà tutto è attorno a te. ed è grazie alla sete di ricerca che farete vostri i caldi e palpitanti fatti della vita. Mentre gli altri si riempiono la mente di cumuli di parole, metà delle quali scorderanno prima della fine della settimana, marinare la scuola potrà insegnarvi qualcosa di veramente utile: suonare il violino, saper riconoscere un buon sigaro, parlare in modo disinvolto e appropriato a ogni genere di persona.
Molti di coloro che si sono «applicati diligentemente sui libri» e conoscono tutto di una o dell'altra branca della dottrina convenzionale, escono dagli studi con un contegno antiquato e gufesco; si dimostrano aridi, schematici e dispeptici in tutte le migliori e più brillanti attività della vita. Molti si arricchiscono, ma fino alla fine restano volgari e pateticamente stupidi.
E invece ecco il pigro, che ha iniziato la vita con loro: con il vostro permesso, è tutto un altro vedere. Ha avuto il tempo di prendersi cura della sua salute e del suo spirito; ha passato molto tempo all'aria aperta, che è la cosa più salutare sia per il corpo che per la mente; e anche se non ha mai letto il grande Libro nei passi più reconditi, pure vi si è immerso e l'ha sfogliato tutto per un ottimo scopo. Non potrebbe forse lo studioso offrire una sua qualche discendenza ebraica, o un uomo d'affari qualcuna delle sue mezze corone, in cambio di una porzione di conoscenza della vita e dell'arte di vivere che ha il pigro? Certo, e il pigro possiede un'altra e più importante qualità: parlo della sua saggezza.
Chi ha osservato a lungo il puerile piacere che gli altri provano nel coltivare i propri passatempi, guarderà ai propri con indulgenza e ironia. Non lo si udirà mai tra i dogmatici. Dimostrerà una grande e tranquilla tolleranza nei confronti di tutte le persone e le opinioni. Se non scoprirà verità straordinarie, neppure abbraccerà la più lampante falsità. Il suo cammino lo porta su una via secondaria, poco frequentata, ma equilibrata e piacevole, chiamata Viale del Luogo Comune, che porta al Belvedere del Buon Senso.
Da là dominerà una visione piacevole, se non proprio nobile; e mentre gli altri contempleranno l'Oriente e l'Occidente, il Demonio e l'Aurora, egli si accontenterà di quella prima ora del mattino che sorge su tutto ciò che è ancora immerso nella luce lunare, attraversato da un esercito di ombre che corrono rapide in tutte le direzioni verso la grandiosa luce dell'Eternità. Ombre e generazioni, striduli eluditi e guerre fragorose terminano infine nell'eterno silenzio e nel vuoto; ma sotto tutto questo un uomo può ammirare, dalle finestre del Belvedere, un paesaggio verde e tranquillo; stanze illuminate dal fuoco dei camini; brava gente che ride, beve e fa l'amore come facevano prima del Diluvio o della Rivoluzione francese; e il vecchio pastore che racconta la sua storia sotto il biancospino.
L'attività frenetica, che sia a scuola o all'università, in chiesa o al mercato, è sintomo di mancanza di vitalità; mentre il saper oziare implica un appetito universale e un folte senso d'identità personale. Ci sono in giro molti morti viventi, gente mediocre che a malapena ha coscienza di esistere se non nell'esercizio di qualche occupazione convenzionale. Portateli in campagna o imbarcateli su una nave, e vedrete quanto rimpiangeranno la loro scrivania o il loro studio. Non hanno curiosità; non sanno abbandonarsi alle sollecitazioni del Caso: non provano piacere nell'esercizio delle proprie facoltà; e. a meno che la Necessità non li colpisca con un bastone, resteranno immobili. Non c'è gusto a parlare con questa gente: sono incapaci di abbandonarsi all'ozio, la loro natura non è generosa abbastanza; e passano in una specie di coma le ore che non dedicano alla frenetica smania di arricchirsi.
Quando non devono andare al lavoro, quando non hanno fame né voglia di bere, il grande e palpitante mondo è per loro solo un gran vuoto. Se devono aspettare il treno per un'ora, cadono in una specie di stupida trance a occhi aperti. A guardarli pensereste che non ci sia nulla da vedere e nessuno con cui valga la pena parlare; li credereste paralizzati o alienati; eppure, con ogni probabilità, saranno lavoratori indefessi; e avranno del talento solo per scovare un refuso in un atto legale o una fluttuazione del mercato.
Sono stati a scuola e all'università; ma per tutto il tempo hanno avuto occhi solo per gli onori scolastici; hanno girato il mondo e si sono incontrati con persone intelligenti; ma per tutto il tempo avevano in mente solo i loro affari. Come se l'anima di un uomo non fosse già fin troppo piccola; essi hanno ristretto e immiserito la propria con una vita fatta di solo lavoro e priva di ogni svago; finché eccoli; a quarant'anni; apatici; la mente svuotata da ogni divertimento, e senza un pensiero che si sfreghi contro un altro? mentre sono lì ad aspettare il treno.
Un individuo del genere prima d'indossare i pantaloni lunghi; si sarà forse arrampicato sulle casse; a vent'anni sarà corso dietro alle ragazze; ma ora la pipa è stata fumata fino in fondo, la tabacchiera è vuota, e lui siede impalato su una panchina; con le lacrime agli occhi. Davvero, questa non mi pare proprio l'immagine del successo nella vita.
Ma lui non è il solo a soffrire di uno stile di vita così frenetico, anche sua moglie e i suoi figli, gli amici e i conoscenti, fino alle stesse persone sedute al suo fianco nella carrozza di un treno o in un omnibus.
La devozione perpetua a ciò che un uomo chiama i ''suoi affari" può essere sorretta solo dal perenne oblio di molte altre cose. E non è affatto certo che il lavoro sia la cosa più importante che un uomo abbia da fare.
A una valutazione imparziale appare chiaro che molti dei ruoli più saggi, virtuosi e caritatevoli da recitare nel Teatro della Vita sono interpretati da attori dilettanti e sono considerati, perlopiù, stati di pigrizia.
Perché in quel Teatro - ai fini del risultato generale - recitano un ruolo e compiono funzioni importanti non solo le comparse, le coriste e il bravo violinista d'orchestra, ma pure il pubblico, che assiste e batte le mani dagli spalti.
Robert Louis Stevenson, In difesa dei pigri.
E mentre noi dimoriamo, noi esseri viventi, nella nostra isola di terrore e sotto la minaccia imminente della morte, non voglia Dio che sia l’uomo, l’eretto, il razionale, il saggio ai suoi occhi – non voglia Dio che sia l’uomo a stancarsi di ben operare, che disperi di non trovar ricompensa ai suoi sforzi, o si esprima nel linguaggio del lamento. Basti alla fede constatare che il creato tutto geme per la sua mortale fragilità, lotta con indomabile costanza: di certo non sarà tutto invano.
Robert Louis Stevenson, Pulvis et umbra
Robert Louis Stevenson, La nave che affonda.
«Signore», disse l’ufficiale in seconda, irrompendo nella cabina del capitano, «la nave sta affondando».
«Molto bene, signor Spoker», disse il capitano; «ma questa non è una ragione per andare in giro sbarbati a metà. Ci rifletta qualche istante, signor Spoker, e vedrà che ad uno sguardo filosofico non c’è nulla di nuovo nella nostra posizione: si può dire che la nave (se davvero deve andar giù) stesse affondando dal momento del varo».
«Cola a picco in fretta», disse l’ufficiale in seconda, dopo esser tornato dalla rasatura.
«In fretta, signor Spoker?» chiese il capitano. «Strana espressione, poiché il tempo (se ci pensa) è solo relativo».
«Signore», disse l’ufficiale in seconda, «penso che valga poco la pena imbarcarsi in una tale discussione quando potremmo essere tutti sul fondo del mare tra dieci minuti».
«Ragionando allo stesso modo», rispose gentilmente il capitano, «non varrebbe mai la pena cominciare alcuna ricerca di valore; la possibilità di morire prima di averla portata a termine è sempre altissima. Lei non ha considerato, signor Spoker, la situazione umana», disse il capitano, sorridendo e scuotendo il capo.
«Sono molto più impegnato a considerare la situazione della nave», disse il signor Spoker.
«Frase da buon ufficiale», disse il capitano, posando la mano sulla spalla del comandante in seconda.
Sul ponte scoprirono che gli uomini avevano forzato il deposito dei liquori e si stavano ubriacando in fretta.
«Miei uomini», disse il capitano, «questo non ha senso. La nave affonderà, mi direte, tra dieci minuti. Bene, e con questo? Ad uno sguardo filosofico, non c’è nulla di nuovo nella nostra situazione. Per tutta la nostra vita, una vena potrebbe essere sul punto di scoppiare o ci potrebbe colpire un fulmine, non solo nell’arco di dieci minuti, ma di dieci secondi; e questo non ci ha impedito di cenare, no, né di mettere soldi su un conto di risparmio. Vi assicuro, mano sul cuore, che non riesco a comprendere il vostro atteggiamento».
Gli uomini erano già andati troppo in là per prestare molta attenzione.
«È una vista molto dolorosa, signor Spoker», disse il capitano.
«E tuttavia allo sguardo filosofico, o qualunque cosa sia», rispose l’ufficiale in seconda, «si potrebbe dire che si stessero ubriacando dal momento in cui salirono a bordo».
«Non so se segue sempre il mio ragionamento, signor Spoker», rispose con gentilezza il capitano, «ma procediamo».
Nella santabarbara trovarono un vecchio lupo di mare che fumava la pipa.
«Buon dio», gridò il capitano, «che cosa sta facendo?»
«Beh, signore», disse il vecchio lupo di mare a mo’ di scusa, «mi avevano detto che stavamo andando giù».
«E se anche fosse?» disse il capitano. «Ad uno sguardo filosofico, non ci sarebbe nulla di nuovo nella nostra situazione. La vita, mio vecchio compagno, la vita, in ogni momento e sotto ogni punto di vista, è pericolosa come una nave che affonda; e tuttavia è un bel costume dell’uomo portare l'ombrello, indossare soprascarpe di gomma indiana, cominciare magnifiche imprese e comportarsi in ogni riguardo come se potesse sperare di essere eterno. E, a mio modesto avviso, devo biasimare l’uomo che, anche a bordo di una nave che affonda, dimentichi di prendere una pillola o di ricaricare l’orologio. Questo, amico mio, non sarebbe l'atteggiamento umano».
«Chiedo perdono, signore», disse il signor Spoker, «ma qual è la differenza, precisamente, tra farsi la barba su una nave che affonda e fumare nella santabarbara?»
«O fare qualsiasi cosa in ogni circostanza immaginabile?», gridò il capitano. «Perfettamente convincente; datemi un sigaro!»
Due minuti più tardi la nave saltò in aria con una gloriosa esplosione.
Robert Louis Stevenson, La nave che affonda.
______
Robert Louis Stevenson, I due fiammiferi.
Un giorno c'era un viaggiatore nei boschi della California, durante la stagione secca, quando gli alisei soffiavano forte. Aveva cavalcato a lungo, era stanco e affamato, e smontò da cavallo per fumare la pipa. Ma quando cercò in tasca trovò solo due fiammiferi. Strofinò il primo e non si accese.
«Eccoci in una bella situazione!» disse il viaggiatore. «Morire dalla voglia di fumare; solo un fiammifero rimasto; e con quello non riuscire di sicuro ad accendere il fuoco! C'è mai stata una creatura così sfortunata? Tuttavia», pensò il viaggiatore, «supponiamo che io accenda questo fiammifero, fumi la mia pipa, e getti via il tabacco rimasto qui nell'erba – l'erba potrebbe prendere fuoco, visto che è secca come la stoppa; e mentre spengo le fiamme qui davanti, queste potrebbero scapparmi e correre dietro di me, e attecchire su quel cespuglio di sommacchi là; prima che lo possa raggiungere, quello avrà preso fuoco; sopra il cespuglio vedo un pino muschioso; anche quello prenderebbe fuoco all'istante e fino al suo ramo più alto; e la fiamma di quell'alta torcia – l'aliseo la prenderebbe e la agiterebbe per la foresta infiammabile! Sento questa valle ruggire in un istante insieme alla voce del vento e del fuoco, vedo me stesso galoppare per la mia anima, e la conflagrazione che vola e mi dà la caccia e sulle colline mi supera ai lati; vedo questa piacevole foresta bruciare per giorni, il bestiame arrostito, le fonti prosciugate, il coltivatore rovinato, i suoi figli dispersi per il mondo. Un mondo intero dipende da questo istante!»
E con ciò strofinò il fiammifero, che non si accese.
«Grazie a Dio!», disse il viaggiatore, e si mise la pipa in tasca.
Antonio Tabucchi
Le piú terribili menzogne si dicono sevente con il silenzio.
Robert Louis Stevenson
Se ciascuno di essi, mi dicevo, potesse essere chiuso in entità separate, la vita sarebbe stata priva di tutto ciò che è insopportabile; il malvagio se ne andrebbe per la sua strada, liberato dalle sue aspirazioni e dal rimorso nascenti dal confronto col suo gemello buono; e il giusto percorrerebbe tranquillo e sicuro il suo nobile sentiero, compiendo il bene che è il suo piacere e non più esposto al disonore e al castigo per i soprassalti di esterne forze diaboliche. Era la maledizione dell'umanità che quegli elementi fossero così legati insieme; che nell'agonizzante matrice della coscienza questi due gemelli nemici dovessero essere perpetuamente in guerra.
R. L. Stevenson. Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde
Sia sul piano scientifico che su quello morale, venni dunque gradualmente avvicinandomi a quella verità, la cui parziale scoperta m'ha poi condotto a un così tremendo naufragio:
l'uomo non è veracemente uno, ma veracemente due.
R. L. Stevenson. Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde
“E' stata proprio questa mania di essere considerato a trarre in inganno il cane, facendolo finire nella posizione di satellite di amico dell'uomo. Il gatto, un animale dagli appetiti più espliciti, è riuscito a preservare la propria indipendenza. Ma il cane, con lo sguardo sempre rivolto al pubblico, è stato ridotto in schiavitù con le lusinghe...”
Robert Louis Stevenson, La filosofia dell'ombrello, Il carattere dei cani.
Robert Louis Stevenson, In difesa dei pigri.
incipit:
Proprio ora, tempo in cui ciascuno è costretto, sotto pena di condanna in contumacia per lesa rispettabilità, ad applicarsi a qualche lucrativa professione, e in più ad affannarsi non senza entusiasmo, una voce che si levi dall'opposta fazione di coloro che si accontentano dello stretto necessario, e in quella condizione si compiacciono di guardarsi attorno e divertirsi, ha un po' il sapore della bravata e della spacconata. E non dovrebbe essere. La cosiddetta pigrizia, che non consiste nel non far nulla, ma nel fare molto di quel che non è contemplato nei dogmatici formulari della classe dominante, ha buon diritto di vedere riconosciuto il proprio stato quanto l'operosità stessa.
Robert Louis Stevenson, In difesa dei pigri.
Esiste una specie di morti viventi, di gente banale che a malapena ha coscienza di esistere se non nell'esercizio di qualche occupazione convenzionale. Portateli in campagna o imbarcateli su una nave e vedrete quanto si struggeranno di nostalgia per il lavoro o il loro studio. Non sono mossi da curiosità, non sanno abbandonarsi alle sollecitazioni del caso, non provano piacere nel mero esercizio delle loro facoltà, e, a meno che la necessità non li incalzi minacciandoli con un bastone, non muoveranno un dito. Non vale la pena di parlare con gente simile: sono incapaci di abbandonarsi alla pigrizia, la loro natura non è abbastanza generosa; e trascorrono in una specie di coma le ore che non sono applicate a una frenetica furia di arricchirsi. Quando non tocca di andare in ufficio, quando non hanno fame, né voglia di bere, il mondo dei vivi è per loro uno spazio vuoto.
Robert Louis Stevenson, In difesa dei pigri
[...] Possiamo immaginare il Signor Sagge Parole che gli si avvicina, e la conversazione che ne risulterebbe:
«Allora, giovane amico; che ci fate qui?» «In verità, signore, me la godo.»
«Ma non dovreste essere a scuola? A studiare diligentemente sui vostri libri, alla conquista del sapere?»
«Sì. ma con il vostro permesso, anche qui sto imparando.»
«Imparando, dite! E cosa, prego? Matematica?»
«No. certo.»
«Metafisica?»
«Nemmeno.»
«Una qualche lingua?»
«No. nessuna lingua.»
«Un mestiere forse?»
«No. neppure un mestiere.»
«Di cosa si tratta, allora?»
«In verità, signore, poiché tra breve giungerà per me il tempo di fare un Pellegrinaggio, voglio annotare quel che comunemente fanno le persone nelle mie condizioni, e scoprire dove sono le Paludi e i Boschi più pericolosi lungo la strada; e anche quale genere di Bastone sia il più utile. E poi me ne sto qui. steso accanto a queste acque, per apprendere a fondo una lezione che il mio maestro mi insegna a chiamare Pace, o Appagamento.»
Al che il Signor Sagge Parole sarebbe colto da un accesso d'ira e. brandendo il bastone da passeggio con espressione minacciosa, sbotterebbe addosso a quel giovane saggio: «Imparare, dice! I furfanti come voi dovrebbero essere frustati dal boia!». E se ne andrebbe per la sua strada, sgualcendosi la cravatta inamidata, come un tacchino quando distende le piume. Ora. quella del Signor Sagge Parole è l'opinione comune. Un fatto non è chiamato fatto, ma pettegolezzo, se non rientra in una delle categorie formali. Un'indagine deve dirigersi verso uno scopo riconosciuto, con un nome definito; altrimenti non state cercando nulla, state solo perdendo tempo; e anche l'asilo dei poveri sarebbe troppo per voi.
Si pensa che tutta la conoscenza si trovi in fondo a un pozzo, o all'estremità di un telescopio. Sainte-Beuve. invecchiando, giunse a considerare tutta l'esperienza come un unico grande libro, sul quale studiare per qualche anno prima della dipartita; e per lui tutto era parte della medesima cosa, sia che si leggesse il capitolo XX. riguardo al calcolo differenziale, o il capitolo XXXIX. ossia ascoltare una banda nei giardini pubblici. In realtà, una persona intelligente che osservi con i propri occhi e che ascolti con le sue orecchie, con il sorriso sempre sul volto, avrà un'istruzione molto più autentica di tanti altri che passano la vita in eroiche veglie.
E certamente esiste una qualche conoscenza, fredda e arida, che possiamo cercare sulle vette della faticosa scienza formale; ma in realtà tutto è attorno a te. ed è grazie alla sete di ricerca che farete vostri i caldi e palpitanti fatti della vita. Mentre gli altri si riempiono la mente di cumuli di parole, metà delle quali scorderanno prima della fine della settimana, marinare la scuola potrà insegnarvi qualcosa di veramente utile: suonare il violino, saper riconoscere un buon sigaro, parlare in modo disinvolto e appropriato a ogni genere di persona.
Molti di coloro che si sono «applicati diligentemente sui libri» e conoscono tutto di una o dell'altra branca della dottrina convenzionale, escono dagli studi con un contegno antiquato e gufesco; si dimostrano aridi, schematici e dispeptici in tutte le migliori e più brillanti attività della vita. Molti si arricchiscono, ma fino alla fine restano volgari e pateticamente stupidi.
E invece ecco il pigro, che ha iniziato la vita con loro: con il vostro permesso, è tutto un altro vedere. Ha avuto il tempo di prendersi cura della sua salute e del suo spirito; ha passato molto tempo all'aria aperta, che è la cosa più salutare sia per il corpo che per la mente; e anche se non ha mai letto il grande Libro nei passi più reconditi, pure vi si è immerso e l'ha sfogliato tutto per un ottimo scopo. Non potrebbe forse lo studioso offrire una sua qualche discendenza ebraica, o un uomo d'affari qualcuna delle sue mezze corone, in cambio di una porzione di conoscenza della vita e dell'arte di vivere che ha il pigro? Certo, e il pigro possiede un'altra e più importante qualità: parlo della sua saggezza.
Chi ha osservato a lungo il puerile piacere che gli altri provano nel coltivare i propri passatempi, guarderà ai propri con indulgenza e ironia. Non lo si udirà mai tra i dogmatici. Dimostrerà una grande e tranquilla tolleranza nei confronti di tutte le persone e le opinioni. Se non scoprirà verità straordinarie, neppure abbraccerà la più lampante falsità. Il suo cammino lo porta su una via secondaria, poco frequentata, ma equilibrata e piacevole, chiamata Viale del Luogo Comune, che porta al Belvedere del Buon Senso.
Da là dominerà una visione piacevole, se non proprio nobile; e mentre gli altri contempleranno l'Oriente e l'Occidente, il Demonio e l'Aurora, egli si accontenterà di quella prima ora del mattino che sorge su tutto ciò che è ancora immerso nella luce lunare, attraversato da un esercito di ombre che corrono rapide in tutte le direzioni verso la grandiosa luce dell'Eternità. Ombre e generazioni, striduli eluditi e guerre fragorose terminano infine nell'eterno silenzio e nel vuoto; ma sotto tutto questo un uomo può ammirare, dalle finestre del Belvedere, un paesaggio verde e tranquillo; stanze illuminate dal fuoco dei camini; brava gente che ride, beve e fa l'amore come facevano prima del Diluvio o della Rivoluzione francese; e il vecchio pastore che racconta la sua storia sotto il biancospino.
L'attività frenetica, che sia a scuola o all'università, in chiesa o al mercato, è sintomo di mancanza di vitalità; mentre il saper oziare implica un appetito universale e un folte senso d'identità personale. Ci sono in giro molti morti viventi, gente mediocre che a malapena ha coscienza di esistere se non nell'esercizio di qualche occupazione convenzionale. Portateli in campagna o imbarcateli su una nave, e vedrete quanto rimpiangeranno la loro scrivania o il loro studio. Non hanno curiosità; non sanno abbandonarsi alle sollecitazioni del Caso: non provano piacere nell'esercizio delle proprie facoltà; e. a meno che la Necessità non li colpisca con un bastone, resteranno immobili. Non c'è gusto a parlare con questa gente: sono incapaci di abbandonarsi all'ozio, la loro natura non è generosa abbastanza; e passano in una specie di coma le ore che non dedicano alla frenetica smania di arricchirsi.
Quando non devono andare al lavoro, quando non hanno fame né voglia di bere, il grande e palpitante mondo è per loro solo un gran vuoto. Se devono aspettare il treno per un'ora, cadono in una specie di stupida trance a occhi aperti. A guardarli pensereste che non ci sia nulla da vedere e nessuno con cui valga la pena parlare; li credereste paralizzati o alienati; eppure, con ogni probabilità, saranno lavoratori indefessi; e avranno del talento solo per scovare un refuso in un atto legale o una fluttuazione del mercato.
Sono stati a scuola e all'università; ma per tutto il tempo hanno avuto occhi solo per gli onori scolastici; hanno girato il mondo e si sono incontrati con persone intelligenti; ma per tutto il tempo avevano in mente solo i loro affari. Come se l'anima di un uomo non fosse già fin troppo piccola; essi hanno ristretto e immiserito la propria con una vita fatta di solo lavoro e priva di ogni svago; finché eccoli; a quarant'anni; apatici; la mente svuotata da ogni divertimento, e senza un pensiero che si sfreghi contro un altro? mentre sono lì ad aspettare il treno.
Un individuo del genere prima d'indossare i pantaloni lunghi; si sarà forse arrampicato sulle casse; a vent'anni sarà corso dietro alle ragazze; ma ora la pipa è stata fumata fino in fondo, la tabacchiera è vuota, e lui siede impalato su una panchina; con le lacrime agli occhi. Davvero, questa non mi pare proprio l'immagine del successo nella vita.
Ma lui non è il solo a soffrire di uno stile di vita così frenetico, anche sua moglie e i suoi figli, gli amici e i conoscenti, fino alle stesse persone sedute al suo fianco nella carrozza di un treno o in un omnibus.
La devozione perpetua a ciò che un uomo chiama i ''suoi affari" può essere sorretta solo dal perenne oblio di molte altre cose. E non è affatto certo che il lavoro sia la cosa più importante che un uomo abbia da fare.
A una valutazione imparziale appare chiaro che molti dei ruoli più saggi, virtuosi e caritatevoli da recitare nel Teatro della Vita sono interpretati da attori dilettanti e sono considerati, perlopiù, stati di pigrizia.
Perché in quel Teatro - ai fini del risultato generale - recitano un ruolo e compiono funzioni importanti non solo le comparse, le coriste e il bravo violinista d'orchestra, ma pure il pubblico, che assiste e batte le mani dagli spalti.
Robert Louis Stevenson, In difesa dei pigri.
E mentre noi dimoriamo, noi esseri viventi, nella nostra isola di terrore e sotto la minaccia imminente della morte, non voglia Dio che sia l’uomo, l’eretto, il razionale, il saggio ai suoi occhi – non voglia Dio che sia l’uomo a stancarsi di ben operare, che disperi di non trovar ricompensa ai suoi sforzi, o si esprima nel linguaggio del lamento. Basti alla fede constatare che il creato tutto geme per la sua mortale fragilità, lotta con indomabile costanza: di certo non sarà tutto invano.
Robert Louis Stevenson, Pulvis et umbra
Robert Louis Stevenson, La nave che affonda.
«Signore», disse l’ufficiale in seconda, irrompendo nella cabina del capitano, «la nave sta affondando».
«Molto bene, signor Spoker», disse il capitano; «ma questa non è una ragione per andare in giro sbarbati a metà. Ci rifletta qualche istante, signor Spoker, e vedrà che ad uno sguardo filosofico non c’è nulla di nuovo nella nostra posizione: si può dire che la nave (se davvero deve andar giù) stesse affondando dal momento del varo».
«Cola a picco in fretta», disse l’ufficiale in seconda, dopo esser tornato dalla rasatura.
«In fretta, signor Spoker?» chiese il capitano. «Strana espressione, poiché il tempo (se ci pensa) è solo relativo».
«Signore», disse l’ufficiale in seconda, «penso che valga poco la pena imbarcarsi in una tale discussione quando potremmo essere tutti sul fondo del mare tra dieci minuti».
«Ragionando allo stesso modo», rispose gentilmente il capitano, «non varrebbe mai la pena cominciare alcuna ricerca di valore; la possibilità di morire prima di averla portata a termine è sempre altissima. Lei non ha considerato, signor Spoker, la situazione umana», disse il capitano, sorridendo e scuotendo il capo.
«Sono molto più impegnato a considerare la situazione della nave», disse il signor Spoker.
«Frase da buon ufficiale», disse il capitano, posando la mano sulla spalla del comandante in seconda.
Sul ponte scoprirono che gli uomini avevano forzato il deposito dei liquori e si stavano ubriacando in fretta.
«Miei uomini», disse il capitano, «questo non ha senso. La nave affonderà, mi direte, tra dieci minuti. Bene, e con questo? Ad uno sguardo filosofico, non c’è nulla di nuovo nella nostra situazione. Per tutta la nostra vita, una vena potrebbe essere sul punto di scoppiare o ci potrebbe colpire un fulmine, non solo nell’arco di dieci minuti, ma di dieci secondi; e questo non ci ha impedito di cenare, no, né di mettere soldi su un conto di risparmio. Vi assicuro, mano sul cuore, che non riesco a comprendere il vostro atteggiamento».
Gli uomini erano già andati troppo in là per prestare molta attenzione.
«È una vista molto dolorosa, signor Spoker», disse il capitano.
«E tuttavia allo sguardo filosofico, o qualunque cosa sia», rispose l’ufficiale in seconda, «si potrebbe dire che si stessero ubriacando dal momento in cui salirono a bordo».
«Non so se segue sempre il mio ragionamento, signor Spoker», rispose con gentilezza il capitano, «ma procediamo».
Nella santabarbara trovarono un vecchio lupo di mare che fumava la pipa.
«Buon dio», gridò il capitano, «che cosa sta facendo?»
«Beh, signore», disse il vecchio lupo di mare a mo’ di scusa, «mi avevano detto che stavamo andando giù».
«E se anche fosse?» disse il capitano. «Ad uno sguardo filosofico, non ci sarebbe nulla di nuovo nella nostra situazione. La vita, mio vecchio compagno, la vita, in ogni momento e sotto ogni punto di vista, è pericolosa come una nave che affonda; e tuttavia è un bel costume dell’uomo portare l'ombrello, indossare soprascarpe di gomma indiana, cominciare magnifiche imprese e comportarsi in ogni riguardo come se potesse sperare di essere eterno. E, a mio modesto avviso, devo biasimare l’uomo che, anche a bordo di una nave che affonda, dimentichi di prendere una pillola o di ricaricare l’orologio. Questo, amico mio, non sarebbe l'atteggiamento umano».
«Chiedo perdono, signore», disse il signor Spoker, «ma qual è la differenza, precisamente, tra farsi la barba su una nave che affonda e fumare nella santabarbara?»
«O fare qualsiasi cosa in ogni circostanza immaginabile?», gridò il capitano. «Perfettamente convincente; datemi un sigaro!»
Due minuti più tardi la nave saltò in aria con una gloriosa esplosione.
Robert Louis Stevenson, La nave che affonda.
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Robert Louis Stevenson, I due fiammiferi.
Un giorno c'era un viaggiatore nei boschi della California, durante la stagione secca, quando gli alisei soffiavano forte. Aveva cavalcato a lungo, era stanco e affamato, e smontò da cavallo per fumare la pipa. Ma quando cercò in tasca trovò solo due fiammiferi. Strofinò il primo e non si accese.
«Eccoci in una bella situazione!» disse il viaggiatore. «Morire dalla voglia di fumare; solo un fiammifero rimasto; e con quello non riuscire di sicuro ad accendere il fuoco! C'è mai stata una creatura così sfortunata? Tuttavia», pensò il viaggiatore, «supponiamo che io accenda questo fiammifero, fumi la mia pipa, e getti via il tabacco rimasto qui nell'erba – l'erba potrebbe prendere fuoco, visto che è secca come la stoppa; e mentre spengo le fiamme qui davanti, queste potrebbero scapparmi e correre dietro di me, e attecchire su quel cespuglio di sommacchi là; prima che lo possa raggiungere, quello avrà preso fuoco; sopra il cespuglio vedo un pino muschioso; anche quello prenderebbe fuoco all'istante e fino al suo ramo più alto; e la fiamma di quell'alta torcia – l'aliseo la prenderebbe e la agiterebbe per la foresta infiammabile! Sento questa valle ruggire in un istante insieme alla voce del vento e del fuoco, vedo me stesso galoppare per la mia anima, e la conflagrazione che vola e mi dà la caccia e sulle colline mi supera ai lati; vedo questa piacevole foresta bruciare per giorni, il bestiame arrostito, le fonti prosciugate, il coltivatore rovinato, i suoi figli dispersi per il mondo. Un mondo intero dipende da questo istante!»
E con ciò strofinò il fiammifero, che non si accese.
«Grazie a Dio!», disse il viaggiatore, e si mise la pipa in tasca.
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