I limiti danno estremamente fastidio, e con i difetti e gli errori in genere, nel momento in cui si va a toccarli, producono un intenso disagio. Tuttavia, c'è un premio che attende colui che comincia a scoprirli. Non appena tu scopri un tuo limite, l'hai già superato: non ti saresti accorto che è un limite, se non avessi visto qualcosa più in là: una parte di te, che stai cominciando a scoprire.
Quindi l'accettazione dei propri limiti è quanto di peggio possa capitare a un individuo. Quando accetto un mio limite, vuol dire che io non sono me stesso... ma sono solo una piccola percentuale di me, generalmente in omaggio a quelle che sono le richieste della mia età circostante. Ma non sono io, quello non è me, sto imbrogliando. Se invece arrivi ai tuoi limiti, li scopri, pur magari soffrendo e attraversando un bel tormento, allora già dal giorno dopo cominci ad accorgerti che tutto quanto sta cambiando. Se riesci ad oggettivizzare il tuo limite, tu sei già oltre.
Igor Sibaldi
"Molto meglio è accorgersi di avere problemi, grandi, seri, urgenti. Sentire che qualcosa non va nel mondo, è come quando a undici anni ti facevano male i piedi perchè stavi passando dal 34 al 37. Cosa facevi allora? Ti iniettavi un anestetico? Tagliuzzavi le scarpe per riuscire a starci dentro ancora? No, cambiavi le scarpe, e tutti erano molto contenti che le scarpe vecchie ti facessero male, perchè stavi crescendo. Allo stesso modo, anche adesso hai tutte le ragioni di rallegrarti quando trovi nel tuo mondo qualcosa che non va e che ti crea grossi problemi - perchè vuol dire che sei diventato più grande del mondo che prima ti conteneva."
Quindi l'accettazione dei propri limiti è quanto di peggio possa capitare a un individuo. Quando accetto un mio limite, vuol dire che io non sono me stesso... ma sono solo una piccola percentuale di me, generalmente in omaggio a quelle che sono le richieste della mia età circostante. Ma non sono io, quello non è me, sto imbrogliando. Se invece arrivi ai tuoi limiti, li scopri, pur magari soffrendo e attraversando un bel tormento, allora già dal giorno dopo cominci ad accorgerti che tutto quanto sta cambiando. Se riesci ad oggettivizzare il tuo limite, tu sei già oltre.
Igor Sibaldi
"Molto meglio è accorgersi di avere problemi, grandi, seri, urgenti. Sentire che qualcosa non va nel mondo, è come quando a undici anni ti facevano male i piedi perchè stavi passando dal 34 al 37. Cosa facevi allora? Ti iniettavi un anestetico? Tagliuzzavi le scarpe per riuscire a starci dentro ancora? No, cambiavi le scarpe, e tutti erano molto contenti che le scarpe vecchie ti facessero male, perchè stavi crescendo. Allo stesso modo, anche adesso hai tutte le ragioni di rallegrarti quando trovi nel tuo mondo qualcosa che non va e che ti crea grossi problemi - perchè vuol dire che sei diventato più grande del mondo che prima ti conteneva."
Igor Sibaldi, da "Il tuo Aldilà Personale"
Ogni desiderio che noi riusciamo a esprimere è una forma di premonizione:
non si tratta cioè di un frutto della nostra fantasia, ma di un improvviso estendersi della nostra percezione, fino a cogliere nel futuro una qualche occasione che sta venendo proprio verso di noi e che può servire al nostro sviluppo interiore. E ciò che chiamiamo «desiderare» è in realtà il modo in cui questa nostra percezione più estesa cerca di annunciare alla nostra razionalità quelle occasioni che ha intravisto nell'avvenire, e di convincerla a non opporre resistenza e a non distrarsi, quando quelle occasioni arriveranno bensì a farsi avanti e ad afferrarle.
Igor Sibaldi
«La terapia dei Maestri consiste unicamente nel mostrare alla persona che soffre come attivare in sé Ie forze sufficienti a migliorare il suo stato. Se e quando quella persona poi le attiverà, è affar suo. Vi è chi, in qualche periodo della sua vita, ha assoluto bisogno di stare male: o perché il malessere deve servire ad accorgersi di un blocco, o perché non sa ancora come impiegare qualche sua energia troppo grande che la soluzione del blocco libererebbe. I Maestri lasciano perciò a chi soffre la libertà di decidere "quando" superare i propri disagi (per attuare una serie di «riflessioni non coscienti» prescrittegli nella Stanza Tonda un individuo può benissimo impiegare mesi, o anni) e la decisione, inevitabilmente, avverrà e produrrà frutti solo quando quellI'individuo sarà pronto».
Igor Sibaldi, Il mondo invisibile
Si, dipende dal momento in cui ci troviamo. Si può provare a seguire dei maestri nei momenti di maggior stasi oppure maggior crisi, per sondare se l'ottica di un maestro "praticamente" ci aiuta a uscire da un loop, da una via (magari apparentemente) senza uscita. Ognuno sceglie il suo maestro, se vuole sceglierlo, e per il tempo necessario, con la cautela che non si trasformi in dipendenza.
Noi siamo le risposte per noi stessi...nessuno te le può dare altrimenti dipenderà i sempre dagli altri...una buona e sincera introspezione può aiutare...
Rispondo un po' a tutti : penso che Igor si riferisse ai Maestri Invisibili, percorso che ho avuto il piacere di fare con un suo allievo. Si tratta di un processo di introspezione nel quale si portano alla luce volontà, desideri, esperienze, risorse che sono nostre al 100% ma che tramite questo metodo vengono percepiti come fonte esterna. Consiglio vivamente a tutti questa esperienza. Se siete interessati contattatemi perché facciamo dei gruppi di lavoro a Viareggio circa 2 volte l'anno.
appunto....i maestri invisibili che Igor ci insegna a contattare non ha niente a che fare con alcun maestro "incarnato"....è fondamentale non travisare i concetti, altrimenti di cosa stiamo parlando?
Il ricordo di se....
Caro Igor e cari Maestri è proprio così..in questo periodo sto vivendo questo malessere però, anche se sono molto triste, da quelle cose che in un primo momento ho ritenuto delle sconfitte invece erano blocchi e da queste perdite stanno emergendo nuove opportunità. Attendo con pazienza e fiducia i frutti. Grazie Maestri!
Il passato che non vuole passare è simile a un drago
che aggredisce ogni giorno la nostra esistenza,
pretendendo sacrifici umani
- perché non può vivere, se non divora altre vite.
E l'io spesso obbedisce,
quasi senza accorgersene:
al drago di un vecchio amore che l'ha deluso
dà da sbranare un amore nuovo;
al drago di un cattivo rapporto della figlia col padre
viene dato in pasto il marito;
al drago di una sconfitta subìta in gioventù
vengono sacrificate una dopo l'altra
le occasioni di successo che la vita continua a produrre.
Così i draghi psichici prosperano, dominano.
Ma ogni volta che te ne accorgi
vengono polverizzati,
come i vampiri dalla luce del sole.
Poi bisogna solo guardar bene
che non si riformino. Non ci vuole tanto.
Igor Sibaldi, Il mondo invisibile
che aggredisce ogni giorno la nostra esistenza,
pretendendo sacrifici umani
- perché non può vivere, se non divora altre vite.
E l'io spesso obbedisce,
quasi senza accorgersene:
al drago di un vecchio amore che l'ha deluso
dà da sbranare un amore nuovo;
al drago di un cattivo rapporto della figlia col padre
viene dato in pasto il marito;
al drago di una sconfitta subìta in gioventù
vengono sacrificate una dopo l'altra
le occasioni di successo che la vita continua a produrre.
Così i draghi psichici prosperano, dominano.
Ma ogni volta che te ne accorgi
vengono polverizzati,
come i vampiri dalla luce del sole.
Poi bisogna solo guardar bene
che non si riformino. Non ci vuole tanto.
Igor Sibaldi, Il mondo invisibile
Il perdono interessante è quello antico, che richiede grande impegno, amore e concentrazione, e consiste nel separare l'azione da chi l'ha compiuta. E' una atto da Re generoso. Tu guardi una persona che ha inciampato e non pensi "Questo è uno che inciampa", ma "è uno che è inciampato". Vedi uno che ruba e non pensi "E' un ladro", ma è "è uno che ha rubato". Ha rubato, si, due settimane fa ti ha fregato il portafoglio, ma ti assumi la responsabilità di pensare che lui non è uno che ruba. Francesco d'Assisi aveva trovato una bellissima frase per esprimere questo tipo di perdono: parlando di un prete vizioso, disse "si, lo so che lui non va bene, di per sé; ma io decido che lui va bene di per me". Ti alleni un pò con gli altri, perdonando qualcun altro in questo modo, e poi cominci con te stesso: perdonando anche te, dato che di cose da perdonarti ne hai sicuramente tante. E così ti liberi dal tuo passato.
Igor Sibaldi
In pratica bisogna essere in grado di separare il perdono dal desiderio di giustizia,che spesso contrastano.
io ho capito che, in una azione malvagia, bisogna distinguere il peccato dal peccatore.
Il peccatore va sempre considerato con amore e misericordia.
..BASTA CHE MI STA LONTANO.. ( aggiungo io )
Per me è facile perdonare ed anche dimenticare.
Se qualcuno mi ha fatto soffrire, però, cerco di evitarlo. Sbaglio??
Il mio quesito riguarda il desiderio di tenere lontane certe persone, anche dopo un sincero perdono.
Non è sbagliato...le seconde possibilità vanno bene per pochi
Io non sono d accordo. Il discorso del perdono e molto delicato, secondo me. Perché è legato alla giustizia. Se uno fa del male deve espiare e posso pensare di perdonare se c'è un sincero pentimento. Il perdono lo si da a chi si rende conto del male commesso, altrimenti si corre il rischio che faccia, per un nostro buonismo, male a qualcun altro. Perché il male esiste ed anche gli uomini malvagi. Le cronache c'è lo raccontano ogni giorno. Perdonare se stessi? In questa società dove qualsiasi cosa tu faccia puoi contare sul perdono del prete, forse è il caso di auspicare un maggior rigore verso se stessi. Prima verso se stessi se lo vogliamo dagli altri. Con moderazione e buon senso.
Non credo si parli di giustizia. Si parla di ciò che rende amara la vita cioè di come di soffre nel non perdonare prima di tutto se stessi e di come non ci si riesce se prima non ci si allena perdonando gli altri. In pratica il perdono è prima di tutto un favore che facciamo a noi stessi.
Credo che si faccia una certa confusione tra perdono e giustizia...
nel mio cuore certamente perdono perché riconosco la fragilità dell'uomo ma è un fatto intimo... interiore... Chi ha fatto male pagherà con la giustizia... quella fatta dai codici...
L'unica persona che non sono mai riuscita a perdonare e forse non lo farò mai...è me stessa!
Il resto l'ho dimenticato tutto....
il perdono ti libera da tutto e tutti....nessuno più ti può tenere legata..
In pratica bisogna essere in grado di separare il perdono dal desiderio di giustizia,che spesso contrastano.
io ho capito che, in una azione malvagia, bisogna distinguere il peccato dal peccatore.
Il peccatore va sempre considerato con amore e misericordia.
..BASTA CHE MI STA LONTANO.. ( aggiungo io )
Per me è facile perdonare ed anche dimenticare.
Se qualcuno mi ha fatto soffrire, però, cerco di evitarlo. Sbaglio??
Il mio quesito riguarda il desiderio di tenere lontane certe persone, anche dopo un sincero perdono.
Non è sbagliato...le seconde possibilità vanno bene per pochi
Io non sono d accordo. Il discorso del perdono e molto delicato, secondo me. Perché è legato alla giustizia. Se uno fa del male deve espiare e posso pensare di perdonare se c'è un sincero pentimento. Il perdono lo si da a chi si rende conto del male commesso, altrimenti si corre il rischio che faccia, per un nostro buonismo, male a qualcun altro. Perché il male esiste ed anche gli uomini malvagi. Le cronache c'è lo raccontano ogni giorno. Perdonare se stessi? In questa società dove qualsiasi cosa tu faccia puoi contare sul perdono del prete, forse è il caso di auspicare un maggior rigore verso se stessi. Prima verso se stessi se lo vogliamo dagli altri. Con moderazione e buon senso.
Non credo si parli di giustizia. Si parla di ciò che rende amara la vita cioè di come di soffre nel non perdonare prima di tutto se stessi e di come non ci si riesce se prima non ci si allena perdonando gli altri. In pratica il perdono è prima di tutto un favore che facciamo a noi stessi.
Credo che si faccia una certa confusione tra perdono e giustizia...
nel mio cuore certamente perdono perché riconosco la fragilità dell'uomo ma è un fatto intimo... interiore... Chi ha fatto male pagherà con la giustizia... quella fatta dai codici...
L'unica persona che non sono mai riuscita a perdonare e forse non lo farò mai...è me stessa!
Il resto l'ho dimenticato tutto....
il perdono ti libera da tutto e tutti....nessuno più ti può tenere legata..
L'origine di amore è la parola sanscrita kama: proprio la stessa del kama-sutra. Per una legge linguistica, avviene spesso che parole sanscrite che cominciano con la «k» ricompaiano in lingue europee senza quella «k»: così il sanscrito karma (sapete tutti cos'è), in latino diventa harmonia, e poi armonia in italiano. E kama in sanscrito significa: un desiderio sessuale intenso ed esclusivo, cioè qualcosa di molto simile al nostro concetto di eros. Dunque, quando tu usi in italiano la parola amore, stai intendendo propriamente quel tipo di desiderio: quello è il vero contenuto, la forza della parola, e di quello stai parlando, al tuo genio della lampada di Aladino. Letteralmente, io ti amo in italiano significa: Io desidero avere rapporti sessuali con te e pretendo che tu non ne abbia con nessun altro. E la conferma è che anche in latino amor indica una veemenza, una pulsione erotica. Ma che qualcosa non vada nella parola «amore» lo sentiamo anche restando all'interno della lingua italiana. Ti dicono: «ama i tuoi genitori». Già, ma se poi un bambino dice alla mamma: «io ti amo», c'è qualche probabilità che la mamma lo porti dallo psicologo. E un prete può dire che ama i suoi parrocchiani, ma se dice a un ragazzino: «sai, Giorgino, io ti amo» c'è il rischio che Giorgino lo vada a dire a un poliziotto o a un giornalista. Dunque questa parola in italiano è meglio lasciarla da parte, parlando di agape.In altre lingue va un pò meglio. Love! All you need is love, eccetera. Qui sì, i conti tornano. Il termine inglese love ha la stessa radice di liber, latino, e significa lasciare libera una persona. Così è anche in tedesco, lieben; e in russo, lyubìt. Sono tutti termini apparentati con liber, libertas. E anche con lubere, «far piacere a qualcuno», «far gioire qualcuno». Pensate che bello. I love you (o ich liebe dich, o ya tebyà lyublyù) vuol dire «ti agapo così tanto che a casa mia e nella mia vita puoi fare tutto quello che vuoi, purché ti faccia piacere». Love, lieben, lyubìt' è dare questo permesso. Quelle sono traduzioni di agape. Eh sì. In compenso, nelle lingue germaniche e in russo non c'è il corrispettivo esatto del nostro amore, dell'amor latino. In qualche modo, sia qua che là qualcosa non basta.
Una parola è una parola... quello che conta è l'energia che ognuno di noi mette in una parola... ho ascoltato molti "ti amo" ma le energie che li accompagnavano erano differenti
AMORE (il cui vero significato deriva dal greco a-mors NON MORTE). Questo ci lascia ben sperare per un buon risveglio delle coscienze.
Amore, lasciare liberi!!!
Non facciamo i difficili: Amore erotico si distingue da amore di Dio, amore familiare e del prossimo.
Quante mamme dicono al figlio piccolo "AMORE MIO!!!" Visione allargata come nell'italiano parlato.
In effetti fin da ragazzina notavo queste differenze e mi chiedevo perché fosse lecito dire "ti amo" ad un marito, ma non ad un padre. Ora l'ho scoperto, grazie!
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