“Il matrimonio è un debito che si contrae in gioventù e si paga nella vecchiaia.”
Irvin Yalom
“Guardate dal finestrino dell’altro.
Cercate di vedere il mondo come lo vede il vostro paziente.”
Irvin Yalom
“La verità si raggiunge attraverso la sfiducia e lo scetticismo, non attraverso un infantile desiderio che le cose stiano in un certo modo.”
Irvin Yalom
“L'atteggiamento di base del terapeuta verso un paziente deve essere di sollecitudine, accettazione, spontaneità ed empatia. Niente, nessuna considerazione tecnica, ha la precedenza su questo atteggiamento.”
Irvin Yalom
“È più facile, di gran lunga più facile, obbedire a un altro che comandare a se stesso.”
Irvin Yalom
“L'uomo ha sempre detestato l'incertezza, e nel corso dei secoli ha cercato di ordinare il suo universo attraverso spiegazioni principalmente religiose o scientifiche. La spiegazione di un fenomeno rappresenta il primo passo verso il controllo del fenomeno stesso.”
Irvin Yalom
“Il modo migliore di aiutare un uomo è permettergli di aiutarvi.
La gente ha bisogno di sentirsi necessaria.”
Irvin Yalom
“Essere accettati dagli altri nonostante si creda di essere fondamentalmente ripugnanti, inaccettabili o sgradevoli è una potente forza risanatrice.”
Irvin Yalom
“Il paziente dice che questa frase, questo paradosso – « che è la cosa che volevo fare davvero fin dal principio» – l’aveva assillato per tutta la settimana ed era stata la vera spinta per iniziare la terapia. «Questo è quello su cui mi voglio incentrare durante la terapia», dice. «se ‘quello’ è ciò che voglio – leggere e farmi una bella dormita – dottor Hertzfeld, mi dica, perché non posso farlo, perché non lo faccio?»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Ti avevo raccontato una delle mie serate tipiche: lo sai, rimorchiare una donna da qualche parte, portarla a cena, la scena della seduzione nella mia camera da letto con la solita routine di sempre e la solita musica d’atmosfera. Ricordo di averti chiesto la tua opinione a proposito della mia serata, e se la trovavi disgustosa o immorale».
«Non rammento la mia risposta».
«Mi hai detto che non la trovavi né disgustosa né immorale, solo noiosa.
Rimasi sconvolto dall’idea che stessi vivendo una vita noiosa, ripetitiva».
«Ah, interessante. Così questa è stata una delle due affermazioni. E l’altra?»
«Stavamo discutendo di epitaffi funebri. Non ricordo perché, ma credo che tu avessi sollevato la questione di quale epitaffio avrei scelto per me…»
«E’ possibilissimo. Ho sempre usato quella domanda quando sento che si è giunti a un impasse e ho bisogno di un intervento che metta in movimento la situazione. E…?»
«Be’ mi suggeristi che avrei potuto farmi incidere sulla lapide la frase: ‘Gli piaceva scopare’. E poi aggiungesti che la frase avrebbe potuto essere un ottimo epitaffio anche per il mio cane, che avrei potuto usare la stessa lapide per me e per il cane».
«Una cosetta abbastanza forte. Sono stato davvero così duro?»
«Non è quello che conta. Quello che conta è la sua efficacia e persistenza.»
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Non sono le idee, né la visione, né i mezzi concreti quello che davvero importa nella terapia. Se uno, alla fine di una terapia, interroga i pazienti a proposito del processo, che cosa ricorderanno questi pazienti? Mai le idee: è sempre la relazione.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Julius faceva fatica a ricordare le battute finali delle barzellette, ma in quel momento gliene tornò in mente una che aveva sentito anni prima.
Una mattina un figlio dice alla madre: «Oggi non voglio andare a scuola».
«Perché no?» chiede la madre.
«Per due ragioni: odio gli studenti, e loro odiano me».
La madre risponde: «Ci sono due ragioni per cui devi andare a scuola:
primo, hai quarantacinque anni e, secondo, sei il preside».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Forse stava insegnando al figlio che le alternative si escludevano, che per ogni sì doveva esserci un no.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Julius annuì tristemente. Era vero che non aveva mai realmente assaporato l’attimo, mai afferrato il presente, mai detto a se stesso: «Eccolo qui, questo momento, questo giorno… questo è quello che voglio! Questi sono i cari vecchi giorni, proprio adesso. Che io possa rimanere in questo attimo, che io possa radicarmi in questo luogo per sempre». No, aveva sempre creduto che il boccone più gustoso della vita non fosse ancora stato assaporato e aveva sempre concupito il futuro… Il tempo in cui sarebbe stato più grande, più intelligente, più grosso, più ricco. E poi era arrivato lo sconvolgimento, il tempo del grande capovolgimento, l’improvvisa e catastrofica perdita degli ideali del futuro, e l’inizio del dolente struggimento per come le cose erano solite essere in passato.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Senza dubbio la cronica e persistente riluttanza di Julius ad afferrare il presente aveva devastato il suo matrimonio. Sebbene avesse amato Miriam dal momento in cui le aveva messo gli occhi addosso nella decima classe, al tempo stesso ce l’aveva sempre avuta con lei, sentendola come un ostacolo che lo teneva lontano da quella moltitudine di donne di cui si sentiva autorizzato a godere. Non aveva mai completamente riconosciuto che la sua ricerca di una compagna fosse giunta a conclusione o che la libertà di seguire la propria lussuria fosse anche solo minimamente limitata. Quando ebbe inizio il suo internato scoprì che i dormitori del personale dell’ospedale erano direttamente adiacenti a quelli della scuola infermiere, traboccanti di giovani infermiere nubili che andavano pazze per i dottori. Era un autentico paese della cuccagna, e lui si era rimpinzato con un gran numero di sapori.
Era stato solo dopo la morte di Miriam che doveva essersi verificato il capovolgimento. Nei dieci anni trascorsi da quando l’incidente d’auto gliel’aveva portata via, l’aveva avuta più cara di quanto avesse mai fatto quando era viva.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Nietzsche», intervenne Philip, «una volta ha detto qualcosa sul fatto che, quando ci svegliamo scoraggiati nel mezzo della notte, i nemici che avevamo sconfitto molto tempo prima tornano ad assillarci».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Per citare un vecchio saggio, san Julius, una domanda non è una domanda se si sa la risposta»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“In primo luogo c’era stata l’esortazione di Freud che il terapeuta dovesse protendersi in modo umano verso una donna bella e non trattenersi o penalizzarla semplicemente per colpa della sua bellezza. Il secondo punto era stato un saggio che aveva letto da studente, intitolato La bella donna vuota, che attribuiva grande importanza al fatto che la donna autenticamente bella è così spesso oggetto di attenzioni e riguardi soltanto in virtù della propria apparenza da giungere a trascurare lo sviluppo di altre parti di sè. La sua fiducia e i sui sentimenti di successo sono solo epidermici, e quando la sua bellezza svanisce si rende conto di avere poco da offrire; non ha sviluppato né l’arte di essere una persona interessante né quella di sapersi interessare agli altri.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Precisamente», rispose Philip, «e una persona saggia non trascorrerà la sua vita a cercare di conseguire la popolarità. E’ una chimera. La popolarità non definisce cosa sia vero o casa sia bene: piuttosto il contrario, è un livellatore, un volgarizzante, Molto meglio cercare all’interno per trovare i propri valori e i propri obiettivi».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Bonnie e Rebecca hanno delle sofferenza simili. Bonnie non può tollerare di essere impopolare, mentre Rebecca non può tollerare di non essere più popolare. Entrambe sono ostaggi del capriccio di quel che pensano gli altri. In altre parole la felicità, per entrambe, è nelle mani e nella testa degli altri. E per entrambe la soluzione è la stessa: più uno ha dentro di sé, meno vorrà dagli altri.»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«L’altro giorno» disse Julius, «ho avuto una conversazione con un collega a proposito di una sua paziente. Lui diceva che lei aveva l’abitudine di fare in modo che le venissero scagliate addosso delle lance, per poi trafiggersi con le proprie mani. Forse qui mi sto lasciando un po’ troppo andare, Bonnie, ma mi è venuto in mente quando ho visto il modo in cui prendi le cose e le usi per punirti»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«So com’è», disse Julius. «Ho queste stesse reazioni impulsive davanti alle critiche. Ma lascia che ti dica cosa ho imparato a fare. Il vero trucco sta nel pensare al feedback come un dono, ma prima devi decidere se questo feedback è preciso. Il modo in cui io procedo consiste nel controllare in me stesso e chiedere se corrisponde alla mia esperienza di me stesso. C’è per caso una parte, anche solo un pezzettino, persino un cinque per cento, che sembra vera? Cerco di rammentare se altre persone in passato mi avevano dato una risposta simile. Penso ad altre persone con le quali io possa controllare la cosa. Mi chiedo se qualcuno non stia lavorando su uno dei miei punti ciechi, qualcosa che loro vedono e che io non riesco a vedere. Puoi provare a farlo?»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Quindi, mea culpa. Mi piace essere ammirata, mi piace essere amata e adorata, mi piace l’amore».
«Platone», intervenne Philip, «ha osservato che l’amore è in colui che ama, non in colui che è amato».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Ha sollevato della roba pesante. E’ vero che non riesco a relazionarmi con le donne?
Vorrei dire che non è così. C’è mia sorella – le sono molto vicine, piuttosto – e un paio di altre procuratrici del mio studio, ma, Bonnie, probabilmente stai mettendo il dito su qualcosa… decisamente c’è più carica, c’è più eccitazione per me nelle relazioni con gli uomini».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Nella fase iniziale della formazione, i terapeuti vengono addestrati a concentrarsi sulla responsabilità che i pazienti hanno in tutti i fatti cruciali della propria esistenza. I terapeuti maturi non accettano mai in quanto tali i resoconti fatti dai pazienti a proposito dei maltrattamenti subiti dagli altri. I terapeuti sanno invece che, entro un certo limite, gli individui contribuiscono a creare il proprio ambiente sociale e che le relazioni sono sempre reciproche.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Ma Pam, hai parecchio da lavorare sul tuo rapporto con gli uomini. Ti hanno fatto passare dei brutti periodi, ma, d’altra parte, tu ci odi. Tutti noi. Difficile sapere qual è l’uovo e qual è la gallina».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Oh, si. Philip». Parlò direttamente a Philip, a differenza di quel che aveva fatto con gli altri membri. «Vediamo… non penso che tu mi giudichi, ma non sono certo che questo sia del tutto un complimento. Sembra piuttosto che tu non voglia avvicinarti abbastanza o essere abbastanza coinvolto da me da non prenderti nemmeno la briga di giudicarmi».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Intervenne Pam «Buber è un filosofo ebreo tedesco morto una cinquantina di anni fa, la cui opera esplorava il vero incontro tra due esseri: la relazione “io-tu”, completamente presente e premurosa, contrapposta all’incontro “io-esso” che nega l”io’ dell’altro e usa, invece di correlare. E’ un’idea che è saltata fuori parecchie volte qua dentro: quello che Philip mi ha fatto in passato è stato usarmi come un ‘esso’».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“E qual è la cosa più terribile della noia? Perché ci affrettiamo a dissiparla?
Perché è uno stato privo di svago che abbastanza presto rivela sgradevoli verità sottese all’esistenza: la nostra futilità, la nostra esistenza insignificante, il nostro inesorabile progredire verso il deterioramento e la morte.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«La tua soluzione ai problemi è una pseudosoluzione; non è affatto una soluzione, è qualcosa d’altro, è un abbandono della vita. Tu non sei nella vita; tu non ascolti davvero gli altri, e quando ti sento parlare non mi sembra di ascoltare un essere vivo, che respira».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Ma lascia che ti dica una cosa che non è mai stata detta prima.
Mi piace guardarti, ma adesso mi sto rendendo conto di quanto il tuo bell’aspetto sia una barriera al vederti o al conoscerti, forse quasi la stessa barriera che si ha quando una donna è brutta o deforme».
«Ehi, questo sì che è un bel trauma. Grazie. Stuart»
«Rebecca, voglio che tu sappia», disse Julius, «che anch’io sono colpito dal fatto che ti fidi di noi fino a confidarci la tua fantasia sul profumo. Confondi la tua bellezza con la tua essenza. E poi quello che succede, come Stuart ha messo in evidenza, è che gli altri non si relazionano alla tua essenza ma alla tua bellezza».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Bonnie lottava per venire a patti con un paradosso centrale: la rabbia nei confronti dell’ex marito per averla lasciata e il suo sollievo per l’essere uscita da una relazione con un uomo che fondamentalmente non le piaceva.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Ogniqualvolta un comportamento della coppia migliorava nella terapia, l’omeostasi della relazione matrimoniale ne era sconvolta e, se il matrimonio non era destinato a sciogliersi, anche il partner doveva necessariamente cambiare.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Liberarsi dalla rabbia è il migliore dei progressi. Concordo sul fatto che tu sia troppo legata ai tuoi odi. Vorrei che si potessero scattare delle istantanee di questi processi liberatori per uso futuro… per vedere esattamente come hai fatto».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Tony annuì. «La differenza tra prendersi la responsabilità per quello che si è fatto o rimproverare qualcun altro?»
«Precisamente» disse Philip, «e, come ho sentito dire a Julius, la terapia inizia quando termina il rimprovero ed emerge la responsabilità».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Io sono cambiata», continuò. «Sono davvero convinta, adesso, che sia possibile perdonare la persona ma non l’atto. Penso che sarei capace di perdonare un Philip mutato. Ma lui non è mutato. Mi chiedi perché possa perdonare Julius: be’, guardalo: non cessa un attimo di dare. E, come sono sicura vi siete tutti immaginati, ci sta dando un ultimo dono d’amore: ci sta insegnando a morire.»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Philip intervenne: «Riforma? No, questo non è preciso. L’idea di riforma non ha alcuna parte in quello che è successo. Lasciate che chiarisca: non ho mutato la mia vita o, come è stata impostata la cosa, la mia ossessione sessuale in virtù di una risoluzione morale. Sono mutato perché la mia vita era un’agonia che non poteva essere sopportata oltre.»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Continuare a usare la stessa soluzione anche quando il problema è scomparso, è come portare una benda quando la ferita si è rimarginata da un pezzo».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Lutero elevò la propria nevrosi a quella di paziente universale e quindi cercò di risolvere per il mondo quello che non era in grado di risolvere per se stesso.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Quindi qual è il vero te stesso?» insistette Julius.
Philip guardò Julius dritto negli occhi: «Un mostro. Un predatore. Un solitario. Un assassino di insetti». Gli occhi gli si riempirono di lacrime. «Pieno di una rabbia cieca. Un intoccabile. Nessuno che mi abbia conosciuto mi ha amato. Mai. Nessuno potrebbe amarmi».
Improvvisamente Pam si alzò e si diresse verso Philip. Fece segno a Tony di cambiare posto con lei e, sedendosi accanto a Philip, gli prese la mano tra le sue e disse con voce dolce: «Io avrei potuto amarti, Philip. Eri l’uomo più bello, più magnifico che avessi mai visto. Ti ho telefonato e scritto per settimane dopo che ti sei rifiutato di rivedermi. Avrei potuto amarti ma tu hai inquinato…»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“I clinici che lavorano con pazienti moribondi hanno osservato che l’ansia della morte è maggiore in quelli che sentono di aver vissuto una vita incompiuta. Un senso di appagamento, nella «consumazione della propria vita», come la mette Nietzsche, diminuisce l’ansia della morte.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
Ogni individuo deve scegliere la verità che è in grado di tollerare.
Irvin Yalom, Le lacrime di Nietzsche
Spero, dottor Breuer, che verrà il momento in cui non vi sarà più uomo o donna che debba subire la tirannide delle fragilità altrui.
Irvin Yalom, Le lacrime di Nietzsche
È solo un'intuizione, ma mi chiedo se tu potresti mai sentirti “a casa” da qualche parte, perché la casa non è un luogo, è una condizione della mente. Essere realmente a casa vuol dire sentirsi a casa nella propria pelle. E tu, Alfred, non credo che ti senta a casa nella tua. Forse non ti è mai accaduto. Forse hai cercato la tua casa nel posto sbagliato per tutta la vita.
Irvin Yalom, Il problema Spinoza
È proprio la caduta di chi sta più in alto a eccitare maggiormente le folle: il lato oscuro dell'ammirazione è l'invidia, mischiata allo scontento per la propria vita ordinaria.
Irvin Yalom, Il problema Spinoza
Stai malissimo, ma esattamente perché preferisci stare così piuttosto che provare a cambiare qualcosa? Cosa stai tenendo lontano, che senti come ancora peggiore di così?
Irvin Yalom
Ho dei periodi neri. Chi non ne ha? Ma non sono loro ad avere me.
Non appartengono tanto al mio male,nquanto al mio essere.
Si potrebbe dire che ho il coraggio di averli.
Irvin Yalom
Quanta vita ho perso, si chiese, per il semplice motivo di non essere stato capace di guardare? O di avere guardato senza vedere?
David Irvin Yalom
Solo il guaritore che è stato ferito può davvero curare.
Irvin Yalom
La terapia non dovrebbe essere guidata dalla teoria, ma dalla relazione.
Irvin Yalom
Si sa già tutto di una persona la prima volta che la si vede, e i successivi incontri non sono altro che un progressivo accecarsi rispetto a ciò che dentro di noi sappiamo.
Irvin Yalom
“Nella vostra vita non avrà luogo alcun cambiamento positivo finché starete aggrappati al pensiero che la causa del vostro non vivere bene è situata al di fuori di voi, la vostra condizione resterà imprigionata in un vicolo cieco. Voi e solo voi siete responsabili degli aspetti cruciali della vostra vita e solo voi avete il potere di cambiarla. E anche se vi trovate a fronteggiare limiti esterni soverchianti, avete ancora la libertà e la possibilità di scegliere di adottare vari atteggiamenti nei confronti di tali limiti.”
Irvin Yalom
Credete al disprezzo, allo scherno, alla paura, allo scoraggiamento, alla vergogna, al panico, all'odio. Credete pure a tutto ciò. Ma non credete mai all'indifferenza.
Irvin Yalom
«Di quando in quando rileggo Charles Dickens, che ha sempre avuto un posto di primo piano nel mio pantheon di scrittori. Di recente una frase straordinaria tratta da Storia di due città ha attirato la mia attenzione: “Poiché, quanto più m’avvicino alla fine, viaggio come in circolo e m’avvicino sempre più al principio. Mi pare che la vita si spiani e si faccia più agevole. Il mio cuore è adesso commosso da molte memorie che a lungo erano rimaste sopite”. Questo passo mi commuove profondamente: dato che mi sto davvero avvicinando alla fine, io pure mi ritrovo sempre più vicino al principio. I ricordi dei miei pazienti innescano sempre più spesso i miei ricordi, il lavoro sul loro futuro richiama e sconvolge il mio passato, e mi trovo a riconsiderare la mia storia».
Irvin Yalom
Irvin Yalom
“Guardate dal finestrino dell’altro.
Cercate di vedere il mondo come lo vede il vostro paziente.”
Irvin Yalom
“La verità si raggiunge attraverso la sfiducia e lo scetticismo, non attraverso un infantile desiderio che le cose stiano in un certo modo.”
Irvin Yalom
“L'atteggiamento di base del terapeuta verso un paziente deve essere di sollecitudine, accettazione, spontaneità ed empatia. Niente, nessuna considerazione tecnica, ha la precedenza su questo atteggiamento.”
Irvin Yalom
“È più facile, di gran lunga più facile, obbedire a un altro che comandare a se stesso.”
Irvin Yalom
“L'uomo ha sempre detestato l'incertezza, e nel corso dei secoli ha cercato di ordinare il suo universo attraverso spiegazioni principalmente religiose o scientifiche. La spiegazione di un fenomeno rappresenta il primo passo verso il controllo del fenomeno stesso.”
Irvin Yalom
“Il modo migliore di aiutare un uomo è permettergli di aiutarvi.
La gente ha bisogno di sentirsi necessaria.”
Irvin Yalom
“Essere accettati dagli altri nonostante si creda di essere fondamentalmente ripugnanti, inaccettabili o sgradevoli è una potente forza risanatrice.”
Irvin Yalom
“Il paziente dice che questa frase, questo paradosso – « che è la cosa che volevo fare davvero fin dal principio» – l’aveva assillato per tutta la settimana ed era stata la vera spinta per iniziare la terapia. «Questo è quello su cui mi voglio incentrare durante la terapia», dice. «se ‘quello’ è ciò che voglio – leggere e farmi una bella dormita – dottor Hertzfeld, mi dica, perché non posso farlo, perché non lo faccio?»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Ti avevo raccontato una delle mie serate tipiche: lo sai, rimorchiare una donna da qualche parte, portarla a cena, la scena della seduzione nella mia camera da letto con la solita routine di sempre e la solita musica d’atmosfera. Ricordo di averti chiesto la tua opinione a proposito della mia serata, e se la trovavi disgustosa o immorale».
«Non rammento la mia risposta».
«Mi hai detto che non la trovavi né disgustosa né immorale, solo noiosa.
Rimasi sconvolto dall’idea che stessi vivendo una vita noiosa, ripetitiva».
«Ah, interessante. Così questa è stata una delle due affermazioni. E l’altra?»
«Stavamo discutendo di epitaffi funebri. Non ricordo perché, ma credo che tu avessi sollevato la questione di quale epitaffio avrei scelto per me…»
«E’ possibilissimo. Ho sempre usato quella domanda quando sento che si è giunti a un impasse e ho bisogno di un intervento che metta in movimento la situazione. E…?»
«Be’ mi suggeristi che avrei potuto farmi incidere sulla lapide la frase: ‘Gli piaceva scopare’. E poi aggiungesti che la frase avrebbe potuto essere un ottimo epitaffio anche per il mio cane, che avrei potuto usare la stessa lapide per me e per il cane».
«Una cosetta abbastanza forte. Sono stato davvero così duro?»
«Non è quello che conta. Quello che conta è la sua efficacia e persistenza.»
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Non sono le idee, né la visione, né i mezzi concreti quello che davvero importa nella terapia. Se uno, alla fine di una terapia, interroga i pazienti a proposito del processo, che cosa ricorderanno questi pazienti? Mai le idee: è sempre la relazione.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Julius faceva fatica a ricordare le battute finali delle barzellette, ma in quel momento gliene tornò in mente una che aveva sentito anni prima.
Una mattina un figlio dice alla madre: «Oggi non voglio andare a scuola».
«Perché no?» chiede la madre.
«Per due ragioni: odio gli studenti, e loro odiano me».
La madre risponde: «Ci sono due ragioni per cui devi andare a scuola:
primo, hai quarantacinque anni e, secondo, sei il preside».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Forse stava insegnando al figlio che le alternative si escludevano, che per ogni sì doveva esserci un no.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Julius annuì tristemente. Era vero che non aveva mai realmente assaporato l’attimo, mai afferrato il presente, mai detto a se stesso: «Eccolo qui, questo momento, questo giorno… questo è quello che voglio! Questi sono i cari vecchi giorni, proprio adesso. Che io possa rimanere in questo attimo, che io possa radicarmi in questo luogo per sempre». No, aveva sempre creduto che il boccone più gustoso della vita non fosse ancora stato assaporato e aveva sempre concupito il futuro… Il tempo in cui sarebbe stato più grande, più intelligente, più grosso, più ricco. E poi era arrivato lo sconvolgimento, il tempo del grande capovolgimento, l’improvvisa e catastrofica perdita degli ideali del futuro, e l’inizio del dolente struggimento per come le cose erano solite essere in passato.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Senza dubbio la cronica e persistente riluttanza di Julius ad afferrare il presente aveva devastato il suo matrimonio. Sebbene avesse amato Miriam dal momento in cui le aveva messo gli occhi addosso nella decima classe, al tempo stesso ce l’aveva sempre avuta con lei, sentendola come un ostacolo che lo teneva lontano da quella moltitudine di donne di cui si sentiva autorizzato a godere. Non aveva mai completamente riconosciuto che la sua ricerca di una compagna fosse giunta a conclusione o che la libertà di seguire la propria lussuria fosse anche solo minimamente limitata. Quando ebbe inizio il suo internato scoprì che i dormitori del personale dell’ospedale erano direttamente adiacenti a quelli della scuola infermiere, traboccanti di giovani infermiere nubili che andavano pazze per i dottori. Era un autentico paese della cuccagna, e lui si era rimpinzato con un gran numero di sapori.
Era stato solo dopo la morte di Miriam che doveva essersi verificato il capovolgimento. Nei dieci anni trascorsi da quando l’incidente d’auto gliel’aveva portata via, l’aveva avuta più cara di quanto avesse mai fatto quando era viva.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Nietzsche», intervenne Philip, «una volta ha detto qualcosa sul fatto che, quando ci svegliamo scoraggiati nel mezzo della notte, i nemici che avevamo sconfitto molto tempo prima tornano ad assillarci».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Per citare un vecchio saggio, san Julius, una domanda non è una domanda se si sa la risposta»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“In primo luogo c’era stata l’esortazione di Freud che il terapeuta dovesse protendersi in modo umano verso una donna bella e non trattenersi o penalizzarla semplicemente per colpa della sua bellezza. Il secondo punto era stato un saggio che aveva letto da studente, intitolato La bella donna vuota, che attribuiva grande importanza al fatto che la donna autenticamente bella è così spesso oggetto di attenzioni e riguardi soltanto in virtù della propria apparenza da giungere a trascurare lo sviluppo di altre parti di sè. La sua fiducia e i sui sentimenti di successo sono solo epidermici, e quando la sua bellezza svanisce si rende conto di avere poco da offrire; non ha sviluppato né l’arte di essere una persona interessante né quella di sapersi interessare agli altri.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Precisamente», rispose Philip, «e una persona saggia non trascorrerà la sua vita a cercare di conseguire la popolarità. E’ una chimera. La popolarità non definisce cosa sia vero o casa sia bene: piuttosto il contrario, è un livellatore, un volgarizzante, Molto meglio cercare all’interno per trovare i propri valori e i propri obiettivi».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Bonnie e Rebecca hanno delle sofferenza simili. Bonnie non può tollerare di essere impopolare, mentre Rebecca non può tollerare di non essere più popolare. Entrambe sono ostaggi del capriccio di quel che pensano gli altri. In altre parole la felicità, per entrambe, è nelle mani e nella testa degli altri. E per entrambe la soluzione è la stessa: più uno ha dentro di sé, meno vorrà dagli altri.»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«L’altro giorno» disse Julius, «ho avuto una conversazione con un collega a proposito di una sua paziente. Lui diceva che lei aveva l’abitudine di fare in modo che le venissero scagliate addosso delle lance, per poi trafiggersi con le proprie mani. Forse qui mi sto lasciando un po’ troppo andare, Bonnie, ma mi è venuto in mente quando ho visto il modo in cui prendi le cose e le usi per punirti»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«So com’è», disse Julius. «Ho queste stesse reazioni impulsive davanti alle critiche. Ma lascia che ti dica cosa ho imparato a fare. Il vero trucco sta nel pensare al feedback come un dono, ma prima devi decidere se questo feedback è preciso. Il modo in cui io procedo consiste nel controllare in me stesso e chiedere se corrisponde alla mia esperienza di me stesso. C’è per caso una parte, anche solo un pezzettino, persino un cinque per cento, che sembra vera? Cerco di rammentare se altre persone in passato mi avevano dato una risposta simile. Penso ad altre persone con le quali io possa controllare la cosa. Mi chiedo se qualcuno non stia lavorando su uno dei miei punti ciechi, qualcosa che loro vedono e che io non riesco a vedere. Puoi provare a farlo?»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Quindi, mea culpa. Mi piace essere ammirata, mi piace essere amata e adorata, mi piace l’amore».
«Platone», intervenne Philip, «ha osservato che l’amore è in colui che ama, non in colui che è amato».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Ha sollevato della roba pesante. E’ vero che non riesco a relazionarmi con le donne?
Vorrei dire che non è così. C’è mia sorella – le sono molto vicine, piuttosto – e un paio di altre procuratrici del mio studio, ma, Bonnie, probabilmente stai mettendo il dito su qualcosa… decisamente c’è più carica, c’è più eccitazione per me nelle relazioni con gli uomini».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Nella fase iniziale della formazione, i terapeuti vengono addestrati a concentrarsi sulla responsabilità che i pazienti hanno in tutti i fatti cruciali della propria esistenza. I terapeuti maturi non accettano mai in quanto tali i resoconti fatti dai pazienti a proposito dei maltrattamenti subiti dagli altri. I terapeuti sanno invece che, entro un certo limite, gli individui contribuiscono a creare il proprio ambiente sociale e che le relazioni sono sempre reciproche.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Ma Pam, hai parecchio da lavorare sul tuo rapporto con gli uomini. Ti hanno fatto passare dei brutti periodi, ma, d’altra parte, tu ci odi. Tutti noi. Difficile sapere qual è l’uovo e qual è la gallina».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Oh, si. Philip». Parlò direttamente a Philip, a differenza di quel che aveva fatto con gli altri membri. «Vediamo… non penso che tu mi giudichi, ma non sono certo che questo sia del tutto un complimento. Sembra piuttosto che tu non voglia avvicinarti abbastanza o essere abbastanza coinvolto da me da non prenderti nemmeno la briga di giudicarmi».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Intervenne Pam «Buber è un filosofo ebreo tedesco morto una cinquantina di anni fa, la cui opera esplorava il vero incontro tra due esseri: la relazione “io-tu”, completamente presente e premurosa, contrapposta all’incontro “io-esso” che nega l”io’ dell’altro e usa, invece di correlare. E’ un’idea che è saltata fuori parecchie volte qua dentro: quello che Philip mi ha fatto in passato è stato usarmi come un ‘esso’».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“E qual è la cosa più terribile della noia? Perché ci affrettiamo a dissiparla?
Perché è uno stato privo di svago che abbastanza presto rivela sgradevoli verità sottese all’esistenza: la nostra futilità, la nostra esistenza insignificante, il nostro inesorabile progredire verso il deterioramento e la morte.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«La tua soluzione ai problemi è una pseudosoluzione; non è affatto una soluzione, è qualcosa d’altro, è un abbandono della vita. Tu non sei nella vita; tu non ascolti davvero gli altri, e quando ti sento parlare non mi sembra di ascoltare un essere vivo, che respira».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Ma lascia che ti dica una cosa che non è mai stata detta prima.
Mi piace guardarti, ma adesso mi sto rendendo conto di quanto il tuo bell’aspetto sia una barriera al vederti o al conoscerti, forse quasi la stessa barriera che si ha quando una donna è brutta o deforme».
«Ehi, questo sì che è un bel trauma. Grazie. Stuart»
«Rebecca, voglio che tu sappia», disse Julius, «che anch’io sono colpito dal fatto che ti fidi di noi fino a confidarci la tua fantasia sul profumo. Confondi la tua bellezza con la tua essenza. E poi quello che succede, come Stuart ha messo in evidenza, è che gli altri non si relazionano alla tua essenza ma alla tua bellezza».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Bonnie lottava per venire a patti con un paradosso centrale: la rabbia nei confronti dell’ex marito per averla lasciata e il suo sollievo per l’essere uscita da una relazione con un uomo che fondamentalmente non le piaceva.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Ogniqualvolta un comportamento della coppia migliorava nella terapia, l’omeostasi della relazione matrimoniale ne era sconvolta e, se il matrimonio non era destinato a sciogliersi, anche il partner doveva necessariamente cambiare.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Liberarsi dalla rabbia è il migliore dei progressi. Concordo sul fatto che tu sia troppo legata ai tuoi odi. Vorrei che si potessero scattare delle istantanee di questi processi liberatori per uso futuro… per vedere esattamente come hai fatto».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Tony annuì. «La differenza tra prendersi la responsabilità per quello che si è fatto o rimproverare qualcun altro?»
«Precisamente» disse Philip, «e, come ho sentito dire a Julius, la terapia inizia quando termina il rimprovero ed emerge la responsabilità».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Io sono cambiata», continuò. «Sono davvero convinta, adesso, che sia possibile perdonare la persona ma non l’atto. Penso che sarei capace di perdonare un Philip mutato. Ma lui non è mutato. Mi chiedi perché possa perdonare Julius: be’, guardalo: non cessa un attimo di dare. E, come sono sicura vi siete tutti immaginati, ci sta dando un ultimo dono d’amore: ci sta insegnando a morire.»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Philip intervenne: «Riforma? No, questo non è preciso. L’idea di riforma non ha alcuna parte in quello che è successo. Lasciate che chiarisca: non ho mutato la mia vita o, come è stata impostata la cosa, la mia ossessione sessuale in virtù di una risoluzione morale. Sono mutato perché la mia vita era un’agonia che non poteva essere sopportata oltre.»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Continuare a usare la stessa soluzione anche quando il problema è scomparso, è come portare una benda quando la ferita si è rimarginata da un pezzo».”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“Lutero elevò la propria nevrosi a quella di paziente universale e quindi cercò di risolvere per il mondo quello che non era in grado di risolvere per se stesso.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“«Quindi qual è il vero te stesso?» insistette Julius.
Philip guardò Julius dritto negli occhi: «Un mostro. Un predatore. Un solitario. Un assassino di insetti». Gli occhi gli si riempirono di lacrime. «Pieno di una rabbia cieca. Un intoccabile. Nessuno che mi abbia conosciuto mi ha amato. Mai. Nessuno potrebbe amarmi».
Improvvisamente Pam si alzò e si diresse verso Philip. Fece segno a Tony di cambiare posto con lei e, sedendosi accanto a Philip, gli prese la mano tra le sue e disse con voce dolce: «Io avrei potuto amarti, Philip. Eri l’uomo più bello, più magnifico che avessi mai visto. Ti ho telefonato e scritto per settimane dopo che ti sei rifiutato di rivedermi. Avrei potuto amarti ma tu hai inquinato…»”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
“I clinici che lavorano con pazienti moribondi hanno osservato che l’ansia della morte è maggiore in quelli che sentono di aver vissuto una vita incompiuta. Un senso di appagamento, nella «consumazione della propria vita», come la mette Nietzsche, diminuisce l’ansia della morte.”
Irvin Yalom, La cura di Schopenhauer
Ogni individuo deve scegliere la verità che è in grado di tollerare.
Irvin Yalom, Le lacrime di Nietzsche
Spero, dottor Breuer, che verrà il momento in cui non vi sarà più uomo o donna che debba subire la tirannide delle fragilità altrui.
Irvin Yalom, Le lacrime di Nietzsche
È solo un'intuizione, ma mi chiedo se tu potresti mai sentirti “a casa” da qualche parte, perché la casa non è un luogo, è una condizione della mente. Essere realmente a casa vuol dire sentirsi a casa nella propria pelle. E tu, Alfred, non credo che ti senta a casa nella tua. Forse non ti è mai accaduto. Forse hai cercato la tua casa nel posto sbagliato per tutta la vita.
Irvin Yalom, Il problema Spinoza
È proprio la caduta di chi sta più in alto a eccitare maggiormente le folle: il lato oscuro dell'ammirazione è l'invidia, mischiata allo scontento per la propria vita ordinaria.
Irvin Yalom, Il problema Spinoza
Stai malissimo, ma esattamente perché preferisci stare così piuttosto che provare a cambiare qualcosa? Cosa stai tenendo lontano, che senti come ancora peggiore di così?
Irvin Yalom
Ho dei periodi neri. Chi non ne ha? Ma non sono loro ad avere me.
Non appartengono tanto al mio male,nquanto al mio essere.
Si potrebbe dire che ho il coraggio di averli.
Irvin Yalom
Quanta vita ho perso, si chiese, per il semplice motivo di non essere stato capace di guardare? O di avere guardato senza vedere?
David Irvin Yalom
Solo il guaritore che è stato ferito può davvero curare.
Irvin Yalom
La terapia non dovrebbe essere guidata dalla teoria, ma dalla relazione.
Irvin Yalom
Si sa già tutto di una persona la prima volta che la si vede, e i successivi incontri non sono altro che un progressivo accecarsi rispetto a ciò che dentro di noi sappiamo.
Irvin Yalom
“Nella vostra vita non avrà luogo alcun cambiamento positivo finché starete aggrappati al pensiero che la causa del vostro non vivere bene è situata al di fuori di voi, la vostra condizione resterà imprigionata in un vicolo cieco. Voi e solo voi siete responsabili degli aspetti cruciali della vostra vita e solo voi avete il potere di cambiarla. E anche se vi trovate a fronteggiare limiti esterni soverchianti, avete ancora la libertà e la possibilità di scegliere di adottare vari atteggiamenti nei confronti di tali limiti.”
Irvin Yalom
Credete al disprezzo, allo scherno, alla paura, allo scoraggiamento, alla vergogna, al panico, all'odio. Credete pure a tutto ciò. Ma non credete mai all'indifferenza.
Irvin Yalom
«Di quando in quando rileggo Charles Dickens, che ha sempre avuto un posto di primo piano nel mio pantheon di scrittori. Di recente una frase straordinaria tratta da Storia di due città ha attirato la mia attenzione: “Poiché, quanto più m’avvicino alla fine, viaggio come in circolo e m’avvicino sempre più al principio. Mi pare che la vita si spiani e si faccia più agevole. Il mio cuore è adesso commosso da molte memorie che a lungo erano rimaste sopite”. Questo passo mi commuove profondamente: dato che mi sto davvero avvicinando alla fine, io pure mi ritrovo sempre più vicino al principio. I ricordi dei miei pazienti innescano sempre più spesso i miei ricordi, il lavoro sul loro futuro richiama e sconvolge il mio passato, e mi trovo a riconsiderare la mia storia».
Irvin Yalom
“Si può paragonare la vita a un tessuto ricamato, di cui ognuno può vedere il lato esterno nella prima metà della sua esistenza, e il rovescio nella seconda: quest’ultimo non è così bello, ma più istruttivo, poiché lascia riconoscere la connessione dei fili.”
Irvin Yalom
Irvin Yalom
"[...] Lucia individua, a mio avviso giustamente, un limite nella psicoterapia della parola che non tiene conto del corpo. Un argomento davvero ampio... Provo a sintetizzare alcune cose che leggervi mi ha suscitato. Il lavoro su di sé non solo serve, ma è necessario e la psicoterapia, nella mia esperienza, è uno strumento valido in tal senso. Per coltivare nella propria interiorità i semi positivi e non annaffiare quelli negativi (ultima citazione, ed è questo uno dei temi cari al maestro zen Thich Nhat Hanh, come anche al maestro vedantino Arnaud Desjardins, per citarne solo alcuni) è necessaria una trasformazione interiore, è necessario conoscere di più se stessi, essersi pacificati con il proprio passato, avere una certa disidentificazione dalle emozioni e da vari condizionamenti , ecc.
La psicologia si è molta evoluta dopo Freud e Jung, vari approcci sono molto più integrali, coinvolgono il corpo, il respiro e i blocchi emotivi, pratiche di consapevolezza (mindfulness), il transpersonale/spirituale. La concezione della psiche si è ampliata, ciò che è propriamente attinente alla propria biografia non esaurisce il lavoro, ma si considera che ci sono potenzialità positive da sviluppare, parliamo di "livelli evolutivi della coscienza". E qui la conoscenza occidentale si apre alla saggezza orientale (buddhista in particolare). L'evoluzione della coscienza oltre il nostro livello medio egoico non solo è possibile, ma è urgente. La spiritualità ha bisogno della psicologia e la psicologia della spiritualità.
Concordo con te sull'importanza della relazione, chi diceva che solo il 30% è tecnica e il 70% è la persona del terapeuta? Molti sono quelli che ci ricordano che se cura è possibile, essa avviene grazie a ciò che si è non a ciò che si sa e fa. E qui introduco Irvin Yalom, stupendo psicoterapeuta umanistico-esistenziale e gestaltico, filosofo e romanziere statunitense, i cui libri (molti tradotti in italiano) sono una fonte di conoscenze, commozione, piacere e sono molto utili per chi si occupa di "relazioni d'aiuto". Yalom nei vari libri in cui riporta i casi di pazienti e lo svolgimento delle sedute ci fa capire cosa siano veramente l'ascolto, l'empatia, il rispetto, l'accettazione dell'altro, la profonda comprensione umana. E come possano avvenire delle vere rivoluzioni interiori grazie a un incontro autentico.
"Esiste in tutti gli individui un'inclinazione innata alla crescita e all'autorealizzazione. Il terapeuta non deve fornire queste qualità ai pazienti (come se potessimo farlo!); deve invece rimuovere gli ostacoli che bloccano il processo di crescita, e uno dei modi in cui operiamo in tal senso è cercando di creare un'atmosfera terapeutica ideale." IY "La storia della psicoterapia abbonda di guaritori che furono efficaci, ma non per le ragioni da loro supposte." IY"
Le lacrime di Nietzsche, il primo, è una via di mezzo tra romanzo storico e invenzione, là dove viene messa in scena una relazione terapeutica, puramente ipotetica, mai avvenuta storicamente, tra Joseph Breuer e Friedrich Nietzsche. La vicenda comincia con un’affascinante e pericolosa Lou Salomé diciannovenne, che, nel 1882, si reca dal medico viennese (Breuer) all’apice della sua carriera, chiedendo aiuto per il suo amico filosofo non ancora famoso (Nietzsche), afflitto da un’inconsolabile disperazione. Il romanzo è composto prevalentemente da dialoghi e si configura come una partita a scacchi tra il terapeuta e il filosofo, a colpi di interpretazioni filosofiche, nella fattispecie Nietzsche non ha gran fiducia in questo genere di cura basata sulle parole e percepisce il rischio di essere vittima della volontà di potenza dell’altro.
La bellezza di questo libro è nella ricerca accurata circa il linguaggio nietzscheiano, dunque nel corso del dialogo troviamo diverse citazioni dai vari testi del filosofo tedesco e altrettante interpretazioni al limite tra la verità storica e l’immaginario psicoanalitico dell’autore. Yalom ci conduce lentamente e sottilmente verso un capovolgimento dei ruoli e una catarsi che lavora nel lettore anche come una catarsi personale ed è strabiliante quel che riesce a evocare usando prevalentemente la forma dialogo. Certo, bisogna essere disposti a varcare un qualche intimo confine e a inabissarsi fino a star male prima di riemergere e in un certo senso rinascere mutati. «“Pensa a lei”, lo esortò Breuer. “Lascia scorrere le immagini. Che cosa vedi?”. “Un uccello da preda, un’aquila dagli artigli insanguinati. Una muta di lupi guidata da Lou, da mia sorella, da mia madre”.»
yalom Sul lettino di Freud
Il secondo libro di Yalom è Sul lettino di Freud, scritto nel 1992 e pubblicato in Italia da Neri Pozza nel 2015. Allontanatosi dal romanzo storico o fanta-storico, l’autore qui ci svela i segreti più intimi di tre psicoanalisti posti dinnanzi ai loro rispettivi demoni.
Seymour Trotter, settantenne e patriarca della psicoanalisi si trova a dover fronteggiare l’aut-aut di Belle Felini, sua paziente trentenne, bellissima, altamente autodistruttiva e pulsionale come una donna-natura. Può salvarla entrando in una relazione ad alto rischio di coinvolgimento erotico e sentimentale oppure lasciare che lei vada incontro a una rapida ed esplosiva autodistruzione. Nonostante la stranezza della terapia, l’alleanza paziente-analista sembra dare buoni frutti ma proprio in quel momento Trotter viene incastrato dal comitato etico per la medicina e sottoposto ad azione disciplinare. Ernest Lasch, giovane psichiatra ancora lontano dal percorso psicoanalitico, è incaricato del procedimento e l’incontro con Trotter, anche se si troverà a giudicarlo e condannarlo, lo affascina terribilmente e lo conduce a fare il grande passo verso la psicoanalisi. Divenuto ormai un terapeuta affermato, si troverà a fronteggiare la medesima situazione del suo vero iniziatore: Seymour Trotter ma questa volta dietro la paziente Carol, che lo mette a dura prova, c’è un inganno, un legame forte con qualcun altro che ha in terapia e la sua sfida sarà sciogliere l’inganno e tentare di fare breccia nella struttura apparentemente impeccabile dell’invenzione di Carol. Il supervisore di Lasch, Marshal Streider si troverà a fare i conti con una proposta irrinunciabile che colpisce in pieno la sua più profonda debolezza: l’avidità.
In ognuna di queste storie intrecciate tra loro c’è una doppia catarsi, una che coinvolge il paziente e l’altra l’analista, ma non sempre la vicenda è a lieto fine. «Mentre ascoltava, a Ernest vennero in mente alcune parole di Seymour Trotter: Una tecnica formale approvata? Abbandoni tutte le tecniche. Quando crescerà come terapeuta, avrà voglia di compiere il balzo verso l’autenticità e di fare dei bisogni del paziente (e non di quel che l’APA ritiene eticamente corretto) la linea guida della sua terapia. Strano quanto spesso ultimamente avesse pensato a Seymour Trotter. Forse era semplicemente confortante che un altro terapeuta un tempo avesse percorso quella stessa strada. Per un attimo Ernest si era tuttavia dimenticato che Seymour non aveva più trovato il modo per tornare indietro.»
Il coraggio di Yalom è di portare il lettore al punto limite, là dove quasi nulla sembra poterlo salvare dal baratro. Rispetto agli altri suoi libri, Sul lettino di Freud è di certo il più narrativo, in questo senso, là dove la grande forza dell’autore risiede nella ricerca di una forma letteraria totale, è appena più debole rispetto ad esempio alla sua migliore prova letteraria:
La cura Schopenhauer, un romanzo filosofico e psicoanalitico sui grandi temi dell’esistenza.
La cura Schopenhauer
Narra la vicenda di Julius Hertzfeld, psicoterapeuta di gruppo, che durante una semplice visita medica scopre di avere un cancro maligno alla pelle e di avere non più di un anno di vita. A questo punto decide di chiamare alcuni suoi pazienti che non vede da diverso tempo e cui non è certo di essere stato realmente d’aiuto, incorre dunque in Philip Slate senza proseguire oltre. Philip è forse il suo più grande fallimento: incapace di relazionarsi con gli altri, ossessionato dal sesso e spaventato dai sentimenti, personalità schizoide, completamente privo di empatia e ironia. Non si smentisce durante la telefonata, ma dichiara di aver avuto un terapeuta migliore di Julius: Arthur Schopenhauer, la cui filosofia gli ha permesso di allontanarsi dagli istinti più animaleschi per gravitare in una sorta di stoica atarassia quasi ascetica. Il punto dolente è che ora Philip si è messo in testa di diventare terapeuta di counseling filosofico. Julius sembra alquanto titubante circa la possibilità che un ex paziente come Philip, con tali problemi a relazionarsi con l’altro da sé, possa divenire terapeuta, nonostante lo scetticismo decide di aiutarlo, in parte per qualcosa come il senso di colpa per non essergli stato davvero utile, in parte per una sorta di sfida con se stesso, l’ultima grande sfida della sua vita. Così Philip, suo malgrado, entra nel gruppo di terapia di Julius, dove affronterà il suo più grande terrore.
Il romanzo procede con una prosa alta e spesso saggistica, a eccezione dei dialoghi. A ogni capitolo è alternato un tassello della biografia letteraria di Arthur Schopenhauer, con tanto di citazioni da Il mondo come volontà e rappresentazione (presenti in gran parte anche all’inizio di ogni capitolo), da Parerga e paralipomena e dall’autobiografia diaristica del filosofo intitolata A me stesso.
Il personaggio di Philip sembra essere in ogni dettaglio la reincarnazione del filosofo tedesco e probabilmente per questo più che la psicoterapia sembra essere stata la cura Schopenhauer a salvarlo, naturalmente dovrà scontrarsi con la vita che da sempre ha cercato di evitare, dapprima in modo istintivo e predatorio e in un secondo momento in modo ascetico. Julius, al contrario, sembra seguire una filosofia nietzscheiana ed è deciso a vivere pienamente l’ultimo anno della propria esistenza e a insegnare ai suoi pazienti a fare altrettanto con la propria.
Dapprincipio sembrava un romanzo sulla morte, sui grandi congedi, sugli addii. Proseguendo però forse la fine della vita non è che un piccolo tassello del puzzle, in verità questo è un romanzo sulla complessità delle relazioni umane, sullo scontro epocale ed epico tra volontà di vivere e negazione di tale volontà. In ultimo, è un romanzo sulla compassione e sull’empatia. Dall’entrata di Philip nel gruppo, le ferite di ciascuno riemergono dal profondo e sembrano guidare, feroci, i pazienti l’uno contro l’altro in relazioni egogiche, narcisistiche e predatorie, ma l’emersione di traumi pregressi, sentimenti antichi e istinti primitivi, elaborati e interpretati, con la guida di Julius, da ciascuno dei partecipanti, li conduce verso una lenta e potentissima catarsi.
La cura Schopenhauer è un romanzo totale, che mescola generi come la letteratura psicoanalitica, la narrativa, la filosofia e la biografia. È un romanzo che scava dentro e in principio ferisce, scardina ogni maschera con cui ci si accinge ad affrontare l’esistenza. È un libro che insegna a vivere e in qualche modo anche a morire. «È la forza fondamentale che abbiamo in noi, la volontà di vivere, di riprodurci, e non può essere messa a tacere. Non può essere tenuta a bada con un ragionamento. Ho già parlato di come descrive il modo in cui il sesso si insinui in ogni cosa. Pensate allo scandalo dei preti cattolici, considerate ogni stadio dello sforzo umano, ogni professione, ogni cultura, ogni periodo della vita. Questo punto di vista per me è stato mirabilmente importante quando ho incontrato per la prima volta l’opera di Schopenhauer: quella era una delle più grandi menti della storia e, per la prima volta, mi sentivo totalmente compreso».
http://www.succedeoggi.it/2015/09/il-metodo-yalom/
Irvin Yalom, psichiatra e psicoterapeuta, è autore dei bellissimi romanzi a sfondo psicologico e filosofico: Le Lacrime di Nietzsche, La Cura Schopenhauer, Il Problema Spinoza.
E' ora in libreria il suo libro, molto atteso da chi lo conosce e lo apprezza,
Sul lettino di Freud.
Sul lettino di Freud è la storia di Seymour Trotter, Ernest Lask e Marshal Streider, tre psicoterapeuti che, in virtù della sorte connessa alla loro professione, si trovano a condividere trionfi e fallimenti, fatti e misfatti, onori e infamie della loro pratica terapeutica.
Dopo aver indagato i fantasmi della mente in e attraverso Nietzsche, Schopenhauer e Spinoza, Irvin Yalom, scrive un romanzo che può essere letto come una lettera aperta ai terapeuti e ai pazienti, una sorta di istruzioni per l’uso prima di avventurarsi sull’impervio sentiero dell’analisi, così come un avvincente racconto che svela al lettore comune che cosa accade realmente sul lettino di Freud
Le lacrime di Nietzsche, il primo, è una via di mezzo tra romanzo storico e invenzione, là dove viene messa in scena una relazione terapeutica, puramente ipotetica, mai avvenuta storicamente, tra Joseph Breuer e Friedrich Nietzsche. La vicenda comincia con un’affascinante e pericolosa Lou Salomé diciannovenne, che, nel 1882, si reca dal medico viennese (Breuer) all’apice della sua carriera, chiedendo aiuto per il suo amico filosofo non ancora famoso (Nietzsche), afflitto da un’inconsolabile disperazione. Il romanzo è composto prevalentemente da dialoghi e si configura come una partita a scacchi tra il terapeuta e il filosofo, a colpi di interpretazioni filosofiche, nella fattispecie Nietzsche non ha gran fiducia in questo genere di cura basata sulle parole e percepisce il rischio di essere vittima della volontà di potenza dell’altro.
La bellezza di questo libro è nella ricerca accurata circa il linguaggio nietzscheiano, dunque nel corso del dialogo troviamo diverse citazioni dai vari testi del filosofo tedesco e altrettante interpretazioni al limite tra la verità storica e l’immaginario psicoanalitico dell’autore. Yalom ci conduce lentamente e sottilmente verso un capovolgimento dei ruoli e una catarsi che lavora nel lettore anche come una catarsi personale ed è strabiliante quel che riesce a evocare usando prevalentemente la forma dialogo. Certo, bisogna essere disposti a varcare un qualche intimo confine e a inabissarsi fino a star male prima di riemergere e in un certo senso rinascere mutati. «“Pensa a lei”, lo esortò Breuer. “Lascia scorrere le immagini. Che cosa vedi?”. “Un uccello da preda, un’aquila dagli artigli insanguinati. Una muta di lupi guidata da Lou, da mia sorella, da mia madre”.»
yalom Sul lettino di Freud
Il secondo libro di Yalom è Sul lettino di Freud, scritto nel 1992 e pubblicato in Italia da Neri Pozza nel 2015. Allontanatosi dal romanzo storico o fanta-storico, l’autore qui ci svela i segreti più intimi di tre psicoanalisti posti dinnanzi ai loro rispettivi demoni.
Seymour Trotter, settantenne e patriarca della psicoanalisi si trova a dover fronteggiare l’aut-aut di Belle Felini, sua paziente trentenne, bellissima, altamente autodistruttiva e pulsionale come una donna-natura. Può salvarla entrando in una relazione ad alto rischio di coinvolgimento erotico e sentimentale oppure lasciare che lei vada incontro a una rapida ed esplosiva autodistruzione. Nonostante la stranezza della terapia, l’alleanza paziente-analista sembra dare buoni frutti ma proprio in quel momento Trotter viene incastrato dal comitato etico per la medicina e sottoposto ad azione disciplinare. Ernest Lasch, giovane psichiatra ancora lontano dal percorso psicoanalitico, è incaricato del procedimento e l’incontro con Trotter, anche se si troverà a giudicarlo e condannarlo, lo affascina terribilmente e lo conduce a fare il grande passo verso la psicoanalisi. Divenuto ormai un terapeuta affermato, si troverà a fronteggiare la medesima situazione del suo vero iniziatore: Seymour Trotter ma questa volta dietro la paziente Carol, che lo mette a dura prova, c’è un inganno, un legame forte con qualcun altro che ha in terapia e la sua sfida sarà sciogliere l’inganno e tentare di fare breccia nella struttura apparentemente impeccabile dell’invenzione di Carol. Il supervisore di Lasch, Marshal Streider si troverà a fare i conti con una proposta irrinunciabile che colpisce in pieno la sua più profonda debolezza: l’avidità.
In ognuna di queste storie intrecciate tra loro c’è una doppia catarsi, una che coinvolge il paziente e l’altra l’analista, ma non sempre la vicenda è a lieto fine. «Mentre ascoltava, a Ernest vennero in mente alcune parole di Seymour Trotter: Una tecnica formale approvata? Abbandoni tutte le tecniche. Quando crescerà come terapeuta, avrà voglia di compiere il balzo verso l’autenticità e di fare dei bisogni del paziente (e non di quel che l’APA ritiene eticamente corretto) la linea guida della sua terapia. Strano quanto spesso ultimamente avesse pensato a Seymour Trotter. Forse era semplicemente confortante che un altro terapeuta un tempo avesse percorso quella stessa strada. Per un attimo Ernest si era tuttavia dimenticato che Seymour non aveva più trovato il modo per tornare indietro.»
Il coraggio di Yalom è di portare il lettore al punto limite, là dove quasi nulla sembra poterlo salvare dal baratro. Rispetto agli altri suoi libri, Sul lettino di Freud è di certo il più narrativo, in questo senso, là dove la grande forza dell’autore risiede nella ricerca di una forma letteraria totale, è appena più debole rispetto ad esempio alla sua migliore prova letteraria:
La cura Schopenhauer, un romanzo filosofico e psicoanalitico sui grandi temi dell’esistenza.
La cura Schopenhauer
Narra la vicenda di Julius Hertzfeld, psicoterapeuta di gruppo, che durante una semplice visita medica scopre di avere un cancro maligno alla pelle e di avere non più di un anno di vita. A questo punto decide di chiamare alcuni suoi pazienti che non vede da diverso tempo e cui non è certo di essere stato realmente d’aiuto, incorre dunque in Philip Slate senza proseguire oltre. Philip è forse il suo più grande fallimento: incapace di relazionarsi con gli altri, ossessionato dal sesso e spaventato dai sentimenti, personalità schizoide, completamente privo di empatia e ironia. Non si smentisce durante la telefonata, ma dichiara di aver avuto un terapeuta migliore di Julius: Arthur Schopenhauer, la cui filosofia gli ha permesso di allontanarsi dagli istinti più animaleschi per gravitare in una sorta di stoica atarassia quasi ascetica. Il punto dolente è che ora Philip si è messo in testa di diventare terapeuta di counseling filosofico. Julius sembra alquanto titubante circa la possibilità che un ex paziente come Philip, con tali problemi a relazionarsi con l’altro da sé, possa divenire terapeuta, nonostante lo scetticismo decide di aiutarlo, in parte per qualcosa come il senso di colpa per non essergli stato davvero utile, in parte per una sorta di sfida con se stesso, l’ultima grande sfida della sua vita. Così Philip, suo malgrado, entra nel gruppo di terapia di Julius, dove affronterà il suo più grande terrore.
Il romanzo procede con una prosa alta e spesso saggistica, a eccezione dei dialoghi. A ogni capitolo è alternato un tassello della biografia letteraria di Arthur Schopenhauer, con tanto di citazioni da Il mondo come volontà e rappresentazione (presenti in gran parte anche all’inizio di ogni capitolo), da Parerga e paralipomena e dall’autobiografia diaristica del filosofo intitolata A me stesso.
Il personaggio di Philip sembra essere in ogni dettaglio la reincarnazione del filosofo tedesco e probabilmente per questo più che la psicoterapia sembra essere stata la cura Schopenhauer a salvarlo, naturalmente dovrà scontrarsi con la vita che da sempre ha cercato di evitare, dapprima in modo istintivo e predatorio e in un secondo momento in modo ascetico. Julius, al contrario, sembra seguire una filosofia nietzscheiana ed è deciso a vivere pienamente l’ultimo anno della propria esistenza e a insegnare ai suoi pazienti a fare altrettanto con la propria.
Dapprincipio sembrava un romanzo sulla morte, sui grandi congedi, sugli addii. Proseguendo però forse la fine della vita non è che un piccolo tassello del puzzle, in verità questo è un romanzo sulla complessità delle relazioni umane, sullo scontro epocale ed epico tra volontà di vivere e negazione di tale volontà. In ultimo, è un romanzo sulla compassione e sull’empatia. Dall’entrata di Philip nel gruppo, le ferite di ciascuno riemergono dal profondo e sembrano guidare, feroci, i pazienti l’uno contro l’altro in relazioni egogiche, narcisistiche e predatorie, ma l’emersione di traumi pregressi, sentimenti antichi e istinti primitivi, elaborati e interpretati, con la guida di Julius, da ciascuno dei partecipanti, li conduce verso una lenta e potentissima catarsi.
La cura Schopenhauer è un romanzo totale, che mescola generi come la letteratura psicoanalitica, la narrativa, la filosofia e la biografia. È un romanzo che scava dentro e in principio ferisce, scardina ogni maschera con cui ci si accinge ad affrontare l’esistenza. È un libro che insegna a vivere e in qualche modo anche a morire. «È la forza fondamentale che abbiamo in noi, la volontà di vivere, di riprodurci, e non può essere messa a tacere. Non può essere tenuta a bada con un ragionamento. Ho già parlato di come descrive il modo in cui il sesso si insinui in ogni cosa. Pensate allo scandalo dei preti cattolici, considerate ogni stadio dello sforzo umano, ogni professione, ogni cultura, ogni periodo della vita. Questo punto di vista per me è stato mirabilmente importante quando ho incontrato per la prima volta l’opera di Schopenhauer: quella era una delle più grandi menti della storia e, per la prima volta, mi sentivo totalmente compreso».
http://www.succedeoggi.it/2015/09/il-metodo-yalom/
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