[...] una paziente, la cui analisi non faceva progressi a causa del suo Animus iperrazionale. Ella aveva sognato che le era stato regalato uno scarabeo d'oro e, mentre Jung stava esaminando con lei questo sogno, un vero scarabeo andò a sbattere contro il vetro della finestra. Jung lo raccolse e lo diede alla paziente. Ella fu così impressionata che la sua barriera di razionalità fu travolta.
http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:RLMxwXN3bDwJ:apidimandeville.blogspot.com/2014/10/la-sincronicita-nel-pensiero-di-jung.html+&cd=2&hl=it&ct=clnk&gl=it
A tutti prima o poi capita di vivere una coincidenza incredibile capace di modificare almeno in parte il corso dell’esistenza: sono quelli che Jung definiva “eventi sincronistici”, fenomeni in grado di cambiare l’immagine che abbiamo di noi stessi, il nostro modo di vedere il mondo, di aprirci nuove prospettive.
Robert Hopke, Nulla succede per caso
Se volete che una coincidenza significativa cambi la storia della vostra vita, vagabondate a caso per il mondo e siate pronti ad accogliere qualsiasi cosa la vita vi offra. L’imprevista svolta degli eventi potrebbe costituire il colpo di scena in una storia nella quale non ci eravamo ancora accorti di essere dei personaggi.
Robert Hopke, Nulla succede per caso
L'amicizia come l'amore, è di per sé una coincidenza:
due persone si incontrano e le loro vite si intrecciano.
Robert Hopke, Nulla succede per caso
La sincronicità, di C. G. Jung, Bollati Boringhieri
Sincronicità: Fato Caso Necessità Destino – Nulla accade per caso
[…] A volte capitano stranissime coincidenze difficilmente spiegabili come pure casualità.
Per esempio pensiamo a una persona che non sentiamo e vediamo da anni, e improvvisamente quella persona ci telefona. Oppure sogniamo una situazione inconsueta, e il giorno successivo ci troviamo a viverla. Questa connessione apparentemente “magica” di eventi fisici e psichici, che avvengono nello stesso tempo senza che vi sia una relazione causa-effetto. QUESTO FENOMENO VIENE BATTEZZATO 1950 DA JUNG “SINCRONICITÀ”. A DIFFERENZA DELLA CAUSALITÀ, LA SINCRONICITÀ SI DIMOSTRA UN FENOMENO CONNESSO PRINCIPALMENTE CON PROCESSI CHE SI SVOLGONO NELL’INCONSCIO. Alla psiche inconscia spazio e tempo sembrano relativi, ossia la conoscenza si trova in un continuum spaziotemporale in cui LO SPAZIO NON È PIÙ LO SPAZIO E IL TEMPO NON È PIÙ IL TEMPO. Se quindi l’inconscio sviluppa e mantiene un certo potenziale alla COSCIENZA, NASCE LA POSSIBILITÀ DI PERCEPIRE E “CONOSCERE” EVENTI PARALLELI E LEGATI TRA LORO. Ogni sostanza semplice ha rapporti che esprimono tutte le altre. essa è perciò uno specchio vivente e perpetuo dell’universo. La sincronicità non è più enigmatica o misteriosa di quanto lo siano le discontinuità in fisica.
Negli anni il contenuto di questo testo è stato deformato dalla new age, da esoteristi da quattro soldi maghi e ciarlatani, l’intento di Jung era altro, e per questo vi suggerisco due opere creative, un disco e tre film […]:
SYNCRONICITY, DEI POLICE; album che balza al numero uno della classifica inglese e scala anche quella americana nel 1983, dove rimane per 17 settimane. Per Syncronicity, Sting s’ispira ad alcuni concetti trattati negli studi del filosofo/psicologo Jung e specialmente al concetto di “sincronicità”. Sul piano delle sonorità c’è un ritorno alle strutture semplici dei loro primi lavori: scarse sovraincisioni e suono che cambia secondo l’intensità suggerita del testo. “Every breath you take”, il primo singolo dell’album, diventa uno dei maggiori successi di sempre negli Stati Uniti e in Inghilterra rimane quattro settimane al vertice della classifica. “King of pain” e “Wrapped around your finger” saranno i nuovi singoli che condurranno Syncronicity al disco di platino.
LA TRILOGIA DEI COLORI È COMPOSTA DA TRE FILM REALIZZATI TRA IL 1993 E IL 1994 DAL REGISTA POLACCO KRZYSZTOF KIEŚLOWSKI,Tre colori: Film Blu, Tre colori: Film Bianco e Tre colori: Film Rosso. I tre film, sceneggiati tutti dallo stesso regista e da Krzysztof Piesiewicz, sono concepiti per una visione indipendente l’uno dall’altro ma visti nel loro insieme mostrano numerose connessioni tra loro, o meglio, sono elementi di un’opera pensata nel suo complesso dove OGNI UTOPIA VA LETTA IN RAPPORTO CON LE ALTRE. Giacché, sembra dirci il regista, IL FATO E LA NECESSITÀ, IL CASO E IL DESTINO, HANNO MOLTO A CHE FARE L’UNO CON L’ALTRO. E SE AD ESSERSI SALVATI SONO SOLO I PROTAGONISTI DELLA TRILOGIA, È UN CASO, MA ANCHE UN SEGNO DEL DESTINO: le loro storie hanno meritato di essere raccontate, dirà il regista in una intervista, proprio perché essi, appunto, si sono salvati, a differenza di altri".
http://www.paolomarzola.com/blog2/?p=561
SINCRONICITA’, COINCIDENZE, PREVEGGENZA secondo la conoscenza junghiana degli archetipi e dell’inconscio collettivo.
http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:RLMxwXN3bDwJ:apidimandeville.blogspot.com/2014/10/la-sincronicita-nel-pensiero-di-jung.html+&cd=2&hl=it&ct=clnk&gl=it
A tutti prima o poi capita di vivere una coincidenza incredibile capace di modificare almeno in parte il corso dell’esistenza: sono quelli che Jung definiva “eventi sincronistici”, fenomeni in grado di cambiare l’immagine che abbiamo di noi stessi, il nostro modo di vedere il mondo, di aprirci nuove prospettive.
Robert Hopke, Nulla succede per caso
Se volete che una coincidenza significativa cambi la storia della vostra vita, vagabondate a caso per il mondo e siate pronti ad accogliere qualsiasi cosa la vita vi offra. L’imprevista svolta degli eventi potrebbe costituire il colpo di scena in una storia nella quale non ci eravamo ancora accorti di essere dei personaggi.
Robert Hopke, Nulla succede per caso
L'amicizia come l'amore, è di per sé una coincidenza:
due persone si incontrano e le loro vite si intrecciano.
Robert Hopke, Nulla succede per caso
Esiste in noi un certo tipo di destino che dà forma precostituita al modello della nostra vita, oppure dobbiamo tutto ciò solo all'esperienza?
La Sincronicità. Il Budino di Prugne.
“Una volta, a un certo monsieur Deschamps, quando da ragazzo si trovava a Orléans, un certo monsieur de Fortgibu offrì una porzione di budino di prugne. Dieci anni più tardi egli vide, in un ristorante parigino, un altro budino di prugne e ne chiese una porzione. Si verificò, tuttavia, che il budino era già stato ordinato proprio da monsieur de Fortgibu. Molti anni dopo, monsieur Deschamps, a una festa, fu invitato ad assaggiare una rarità culinaria: il budino di prugne. Mentre lo stava mangiando, notò che l'unica cosa che mancava era monsieur de Fortgibu. In quel preciso istante si aprì la porta ed entrò un uomo, decisamente vecchio e dall'aria quanto mai svanita: era monsieur de Fortgibu, che aveva sbagliato indirizzo ed era capitato erroneamente nel bel mezzo di quella festa".
Questa storia, vera, è riportata negli scritti di alcuni psicologi, filosofi e astrologi che cercano di scoprire se esiste il “destino” o il “Fato”; oppure se - come dice Jung - al posto della comoda e sbrigativa parola “coincidenza”, non dobbiamo usare il termine “sincronismo” o “predestinazione”. […]”
http://www.granvini.com/consorzio.php?id=385
Jung, citando Alberto Magno:
"[...] è insita nell'anima umana una certa proprietà (virtus) di cambiare le cose, e che le altre cose le sono soggette; e precisamente quando essa è trascinata a un grande eccesso di amore o di odio o qualcosa di analogo [...]. Se quindi l'anima di un uomo cade in preda a un grande eccesso di una qualche passione, si può stabilire sperimentalmente che esso (l'eccesso) costringe (magicamente) le cose e le cambia nella direzione verso cui tende l'eccesso
Carl Gustav Jung. La sincronicità, 1952, Воringhieri. Torino 1980, p. 39
La tempesta che soffiava contro di me era il tempo, che scorre senza tregua verso il passato, e senza tregua, allo stesso modo, ci incalza alle calcagna. È un potente risucchio che attira in sé, avidamente, tutto ciò che vive: possiamo solo sfuggirgli – per poco – tendendo in avanti. Il passato è terribilmente reale e presente, e afferra – chiunque non sappia riscattarsi con una risposta soddisfacente
Carl Gustav Jung. Sogni, ricordi e riflessioni. pag 122
La tempesta che soffiava contro di me era il tempo, che scorre senza tregua verso il passato, e senza tregua, allo stesso modo, ci incalza alle calcagna. È un potente risucchio che attira in sé, avidamente, tutto ciò che vive: possiamo solo sfuggirgli – per poco – tendendo in avanti. Il passato è terribilmente reale e presente, e afferra – chiunque non sappia riscattarsi con una risposta soddisfacente
Carl Gustav Jung. Sogni, ricordi e riflessioni. pag 122
SINCRONICITA', CASO, DESTINO, FATO
“Sarà capitato a tutti di accorgerci di STRANE COINCIDENZE CHE, TALVOLTA, SI RIPETONO NELLA NOSTRA ESISTENZA CON INCREDIBILE CICLICITÀ. Può, ad esempio, capitare di pensare ad una persona e incontrarla negli attimi immediatamente successivi; a me capita, ed è capitato spesso in passato, di FARE SOGNI CHE HO RIVISSUTO NELLE ORE IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVE; è stato pure una coincidenza che ho incontrato quello che sarebbe diventato mio marito in un giorno in cui non dovevo uscire, visto che quello seguente avevo un esame universitario, ho incontrato amiche che non incontravo mai e, lui che non doveva uscire quella sera, invece incontra anche lui amiche che non incontrava da tempo e che, guarda caso erano le mie amiche, poi scopriamo che decine di volte avevamo frequentato stessi posti e stessi amici ma, non ci eravamo mai incontrati prima! IN UN APPROCCIO SCIENTIFICO-MATEMATICO, QUESTI EVENTI VENGONO CHIAMATI “COINCIDENZE” E DESCRITTI COME FENOMENI CHE SI VERIFICANO, NEL TEMPO E NELLO SPAZIO, SECONDO MODALITÀ FORTUITE ED ASSOLUTAMENTE CASUALI... Eppure, chiamare un fenomeno come quello della SINCRONICITÀ col suo nome, oppure col termine “CASO” o con “COINCIDENZA”, certo non cambia le cose: esso esiste, è reale e molti di noi ne costituiscono una prova palese e materiale. […]
Carl Gustav Jung, psicologo e discepolo di Freud, fu uno dei primi nel mondo della scienza a interessarsi ai fenomeni di sincronicità (bisogna anche dire che lui si interessava anche di esoterismo e filosofie orientali). LO STUDIOSO CREDEVA FERMAMENTE NELL’ESISTENZA DI UN SUBSTRATO COGNITIVO DEFINITO INCONSCIO COLLETTIVO: UN UNIVERSO TOTALIZZANTE ED UNIFICANTE, TRAMATO DI SIMBOLI ED ARCHETIPI. Questi vennero definiti da Jung, inizialmente, come CONTENUTI DELL’INCONSCIO EREDITATI DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE DAL GENERE UMANO E COSTITUENTI UNA SERIE DI IMMAGINI COLLETTIVE, FRUTTO DI ESPERIENZE RIFLETTUTESI NEL TEMPO SECONDO MODALITÀ SEMPRE SIMILI, SE NON IDENTICHE. In un secondo tempo, Jung formulò un’altra ipotesi, LIBERÒ IL CONCETTO D’ARCHETIPO DALL’IDEA DI QUALCOSA CHE CONSTA DI UNA FORMA E DI UN CONTENUTO E GIUNSE A DEFINIRLI MODELLI DI COMPORTAMENTO, DESTINATI AD EMERGERE ALLA LUCE DELLA COSCIENZA SOLO IN CERTI CASI E IN DETERMINATI MOMENTI: “NON SI TRATTA DUNQUE TANTO DI "RAPPRESENTAZIONI" EREDITATE QUANTO DI POSSIBILITÀ EREDITATE DI RAPPRESENTAZIONI. Fra l'altro non dobbiamo dimenticare che essendo l`archetipo una manifestazione dell'inconscio (collettivo), la coscienza ne può avere soltanto una conoscenza indiretta”. L’esistenza di Jung per prima fu segnata da evidenti e straordinari episodi di sincronicità; come quando, per esempio, EGLI ENTRÒ PER LA PRIMA VOLTA IN CONTRASTO CON LE TEORIE DI FREUD CHE GLI RIMPROVERAVA L’AFFEZIONE ECCESSIVA PER IL MONDO DELLO SPIRITO E DELL’IMMATERIALE. IN QUELL’OCCASIONE JUNG SENTÌ DIVAMPARE DENTRO DI SÉ UN GRANDE FUOCO, SEGUITO DA UN RUMORE ASSORDANTE NELLA STANZA ACCANTO A QUELLA DOVE SI TROVAVANO MAESTRO (FREUD) E DISCEPOLO (JUNG). Jung ipotizzò che la causa di quello strano fenomeno fosse relazionata al suo magma energetico interiore, ma Freud negò assolutamente tale congettura. Fu allora che JUNG PREDISSE CHE L’EPISODIO SI SAREBBE VERIFICATO NUOVAMENTE ed effettivamente così accadde, lasciando Freud di stucco. Col tempo, Jung giunse a formulare una differenziazione tra SINCRONISMO (il ripetersi ed incrociarsi degli eventi secondo modalità del tutto casuali) e SINCRONICITÀ (il ripetersi ed incrociarsi degli eventi secondo modalità a casuali). Negli anni trenta Jung incontra Wolfgang Pauli, un fisico austriaco premio Nobel nel 1945. Pauli è reduce dal fallimento del matrimonio e trasferitosi in Svizzera cerca un aiuto terapeutico. La terapia non avrà grande successo e Pauli l'abbandona ma i due si stimano ed iniziano una amicizia scientifica. L'INCONTRO TRA JUNG E PAULI GENERÒ IL QUARTO ESCLUSO DALLA TRIADE DELLA FISICA CLASSICA: TEMPO, SPAZIO E CAUSALITÀ, A QUESTO QUARTO ESCLUSO È STATO DATO IL NOME DI SINCRONICITÀ. IN ANALOGIA ALLA CAUSALITÀ CHE AGISCE IN DIREZIONE DELLA PROGRESSIONE DEL TEMPO E METTE IN CONNESSIONE DUE FENOMENI CHE ACCADONO NELLO STESSO SPAZIO IN TEMPI DIVERSI, VIENE IPOTIZZATA L'ESISTENZA DI UN PRINCIPIO CHE METTE IN CONNESSIONE DUE FENOMENI CHE ACCADONO NELLO STESSO TEMPO MA IN SPAZI DIVERSI. NEL DETERMINISMO OCCIDENTALE IL PRINCIPIO DI CAUSA-EFFETTO HA UNA RILEVANZA INCREDIBILE PER LA SPIEGAZIONE DEGLI EVENTI (OSSIA A È LA CAUSA DI B E L’INCROCIO TRA A E B PRODUCE C, TIPICO DELL'INSIEMISTICA AD ESEMPIO). Nella FILOSOFIA ORIENTALE ed in altre filosofie invece, A, B e C fanno ugualmente parte del tutto, e questa dimensione viene chiamata FATO, DESTINO, KARMA. DURANTE LA NOSTRA ESISTENZA POTREMMO RITROVARCI A CONOSCERE PERSONE CHE HANNO, CON NOI, INCREDIBILI AFFINITÀ INTELLETTIVE E/O DI VITA; può capitare, ad esempio, di LEGARCI AD UN’AMICA/O CHE, SI SCOPRE COL TEMPO, HA VISSUTO EVENTI DAVVERO MOLTI SIMILI AI NOSTRI, MAGARI NEL NOSTRO STESSO, IDENTICO LASSO DI TEMPO. IL FATTO CHE EVENTI E PERSONE SIANO LEGATE DA UN FILO SOTTILE NON VUOL DIRE CHE UNO SIA CAUSA DELL’ALTRO, PERÒ POTREBBE SUCCEDERE CHE SIANO DESTINATI AD INFLUENZARSI A VICENDA E A FAR RIEMERGERE SUGGESTIONI, PENSIERI, SENSAZIONI, PERFINO AZIONI E DECISIONI DI VITALE IMPORTANZA. Le azioni che compio ora, in questo esatto momento, sono destinate ad influire sul tutto: il magma di possibilità e realtà che esiste in questo preciso istante.
A questo punto una riflessione è necessaria. PRESTARE ASCOLTO E ATTENZIONE AGLI EVENTI CHE SI VERIFICANO NELLA NOSTRA VITA POTREBBE RISULTARE MOLTO PIÙ IMPORTANTE ED UTILE, DI QUANTO SI PENSA, AI FINI DELLA NOSTRA EVOLUZIONE PERSONALE E AI FINI DELL’EVOLUZIONE DEL TUTTO DI CUI FACCIAMO PARTE. Accettare gli incontri che la vita ci propone, carpire il senso, profondo e sommerso, delle relazioni o dei sentimenti che attraversano, magari anche solo come meteore (ma importanti), la nostra esistenza. PROBABILMENTE OGNUNO DI NOI È DESTINATO AD AVERE IMPORTANZA (MAGARI ANCHE SOLO INCONSAPEVOLMENTE) NELLA VITA DI ALTRE PERSONE E VICEVERSA. Questo significa anche che i nostri giorni saranno percorsi e attraversati da persone ed episodi che verranno a noi per insegnarci qualcosa. Va da sé che prima o poi, probabilmente, andranno via, quando avranno estinto il loro ruolo formativo rispetto alla nostra vita, o quando saremo noi a decidere che debbano allontanarsi da noi. Il tutto avviene in totale spontaneità e naturalezza. E' anche probabile che QUANDO INVECE, NON SIAMO IN GRADO DOVE DI STACCARCI DA QUALCOSA O DA QUALCUNO CHE DEVE ANDAR VIA O AL CONTRARIO, DIVENTIAMO RILUTTANTI A LEGARCI A QUALCOSA O A QUALCUNO CHE È PORTATORE DI UN SIGNIFICATO PER NOI ESSENZIALE, RISCHIAMO DI OPPORCI AL GIOCO DELLA SINCRONICITÀ E DI PAGARNE LE CONSEGUENZE. Per esempio, potremmo finire in un altro NODO SINCRONICO, caratterizzato da prove altrettanto, se non di più, dolorose e difficili? Sprecheremmo così energie, facendo sforzi immani per paura di seguire il flusso? Abbandonare cosa c’è dietro alla porta che abbiamo appena chiuso alle nostre spalle e scoprire cosa si cela dietro alla nuova che ci si pone davanti?”
[…]
Fonti: Simonetta.
http://it.wikipedia.org/wiki/Sincronicità
http://www.theorein.it/filosofia/de%20stephanis/lezione08.html
http://www.geagea.com/09indi/09_06.htm
Fonte : www.pensierocosciente.blogspot.com
Sincronicità: Fato Caso Necessità Destino – Nulla accade per caso
[…] A volte capitano stranissime coincidenze difficilmente spiegabili come pure casualità.
Per esempio pensiamo a una persona che non sentiamo e vediamo da anni, e improvvisamente quella persona ci telefona. Oppure sogniamo una situazione inconsueta, e il giorno successivo ci troviamo a viverla. Questa connessione apparentemente “magica” di eventi fisici e psichici, che avvengono nello stesso tempo senza che vi sia una relazione causa-effetto. QUESTO FENOMENO VIENE BATTEZZATO 1950 DA JUNG “SINCRONICITÀ”. A DIFFERENZA DELLA CAUSALITÀ, LA SINCRONICITÀ SI DIMOSTRA UN FENOMENO CONNESSO PRINCIPALMENTE CON PROCESSI CHE SI SVOLGONO NELL’INCONSCIO. Alla psiche inconscia spazio e tempo sembrano relativi, ossia la conoscenza si trova in un continuum spaziotemporale in cui LO SPAZIO NON È PIÙ LO SPAZIO E IL TEMPO NON È PIÙ IL TEMPO. Se quindi l’inconscio sviluppa e mantiene un certo potenziale alla COSCIENZA, NASCE LA POSSIBILITÀ DI PERCEPIRE E “CONOSCERE” EVENTI PARALLELI E LEGATI TRA LORO. Ogni sostanza semplice ha rapporti che esprimono tutte le altre. essa è perciò uno specchio vivente e perpetuo dell’universo. La sincronicità non è più enigmatica o misteriosa di quanto lo siano le discontinuità in fisica.
Negli anni il contenuto di questo testo è stato deformato dalla new age, da esoteristi da quattro soldi maghi e ciarlatani, l’intento di Jung era altro, e per questo vi suggerisco due opere creative, un disco e tre film […]:
SYNCRONICITY, DEI POLICE; album che balza al numero uno della classifica inglese e scala anche quella americana nel 1983, dove rimane per 17 settimane. Per Syncronicity, Sting s’ispira ad alcuni concetti trattati negli studi del filosofo/psicologo Jung e specialmente al concetto di “sincronicità”. Sul piano delle sonorità c’è un ritorno alle strutture semplici dei loro primi lavori: scarse sovraincisioni e suono che cambia secondo l’intensità suggerita del testo. “Every breath you take”, il primo singolo dell’album, diventa uno dei maggiori successi di sempre negli Stati Uniti e in Inghilterra rimane quattro settimane al vertice della classifica. “King of pain” e “Wrapped around your finger” saranno i nuovi singoli che condurranno Syncronicity al disco di platino.
LA TRILOGIA DEI COLORI È COMPOSTA DA TRE FILM REALIZZATI TRA IL 1993 E IL 1994 DAL REGISTA POLACCO KRZYSZTOF KIEŚLOWSKI,Tre colori: Film Blu, Tre colori: Film Bianco e Tre colori: Film Rosso. I tre film, sceneggiati tutti dallo stesso regista e da Krzysztof Piesiewicz, sono concepiti per una visione indipendente l’uno dall’altro ma visti nel loro insieme mostrano numerose connessioni tra loro, o meglio, sono elementi di un’opera pensata nel suo complesso dove OGNI UTOPIA VA LETTA IN RAPPORTO CON LE ALTRE. Giacché, sembra dirci il regista, IL FATO E LA NECESSITÀ, IL CASO E IL DESTINO, HANNO MOLTO A CHE FARE L’UNO CON L’ALTRO. E SE AD ESSERSI SALVATI SONO SOLO I PROTAGONISTI DELLA TRILOGIA, È UN CASO, MA ANCHE UN SEGNO DEL DESTINO: le loro storie hanno meritato di essere raccontate, dirà il regista in una intervista, proprio perché essi, appunto, si sono salvati, a differenza di altri".
http://www.paolomarzola.com/blog2/?p=561
Nessuno sviluppa la propria personalità perché qualcuno glielo ha detto che sarebbe utile farlo. [...] Senza necessità nulla si cambia, meno che mai la personalità umana. Essa è tremendamente conservatrice, per non dire inerte. Solo la necessità più acuta può stanarla. Allo stesso modo anche lo sviluppo della personalità non ubbidisce ad alcun desiderio, ad alcun ordine né ad alcuna comprensione profonda, ma solo alla necessità. Ha bisogno della costrizione motivante di interni o esterni destini.
Carl Gustav Jung. Opere, vol. XVII
non ho trovato niente di più forte di Ananke non c'è cura per Lei scritta nelle tavole di Thrace costruite dalla voce di Orfea (Ορφέας) Alcesti tragedia di Euripide
Ananke.....la suprema! (NECESSITA'). I greci quando commettevano un omicidio, spesso dicevano che loro avranno messo la mano, maerano state "Le dee ananke" a comandarlo.
E non dimentichiamo che Ananke personificazione del destino, della necessità inalterabile e del fato è una DEA nella cosmogonia orfica....una potentissima istanza psichica a cui i Greci prestavano onorificenze e culto. "Neanche gli dei combattono contro ananke" (Simonide).
L'archetipo di Ananke, di cui l'immagine ne rivela una componente, come tutte le forme-formanti archetipiche hanno ricadute diverse sul nostro agire. Colta espressamente come "Necessità", talvolta irrompe attraverso realtà e istanze transpersonali di fronte alle quali l'Io abbandona il suo senso di onnipotenza, si arrende all'ineludibile e cede il passo all'operatività del Sè che traccia la sua direzione. In questo senso Ananke diventa attraverso la contaminazione archetipica un'istanza del Sè per il fine evolutivo di ciascuno di noi. Come "scelta" invece, resa necessaria, appartiene ancora alla dimensione dell'Io che tuttavia ha iniziato a dialogare con la natura più profonda del Sè. In questa direzione colgo il ruolo di Ananke in rapporto all'evoluzione dei nostri progetti personali individuativi dove il dialogo dell'asse Io-Sè si è intensificato...
ricordo un bellissimo libro di Emanuele Severino dei primi anni '80, "Destino della necessità", Adelphi che ora sarebbe il caso di riprendere in mano rispetto a queste tematiche...
Ananke è ineludibile e trascende la scelta individuale. Opera come causa mutevole.
E citando Hillman :
E citando Hillman :
"Mentre eseguiamo un'azione, mentre compiamo una scelta, noi siamo convinti che vi siano delle opzioni. Opzioni agente, Scelte, Decisioni: sono gli slogan di cui si nutre l'Io. Ma se alziamo per un attimo gli occhi dall'azione in cui siamo impegnati e ci fermiamo a riflettere, ecco l'implacabile sorriso di Necessità, a dirci che, qualunque scelta compiamo, è esattamente la scelta richiesta da lei. Non poteva essere altrimenti. Nell'istante in cui la decisione accade, essa è necessità. Prima della decisione tutto è ancora aperto davanti a noi. Perciò, assurdamente, Necessità si fa garante solo del rischio: in ciascuna decisione rischiamo tutto, anche se poi che viene deciso diventa immediatamente necessario."
James Hillman,Il Codice dell'Anima
Quando Hillman ci parla della "necessità" ('necessitas', 'Ananke', dell'archetipo di necessità) di una nuova "angelologia delle parole" (o della parola) non si riferisce ad una regressione filologica o semplicemente ad un'opera di sapiente scavo archeologico dei sensi etimologici, ma ad una vera e propria possibilità di ricreare una circolazione dei significati, radicati nell'espressione profonda dei nostri linguaggi. E questi sono i linguaggi della psiche, dell'anima,in grado di consentire, all'interno di una antichissima trama che connette, l'emersione di una vero e proprio "codice dell'anima" aderente a sua volta alla potenza creatrice dell'Anima mundi...
Quando Hillman ci parla della "necessità" ('necessitas', 'Ananke', dell'archetipo di necessità) di una nuova "angelologia delle parole" (o della parola) non si riferisce ad una regressione filologica o semplicemente ad un'opera di sapiente scavo archeologico dei sensi etimologici, ma ad una vera e propria possibilità di ricreare una circolazione dei significati, radicati nell'espressione profonda dei nostri linguaggi. E questi sono i linguaggi della psiche, dell'anima,in grado di consentire, all'interno di una antichissima trama che connette, l'emersione di una vero e proprio "codice dell'anima" aderente a sua volta alla potenza creatrice dell'Anima mundi...
Carl Gustav Jung. Acausalità e sincronicità.
“Soltanto la RADICATA CONVINZIONE DELL'ONNIPOTENZA DELLA CAUSALITÀ crea difficoltà alla comprensione e FA APPARIRE IMPENSABILE CHE POSSANO VERIFICARSI O ESISTERE EVENTI PRIVI DI CAUSA. Ma SE ESSI ESISTONO, DOBBIAMO DEFINIRLI <ATTI CREATIVI> nel senso di una ‘CREATIO CONTINUA’, di un coordinamento che in parte si ripete da sempre, in parte sporadicamente, e che NON PUÒ VENIRE DEDOTTO DA NESSUN ANTECEDENTE COSTATABILE. Bisogna guardarsi ovviamente dal considerare acausale ogni evento la cui causa sia ignota. IL RICORSO AL CONCETTO DI ACAUSALE È AMMISSIBILE SOLO NEI CASI […] IN CUI UNA CAUSA NON È NEPPURE PENSABILE.
Questo <essere pensabile> tuttavia è un concetto che esige una strenua critica. Per esempio: se l’atomo corrispondesse al suo concetto filosofico originario, la sua scindibilità sarebbe impensabile. Ma se esso mostra di essere una grandezza misurabile, allora è la sua inscindibilità che è impensabile. Coincidenze significative sono pensabili come puri casi. Ma quanto più si assommano e quanto più grande e precisa è la corrispondenza, tanto più diminuisce la loro probabilità, e tanto più cresce la loro impensabilità: vale a dire, non possono più valere come puri e semplici casi, ma - in mancanza di una possibile spiegazione causale - debbono essere concepiti come ordinamenti. LA <MANCANZA DI UNA POSSIBILE SPIEGAZIONE> NON DERIVA QUI[…] SOLTANTO DAL FATTO CHE LA CAUSA È IGNOTA, MA DAL FATTO CHE NON C’È CAUSA PENSABILE CON I NOSTRI MEZZI INTELLETTIVI. È il caso che si verifica necessariamente QUANDO SPAZIO E TEMPO PERDONO IL LORO SIGNIFICATO, O SONO DIVENTATI RELATIVI, perché in tali circostanze diventa impossibile stabilire, anzi addirittura pensare in generale, una causalità, la quale presuppone, per esistere, spazio e tempo. Per questi motivi mi sembra necessario introdurre accanto allo spazio, al tempo e alla causalità, una categoria che non solo rende possibile caratterizzare i fenomeni di sincronicità come una classe di particolare di eventi naturali, ma che comprende anche il contingente come UN QUALCOSA CHE DA UN LATO È GENERALE ED ESISTE DA SEMPRE, E CHE DALL’ALTRO È LA SOMMA DI MOLTI ATTI INDIVIDUALI DI CREAZIONE CHE SI REALIZZANO NEL TEMPO.”
CARL GUSTAV JUNG (1875 – 1961), “La sincronicità” (“Synchronizität als ein Prinzip akausaler Zusammenhänge”, Rascher, Zürich 1952), trad. di Silvano Daniele, pref. di Antonio Vitolo, Bollati Boringhieri, Torino 2012 (rist., I ed. 1980), ‘Conclusione’, pp. 114 – 116.
[Il passo di Jung qui riportato è apparso la prima volta insieme con quello sotto citato di Pauli in CARL GUSTAV JUNG und WOLFGANG PAULI, “Naturerklärung und Psyche”, Rascher Verlag, Zürich, 1952.]
quanto tutta questa considerazione deriva dal determinismo di Spinoza?
In nulla: il paralleslismo fra le due Naturae naturans e naturata presuppone comunque un ordinamento causale cogente che ha in dio la Causa prima. Ne segue una catena in cui tutto è necessariamente determinato e privo di libertà, ma appunto, causalmente. [E' arduo per l'Occidente svincolarsi da Aristotele, e Spinoza, partendo dal tentativo di comporre lo jato cartesiano fra le Sostanze, al pari di Cartesio, non se ne discosta] La Sincronicità è appunto un tentativo di derogare a tali principi, svincolandosi dalla struttura spazio-temporale che è condizione del darsi del principio stesso di causa -effetto. Sulla validità della stessa, videant consules e vari fautori dell' I Ching & similia.
SINCRONICITA’, COINCIDENZE, PREVEGGENZA secondo la conoscenza junghiana degli archetipi e dell’inconscio collettivo.
Fonte: Pier Pietro Brunelli
Sin dalla sua tesi di laurea Carl Gustav Jung […] investiga il rapporto
liminale che sussiste tra materia e spirito, in quanto è su tale limine che si
colloca la psiche. Ciò comporta che uno studio della psiche non può avvalersi
soltanto di una concezione scientifica positivista, basato su dati e
metodologie empiriche sperimentalmente dimostrabili e quantificabili, in quanto
la psiche è per sua natura trascendente, cioè è una realtà che transita e
congiunge, nell’umana esperienza i mondi della materiale e dello spirito. JUNG
ARRIVA AD IPOTIZZARE L’ESISTENZA DI UNA REALTÀ TRANSPSICHICA (INCONSCIO
COLLETTIVO CHE SOVRADETERMINA L’INCONSCIO INDIVIDUALE) IN CUI LA LEGGE DI
CAUSALITÀ PERDE LA SUA VALIDITÀ GENERALE. Ciò che la coscienza vive come passato,
presente e futuro nell’inconscio si relativizza per diventare aspaziale e
atemporale; in tal senso il sogno e la visione possono nel loro linguaggio
simbolico avere una capacità premonitrice. Per dimostrare una simile capacità
della psiche umana è necessario TEORIZZARE L’ESISTENZA DI COINCIDENZE DI EVENTI
CHE ACCADONO SINCRONICAMENTE IN MODO ACAUSALE, cioè senza una logica
spaziotemporale di causa-effetto. Ciò va contro il principio generale di causalilità che da Cartesio in
poi informa tutto il pensiero scientifico.
Dice Jung:
“Io impiego […] il concetto generale
di sincronicità nell’accezione speciale di coincidenza temporale di due o più
eventi non legati da un rapporto causale, che hanno uno stesso o un analogo
contenuto significativo” (Jung, C. G., 1976, p. 471). […] Tutte queste
possibilità in genere sono considerate di ordine esoterico e non possono essere
sperimentate dalla nostra SCIENZA, LA QUALE PER DIMOSTRARE ‘LA VERITÀ’ HA
BISOGNO DI VERIFICARE IN LABORATORIO, SECONDO PARAMETRI E CONDIZIONI
RIPROPONIBILI, GLI EFFETTI DELLA COMBINAZIONE DI DIVERSE VARIABILI. Se date le
stesse variabili, gli effetti corrispondono, allora si verifica un principio di
causa effetto che, con le dovute eventuali eccezioni, è in linea di massima
sempre valido. Quindi fenomeni che pure sono tra loro legati
significativamente, ma il cui nesso non è dimostrabile in termini di
causa-effetto sono considerati casuali, sotto la categoria del fato. […] Jung
arriva ad ipotizzare un ‘perché’ di certi fenomeni non causali, ma
significativamente coincidenti e sincronici, in quanto CONSIDERA CHE LA PSICHE
INDIVIDUALE È IMMERSA IN UNA PSICHE CHE È ’COLLETTIVA’, CIOÈ CHE CONNETTE TUTTI
GLI ESSERI UMANI, AL DI LÀ DELLO SPAZIO E DEL TEMPO, IN UN CAMPO ENERGETICO
SOVRAPERSONALE E TRANSPERSONALE. D’altra parte questo concetto è insito anche
nell’istinto in quanto attitudine a comportarsi insita in modi alquanto simili
in tutti gli animali, e perciò anche negli esseri umani. TUTTAVIA L’ISTINTO
PREDISPONE A VARIABILI PIUTTOSTO MECCANICHE, QUALI IL SESSO, LA FAME, LA
RICERCA DI SICUREZZA, MENTRE GLI UMANI HANNO PREDISPOSIZIONI PIÙ COMPLESSE CHE
SECONDO JUNG SONO DI ORDINE ARCHETIPICO. GLI ARCHETIPI SONO LE DISPOSIZIONI
INIZIALI CHE DANNO LUOGO ALLE FORME DELLA MENTE UMANA che sono con tutta
evidenza assai più significative ed elaborate rispetto a quelle puramente
istintuali e animali. E’ ARCHETIPICA, AD ESEMPIO LA DISPOSIZIONE A RICERCARE
UNA RELAZIONE CON FORZE SPIRITUALI E QUINDI AD AVERE UNA VISIONE E
UN’ESPERIENZA DEL MONDO NON SOLO MATERIALE. A prescindere dal senso meramente
religioso, l’essere umano, anche se ateo, vive di relazioni, sentimenti,
principi che hanno una carattere valoriale non strettamente istintuale. LE
DISPOSIZIONI ARCHETIPICHE POSSONO SPINGERE AL BENE E AL MALE GLI UMANI, in un modo che il solo istinto animale non potrebbe fare. Anche il modo di
osservare e di impiegare la natura, e quindi di sviluppare progresso
tecnologico si basa su capacità specie-specifiche insite nell’esperienza umana
ed , in tal senso, archetipiche. Inoltre i legami relazionali e affettivi nella
specie umana hanno un valore universale, ma anche una dimensione trascendente
rispetto a quanto deriverebbe da una motivazione inerente i soli bisogni fisici. I rapporti d’amore, di
parentela, di ruolo sociale, i valori identitari, pur essendo ‘relativamente’ diversi nelle
diverse culture e nelle persone hanno una comune radice. Questa comune radice è
archetipica, cioè dispone l’inconscio collettivo a certi comportamenti che ,
per quanto variabili, ACCOMUNANO TUTTI I SOGGETTI IN UN MEDESIMO CAMPO
ENERGETICO CHE È APPUNTO L’INCONSCIO COLLETTIVO. L’essere umano per natura, sarebbe intriso si
una disposizione alla cultura, e quindi della CAPACITÀ DI ELABORARE E
TRASMETTERE SIGNIFICATI. La via di trasmissione di tali significati è però
‘simbolica’, cioè non è attinente ad una realtà puramente materiale, soggetta
alle leggi fisiche, del tempo e dello spazio e del principio di causa-effetto,
ma ad UNA REALTÀ PSICHICA, IMMATERIALE E QUINDI ANCHE SPIRITUALE O METAFISICA,
ma pur sempre reale come fenomeno psichico esistente nella mente umana e che ha
anche un suo correlato fisiologico nel sistema nervoso. IN OGNI ESSERE UMANO
SONO PERCIÒ ATTIVI GLI ARCHETIPI, i quali, seppure in modo soggettivo
configurano le possibilità individuali di essere, di pensare e di fare, di
provare emozioni e sentimenti, di esercitare congetture e di proporre idee,
così come anche di avere visioni e percezioni di carattere ‘extrasensoriale’
(non afferibili a spiegazioni di tipo deterministico, ma che, cionondimeno sono
determinanti nel destino della vita umana). Date queste riflessioni, appena
accennate, possiamo meglio comprendere l’ipotesi di fondo sulla quale posa il
concetto di sincronicità, col coincidere in vari modi di eventi e fenomeni indipendentemente dal
tempo e dallo spazio e da un principo di causalità. LA ACAUSALITÀ AVREBBE UNA
SUA FONDATEZZA CONCETTUALE, ANCHE NEL PARALLELO CON LE SCOPERTE DELLA FISICA
ATOMICA MODERNA CHE RELATIVIZZA LA CAUSALITÀ DEL CONTINUUM SPAZIO-TEMPORALE; come
Jung fa notare grazie alla collaborazione con
Wolfgang Pauli, fisico austriaco premio Nobel nel 1945 – il quale fu anche suo paziente. (Su questi aspetti si
veda ad esempio F. Capra Il tao della fisica, 1975). Nel 1952 Jung e Pauli
pubblicarono due saggi in un medesimo volume. Pauli applicava il concetto di
archetipo nel campo delle scoperte scientifiche di Keplero, e Jung intitolava
il proprio “SINCRONICITÀ COME PRINCIPIO DI NESSI ACAUSALI”.
In questo libro Jung scrive:
"Per citare un esempio fra molti,
ho annotato il caso seguente in data 1^ aprile 1949.
Oggi è venerdì, Abbiamo pesce a
pranzo. Tutti ricordano en passant l’uso del ‘PESCE D’APRILE’. Nel corso della
mattina avevo notato una iscrizione; ‘Est homo totus medius piscis ab imo’. Al
pomeriggio una ex paziente che non vedevo da mesi mi mostra alcuni quadri
singolarmente suggestivi di pesci, che ha dipinto nel frattempo. Alla sera mi
mostrano un ricamo che rappresenta mostri marini in forma di pesce. Il 2
aprile, al mattino presto, una ex paziente che non vedevo da parecchi anni mi
racconta un sogno nel quale, trovandosi sulla sponda di un lago, scorge un
grosso pesce che nuota decisamente alla sua volta e ‘approda’, per così dire ai
suoi piedi. In questo periodo sono occupato da una ricerca che ha per tema il
simbolo storico del pesce. Solo una delle persone sopra citate lo sa. E’ ovvio
il sospetto che in questo caso possa trattarsi di una coincidenza significativa,
di un rapporto acausale. Devo ammettere che questa concentrazione mi ha
impressionato. Essa aveva per me un certo carattere numinoso. In casi del
genere si dice notoriamente: ‘non può essere un puro caso!’ e non si sa cosa si
dice parlando così […] Per completare quanto ho detto vorrei ricordare che
scrivevo queste righe stando in riva al lago di Zurigo. Quando ebbi terminato
la frase, feci qualche passo sul muro che costeggia il lago: sul muro c’era un
pesce, morto e apparentemente intatto, lungo circa 30 cm. La sera prima non
c’era nessun pesce in quello stesso punto (è probabile che fosse stato tirato
fuori dall’acqua da un uccello rapace o da un gatto). Quel pesce era il settimo
della serie“.
Evidentemente, JUNG ESSENDO UN
GRANDE STUDIOSO DEL MONDO INTERIORE ERA PARTICOLARMENTE ATTENTO AD OSSERVARE
TUTTO CIÒ CHE AVEVA SU DI ESSO UN EFFETTO PARTICOLARE, che fosse capace di
stimolarlo. In tal senso tutti possiamo osservare che le coincidenze
significative […]
Dice Jung: “[…] dobbiamo prendere
in considerazione il fatto che IN SOGNO RICORRONO SPESSO ELEMENTI NON
INDIVIDUALI E NON RICAVABILI DALL’ESPERIENZA PERSONALE DEL SOGNANTE. Tali
elementi, come ho indicato precedentemente, sono quelli che Freud chiamava
“resti arcaici”, cioè FORME MENTALI LA CUI PRESENZA NON PUÒ ESSERE SPIEGATA DA
ALCUN ELEMENTO DELLA VITA INDIVIDUALE DEL PAZIENTE E CHE SI RIVELANO COME DATI
PRIMORDIALI, INNATI ED EREDITATI DELLA MENTE UMANA”
(Jung, 1928c, p. 51).
E poi ancora Jung:
"Per l’atteggiamento dello spirito
moderno riesce difficile concepire come un dio esistente al di fuori di noi
provochi il sogno, o che il sogno, profetico, predica il futuro. Ora, se noi
proviamo a tradurre tutto ciò in linguaggio psicologico, l’antica concezione
suona già molto più chiara e cioè: IL SOGNO PROVIENE DA UNA PARTE DELL’ANIMA A
NOI SCONOSCIUTA E SI OCCUPA DELLA PREPARAZIONE DELL’INDOMANI E DEI SUOI
AVVENIMENTI. Secondo l’antica credenza , LA DIVINITÀ O IL DEMONE PARLA NEL
SONNO IN LINGUAGGIO SIMBOLICO E L’INTERPRETE DEVE TROVARE LA SOLUZIONE
DELL’ENIGMA. Ciò vuol dire, tradotto in linguaggio moderno che il sogno
consiste in una serie di immagini, in apparenza contraddittorie e assurde. Ma
contiene un patrimonio di idee che, tradotto, ha un chiaro significato.”
( Jung
, Opere, vol.V, pag,21).
[…] Per far comprendere come si
manifesti la sincronicità nella pratica clinica Jung racconta di UNA SEDUTA DI
ANALISI DURANTE LA QUALE UNA PAZIENTE PARLAVA DI UN SOGNO OVE SI ERA PRESENTATA
UNA ‘CETONIA AURATA’, UN COLORATO CALABRONE ASSAI RARO DOVE LUI VIVEVA E
LAVORAVA IN SVIZZERA. DOPO POCHI ISTANTI IL CALABRONE, QUELLO VERO, PRESE A
PICCHIETTARE SUI VETRI DELLA FINESTRA DELLO STUDIO… Assai noti sono racconti di certe sincronicità durante la sua
collaborazione con Freud. Una volta ad esempio si udirono rumori particolari in
un determinato momento della conversazione, un’altra volta Freud si sentì male
in seguito all’esposizione di un sogno che lo riguardava…. Quando Jung morì, a
Küsnacht il 6 giugno del 1961, un fulmine a ciel sereno spaccò in due una grande
quercia nel giardino di casa. […]
Gli archetipi junghiani più
comunemente noti sono denominati con figure pseudo-mitologiche al fine di dare
una prima indicazione sul loro carattere costitutivo e costituente: Il SE’,
l’archetipo della centralità, Il PUER, degli aspetti infantili, creativi e
salvifici del mondo interiore, il SENEX (O Vecchio Saggio) che riguarda la
capacità di ponderare razionalmente, ma anche di fantasticare, la GRANDE MADRE
che dà il senso della fusionalità
universale, l’OMBRA che è il lato oscuro e più ignoto dell’inconscio che
contiene però importanti elementi di conoscenza, la PERSONA che è la maschera
dell’Io afferente al ruolo e all’identità sociale, L’ANIMA/ANIMUS che riguarda gli aspetti
psichici controsessuali, cioè il femminile nell’uomo e il maschile nella donna.
Ciascuno di questi archetipi è presente nella psiche di ogni essere umano, così
come analogicamente nel corpo di ogni essere umano ci sono determinati organi.
A seconda della condizione degli organi del corpo o della psiche (gli
archetipi) si può leggere una determinata costituzione individuale, le sue
potenzialità e le sue disfunzionalità. […] SE DUNQUE NELLA PSICHE VI SONO
ARCHETIPI IN QUANTO MATRICI INIZIALI CHE DISPONGONO IN MODO INNATO A PENSARE E
AD AGIRE, VI SARREBBE IN ESSI ANCHE UN FINE, ed in tal senso essi potrebbero
essere chiamati anche TELETIPI (termine che qui conia chi scrive, derivabile da
télos = fine e tipo = impronta) cioè FATTORI
CHE ORIENTANO AD UNA FINALITÀ, AD UN ‘SENSO ULTIMO’. IL ‘SENSO ULTIMO’ DELLA
NATURA UMANA DOVREBBE ESSERE, ED ANZI, DI FATTO È, QUELLO DI TRASFORMARE LA
MATERIA IN COSCIENZA, QUINDI IN PSICHE, la quale è però connaturata
archetipicamente in una TRASFORMAZIONE TRASCENDENTE DELLA MATERIA. Gli esseri
umani cibandosi, riproducendosi, agendo sulla e nella natura, trasformano
evolutivamente se stessi e a ‘tal fine’ devono sviluppare una consapevolezza
psichica. Ma si tratta di una CONSAPEVOLEZZA Che, come abbiamo detto, non può
avvenire per una via puramente logico-intellettiva, giacché essa riguarda una
congiunzione tra spirito e materia, tra la vita del corpo e quella dell’anima
vitale. […]
Jung distingue la SINCRONICITÀ
dal SINCRONISMO, come quello di due ballerini che sono d’accordo su come
danzare a tempo, in quanto LA SINCRONICITÀ È UN FENOMENO CHE VIENE GENERATO
SPONTANEAMENTE DALLA PSICHE ATTRAVERSO IL MANIFESTARSI DI UNA SORTA DI SPIRITO
GUIDA ARCHETIPICO. Si tratta di uno spirito che indica un inizio ed un fine,
due polarità che segnano il cammino delle fondamentali tappe ed esperienze
della vita. E’ importante vivere in sintonia con questo inizio e con questo
fine che è espresso dalla natura archetipica della psiche collettiva, nella
quale è immersa la psiche individuale, sicché CIASCUNO NON È SOLO, MA È
CONNESSO CON UNA DIMENSIONE UNIVERSALE… è importante perché quando si perde
tale connessione, la propria ‘barca’ perde più facilmente la rotta e può farsi
trascinare dalle correnti negative. […] E’ il Sé che ci fa sentire di essere parte del
tutto, e ciò ci dà più fiducia e sicurezza. SE CI SI FERMA ALL’EGO SI DIVENTA
EGOISTI E SI LIMITA LA PROPRIA CAPACITÀ DI VIVERE LA VITA con una autentica
relazione con il mondo, non alienata e non castrata. […]
L’assunto per cui “TUTTO CIÒ CHE
ESISTE NELL’UNIVERSO È FRUTTO DEL CASO E DELLA NECESSITÀ” (DEMOCRITO) è stato
elaborato J. Monod, Nobel 1965 per la
medicina, nel celebre IL CASO E LA NECESSITÀ (1970). LO STUDIOSO EVIDENZIA DI
COME IL DNA DEI PRIMI ORGANISMI VIVENTI SIA FRUTTO DI UNA CASUALITÀ
ASSOLUTAMENTE IMPROBABILE, DICIAMO SIMILE A QUELLA DI POTER VINCERE UNA DECINA
DI VOLTE UN MILIARDO ALLA LOTTERIA. SI TRATTEREBBE COMUNQUE DI UN CASO CHE HA
PERÒ IN SÉ IL PROGRAMMA DELLA SUA
EVOLUZIONE CHE POI DÀ LUOGO AD OGNI FORMA VIVENTE. Perciò questo CASO
ULTRASTRAORDINARIO contiene anche le regole alle quali deve necessariamente
attenersi nel corso del tempo. […] Lo psichiatra fenomenologico Louis
Binswanger indica quanto sia importante l’orientamento della persona a SCEGLIERE
LA PROPRIA AUTENTICITÀ e come le patologie mentali siano riconducibili ad UN’ESISTENZA
MANCATO E, POSSIAMO DIRE, AD UN MANCATO APPUNTAMENTO CON QUELL’INCONTRO
ASSOLUTO, UNICO E IRRIPETIBILE CHE PER ‘SINCRONICITÀ’ COSTITUISCE LA STELLA DI
RIFERIMENTO DI CIASCUNO, affinché possa ORIENTARSI AD ESSERE DAVVERO SE STESSO,
AUTENTICO (ETIMOLOGICAMENTE AUTO + ENTE, PER CUI L’ENTE SI AUTO QUALIFICA AD
ESSERE QUELLO CHE È). E’ forse solo per caso che nasciamo e moriamo e che
diventiamo ciò che siamo, o forse vi è una congiunzione non causalistica tra un
campo energetico di ordine materiale e un’altro di ordine psicoide/spirituale? SECONDO
LA PSICOLOGIA ARCHETIPICA DI HILLMAN LA VITA DI CIASCUNO DIPENDE DA UN CODICE
DELL’ANIMA, CONSISTENTE NELL’INCARNARSI DI UN’ENERGIA PSICOSPIRITUALE, IN MODO
ASSAI SIMILE A QUELLO DESCRITTO DA PLATONE NEL MITO DI ER. SEPPURE QUESTO
SPIRITO CHE SI INCARNA IN NOI È VENUTO PER CASO, SI TRATTA DI UN CASO UNICO,
IRRIPETIBILE, ASSOLUTO e che in quanto tale appartine all’inconoscibile e al
mistero, come l’infinito e l’eternità, al di là del tempo e dello spazio e di
una concezione puramente materiale e biologistica dell’esperienza vitale
umana. […]
«Volere è potere» è la superstizione dell'uomo moderno.
Carl Gustav Jung.
Il motto «VOLERE È POTERE» è la superstizione dell'uomo moderno.
Opportunamente il Faust di Goethe afferma: «‘Im Anfang war die Tat’ [IN PRINCIPIO ERA L'AZIONE]». Le «azioni» non furono mai inventate, ma semplicemente compiute; I PENSIERI, D'ALTRA PARTE, COSTITUISCONO UNA SCOPERTA RELATIVAMENTE RECENTE DELL'UOMO. DAPPRIMA EGLI ERA SPINTO ALL'AZIONE DA FATTORI INCONSCI E SOLO DOPO MOLTO TEMPO COMINCIÒ A RIFLETTERE SULLE CAUSE DA CUI ERA STATO MOSSO; infine c'è voluto un periodo di tempo ancora più lungo prima che egli arrivasse all'IDEA ASSURDA DI ESSERE STATO SPINTO AD AGIRE DAI PROPRI IMPULSI SOGGETTIVI - essendo la sua MENTE INCAPACE DI IDENTIFICARE QUALUNQUE ALTRA FORZA STIMOLANTE AL DI FUORI DELLA PROPRIA. L'IDEA CHE UNA PIANTA O UN ANIMALE SI INVENTINO DA SOLI CI FA RIDERE, EPPURE MOLTI CREDONO CHE LA PSICHE O LA MENTE SI SIANO INVENTATE DA SÉ E CHE ABBIANO CREATO LA PROPRIA ESISTENZA. IN REALTÀ, LA MENTE SI È SVILUPPATA FINO ALLA SUA FASE ATTUALE DI CONSAPEVOLEZZA NELLO STESSO MODO IN CUI LA GHIANDA SI VIENE TRASFORMANDO IN QUERCIA O I SAURI SONO DIVENTATI PROGRESSIVAMENTE MAMMIFERI. ESSA SI È VENUTA SVILUPPANDO PER UN LUNGHISSIMO ARCO DI TEMPO E CONTINUA TUTTORA A SVILUPPARSI; NOI SIAMO PERCIÒ SOTTOPOSTI ALL'AZIONE SIA DI FORZE INTERIORI CHE DI STIMOLI ESTERNI. QUESTI MOVENTI INTERIORI SCATURISCONO DA UNA SORGENTE PROFONDA, CHE NON È COSTITUITA DALLA COSCIENZA E RESTA AL DI FUORI DEL SUO CONTROLLO. NELLA MITOLOGIA PRIMITIVA QUESTE FORZE ERANO CHIAMATE "MANA", OVVERO SPIRITI, DEMONI E DIVINITÀ. Esse sono altrettanto attive oggigiorno quanto lo sono sempre state in passato. Se si conformano ai nostri desideri noi attribuiamo loro il significato di sentimenti o impulsi positivi e ci congratuliamo con noi stessi per essere benvoluti dalla sorte. Se invece esse ci contrastano, allora diciamo di essere perseguitati dalla sfortuna, che certa gente ci vuol male o che la causa delle nostre disgrazie deve essere patologica. L'unica cosa che CI RIFIUTIAMO DI AMMETTERE È DI ESSERE IN BALÌA DI «FORZE» CHE NON SIANO RIDUCIBILI AL NOSTRO CONTROLLO. E' pur vero, d'altra parte, che nei tempi recenti l'UOMO CIVILIZZATO ha acquisito una energica forza di volontà che egli applica nelle più diverse occasioni. Egli HA IMPARATO A SVOLGERE EFFICACEMENTE IL PROPRIO LAVORO SENZA RICORRERE A CANTI O A TAMBURI PER IPNOTIZZARSI E SPINGERSI AD AGIRE. Egli PUÒ ANCHE FARE A MENO DELLA PREGHIERA QUOTIDIANA PER INVOCARE L'AIUTO DIVINO; egli arriva a fare da solo ciò che vuole e a tradurre apparentemente le sue idee in azione senza alcun inciampo, MENTRE L'UOMO PRIMITIVO SEMBRA CONDIZIONATO A OGNI PASSO DA TIMORI, SUPERSTIZIONI E ALTRI OSTACOLI INVISIBILI CHE SI FRAPPONGONO FRA LUI E L'AZIONE. IL MOTTO «VOLERE È POTERE» È LA SUPERSTIZIONE DELL'UOMO MODERNO. Eppure l'uomo contemporaneo, pur di mantener viva questa fede, paga lo scotto di una GRAVE MANCANZA DI INTROSPEZIONE. Egli resta cieco al fatto che, PUR CON TUTTA LA SUA RAZIONALITÀ E LA SUA EFFICIENZA, «FORZE» NON CONTROLLABILI LO TENGONO ANCORA IN LORO BALÌA. I SUOI DÈI E I SUOI DEMONI NON SONO AFFATTO SCOMPARSI: HANNO SOLO CAMBIATO NOME. Essi lo tengono in uno stato d'agitazione incessante attraverso vaghe APPRENSIONI, COMPLICAZIONI PSICOLOGICHE, UN BISOGNO INSAZIABILE DI PILLOLE, DI ALCOOL, DI TABACCO, DI CIBO e soprattutto imponendogli un pesante fardello di NEVROSI. 'L'anima dell'uomo'. LA COSIDDETTA COSCIENZA CIVILIZZATA SI È NETTAMENTE SEPARATA DAGLI ISTINTI DI FONDO senza, però, che questi ultimi siano scomparsi. Essi HANNO SEMPLICEMENTE PERDUTO OGNI CONTATTO CON LA NOSTRA COSCIENZA E PERCIÒ SONO COSTRETTI AD AFFERMARSI IN MANIERA INDIRETTA. Ciò può verificarsi per mezzo di sintomi fisici nel caso della NEVROSI, o attraverso inconvenienti di vario tipo, come STATI D'ANIMO INSPIEGABILI, IMPROVVISE DIMENTICANZE O ERRORI LINGUAGGIO. ALL'UOMO PIACE CREDERE DI ESSERE PADRONE DELLA PROPRIA ANIMA. Ma NELLA MISURA IN CUI EGLI SI DIMOSTRA INCAPACE DI CONTROLLARE I PROPRI STATI D'ANIMO E LE PROPRIE EMOZIONI, O DI PRENDERE COSCIENZA DEGLI INFINITI MODI SEGRETI IN CUI I FATTORI INCONSCI ARRIVANO A INSINUARSI NEI SUOI PROPOSITI E NELLE SUE DECISIONI, EGLI NON È AFFATTO PADRONE DI SE STESSO. Questi fattori inconsci debbono la loro esistenza all'autonomia degli ARCHETIPI. L'UOMO MODERNO CERCA DI EVITARE DI PRENDERE COSCIENZA DI QUESTA SPACCATURA DELLA SUA PERSONALITÀ ISTITUENDO UN SISTEMA DI COMPARTIMENTI STAGNI. Certi aspetti della sua vita esteriore e del suo comportamento sono mantenuti, per così dire, in zone separate e non sono mai messi a confronto fra di loro.”
CARL GUSTAV JUNG (1875 – 1961), “Introduzione all’inconscio” (“Zugang zum Unbewussten”), in ID. e Marie-Luise von Franz, Joseph L. Henderson, Jolande Jacobi, Aniela Jaffé, “L’uomo e i suisimboli” (“Der Mensch und seine Symbole”, Walter Verlag, Olten 1964), coordinamento e introd. di John Freeman, trad. di Roberto Tettucci, Tea, Milano (su licenza Longanesi, Milano 1980), 2011, ‘L’archetipo nel simbolismo dei sogni’ - L’anima dell’uomo’, pp. 64 – 66.
Pensare e sentire. Norme inconsce e leggi della logica.“PENSARE.
Concepisco il pensare come una delle QUATTRO
FUNZIONI PSICOLOGICHE FONDAMENTALI [PENSARE – SENTIRE – PERCEPIRE SENSORIALE – INTUIRE]. Il pensiero è quella FUNZIONE PSICOLOGICA che, ottemperando a leggi sue proprie, METTE IN RELAZIONE (CONCETTUALE) CONTENUTI RAPPRESENTATIVI GIÀ DATI. Esso è un’attività appercettiva e come tale va distinta in un’attività di pensiero ‘attiva’ e in una ‘passiva’. Il pensare attivo è un atto di volontà, il pensare passivo qualcosa che accade da sé. Nel primo caso assoggetto i contenuti rappresentativi a un atto intenzionale di giudizio, nel secondo caso si costituiscono delle connessioni concettuali, si formano giudizi, i quali in determinati casi sono in contrasto con la mia intenzione, non corrispondono allo scopo che mi sono proposto e quindi mancano per me del sentimento della direzione, benché io possa successivamente, mediante un atto di appercezione attiva, arrivare a riconoscere che essi sono indirizzati. Il pensare attivo corrisponderebbe pertanto al mio concetto del ‘pensare indirizzato’. Nel mio lavoro “Simboli della trasformazione” il pensare passivo è stato caratterizzato impropriamente come un «fantasticare». Oggi lo dominerei pensare ‘intuitivo’. ALLINEARE SEMPLICEMENTE DELLE RAPPRESENTAZIONI, IL CHE DA ALCUNI PSICOLOGI È STATO DENOMINATO PENSARE ‘ASSOCIATIVO’, PER ME NON È UN PENSARE, MA SOLTANTO UN ‘RAPPRESENTARE’. Del pensare secondo me si dovrebbe parlare solo là dove si tratti di UN COLLEGAMENTO DI RAPPRESENTAZIONI AD OPERA DI UN CONCETTO, DOVE, QUINDI, IN ALTRI TERMINI, SUSSISTE UN ATTO DI GIUDIZIO, sia che questo atto di giudizio emani dalla nostra intenzione o meno. Chiamo ‘intelletto’ la facoltà del pensare passivo o non indirizzato. Chiamo inoltre funzione ‘razionale’ il pensare indirizzato, l’intelletto, in quanto esso, conformemente al presupposto delle norme razionali di cui io ho coscienza, ordina i contenuti rappresentativi secondo concetti. Per contro, il pensare non indirizzato, l’intuizione intellettuale, è per me una funzione ‘irrazionale’, in quanto esso giudica e dispone i contenuti rappresentativi secondo norme che per me sono inconsce e delle quali perciò io non ho riconosciuto la razionalità. È però possibile che in determinati casi io riconosca in un secondo tempo che anche l’atto intuitivo di giudizio corrisponde alla ragione, quantunque esso si produca per una via che a me sembra irrazionale. Per pensare basato sul sentimento non intendo il pensare intuitivo, ma un pensare che dipende dal sentire, dunque un pensare che non segue il principio logico suo proprio, ma è subordinato al principio del sentire. Nel pensare basato sul sentimento le leggi della logica sussistono solo in apparenza, ma in realtà esse sono annullate a favore delle intenzioni del sentimento.”
Concepisco il pensare come una delle QUATTRO
FUNZIONI PSICOLOGICHE FONDAMENTALI [PENSARE – SENTIRE – PERCEPIRE SENSORIALE – INTUIRE]. Il pensiero è quella FUNZIONE PSICOLOGICA che, ottemperando a leggi sue proprie, METTE IN RELAZIONE (CONCETTUALE) CONTENUTI RAPPRESENTATIVI GIÀ DATI. Esso è un’attività appercettiva e come tale va distinta in un’attività di pensiero ‘attiva’ e in una ‘passiva’. Il pensare attivo è un atto di volontà, il pensare passivo qualcosa che accade da sé. Nel primo caso assoggetto i contenuti rappresentativi a un atto intenzionale di giudizio, nel secondo caso si costituiscono delle connessioni concettuali, si formano giudizi, i quali in determinati casi sono in contrasto con la mia intenzione, non corrispondono allo scopo che mi sono proposto e quindi mancano per me del sentimento della direzione, benché io possa successivamente, mediante un atto di appercezione attiva, arrivare a riconoscere che essi sono indirizzati. Il pensare attivo corrisponderebbe pertanto al mio concetto del ‘pensare indirizzato’. Nel mio lavoro “Simboli della trasformazione” il pensare passivo è stato caratterizzato impropriamente come un «fantasticare». Oggi lo dominerei pensare ‘intuitivo’. ALLINEARE SEMPLICEMENTE DELLE RAPPRESENTAZIONI, IL CHE DA ALCUNI PSICOLOGI È STATO DENOMINATO PENSARE ‘ASSOCIATIVO’, PER ME NON È UN PENSARE, MA SOLTANTO UN ‘RAPPRESENTARE’. Del pensare secondo me si dovrebbe parlare solo là dove si tratti di UN COLLEGAMENTO DI RAPPRESENTAZIONI AD OPERA DI UN CONCETTO, DOVE, QUINDI, IN ALTRI TERMINI, SUSSISTE UN ATTO DI GIUDIZIO, sia che questo atto di giudizio emani dalla nostra intenzione o meno. Chiamo ‘intelletto’ la facoltà del pensare passivo o non indirizzato. Chiamo inoltre funzione ‘razionale’ il pensare indirizzato, l’intelletto, in quanto esso, conformemente al presupposto delle norme razionali di cui io ho coscienza, ordina i contenuti rappresentativi secondo concetti. Per contro, il pensare non indirizzato, l’intuizione intellettuale, è per me una funzione ‘irrazionale’, in quanto esso giudica e dispone i contenuti rappresentativi secondo norme che per me sono inconsce e delle quali perciò io non ho riconosciuto la razionalità. È però possibile che in determinati casi io riconosca in un secondo tempo che anche l’atto intuitivo di giudizio corrisponde alla ragione, quantunque esso si produca per una via che a me sembra irrazionale. Per pensare basato sul sentimento non intendo il pensare intuitivo, ma un pensare che dipende dal sentire, dunque un pensare che non segue il principio logico suo proprio, ma è subordinato al principio del sentire. Nel pensare basato sul sentimento le leggi della logica sussistono solo in apparenza, ma in realtà esse sono annullate a favore delle intenzioni del sentimento.”
CARL GUSTAV JUNG (1875 – 1961), “Tipi psicologici” (“Psichologische Typen”, Rascher, Zürich 1921), trad. di Cesare L. Musatti e Luigi Aurigemma, introd. di Luigi Aurigemma, Bollati Boringhieri, Torino 1988 (volume doppio, terza impressione, I ed. 1977), Capitolo 11 ‘Definizioni’, ‘Pensare’, pp. 510 – 512.
Carl Gustav Jung. Scienze e acausalità.
“I risultati conseguiti dalla fisica moderna hanno provocato, com’è noto, un mutamento significativo della nostra immagine scientifica del mondo: essi hanno SCOSSO LA VALIDITÀ ASSOLUTA DELLE LEGGI NATURALI E L’HANNO TRASFORMATA IN UNA VALIDITÀ RELATIVA. LE LEGGI NATURALI SONO VERITÀ ‘STATISTICHE’, cioè sono per così dire INTERAMENTE VALIDE SOLTANTO QUANDO SI TRATTA DI GRANDEZZE MACROFISICHE. NELLA SFERA DI GRANDEZZE MINIME INVECE PREDIRE CIÒ CHE AVVERRÀ DIVENTA INCERTO O IMPOSSIBILE, POICHÉ GRANDEZZE MOLTE PICCOLE NON SI COMPORTANO PIÙ IN MODO CONFORME ALLE LEGGI NATURALI CONOSCIUTE. IL PRINCIPIO FILOSOFICO CHE STA ALLA BASE DELLA NOSTRA CONCEZIONE DELLA REGOLARITÀ DELLE LEGGI DI NATURA È LA ‘CAUSALITÀ’. Se IL RAPPORTO TRA CAUSA ED EFFETTO DIMOSTRA DI AVER SOLO VALIDITÀ STATISTICA E SOLTANTO UNA VERITÀ RELATIVA, in ultima analisi ANCHE IL PRINCIPIO CAUSALE PUÒ ESSERE APPLICATO SOLO IN MISURA RELATIVA NELL’INTERPRETAZIONE DI PROCESSI NATURALI, e presuppone quindi l’esistenza di uno o più fattori diversi che sarebbero necessari ai fini della spiegazione di tali fenomeni. CIÒ SIGNIFICA CHE IL LEGAME TRA EVENTI È IN CERTE CIRCOSTANZE DI NATURA DIVERSA DA QUELLA CAUSALE, ED ESIGE UN DIVERSO PRINCIPIO INTERPRETATIVO. Naturalmente È IMPRESA VANA CERCARE NEL MONDO MACROFISICO EVENTI ACAUSALI, se non altro PERCHÉ È IMPOSSIBILE RAPPRESENTARSI EVENTI NON SPIEGABILI, LEGATI DA UN RAPPORTO NON CAUSALE. Ciò non significa affatto, però, che eventi del genere non si verifichino. La loro esistenza procede logicamente – se non altro come possibilità – dalla premessa della verità statistica. NELLE SCIENZE NATURALI LA FORMULAZIONE DI UN PROBLEMA MIRA A EVENTI REGOLARI e, nella misura in cui il problema è di ordine sperimentale, a EVENTI RIPRODUCIBILI. In tal modo EVENTI CHE SI VERIFICANO UNA SOLA O POCHE VOLTE NON VENGONO PRESI IN ESAME. Inoltre l’esperimento impone alla natura condizioni restrittive, perché vuole indurla a rispondere a domande formulate dall’uomo. Di conseguenza OGNI RISPOSTA DELLA NATURA È GRAVATA DAL MODO IN CUI SI PONE LA DOMANDA, e il risultato rappresenta un prodotto ibrido. LA CONCEZIONE DEL MONDO FONDATA SU QUESTO CRITERIO, LA COSIDDETTA CONCEZIONE SCIENTIFICA, NON PUÒ QUINDI ESSERE SE NON UN PUNTO DI VISTA PARZIALE PREGIUDICATO IN SENSO PSICOLOGICO, CHE TRASCURA TUTTI GLI ASPETTI – TUTT’ALTRO CHE IRRILEVANTI – CHE NON È POSSIBILE COGLIERE STATISTICAMENTE. Ma per cogliere in qualche modo queste unicità o rarità sembra non ci sia altra strada, a prima vista, che ricorrere a DESCRIZIONI SINGOLE ALTRETTANTO «UNICHE». Ne risulterebbe una caotica raccolta di curiosità che ricorderebbe i vecchi gabinetti naturalistici, dove accanto a fossili e a malformazioni anatomiche si trovano anche il corno dell’unicorno, lo gnomo-mandragora e una sirena disseccata. Le SCIENZE NATURALI DESCRITTIVE, in primo luogo LA BIOLOGIA nella sua massima estensione, CONOSCONO BENISSIMO TALI «UNICITÀ», E IN QUESTO AMBITO BASTA PER ESEMPIO ‘UN SOLO’ ESEMPLARE ACCERTATO DI UN ESSERE VIVENTE, CHE DI PER SÉ LASCEREBBE ESTREMAMENTE INCREDULI, PER DIMOSTRARNE L’ESISTENZA. In questo caso però sono gli osservatori che hanno occasione di convincersi con i propri sensi dell’esistenza di un simile essere. Ma si tratta di eventi passeggeri che non si lasciano dietro nessuna traccia dimostrabile all’infuori di qualche brandello di memoria nella testa di alcune persone, UN SINGOLO TESTIMONE NON BASTA PIÙ, NÉ SONO SUFFICIENTI PARECCHI TESTIMONI OCULARI PER FAR APPARIRE ASSOLUTAMENTE CREDIBILE UN EVENTO UNICO. SI SA BENE QUANTA FIDUCIA MERITANO LE AFFERMAZIONI DEI TESTIMONI OCULARI! In questo caso s’impone imperiosamente la NECESSITÀ DI CERCARE SE L’EVENTO APPARENTEMENTE UNICO È VERAMENTE TALE IN BASE ALL’ESPERIENZA, O SE ESISTONO DA QUALCHE PARTE EVENTI UGUALI A ALMENO SIMILI. In questo quadro il ‘consensus omnium’ ha un ruolo psicologicamente significativo, certo, ma empiricamente un po’ scabroso; e si rivela utile solo in via eccezionale al fine della constatazione dei fatti. L’empiria non lo trascurerà, d’accordo, ma farà meglio a non fondarsi su di esso. EVENTI ASSOLUTAMENTE UNICI, TRANSITORI, LA CUI ESISTENZA È IRREFUTABILE CON QUALUNQUE MEZZO, MA NON PUÒ NEANCHE ESSERE PROVATA, NON POSSONO MAI ESSERE OGGETTO DI UNA SCIENZA SPERIMENTALE; EVENTI RARI INVECE SÌ, SE ESISTE UN NUMERO ABBASTANZA CONSISTENTE DI OSSERVAZIONI SINGOLE DEGNE DI FEDE. La loro cosiddetta ‘possibilità’ non ha la minima importanza in tale contesto: perché il criterio della possibilità discende a volte solo da una premessa condizionata dal tempo, intelligibile. NON VI SONO LEGGI NATURALI ASSOLUTE ALLA CUI AUTORITÀ APPELLARSI PER SOSTENERE I PROPRI GIUDIZI. SI PUÒ, PIÙ MODESTAMENTE, ESIGERE SOLTANTO UN NUMERO QUANTO PIÙ ALTO POSSIBILE DI OSSERVAZIONI SINGOLE. SE QUESTO NUMERO, CONSIDERATO STATISTICAMENTE, RESTA NELL’AMBITO DELLA PROBABILITÀ CAUSALE, CIÒ BASTA A DIMOSTRARE STATISTICAMENTE CHE SI TRATTA DI UN CASO; MA NON BASTA A SPIEGARLO. LA REGOLA HA SUBÌTO UN’ECCEZIONE. PER ESEMPIO, SE IL NUMERO DEI SINTOMI CHE DEFINISCONO UN COMPLESSO È INFERIORE AL NUMERO PROBABILE DEI DISTURBI PREVISTI NELL’ESPERIMENTO DELL’ASSOCIAZIONE, ciò non autorizza affatto a supporre che in questo caso non vi sia alcun complesso. Il che non ha impedito di considerare in passato i disturbi della reazione come fatti causali. Benché PROPRIO PARLANDO DI BIOLOGIA CI MUOVIAMO SU UN TERRENO IN CUI LE SPIEGAZIONI CAUSALI SONO SPESSO ASSAI INSODDISFACENTI O SEMBRANO QUASI IMPOSSIBILI, non vogliamo però occuparci qui del problema della biologia, ma domandarci invece: ESISTE, IN MANIERA ASSOLUTAMENTE GENERALE, NON SOLO UNA POSSIBILITÀ, MA ANCHE UNA REALTÀ DI EVENTI ACASUALI?”
CARL GUSTAV JUNG (1875 - 1961), “La sincronicità” (1952), (“Synchronizität als ein Prinzip akausaler Zusammenhänge”, Rascher, Zürich 1952), trad. di Silvano Daniele, pref. di Antonio Vitolo, Bollati Boringhieri, Torino 2012 (rist., I ed. 1980), 1. ‘Esposizione’, pp.17 – 19.
L'idea della rinascita è inseparabile da quella del karma. Il problema cruciale è se il karma di un uomo sia o no personale; se lo è allora il destino predeterminato col quale un uomo entra nella vita rappresenta il compimento delle opere di vite precedenti e perciò esiste una continuità personale. Se non è così, all'atto della nascita. si assume un karma impersonale, e allora questo si incarna di nuovo senza che vi sia alcuna continuità personale. Due volte i discepoli chiesero a Buddha se il karma dell'uomo fosse personale o no; ogni volta egli eluse la domanda e non esaminò la questione a fondo: saperlo, egli disse, non avrebbe contribuito alla liberazione di se stessi dall'illusione dell'esistenza. Buddha riteneva molto più utile per i suoi discepoli meditare sulla catena del Nidana, cioè sulla nascita, la vita, la vecchiaia, la morte, e sulla causa e l'effetto della sofferenza. Non conosco risposta alla domanda se il karma che io vivo sia il risultato di mie vite passate, o se non sia piuttosto il conseguimento dei miei antenati, la cui eredità si assomma in me. Sono forse una combinazione delle vite dei miei antenati, e reincarno le loro vite? Sono vissuto già nel passato, come una determinata personalità, e sono tanto progredito in quella vita da essere ora capace di cercare una soluzione? Non lo so. Buddha lasciò aperta la questione, e presumo che egli stesso non ne conoscesse con certezza la risposta.
Carl Gustav Jung. Ricordi sogni riflessioni
Mi sembra che sia molto più vincolante l'effetto degli intrecci sociali nella nostra vita di quanto non lo sia l'effetto del karma, comunque lo si voglia intendere. Sono più vincolata se condivido parti di esistenza con altri esistenti, che a dover scontare conseguenze di pensieri e azioni passate. A parte che poi il tempo dell'esazione non lo conosciamo e può anche darsi che paghiamo in quello che diciamo "oggi" tutto quello che faremo in un "domani" che forse è ciclico e non lineare. O forse esiste qui ed ora, anche se non ci sembra così...