giovedì 26 gennaio 2012

Jung. L’Ombra/Il proiettare

278

Cronaca 8 – L’Ombra/Il proiettare

http://cronachedellabirinto.wordpress.com/2011/11/20/cronaca-8-lombrail-proiettare/

“Ma il bello viene quando le storie
sono messe una accanto all’altra”
M.C.Bateson

“Imperativo estetico: se vuoi
percepire comincia ad agire”
Heinz Von Foerster


Se si guarda agli individui e alle loro interazioni con un po’ di profondità e tenendo presente la Psiche; se ci si rifiuta cioè di fermarsi al comportamento e se si riconosce l’esistenza di tutta una sfera interna, di un mondo interiore nel quale gli eventi e il mondo vengono sentiti, elaborati e giudicati; non si può non riflettere sul fatto che gran parte della “realtà” che stiamo sperimentando è creata non solo dagli stimoli esterni che colpiscono i nostri sensi ma anche, e forse soprattutto, da ciò che noi in qualche modo proiettiamo su di essi.
Come ebbe a dire G.Bateson: “Io credo, e lo dico sul serio, all’esistenza di un legame tra la mia ‘esperienza’ e ciò che accade ‘all’esterno’ e che influisce sui miei organi di senso, ma non tratto questo legame come se fosse ovvio, bensì come una cosa misteriosa, che richiede molto studio. Quando dirigo gli occhi verso quello che penso sia un alberoricevo un’immagine di qualcosa di verde. Ma questa immagine non è ‘all’esterno’. Crederlo è già una forma di superstizione perché l’immagine è una creazione mia, prodotto di molte circostanze, compresi i miei preconcetti.”.
Ognuno di noi in base alle proprie precedenti esperienze, in base al modo in cui ha elaborato i propri vissuti e alle conclusioni che ne ha tratto, va avanti a creare un mondo che è la somma degli eventi che gli capitano e a cui va incontro, e del suo continuo aggiungere a questi eventi la propria opinione, i propri stati d’animo e le proprie credenze.
Ogni volta che, nelle cronache precedenti, ho parlato della mutevolezza del labirinto, dell’assenza di confini e della co-creazione di realtà, mi riferivo proprio a questo continuo atto del proiettare nel mondo porzioni della nostra interioritàparti di ciò che abbiamo appreso e portato dentro e che ora, nell’atto di interagire con il mondo, riversiamo all’esterno, aggiungendo “noi stessi” a “tutto il resto”.
Detto così può sembrare addirittura banale: anche ad un livello di psicologia spicciola, ognuno di noi sa che se a dieci persone viene chiesto di assistere allo stesso evento e poi le si interroga sul loro vissuto, si ottengono dieci descrizioni diverse, a volte molto distanti l’una dall’altra. E quando a queste stesse persone viene chiesta una spiegazione o un’interpretazione del “fatto”, si nota una differenza ancora maggiore fra una versione e l’altra.
Le differenze individuali sono, insomma, innanzitutto differenze connesse a “ciò che ogni individuo aggiunge all’esperienza”. Questa sorta di contributo interno è, in altre parole, ciò che fa sì che il mondo visto con i miei occhi sia un po’ (o molto) diverso dal mondo visto con gli occhi di un altro.
E’ qualcosa che sappiamo da sempre ma che, per comodità e a volte per pigrizia, lasciamo scomparire nello sfondo e diamo per scontato. Siamo abituati a condividere la realtà e viviamo in un contesto sociale in cui l’accordo su ciò che è reale rende possibile la convivenza civile. E siccome tutti (o quasi) concordiamo sul fatto che quando la luce del semaforo è rossa ci si ferma e quando è verde si riparte, non stiamo lì a riflettere troppo sulle sensazioni che il verde o il rosso, il procedere o il fermarsi, creano in ciacuno di noi.
Ma quando ci muoviamo verso le nostre parti di Ombra, quando le sfumature cominciano a diventare importanti e il legame con l’Altro smette di essere sociale ed inizia ad essere più intimo, quando entrano in ballo le emozioni e i sentimenti, a quel punto, ciò che ognuno di noi porta, più o meno consciamente, nella relazione, diventa ciò che fa la differenza e ciò che determina la durata, l’intensità e la “coloritura” del legame, momento per momento.
Questo riversarsi della soggettività nello spazio della relazione è ciò che rende veramente diverso il rapporto fra gli esseri viventi rispetto al rapporto che potrebbe esserci fra due computer, per quanto sofisticati.
E gran parte di ciò che si riversa nella relazione non viene “messo lì” consciamente: la percezione è quasi tutta, più o meno pericolosamente, inconscia.
In altre parole: ciò che proiettiamo all’esterno è spesso una parte della nostra Ombra, non sono mai solo i due Jekyll che si confrontano nella relazione; dietro le quinte gli Hyde di ognuno di noi proiettano la loro ombra nello spazio del rapporto.
Non sempre questo è un male, anche perché, come ho detto nella Cronaca precedente, l’Ombra può aggiungere spessore all’individuo portando tutta quell’energia istintiva, naturale e “selvatica” che rende un individuo meno “sociale” e più intero e autentico. Ma perché la parte più oscura di ognuno di noi possa fluire armonicamente verso l’esterno e non irrompere sulla scena con la forza bruta dello scimmmione rappresentato dal Mr Hyde di Stevenson, è necessario che l’Ombra venga in qualche modo assorbita.
Questo non significa che deve essere resa luminosa: ci sono parti di noi che è meglio che rimangano selvatiche e ombrose, naturalmente forti e non troppo addomesticate. L’Ombra dovrebbe piuttosto essere come condensata all’interno della personalità. “L’analista junghiana Marie Luise von Franz ha detto da qualche parte che una persona che ha lavorato con l’Ombra e che ha integrato l’Ombra dà la sensazione di essere condensata. Gli altri le riconoscono facilmente una certa autorità sulle questioni morali. Ha detto che se un’insegnante ha lavorato con la propria Ombra, gli studenti, per quanto giovani possano essere, lo sentono.” (R.Bly).
Si potrebbe dire che ciò che viene sentito all’esterno è lo spessore che questa persona ha ottenuto, una sorta di peso che è in grado di aggiungere nell’interazione e che, invece di appesantirla, la rende più significativa. E’ come se in chi ha assorbito l’Ombra sia avvenuta una condensazione, una sorta di inspessimento della psiche, che aggiunge autorevolezza ai suoi gesti.
Rispondendo ad un giornalista che, negli anni ’80, gli chiedeva se trovasse queste qualità in qualcuno dei leader politici americani di quel periodo, il poeta R.Bly rispose: “Ronald Regan di certo non ha assorbito la sua Ombra. In lui non c’è niente di condensato. Sappiamo che continua a proiettare la sua Ombra sulla Russia che vede come l’impero del male. E sostiene che i contadini disperati di El Salvador sono tutti marionette della Russia…Winston Churchill aveva assorbito la propria Ombra ed esercitava una autorità naturale. C’era in lui qualcosa di estremamente infantile (era lì la sfera della sua ombra), ma sembrava che lui l’avesse affrontato e mangiato.”.
Una volta che l’Ombra è stata “affrontata e mangiata” non scompare ma siamo in grado di portarla con noi come qualcosa che emana e che dà spessore ai nostri gesti e alle nostre parole. Se invece il lavoro sulla parte oscura e repressa non ha luogointere parti dell’interiorità vengono proiettate all’esterno e riversandosi nella “realtà” trasformano a nostra insaputa le cose e le persone.
Capita così, ad esempio, che, proiettando l’aggressività repressa sulle persone, cominciamo a sentirci circondati da nemici che ce l’hanno con noi o che, non accettando in noi la parte più malinconica e triste, cominciamo a trasferirla sugli altri trovandoli poco stimolanti, noiosi, tristiNon riconoscendo l’Ombra dentro di noi siamo in grado di vederne solo la forma proiettata e cominciamo così ad evitarla o a combatterla all’esterno.
E questo crea un vero e proprio circolo vizioso perché di colpo il mondo, riempito da ciò che abbiamo imparato ad evitare, diventa alieno ed estraneo, proprio come aliena ed estranea è ogni parte di noi che non è stata integrata. Questa visione distorta attiva una serie di meccanismi di difesa che, naturalmente, rendono il mondo e gli altri ancora più distanti e sgradevoli.
Per uscire dal circolo vizioso bisogna trovare un modo per ritirare le proiezioni e per integrare l’Ombra.
Il primo passo è quello di riconoscere che, dal punto di vista soggettivo, la realtà è il frutto di una serie di azioni che compiamo. Questo è il senso dell’imperativo estetico di cui parla von Foerster “Se vuoi percepire comincia ad agire”: vedo una cosa piuttosto che un’altra perché, per qualche motivo, ho imparato ad orientare il mio sguardo in un certo modo; noto certe parti del paesaggio e della relazione perché concentro la mia attenzione su di esse e non su altre.
Se per percepire devo agire questo mi dà la responsabilità di ciò che vedo e, con essa, la possibilità di allargare il mio orizzonte posando lo sguardo un po’ più a lungo su certi aspetti del mondo.
Posso chiedermi: “Quanto di ciò che guardo è costruito da me?, Quanto la storia che sto raccontando collima con quella che un Altro racconta?, Posso mettere la mia descrizione accanto alla sua e vedere cosa lui apprende da me e io da lui?”.
Queste ed altre simili domande su ciò che facciamo nel momento in cui stiamo leggendo la realtà sono già dei gestipossono aggiungere o togliere qualcosa all’atto del percepire e sono come degli antidoti alla proiezione inconscia dell’Ombra e un inizio della sua integrazione.


Creatura complicata è l’uomo: sa tanto di tante cose, ma conosce davvero pochissimo se stesso.
Il problema di cosa sia l’uomo è sempre l’ultimo che ci poniamo.
L’uomo è anche ciò che né lui né gli altri sanno di lui; si è contenti di non conoscere se stessi, perché niente più di questo disturba il roseo bagliore delle illusioni.
L’incontro con se stessi è una delle esperienze più sgradevoli alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo circostante.
L’uomo dovrebbe prima di tutto sforzarsi di conoscere sé stesso, per poi vivere in armonia con la propria verità.
Chi è in condizione di vedere la propria ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una piccola parte del compito’.
Carl Gustav Jung



La Persona è un complicato sistema di relazioni fra la coscienza individuale e la società, una specie di maschera che serve da un lato a fare una determinata impressione sugli altri, dall'altro a nascondere la vera natura dell'individuo. La costruzione di una Persona collettivamente conveniente è una grave concessione al mondo esteriore, un vero sacrificio di sé, che costringe l'Io a identificarsi addirittura con la Persona, tanto che c'è della gente che crede sul serio di essere ciò che rappresenta."
Carl Gustav Jung


È facile amare qualcun altro, ma amare ciò che sei, quella cosa che coincide con te, è esattamente come stringere a sé un ferro incandescente: ti brucia dentro, ed è un vero supplizio. Perciò amare in primo luogo qualcun altro è immancabilmente una fuga da tutti noi sperata, e goduta, quando ne siamo capaci. Ma alla fine i nodi verranno al pettine: non puoi fuggire da te stesso per sempre, devi fare ritorno, ripresentarti per quell’esperimento, sapere se sei realmente in grado d’amare. È questa la domanda – sei capace d’amare te stesso?
Carl Gustav Jung


Non ti accorgi che l'Altro è anche dentro di te. Pensi invece che venga in qualche modo da fuori e ritieni di scorgerlo anche nelle opinioni e azioni del tuo prossimo che ti ripugnano. Lì lo combatti, essendo del tutto accecato. Chi invece accetta l'Altro che gli viene incontro, perché è presente anche in lui, non lotta più, ma guarda dentro di sé e tace.
Carl Gustav Jung



"Chi guarda in uno specchio d’acqua, inizialmente vede la propria immagine. Chi guarda se stesso, rischia di incontrare se stessoLo specchio non lusinga, mostra diligentemente ciò che riflette, cioè quella faccia che non mostriamo mai al mondo perché la nascondiamo dietro il personaggio, la maschera dell’attore. Questa è la prima prova di coraggio nel percorso interiore. Una prova che basta a spaventare la maggior parte delle persone, perché l’incontro con se stessi appartiene a quelle cose spiacevoli che si evitano fino a quando si può proiettare il negativo sull’ambiente."
Carl Gustav Jung


Ogni vita non vissuta rappresenta un potere distruttore e irresistibile che opera in modo silenzioso ma spietato
Carl Gustav Jung




Le persone farebbero qualunque cosa, per quanto assurda, pur di evitare di affrontare la propria coscienza: praticare lo yoga, osservare diete, imparare teosofia a memoria, ripetere meccanicamente testi mistici della letteratura mondiale. Tutto perchè non sanno stare con se stessi, e non credono minimamente di poter tirar fuori qualcosa di utile dalla loro coscienza
Carl Gustav Jung



Nutrite l'anima perché la fame la trasforma in una belva che divora cose che non tollera e da cui resta avvelenata. Amici miei, saggio è nutrire l'anima, per non allevarvi draghi e diavoli in seno.
Carl Gustav Jung

Dentro di noi abbiamo un'Ombra: un tipo molto cattivo, molto povero, che dobbiamo accettare.
Carl Gustav Jung

Ognuno di noi è seguito da un'ombra. Meno questa è incorporata nella vita conscia dell'individuo, tanto più è nera e densa.
Carl Gustav Jung


Solo se gli uomini vengono educati a intendere chiaramente il lato in "Ombra" della loro natura, è sperabile che possano comprendere meglio anche i loro simili e cominciare ad amarli.
Carl Gustav Jung


OGNUNO È SEGUITO DA UN'OMBRA, TANTO PIÙ NERA E DENSA QUANTO MENO È INCORPORATA NELLA VITA COSCIENTE DELL'INDIVIDUO. [...] Porsi a confronto con l'Ombra vuol dire dunque divenire coscienti del proprio vero essere, criticamente e senza riguardi. Mediante il MECCANISMO DELLA PROIEZIONE essa appare tuttavia, come TUTTO CIÒ CHE È INCONSCIO, TRASFERITA SU UN OGGETTO, PER CUI "LA COLPA È SEMPRE DELL'ALTRO"; A MENO CHE NON SI RICONOSCA CONSCIAMENTE CHE L'OSCURITÀ SI TROVA IN NOI STESSI. [...] Chi ha abbastanza coraggio da RITIRARE TUTTE LE SUE PROIEZIONI, acquista coscienza di una considerevole zona d'ombra. [...] Chi sia giunto a tanto vive nel raccoglimento interiore; sa che i difetti del mondo sono anche difetti suoi; e pur che impari a dominare la sua Ombra, ha fatto qualcosa di reale per il mondo. E' riuscito a risolvere almeno una minima parte dei giganteschi problemi irrisolti dei giorni nostri.
J. Jacobi, La psicologia di Carl Gustav Jung


La voce interiore. Avere una vocazione nel suo significato originario vuol dire essere guidati da una voce. [...] La voce interiore è la voce di una vita più piena, di una coscienza ulteriore più ampia. 
Nella voce interiore, l'infimo e il sommo, l'eccelso e l'abietto, verità e menzogna spesso si mescolano imperscrutabilmente, aprendo in noi un abisso di confusione, di smarrimento e di disperazione
Carl Gustav Jung


UN UOMO CHE NON È PASSATO ATTRAVERSO L’INFERNO DELLE PASSIONI NON LE HA MAI SUPERATE: esse CONTINUANO A DIMORARE NELLA CASA VICINA, e in qualsiasi momento può guizzarne una fiamma che può dar fuoco alla sua stessa casa. SE RINUNCIAMO A TROPPE COSE, se ce le lasciamo indietro e quasi le dimentichiamo, C’È IL PERICOLO CHE CIÒ A CUI ABBIAMO RINUNCIATO O CHE CI SIAMO LASCIATI DIETRO LE SPALLE, RITORNI CON RADDOPPIATA VIOLENZA.
Carl Gustav Jung


La fame, il VUOTO NELL'ANIMA (che alla fine è VUOTO D'AMORE) si trasforma quasi sempre nella PERDITA DEGLI ISTINTI E DELL'AUTOSTIMA, SI PERDE SENSIBILITÀ nel capire cosa ci fa bene e cosa ci nutre davvero, SI SENTE SOLO IL VUOTO E LA NECESSITÀ DI RIEMPIRLO. Le cose e i rapporti più rischiosi o sfavillanti o estremi solitamente danno l'ILLUSIONE DI ESSERE UN GRANDE NUTRIMENTO PER L'ANIMA MENTRE INVECE LA AFFAMANO SEMPRE DI PIÙ, si ha l'immediata sensazione di essere riempite o meglio sommerse, sopraffatte che SI TRASFORMA SUBITO IN VUOTO MAGGIORE.. NUTRIRE L'ANIMA SIGNIFICA IMPARARE AD ASCOLTARSI GIORNO PER GIORNO E COMPRENDERE COSA DESIDERIAMO VERAMENTE, è nutrimento goccia a goccia, come PER CHI È STATO AFFAMATO PER MOLTO TEMPO..: NON PUÒ MANGIARE TROPPO ALTRIMENTI RISCHIA DI ESSERNE SOPRAFFATTO E DI STAR MALE.. PIÙ È DURATO IL VUOTO E PIÙ IL NUTRIMENTO DEV'ESSERE GRADUALE, NATURALE, SEMPLICE, CONCRETO, FINO A CHE NON SI È RISTABILITO e allora si ha l'istinto intatto per mangiare ciò che si vuole, NELLA MISURA GIUSTA ed evitare il veleno..
"Nutrite l'anima perché la fame la trasforma in una belva che divora cose che non tollera e da cui resta avvelenata. Amici miei, SAGGIO È NUTRIRE L'ANIMA, PER NON ALLEVARVI DRAGHI E DIAVOLI IN SENO."
Carl Gustav Jung

"L'UOMO CHE ACCETTA E ATTRAVERSA IL CONFRONTO CON LA PROPRIA OMBRA, CAMBIA PROFONDAMENTE. <<Un uomo di tal genere>> dice Jung <<CHE ABBIA CIOÈ RITIRATO LE PROPRIE PROIEZIONI DI OMBRA DAGLI ALTRI, SI CARICA DI PROBLEMI E CONFLITTI NUOVI. Egli diviene un grave compito per se stesso, PERCHÈ NON PUÒ PIÙ DIRE CHE GLI ALTRI FANNO QUESTO E QUELLO, CHE ESSI SONO IN ERRORE, CHE CONTRO DI ESSI BISOGNA LOTTARE. Chi sia giunto a tanto vive nel RACCOGLIMENTO INTERIORE. SA CHE I DIFETTI DEL MONDO SONO ANCHE DIFETTI SUOI E CHE, PUR CHE IMPARI A DOMINARE LA SUA OMBRA, AVRÀ FATTO QUALCOSA DI REALE PER IL MONDO>>. E' questo UN UOMO CHE SI PRENDE LA RESPONSABILITÀ DI CIÒ CHE È, ANCHE NEI SUOI ASPETTI MENO PIACEVOLI E PIÙ DISCUTIBILI. La personalità esce arricchita da questo confronto. IL SUO EQUILIBRIO, CHE PRIMA SI CREDEVA AUTOMATICO, È ADESSO PERCEPITO COME IL RISULTATO DI UN FATICOSO, CONTINUO LAVORO DI MEDIAZIONE TRA I DIVERSI ASPETTI DELLA PSICHE. Un equilibrio che ha in sé qualcosa di doloroso. Ma è reale".
Claudio Risé. Diventa te stesso



L'immagine "esterna" del mondo ci fa intendere ogni cosa come effetto di forze fisiche e fisiologiche , l'immagine interna, invece, ci fa intendere ogni cosa come effetto di entità spirituali. Ora, l'immagine del mondo comunicataci dall'inconscio è di natura mitologicaAl posto delle leggi naturali troviamo quì la volontà personale di dei e demoni, al posto delle forze naturali troviamo anime e spiriti. Le due immagini del mondo sono tra loro incompatibili, e non esiste alcuna logica che le possa conciliare: l'una offende il nostro sentimento, l'altra la nostra ragione: e tuttavia l'umanità ha sempre provato il bisogno di conciliare in qualche modo le due immagini del mondo, e a questo scopo hanno lavorato filosofi, fondatori di religioni e artisti. L'uomo, insomma, non ha mai rinunciato a cercare "la via di mezzo", la strada che consenta di unificare ciò che é diviso. Il segreto della "via di mezzo", la conciliazione, ritengo, si realizzi nel simbolo, perché il simbolo contiene, per sua natura, ambedue gli aspetti, quello razionale e quello irrazionale. Ciascuno di essi esprime anche l'altro, cosicché il simbolo li abbraccia entrambi senza identificarsi con nessuno dei due
C.G. Jung, Sull'inconscio, 1918, pag.17


Il sè, l'onnicomprensivo simbolo dell'inconscio, può svolgere un'attività di duplice carattere. Il lato negativo del sè è il più pericoloso di tutti, proprio perchè il sè è il depositario del più rilevante potere psichico. Può far sì che gli uomini si "costruiscano" fantasie megalomani o altrimenti illusorie, che li avvincono e li "posseggono". Chi si trova in tale stato ritiene, con crescente senso di orgoglio, di avere affrontato e risolto i nodi di tutti i grandi problemi cosmici, e smarrisce ogni contatto con la concreta realtà umana. Un sintomo concreto di tale situazione è LA PERDITA DEL SENSO DELL'UMORISMO, del GUSTO DEI RAPPORTI UMANI.
Carl Gustav Jung, L'uomo e i suoi simboli



Osserv-azione:
Noi non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo.






«Se finora si pensava che l’Ombra umana fosse la fonte di ogni male, si può adesso, a un’indagine più precisa, scoprire che l’uomo inconscio, l’Ombra, non consiste solo intendenze moralmente riprovevoli, ma presenta anche una serie di buone qualità, istinti normali, reazioni appropriate, percezioni realistiche, impulsi creativi ecc. A questo livello di conoscenza, il male appare piuttosto come distorsione, deformazione, erronea interpretazione e indebita applicazione di fatti in sé naturali.»
Carl Gustav Jung – Aion


Ricordiamo che in Psicologia, l'archetipo dell'OMBRA, non è assolutamente il polo di tutti i lati negativi e "ombrosi" dell'individuo. Non si tratta di lati 'buoni' o 'cattivi', piuttosto di lati inespressi che in se possono essere anche positivi, ma che restando appunto in "ombra", non essendo portati alla luce (come anche un talento o una vocazione), allora si 'deformano', prendendo varie 'distorsioni' ed agendo sull'individuo in maniera non più ottimale e in maniera, perlopiù delle volte, autonoma. Da qui deriva il corollario: Conosci te stesso e (soprattutto) DIVENTA' CIO' CHE SEI. Perchè se non diventi ciò che sei, quel che tu 'sei' cade nell'OMBRA, non si esprime, e lì, agisce in maniera incontrollata, inflazionata, distruttiva.
Gruppo nazionale su Facebook "CARL GUSTAV JUNG - ITALIA"



Distinguo quindi fra fra l'Io e il Sé, in quanto l'Io è solo il soggetto della mia coscienza, mentre il Sé è il soggetto della mia psiche totale, quindi anche quella inconscia.
Carl Gustav Jung


Nell'estroverso la vita è regolata in primo luogo dalla relazione con gli uomini. Egli potrebbe per un semplice capriccio gettar via la fidanzata e con lei sé stesso, mentre l'introverso si danneggia soprattutto se manda a rotoli la sua relazione con l'Anima, cioè con l'oggetto interiore.
Carl Gustav Jung, L'Io e l'inconscio, 1928


Pertanto IL SÈ È ANCHE LO SCOPO DELLA VITA PERCHÉ È L'ESPRESSIONE DELLA COMBINAZIONE DI DESTINI CHE SI CHIAMA INDIVIDUO, NON DEL SINGOLO INDIVIDUO, MA DI UN INTERO GRUPPO, NEL QUALE UNO INTEGRA L'ALTRO PER COSTITUIRE L'IMMAGINE COMPLETA. Quando si riesce a sentire il Sé come un irrazionale, come un ente indefinibile, al quale l'Io non è contrapposto, né sottoposto, ma pertinente, e intorno al quale esso ruota come la terra intorno al sole, allora lo scopo dell'individuazione è raggiunto. L'Io individuato si sente oggetto di un soggetto ignoto e superiore.
Jung. L'Io e l'inconscio




il processo di individuazione




L'IO INDIVIDUATO si sente oggetto di un soggetto ignoto e superiore. Aggiungo che NON CAPISCO - può darsi sia un mio limite - QUELLE CULTURE/FILOSOFIE CHE PARLANO DI TRASCENDERE L'IO...MA SE, APPUNTO, NON È INDIVIDUATO, COME E COSA SI VA TRASCENDENDO...?
Jung sostiene che LA COSCIENZA, “LA PIÚ SORPRENDENTE TRA LE STRANEZZE DELLA NATURA”, ESISTE E DESIDERA ESPANDERSI per il semplice motivo che senza di lei “le cose procedono meno bene”. D'altro canto Jung parla anche di UNA “COSCIENZA PIÚ ELEVATA”, una coscienza più profonda e più ricettiva che ci collega con il reame transpersonale.




Jung la definisce percorso di "Individuazione", va integrata l'ombra, se rifiutata si incattivisce e fa dispetti.



Jung dice anche che non è detto che il percorso d'inviduazione vada a buon fine nel corso della vita. Ritengo che un approccio mistico affiancato ad una analisi psicologica sia il più appropriato. Questi sviluppi o applicazioni nella moderna psicologia le troviamo applicata anche da terapeuti ebraici che scoprono similitudinie siniergia nella mistica della Kaballah come dice il prof. Garb della Duke university. [...]  Con tutta la buona volontà...il processo d'individuazione è estremamente complesso e non privo di rischi. Alla fine si abbandona sempre il percorso sicuro della scienza per entrare in quello mistico-esoterico; quest'ultimo ha compreso da molto prima della nascita della psichiatria cos'è un percorso interiore di rinascita. Cambia il linguaggio e i contenuti simbolici ma non cambiano le matrici come giustamente ha osservato Jung. E' interessante e indicativo constatare che a questo genere di conclusioni si sia arrivati da background culturali differenti anche se...a mio modestissimo avviso...alcune cose vanno lasciate nascoste.



Chi guarda nello specchio dell'acqua vede la propria immagine. Chi va verso se stesso rischia l'incontro con sé : lo specchio non lusinga , mostra il volto che non esponiamo mai al mondo, perché lo vediamo per mezzo della Persona , la maschera dell'attore . Ma dietro la maschera c'è lo specchio da cui il vero volto traspare . E' questa la prima prova di coraggio da affrontare sulla via interiore, una prova che basta a far desistere la maggior parte degli uomini. L'incontro con se stessi è una delle esperienze più sgradevoli alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo che ci circonda . Quando si è in grado di vedere la propria Ombra e di sopportarne la conoscenza si è solo assolta una piccola parte del compito .
Carl Gustav Jung, Gli archetipi dell'inconscio collettivo


Gli specchi sono tra i simboli più affascinanti che abbia mai incontrato nel mio lavoro sui sogni.......
Lo specchio si riferisce a una funzione della mente che introduce ai misteri della vita....
si potrebbe arguire che lo specchio sia un simbolo del potere immaginativo della mente
Carl Gustav Jung da Jung e l'immaginazione alchemica pag. 214





Jung ha usato il nome di Basilide di Alessandria ma i Sette Sermoni li ha scritti lui. Li pubblicò privatamente in forma di opuscolo e li distribuì agli amici, non andarono mai in libreria, più tardi disse di considerarli un peccato di gioventù: Lo scrive Aniela Jaffé a pag.449 di questo stesso libro.



Juana M Ursoleo la teoria dello specchio!

la teoria dello specchio!








Scusate ma questa cosa non l'ho mai capita. Vuol dire che quello che odiamo negli altri è proprio quello che odiamo in noi stessi?








SI.....tutto ciò che ci da fastidio negli altri è perchè ce l'abbiamo noi, osserviamoci e lavoriamo sul problema per migliorarci e ringraziamo chi ci ha dato l'opportunità per vedere !!!






quello che odiamo negli altri è quello che non abbiamo risolto dentro di noi, o quello che vorremmo avere e non siamo riusciti ad avere



 critichiamo i difetti negli altri per non vedere i nostri...





Nessun commento:

Posta un commento

Elenco blog personale