domenica 22 gennaio 2012

Alberto Moravia. Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia.

«Un romanzo nasce come un bambino. Non c’è un progetto, c’è solo un embrione.
Una frase, un ritmo, un’idea. Poi cresce da solo, va avanti, si modifica per strati successivi.
All’inizio non c’è niente […] È inutile cercare di definire la scrittura. Bisogna scrivere e basta.
Per l’artista scrivere significa creare un nuovo modo di sensibilità».
Alberto Moravia


Quando si agisce è segno che ci si aveva pensato prima: l'azione è come il verde di certe piante
che spunta appena sopra la terra, ma provate a tirare e vedrete che radici profonde.
Alberto Moravia


Perché il mondo oggi è congegnato
in modo che nessuno può fare quello che desidererebbe
e deve invece fare quello che gli altri desiderano
Alberto Moravia, "Il disprezzo"


Tu sei a te stessa il mondo intero, ivi compresa la mia modesta persona.
In questo mondo c'è una certa ingiustizia mischiata a varie adorazioni.
Sperare di introdurre in un mondo siffatto un'ombra di verità è fatica inutile.
Si può sperare soltanto che i tuoi sogni coincidano casualmente con la realtà.”
Alberto Moravia a Elsa Morante, fine degli anni ‘70
(da L’amata – Lettere di e a Elsa Morante)


"Non ha paura a mettere questo titolo scostante "La noia"? Lei ha chiamato un altro suo romanzo "Il disprezzo", "Gli indifferenti", sembra che vada cercando dei titoli proprio scostanti."

"Sono i titoli che prediligo, non perché siano scostanti, ma perché rappresentano il mondo moderno che spesso è "scostante" come lei dice. Del resto, la gente si annoia molto più di quanto non si creda, no? Molti anzi si annoiano senza saperlo, è proprio di questa noia inconsapevole che io voglio parlare nel mio libro, non della noia che può esser curata e può esser distratta con i divertimenti normali, è della noia, che in un certo senso, soggiace anche al divertimento nel mondo moderno."


"Il 28 novembre 1907 nasceva a Roma Alberto Moravia, uno dei più grandi scrittori italiani del secolo scorso. Mirella Serri, con Antonio Debenedetti, traccia il profilo intellettuale di Moravia (morto a Roma 26 settembre 1990) avvalendosi di alcuni filmati. Lo scrittore, intervistato da Enzo Siciliano, rivela i suoi gusti letterari. Apprendiamo così del suo amore per Dostoevskij, di cui si sente un epigono, e dell'incommensurabile superiorità da lui ascritta a Proust rispetto a Flaubert, colpevole di aver "ammazzato il romanzo". Moravia parla inoltre del suo debito nei confronti delle donne e del sesso che, nei suoi romanzi, diventa una "griglia" interpretativa atta a filtrare le dinamiche sociali e psicologiche dei protagonisti. Il filmato si conclude con le immagini dello scrittore in Africa, un paese amato per la prepotenza della natura, che, diversamente da quanto è accaduto in Europa, dove è stata ridotta a giardino, ha mantenuto la sua predominanza rispetto all'uomo. Il filmato è tratto da "Tempo Novecento", un programma televisivo ideato da Italo Moscati e condotto da Mirella Serri. Realizzato nel 1997, il programma, attingendo dall'archivio Rai, proponeva in ogni puntata il ritratto di uno dei protagonisti culturali della seconda metà del Novecento".
[Rai Educational con Rai Teche RSS] Pubblicato il 11 nov 2013
https://youtu.be/67MTDaFluWQ




Questo per dire che ci si abitua a tutto e che la guerra è proprio un'abitudine e che quello che ci cambia non sono i fatti straordinari che avvengono una volta tanto ma proprio quest'abitudine, che indica, appunto, che accettiamo quello che ci succede e non ci ribelliamo più.
Alberto Moravia, La Ciociara


"Quale debole sforzo basterebbe per essere sinceri, e come invece si faccia di tutto per andare nella direzione opposta.”
Gli indifferenti, Moravia



Quel giorno, mentre se ne andava passo passo lungo i marciapiedi affollati, lo colpì, guardando in terra alle centinaia di piedi scalpiccianti nella mota, la vanità del suo movimento: “Tutta questa gente” pensò, “sa dove va e cosa vuole, ha uno scopo, e per questo s’affretta, si tormenta, è triste, allegra, vive, io… io invece nulla… nessuno scopo… se non cammino sto seduto: fa lo stesso.” Non staccava gli occhi da terra: c’era veramente in tutti quei piedi che calpestavano il fango davanti a lui una sicurezza una fiducia che egli non aveva; guardava, e il disgusto che provava di se stesso aumentava; ecco, egli era dovunque così, sfaccendato, indifferente; questa strada piovosa era la sua vita stessa, percorsa senza fede e senza entusiasmo, con gli occhi affascinati dagli splendori fallaci delle pubblicità luminose.
Alberto Moravia, "Gli indifferenti"



Non mi sono mai piaciuti i tagli netti, le interruzioni repentine. 
Penso che le cose nella vita muoiono da sé, come sono nate, per noia, per indifferenza o anche per abitudine che è una forma di noia fedele; e mi piace di sentirle morire così, naturalmente, senza colpa mia o altrui, e pian piano vederle cedere il luogo ad altre.
Alberto Moravia



In principio, dunque, era la noia, volgarmente chiamata caos. Iddio, annoiatosi della noia, creò la terra, il cielo, l'acqua, gli animali, le piante, Adamo ed Eva; i quali ultimi, annoiandosi a loro volta del paradiso, mangiarono il frutto proibito. Iddio si annoiò di loro e li caccio dall'Eden. [...]
Alberto Moravia, “La noia”, 1960

I grandi imperi egiziani, babilonesi, persiani, greci e romani sorgevano dalla noia e crollavano nella noia; la noia del paganesimo suscitava il cristianesimo; la noia del cattolicesimo, il protestantesimo; la noia dell'Europa faceva scoprire l'America; la noia del feudalesimo provocava la rivoluzione francese; e quella del capitalismo, la rivoluzione russa. [...]
Alberto Moravia, “La noia”, 1960


La NOIA, per me, e propriamente una specie di INSUFFICIENZA  o INADEGUATEZZA o SCARSITA' DELLA REALTA'. 
Alberto Moravia, “La noia”, 1960

Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia.
Alberto Moravia


dei sentimenti non è così facile liberarsi come delle idee:
queste vanno e vengono, ma i sentimenti rimangono.
Alberto Moravia dal libro "La noia"



"Ciò che mi colpiva, soprattutto, era che non volevo far assolutamente niente, pur desiderando ardentemente fare qualche cosa. 
Qualsiasi cosa volessi fare mi si presentava accoppiata come un fratello siamese al suo fratello, al suo contrario che, parimenti, non volevo fare. 
Dunque, io sentivo che non volevo vedere gente ma neppure rimanere solo; che non volevo restare in casa ma neppure uscire; che non volevo viaggiare ma neppure continuare a vivere a Roma; che non volevo dipingere ma neppure non dipingere; che non volevo stare sveglio ma neppure dormire; che non volevo fare l'amore ma neppure non farlo; e così via."
Alberto Moravia, La noia




 E di quelli ci nutriamo...!

Una credenza conquistata con la ragione e con l’analisi della realtà è sufficientemente elastica per non scandalizzarsi mai. Se invece è ricevuta come tradizione, senza analisi delle ragioni, è un conformismo, e quindi si scandalizza.
Alberto Moravia



OCCORRE FAR DIVENTARE LA GUERRA UN TABÙ, COME NELLE NOSTRE CULTURE ERA CONSIDERATO UN TABÙ L’INCESTO. BASTA CON L’EPICA DEL DOLORE E CON IL FASCINO DELLA GUERRA! E’ comodo d’altro canto abituarsi alla guerra senza morti vicino, senza spari intorno, senza bombardamenti sopra di noi. Ma ciò che fa più paura non è tanto la teoria della guerra, bensì l’ideologia della guerra
Alberto Moravia


Quando si agisce è segno che ci si aveva pensato prima: 
l'azione è come il verde di certe piante che spunta appena sopra la terra, 
ma provate a tirare e vedrete che radici profonde
Alberto Moravia


Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia!
Alberto Moravia, Gli Indifferenti


«Gli altri si arrabattano con la furbizia, coi calcoli e con gli inganni, e alla fine, machiavellici come sono, si ritrovano tuttavia con un pugno di mosche. A me invece, che agisco sempre con sincerità e seguendo i miei migliori istinti, che odio l'inganno e il calcolo, a me, l'ingenuo, l'uomo che non sa vivere, tutto va di bene in meglio. Loro cercano di farsi largo a furia di imbrogli, e di malafede e non riescono ad uscire dal loro stato mediocre. Io invece, neppure mi curo di farmi avanti, bado soltanto a procurarmi degli amici, a creare dei legami di affetto, ad essere in buoni e veri rapporti con ogni persona che conosco, e mi ritrovo poi alla fine avvantaggiato, e quegli amici, quei legami d'affetto, quei rapporti, si rivelano come i migliori strumenti della mia fortuna. Tanto è vero che la migliore furbizia è non essere furbi.»
Alberto Moravia, Le ambizioni sbagliate, A. Mondadori, 1935.






io ho cambiato... lavoro, modo di parlare con le persone, gusti alimentari, gusti musicali, amici, casa, approccio alla vita, perttinatura (quello per necessità), mano con cui usare il mouse ... ora devo cambiare tutto il resto ...



che bello chiudere la porta e lasciare fuori tutto ciò che non ci piace






Penso che, a questo punto, sarà forse opportuno che io spenda QUALCHE PAROLA SULLA NOIA, un sentimento di cui mi accadrà di parlare spesso in queste pagine. Dunque, per quanto io mi spinga indietro negli anni con la memoria, RICORDO DI AVER SEMPRE SOFFERTO DELLA NOIA. Ma BISOGNA INTENDERSI SU QUESTA PAROLA. PER MOLTI LA NOIA È IL CONTRARIO DEL DIVERTIMENTO; e divertimento è distrazione, dimenticanza. PER ME, INVECE, LA NOIA NON È IL CONTRARIO DEL DIVERTIMENTO; POTREI DIRE, ANZI, ADDIRITTURA, CHE PER CERTI ASPETTI ESSA RASSOMIGLIA AL DIVERTIMENTO IN QUANTO, APPUNTO, PROVOCA DISTRAZIONE E DIMENTICANZA, sia pure di un genere molto particolare. La noia, per me, è propriamente UNA SPECIE DI INSUFFICIENZA O INADEGUATEZZA O SCARSITÀ DELLA REALTÀ. Per adoperare una metafora, LA REALTÀ, quando mi annoio, mi ha sempre fatto l’effetto sconcertante che fa una coperta troppo corta, ad un dormiente, in una notte d’inverno: la tira sui piedi e ha freddo al petto, la tira sul petto e ha freddo ai piedi; e così non riesce mai a prender sonno veramente. Oppure, altro paragone, la mia noia rassomiglia all’interruzione frequente e misteriosa della corrente elettrica in una casa: un momento tutto è chiaro ed evidente, qui sono le poltrone, li i divani, più in là gli armadi, le consolle, i quadri, i tendaggi, i tappeti, le finestre, le porte; UN MOMENTO DOPO NON C’È PIÙ CHE BUIO E VUOTO. Oppure, terzo paragone, la mia noia potrebbe essere definita una MALATTIA DEGLI OGGETTI, CONSISTENTE IN UN AVVIZZIMENTO O PERDITA DI VITALITÀ QUASI REPENTINA; come a vedere in pochi secondi, per trasformazioni successive e rapidissime, un fiore passare dal boccio all’appassimento e alla polvere. IL SENTIMENTO DELLA NOIA NASCE IN ME DA QUELLO DELL’ASSURDITÀ DI UNA REALTÀ, COME HO DETTO, INSUFFICIENTE OSSIA INCAPACE DI PERSUADERMI DELLA PROPRIA EFFETTIVA ESISTENZA. Per esempio, può accadermi di guardare con una certa attenzione un bicchiere. Finché mi dico che questo bicchiere è un recipiente di cristallo o di metallo fabbricato per metterci un liquido e portarlo alle labbra senza che si spanda, finché, cioè, sono in grado di rappresentarmi con convinzione il bicchiere, mi sembrerà di avere con esso un rapporto qualsiasi, sufficiente a farmi CREDERE ALLA SUA ESISTENZA E, IN LINEA SUBORDINATA, ANCHE ALLA MIA. Ma fate che il bicchiere avvizzisca e perda la sua vitalità al modo che ho detto, ossia che mi si palesi come qualche cosa di estraneo, col quale non ho alcun rapporto, cioè, in una parola, mi appaia come un oggetto assurdo, e allora da questa assurdità scaturirà LA NOIA la quale, in fin dei conti, è giunto il momento di dirlo, NON È CHE INCOMUNICABILITÀ e incapacità di uscirne. Ma questa noia, a sua volta, non mi farebbe soffrire tanto se non sapessi che, pur non avendo rapporti con il bicchiere, potrei forse averne, cioè che IL BICCHIERE ESISTE IN QUALCHE PARADISO SCONOSCIUTO NEL QUALE GLI OGGETTI NON CESSANO UN SOLO ISTANTE DI ESSERE OGGETTI. Dunque la noia, oltre alla incapacità di uscire da me stesso, è la consapevolezza teorica che potrei forse uscirne, grazie a non so quale miracolo.
[…]
Ho detto che MI SONO ANNOIATO SEMPRE; aggiungo che soltanto in tempi abbastanza recenti sono riuscito a capire con sufficiente chiarezza che cosa sia realmente la noia. Durante l'infanzia e poi anche durante l'adolescenza e la prima giovinezza, ho sofferto della noia senza spiegarmela, come coloro che soffrono di continui mal di testa ma non si decidono mai a interrogare un medico. Soprattutto quando ero bambino, la noia assumeva forme del tutto oscure a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altre simili cause; un po' come il malumore dei bimbi più piccoli viene attribuito allo spuntare dei denti. MI AVVENIVA, IN QUEGLI ANNI, DI CESSARE IMPROVVISAMENTE DI GIOCARE E DI RESTARE ORE INTERE IMMOBILE, COME ATTONITO, SOPRAFFATTO IN REALTÀ DAL MALESSERE CHE MI ISPIRAVA QUELLO CHE HO CHIAMATO L'AVVIZZIMENTO DEGLI OGGETTI, OSSIA DALL'OSCURA CONSAPEVOLEZZA CHE TRA ME E LE COSE NON CI FOSSE ALCUN RAPPORTO. In quei momenti MIA MADRE ENTRAVA NELLA STANZA. VEDENDOMI MUTO, INERTE E PALLIDO PER LA SOFFERENZA, MI DOMANDAVA CHE COSA AVESSI, RISPONDEVO INVARIABILMENTE: "MI ANNOIO"; spiegando cosí, con una parola di significato chiaro e angusto, uno stato d'animo vasto e oscuro. Mia madre, allora, prendendo sul serio la mia affermazione, si chinava ad abbracciarmi poi mi prometteva di portarmi al cinema quel pomeriggio stesso, ossia MI PROPONEVA UN DIVERTIMENTO CHE COME SAPEVO ORMAI BENISSIMO, NON ERA IL CONTRARIO DELLA NOIA NÉ IL SUO RIMEDIO. E io, pur fingendo di accogliere con gioia la proposta, non potevo fare meno di provare quello stesso sentimento di noia, che mia madre pretendeva fugare, per le sue labbra che si posavano sulla mia fronte, per le sue braccia che mi circondavano le spalle, nonché per il cinema che lei mi faceva balenare come un miraggio davanti agli occhi. ANCHE CON LE SUE LABBRA, CON LE SUE BRACCIA CON IL CINEMA, INFATTI, IO NON AVEVO ALCUN RAPPORTO QUEL MOMENTO. Ma come avrei potuto spiegare a mia madre che IL SENTIMENTO DI NOIA DI CUI SOFFRIVO NON POTEVA ESSERE ALLEVIATO IN ALCUN MODO? Ho già notato che LA NOIA CONSISTE PRINCIPALMENTE NELL'INCOMUNICABILITÀ. Ora, NON POTENDO COMUNICARE CON MIA MADRE DALLA QUALE ERO SEPARATO COME DA QUALSIASI ALTRO OGGETTO, in certo modo ero costretto ad accettare il malinteso e a mentirle.

tratto da "La noia", di Alberto Moravia

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