Il Pi greco permea la nostra esistenza, ben oltre i problemi di geometria a scuola, dove è conosciuto come il rapporto fra la circonferenza e il diametro del cerchio (o l'area di un cerchio di raggio uguale a 1).
Dall'elettromagnetismo alla meccanica quantistica, il Pi greco investe molti settori. Ad esempio ha a che fare con il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, entra in campo nel periodo di oscillazione del pendolo (che è proporzionale al nostro numero irrazionale), così come nella forza di Coulomb tra due oggetti carichi elettricamente.
Ma la storia del Pi greco ha circa 4mila anni.
BRITISH MUSEUM
I Greci usavano poligoni tangenti internamente ed esternamente a un cerchio, ovvero rispettivamente inscritti e circoscritti (vedi grafico sopra). La lunghezza di una circonferenza e infatti necessariamente compresa fra un limite superiore e uno inferiore, rappresentati rispettivamente dal perimetro del poligono esterno, leggermente maggiore, e quello interno, di poco minore. Quanti più lati ha un poligono, tanto più precisa e la sua approssimazione al cerchio, e di conseguenza tanto maggiore e la precisione con cui si può ricavare il numero che lega la circonferenza al suo diametro. Archimede di Siracusa (287- 212 a.C.) usò poligoni con 96 lati. La sua conclusione fu che il numero del cerchio doveva essere più piccolo di 3+(1/7) ma più grande di 3+(10/71). Rappresentare con un numero decimale il valore intermedio tra i due non era ancora alla portata dei Greci, ma il risultato sarebbe stato 3,1419. Ha tre cifre corrette dopo la virgola, e si discosta solo dell’1% dal valore di oggi.|
FOCUS
Nei secoli successivi i miglioramenti nell’approssimazione non furono particolarmente significativi. Un grande balzo riuscì a due astronomi cinesi del V secolo, Tsu Chung Chi e suo figlio Tsu Keng Chi, i quali trovarono come valore approssimato di Pi greco la frazione 355/113, da cui si ottiene il risultato arrotondato 3,1415929. Tramite poligoni con oltre 20mila lati giunsero a una valutazione di π che si discosta solo di una parte su un miliardo dal valore corretto: un record destinato a rimanere insuperato per quasi mille anni.
A partire dal XVI secolo anche molti matematici europei moltiplicarono i propri sforzi per meglio approssimare il Pi greco. Ludolph van Ceulen (1539-1610, nella foto) vi dedico 30 anni della sua vita. Calcolo il perimetro di poligoni con ben 4,6 miliardi di miliardi di lati e in tal modo riuscì a determinare 35 cifre decimali di π.
Il record di calcolo manuale fu pero stabilito nel 1946 da un tal D. F. Ferguson, che arrivò a 620 cifre decimali. Poi arrivarono i computer.
Ma perché tanto accanimento per un calcolo del genere?
«La matematica e il modo perfetto per prendersi in giro» ha detto Albert Einstein, il grande bastian contrario, il cui anniversario della nascita ricorre il 14 marzo (come i fan del Pi greco non mancano di ricordare).
Dieci cifre di π dopo la virgola sono già sufficienti a determinare il raggio terrestre con la precisione di un millimetro.
Il record mondiale (non ufficiale) della “disciplina” di ricordare a memoria e declamare a voce alta i numeri decimali del Pi greco è stato raggiunto al giapponese Akira Haraguchi, nella foto, che ha recitato 100mila cifre in 16 ore.
Il numero π è ciò che i matematici chiamano “normale”? Si può dire, cioè, che la successione dei suoi decimali sia completamente casuale, oppure da qualche parte fra i miliardi di cifre si nascondono imprevedibili regolarità? Al 762° decimale compare per esempio la sequenza 999999. Come si può escludere che sia un frammento di distribuzione regolare di cifre fino a ora inosservata?
Sommando le prime 20 cifre dopo la virgola si ottiene come risultato 100. Sommando le prime 144 si ottiene 666, ma 144 e il quadrato di 12, ovvero (6+6)×(6+6).
L’altezza di un elefante dal suolo alla spalla si può determinare moltiplicando per 2π il diametro di una sua zampa.
http://www.focus.it/scienza/scienze/storia-e-curiosita-su-pi-greco?gimg=58361&gpath=#img58361
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