Mi fido soltanto delle statistiche che ho manipolato
Winston Churchill
"Con la statistica si può ottenere il risultato sperato scegliendo ad hoc il campione".
prof. Racugno, docente di Statistica
Il primo compito dell'autorità sanitaria, quando essa si trovi di fronte a un morbo, è di accertarsi dell'entità del male, curandosi di stabilire la curva crescente e decrescente del contagio.
Questa curva, tradotta in cifre, è unicamente ricavabile dai certificati mortuari redatti dai medici, i quali danno alla causa di morte dei loro pazienti il nome ricavato dalla diagnosi.
Ora, non soltanto una diagnosi può essere errata, ma, spesso, dottori diversi non battezzano con lo stesso nome la medesima malattia.
Feci parte un giorno di un comitato di salute pubblica e mi presi la briga (credo di essere stato il primo a prendermela) di esaminare le nostre statistiche ufficiali, le quali, a onta dell'ingente spesa sostenuta nel raccoglierle e stamparle, erano ignorate non solo dal pubblico, ma, ne sono certo, anche dai membri del comitato stesso. Stavamo occupandoci di un quartiere ultrapopolato dove tre grandi stazioni ferroviarie si erano divorate appezzamenti di ottima terra, costringendo migliaia di persone ad abbandonare le loro primitive dimore e a stiparsi in locali privi di ogni requisito d'igiene.
La febbre tifoidea vi era endemica.
Mentre scartabellavo le statistiche notai che i morti di tifo erano in numero inferiore a quanto avessi immaginato. Questa constatazione avrebbe potuto mettermi fuori strada se non mi fossi accorto, voltando la pagina, di altre cifre rispondenti alla voce: "febbre enterica".
Sapevo, per caso, che il tifo e l'enterite sono nomi dati indifferentemente dai medici allo stesso morbo.
Un eminente ufficiale medico della Sanità di Londra, oggi scomparso, mise per iscritto che chiunque fosse a conoscenza delle più elementari nozioni di medicina poteva tranquillamente commettere un assassinio, certo di ottenere poi un certificato di morte naturale.
Questo documento non venne reso pubblico ma, oggi quanto allora, risponde a verità.
Simili metodi rendono le nostre statistiche ufficiali alquanto incerte, atte tra l'altro a promuovere conclusioni del tutto errate.
Il giudizio più ottimistico deve al massimo conceder loro il valore di un presupposto necessario a stabilire per i legislatori una base di partenza.
Riuscito a chiarire l'ambiguità nel campo denominativo del tifo, m'imposi al comitato quale persona di profonda cultura; da allora i medici sono stati ufficialmente avvertiti di usare nei certificati di morte le stesse denominazioni per le stesse malattie e di astenersi nei casi letali dubbi dai termini vaghi quali "arresto del cuore" o "dispnea" (mancanza di respiro).
È purtroppo facilissimo mettere in voga nuovi appellativi creatori di confusione, cosicché, fino a quando le diagnosi non assumeranno un significato assai più scientifico, le statistiche sulla mortalità dovranno essere vagliate con estrema cura (e dagli esperti, non dai medici) affinché la legge si possa basare sicuramente su di esse.
Continuando le mie ricerche mi rallegrai nel constatare che non risultavano casi letali di vaiolo, morbo apparentemente estinto nel quartiere.
I sostenitori di Jenner consideravano questo fatto un trionfo della vaccinazione, ma io, conoscendo la situazione meglio di loro, guardai alle voci "tifo" e "colera" che nella mia giovinezza erano epidemie temutissime.
Parevano estinte anch'esse. Che cosa dedurne?
O la vaccinazione preveniva sia il manifestarsi del tifo e del colera sia quello del vaiolo, o essa non aveva effetto alcuno, oppure ancora esisteva una causa comune a tutte e tre le malattie.
A ogni modo, poco dopo queste mie ricerche scoppiò una nuova epidemia di vaiolo.
Sebbene il morbo fosse leggero e la mortalità trascurabile, tanto più se confrontata al periodo in cui la vaccinazione era stata obbligatoria, pur tuttavia fu abbastanza seria da far ritener necessaria in tutto il quartiere una nuova offensiva vaccinatoria, con relative conseguenze di malattie e malessere.
Ora il vaiolo come il tifo ha più di un nome.
Lo si può identificare chiamandolo "eczema pustoloso" e, se questo nome fosse troppo lungo, "vaioloide".
Di conseguenza, quando uno dei medici membri del nostro Comitato protestò perché un suo paziente, vaccinato da poco, era stato mandato all'Ospedale dei vaiolosi, la diagnosi venne riveduta e corretta in "eczema pustoloso" o "vaioloide", e il malato rapidamente trasferito all'ospedale comune.
Le statistiche ufficiali dimostrarono poi che non una delle persone vaccinate aveva contratto il vaiolo durante l'epidemia, la quale scomparve com'era venuta, senza ragione alcuna.
Mi resi conto allora del come la vaccinazione praticata nell'esercito tedesco poco prima della grande epidemia di vaiolo del 1871 fosse stata giudicata efficace.
Nessun medico militare in Germania aveva osato diagnosticare il morbo col suo vero nome.
Le statistiche sanitarie non sono tanto viziate dal fatto che la diagnostica è lungi dall'essere una scienza esatta - non si diparte per lo più dalla semplice nomenclatura - quanto dall'essere essa il frutto del lavoro di dilettanti, i quali si credono autorizzati, dalle elementari nozioni di calcolo da essi possedute, a imporre i loro medicamenti empirici alle autorità sanitarie, affinché queste li rendano obbligatori mediante decreti-legge.
Le vecchie statistiche sulle vaccinazioni, che cento anni fa parvero tanto convincenti, si basavano su un'epidemia di vaiolo in cui era stato constatato che il cento per cento dei malati non vaccinati era deceduto, mentre il cento per cento dei vaccinati si era rimesso.
[statistica bulgara antelitteram, N.d.R.]
Questa dimostrazione impressionò il pubblico, convinto che il teatro della prova fosse una grande città con qualche centinaio di migliaia di abitanti.
Si trattava invece di una piccola frazione rurale, dove due casi soli erano stati accertati.
Né i medici né i magistrati conoscevano abbastanza i presupposti della matematica per dedurne che nessuno ha il diritto di parlare di percentuali se non quando si tratta di migliaia di casi, e che le percentuali sono di poco valore sperimentale se le migliaia sono scarse.
La mia conoscenza con Karl Pearson m'indusse tosto a convincermi della necessità di adottare il procedimento matematico, sia in biologia sia in tutti i rami delle scienze esatte.
Pearson, sorridente e gentile, asseriva che soltanto un matematico possiede il diritto di riconoscersi una qualsiasi autorità scientifica.
Fui un fedele abbonato del suo giornale "Biometrika", benché non mi riuscisse di capire alcuna delle sue equazioni e, al massimo, il 5 per cento delle sue dimostrazioni.
Riscontrai pertanto che i biometrici, sebbene la loro abilità tecnica e la loro sottigliezza abbiano per me del meraviglioso, erano, al pari di Isacco Newton, creduloni leggeri e soggettivi, sia nel trattamento dei dati da loro presi in esame, sia nelle premesse dalle quali partivano.
Anche dei loro calcoli non c'era molto da fidarsi; senza distinzione di sorta usavano frammischiare fatti ed opinioni e manipolare i risultati basandoli sui frutti delle loro congetture personali.
È quindi necessario che i pubblici servizi abbiano un ufficio di statistica matematica a cui l'uomo di Stato possa rivolgersi quando voglia sottomettere a rigido esame il rapporto esistente fra progetto di legge e pratica amministrativa.
I dati ufficiali non sono infallibili, in quanto raccolti da esseri fallibili; ma poiché riconosciamo gradi diversi di fallibilità, possiamo almeno tentar di scegliere il personale addetto alla statistica stabilendo i due estremi della curva sulla quale determinare un punto medio dove fissare la scelta.
All'estremo superiore invece, coloro che, mossi dalla passione per l'esattezza e la veridicità astratte, sono i più atti a trovare impiego in un lavoro di raccolta e correlazione.
Un ufficio di statistica così concepito dovrebbe attrarre uomini precisi, di tendenze pignolesche, invogliandoli a farsi funzionari del servizio civile.
Lo statista non dovrebbe accettare dai medici, avvocati, preti, banchieri, artisti, artigiani, operai, o altri individui specializzati, nessun dato che non fosse corredato, corretto e approvato da questo ufficio.
Se nel diciannovesimo secolo una simile organizzazione avesse funzionato, l'errore grossolano da cui derivò la legge sulla vaccinazione obbligatoria non avrebbe potuto essere commesso.
Il confronto fra i dati statistici del tifo e quelli del colera avrebbe dimostrato che la vaccinazione aveva servito unicamente a ritardare la vittoria dell'igiene sul vaiolo; difatti l'importanza dell'igiene fu soltanto messa in rilievo nel 1885, quando cioè la legge obbligò alla denuncia e all'isolamento dei casi infettivi.
Il trionfo dell'igiene fu, come sir Almroth Wright accertò per primo, un trionfo dell'estetica.
Il vaiolo, il tifo, il colera, la tubercolosi e la peste sono le conseguenze del sudiciume, dello squallore e della miseria.
Esse scompaiono all'avvento della nettezza e dell'aria pura.
Ciò che offende e degrada lo spirito degrada anche il corpo.
È bensì vero che arrecando danno al corpo si può arrecare danno alla mente:
ma un danno non è necessariamente una degradazione e la perdita di un arto o di un organo inabilita sì la sua vittima, ma non muta un più alto ordine in uno più basso, come avviene quando la sana vitalità di un organo degenera in proliferazione cancerosa.
Beethoven perse l'udito, e compose da sordo la sua più rinomata sinfonia.
La poesia di Milton non ebbe a soffrire causa la cecità del poeta.
Un buon ministro della Salute pubblica deve sapere che la mente rende sano il corpo, e non viceversa.
La versione greca del Vangelo di san Giovanni dice che all'inizio c'era il Verbo.
Ciò vuol dire, tradotto in onesto inglese, che all'inizio esisteva il Pensiero di cui il Verbo non è che il nome.
A questo punto, il ministro della Salute pubblica diventa un ministro dell'Istruzione.
Non abbiamo bisogno di pillole e pozioni e nemmeno di iniezioni profilattiche e altre scosse fisiche.
Le più generose somministrazioni di calcio e di oppio non aboliranno il colera.
Abbisogniamo di ambienti piacevoli e della possibilità di soddisfare alcune fra le nostre più urgenti necessità materiali affinché queste non debbano mutarsi in ossessioni.
La poesia, la musica, la pittura, i libri, ci sono necessari, come pure è necessario il tempo libero occorrente a goderne.
All'infuori di questi piaceri non vi sono godimenti se non nell'avidità, nell'ubriachezza e nella lussuria, stimolo fastidioso degli anni in cui non è igienico soddisfarla, e istinto irresistibile se mancano del tutto le attrattive estetiche atte a sublimarla o, per lo meno, a disgustare dall'amore raccolto per strada.
Una massa umana ignara di arte, priva del denaro e del tempo necessari a chiunque desideri pensare o dedicarsi a qualsiasi esercizio fisico, è un vivaio non soltanto di sifilide ma anche di ogni altra malattia.
L'affollamento è infatti più mortifero della fame e del freddo.
I giornali annunciano oggi la costruzione da parte dello Stato di trentamila casette nelle quali a nessuno è dato poter fruire di una camera per sé solo.
Il Primo Ministro, intanto, lancia un appello propagandistico per invogliare le famiglie a farsi più numerose!
Quando cominceremo a capire che la parola d'ordine:
«Ogni Cittadino, Una Stanza»,
è molto più urgente della parola d'ordine:
«Ogni Uomo, Un voto»?
fonte:
http://www.marxists.org/italiano/reference/shaw/credo/2.htm#p28