«Quando sei perso, guardati intorno. Dubita di tutto e cancellalo. Hai una sola certezza: tu sei li. Lo sei perché c’è il tuo corpo e tu sei il tuo corpo. Il tuo corpo è spazio che hai attraversato, ma anche tempo che ti ha reso ciò che sei. Il tempo te lo porti scritto addosso: le cicatrici sono parole e le parole sono cicatrici».
Paul Auster, “Diario d’inverno”
«La sua vita non sembrava più svolgersi nel presente.
Ogni volta che vedeva un bambino, cercava di immaginarsi che aspetto avrebbe avuto da adulto.
Ogni volta che vedeva un vecchio, provava a immaginarsi che aspetto avesse avuto da bambino.
Con le donne era peggio, specie quando erano giovani e belle. Non poteva fare a meno di guardare attraverso la pelle del loro volto, immaginando il teschio anonimo che celava. E piú bello era il viso, piú strenuo lo sforzo di cercarvi le tracce invasive dei futuro: rughe incipienti, preannunci di lassità del collo, un lampo d'amarezza negli occhi. Sovrapponeva l'uno all'altro viso: una donna a quarant'anni, la stessa a sessanta, la stessa a ottanta; come se, proprio mentre viveva nel presente, si sentisse obbligato a porsi sulle tracce del domani, a stanare la morte che abita in ognuno di noi».
Paul Auster, “L’invenzione della solitudine”
«La sua vita non sembrava più svolgersi nel presente.
Ogni volta che vedeva un bambino, cercava di immaginarsi che aspetto avrebbe avuto da adulto.
Ogni volta che vedeva un vecchio, provava a immaginarsi che aspetto avesse avuto da bambino.
Con le donne era peggio, specie quando erano giovani e belle. Non poteva fare a meno di guardare attraverso la pelle del loro volto, immaginando il teschio anonimo che celava. E piú bello era il viso, piú strenuo lo sforzo di cercarvi le tracce invasive dei futuro: rughe incipienti, preannunci di lassità del collo, un lampo d'amarezza negli occhi. Sovrapponeva l'uno all'altro viso: una donna a quarant'anni, la stessa a sessanta, la stessa a ottanta; come se, proprio mentre viveva nel presente, si sentisse obbligato a porsi sulle tracce del domani, a stanare la morte che abita in ognuno di noi».
Paul Auster, “L’invenzione della solitudine”
«Credo malgrado tutto che ogni
persona sia sola, tutto il tempo. Si vive soli. Gli altri ci stanno intorno, ma
si vive soli. Ognuno è come imprigionato nella sua testa, e tuttavia noi siamo
quello che siamo solo grazie agli altri. Gli altri ci “abitano”. Per “altri” si
deve intendere la cultura, la famiglia, gli amici. A volte possiamo cogliere il
mistero dell’altro, penetrarlo, ma è talmente raro! È soprattutto l’amore a
permettere un incontro di questo genere. Circa un anno fa, ho ritrovato un
vecchio quaderno dei tempi in cui ero studente. Lì prendevo appunti, fermavo
delle idee. Una citazione mi ha particolarmente impressionato: «Il mondo è
nella mia testa. Il mio corpo è nel mondo». Avevo diciannove anni, e questa
continua a essere la mia filosofia. I miei libri non sono nient’altro che lo
sviluppo di questa constatazione».
Paul Auster, da un’intervista a
Paris Review
Ho avuto a che fare con i numeri per tutta la vita, certo, e dopo un po' cominci a sentire che ogni numero ha la sua personalità. Un dodici è molto diverso da un tredici, per esempio. Il dodici è retto, coscienzioso, intelligente, mentre il tredici è un solitario, un losco personaggio che non ci pensa due volte a infrangere la legge per ottenere ciò che vuole. L'undici è un duro che ama la vita all'aria aperta, gli piace vagare nei boschi, scalare montagne; il dieci è un semplicione, una figura mite che fa sempre quello che gli si dice; il nove è mistico e profondo, un Buddha contemplativo." […] "I numeri hanno un'anima, e se si entra in contatto con loro non si può fare a meno di avere un rapporto personale."
Paul Auster, La musica del caso, traduzione di Massimo Birattari, Einaudi, 2009.
Conrad l'ha detto con meno parole. "Si vive come si sogna, soli" Cuore di tenebra.
Ho avuto a che fare con i numeri per tutta la vita, certo, e dopo un po' cominci a sentire che ogni numero ha la sua personalità. Un dodici è molto diverso da un tredici, per esempio. Il dodici è retto, coscienzioso, intelligente, mentre il tredici è un solitario, un losco personaggio che non ci pensa due volte a infrangere la legge per ottenere ciò che vuole. L'undici è un duro che ama la vita all'aria aperta, gli piace vagare nei boschi, scalare montagne; il dieci è un semplicione, una figura mite che fa sempre quello che gli si dice; il nove è mistico e profondo, un Buddha contemplativo." […] "I numeri hanno un'anima, e se si entra in contatto con loro non si può fare a meno di avere un rapporto personale."
Paul Auster, La musica del caso, traduzione di Massimo Birattari, Einaudi, 2009.
Conrad l'ha detto con meno parole. "Si vive come si sogna, soli" Cuore di tenebra.
...è una consapevolezza che quando si libera del senso della solitudine può esplodere nella gioia del libero amore del sè nell creato circondati dagli altri sè
è insito nella natura umana, bisogna accettarlo e costruirci sopra dei rapporti realistici e sani
Condivido il parallelismo fra Conrad e Auster
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