1 Il problema ed il ruolo dell’infinito
Lezioni di Epistemologia e Storia dellaMatematica I/2
Carlo Marchini
1. Infinito nella filosofia greca (1).
La letteratura filosofica occidentale inizia
con uno dei frammenti più discussi,
conservato da Simplicio (VI sec. d.C.).
Anassimandro (609 - 547 a.C.) afferma in
esso (secondo una traduzione possibile):
«Principio delle cose esistenti è l'infinito; ma
donde le cose esistenti hanno l'origine in ciò anche
avviene la dissoluzione, secondo la necessità.
Infatti esse si causano a vicenda pena e distruzione
per la propria ingiustizia secondo l'ordine del
tempo»
Tra i motivi di discussione degli esegeti sono la traduzione ed il significato di (principio,
Anfang o Ursprung), di γνεσις(origine) e, ciò che qui più ci interessa, πειρον (infinito).
Ad
esempio F. Nietzsche (1844 - 1900) ed M. Heidegger (1889 - 1976) traducono:
l'indeterminabile
illimitato.
Aristotele suggerisce di interpretarlo come la materia informe potenzialmente infinita.
La
parola è costituita da un prefisso α, il cosiddetto a privativo, associato a , che significa sia
confini sia limiti. Perciò contemporaneamente πειρον si può rendere sia con infinito, sia con
illimitato ma anche come indeterminato.
[...]
Si vengono a creare ben presto due correnti:
quella di coloro che vedono l'infinito in senso negativo, come qualcosa che manca di confini e quindi incompleto e nello stesso tempo ha connotati di confusione e di complicazione che lo rendono "repulsivo". In questo partito hanno militato i pitagorici ed Aristotele.
Per altri, tra cui Epicuro (341 - 270 a.C.), l'infinito è visto in senso positivo come quello che comprende e riassume in se tutte le qualità.
Il passo di ritenere l'infinito come un attributo della divinità sarà poi compiuto da Plotino e dalla filosofia cristiana.
Purtroppo però ci resta assai poco della elaborazione della filosofia greca sull'argomento.
Si può cogliere in modo parziale quale era la situazione, attraverso le critiche dirette ed indirette di Aristotele a certe concezioni dell'infinito. [...]
Nella Grecia antica [...] miriade era contemporaneamente il numero diecimila ed il numero infinito. [...]
3. L'infinito nella Filosofia greca (2).
Parmenide è drastico nell'affermare che l'infinito non esiste, come conseguenza della immobilità dell'Uno. Analizzando meglio il senso della sua l'affermazione è assai probabile che intendesse riferirsi all'infinito spaziale.
Si vengono a creare ben presto due correnti:
quella di coloro che vedono l'infinito in senso negativo, come qualcosa che manca di confini e quindi incompleto e nello stesso tempo ha connotati di confusione e di complicazione che lo rendono "repulsivo". In questo partito hanno militato i pitagorici ed Aristotele.
Per altri, tra cui Epicuro (341 - 270 a.C.), l'infinito è visto in senso positivo come quello che comprende e riassume in se tutte le qualità.
Il passo di ritenere l'infinito come un attributo della divinità sarà poi compiuto da Plotino e dalla filosofia cristiana.
Purtroppo però ci resta assai poco della elaborazione della filosofia greca sull'argomento.
Si può cogliere in modo parziale quale era la situazione, attraverso le critiche dirette ed indirette di Aristotele a certe concezioni dell'infinito. [...]
Nella Grecia antica [...] miriade era contemporaneamente il numero diecimila ed il numero infinito. [...]
3. L'infinito nella Filosofia greca (2).
Parmenide è drastico nell'affermare che l'infinito non esiste, come conseguenza della immobilità dell'Uno. Analizzando meglio il senso della sua l'affermazione è assai probabile che intendesse riferirsi all'infinito spaziale.
[...] da quanto ne dicono Platone ed Aristotele, per Pitagora il fondamento dell'universo è il numero. Al numero è affidato il compito di gestire e definire l'armonia che esiste tra i suoni e nel Mondo. I numeri hanno una loro "semantica":
1 è la mente, l'Uno, il principio ordinatore,
2 l'opinione,
3 la completezza,
4 la giustizia,
5 il matrimonio.
1 è la mente, l'Uno, il principio ordinatore,
2 l'opinione,
3 la completezza,
4 la giustizia,
5 il matrimonio.
[...] Con Cartesio compare una distinzione tra infinito, attributo proprio di Dio e indefinito, usato per indicare grandezze illimitate in quantità o in possibilità: «diremo indefinite queste cose piuttosto che infinite, sia per riservare il titolo di Infinito a Dio solo, poiché in Lui soltanto da ogni parte, non solo non conosciamo alcun limite, ma anche positivamente comprendiamo che non ve ne sono; sia anche perché non comprendiamo positivamente nello stesso modo che le Altre cose da qualche parte mancano di limiti, ma negativamente soltanto dichiariamo che i loro limiti, se ne hanno, non possono venire trovati da noi» [...]
https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=16&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjPrY6Q04DQAhXoKcAKHVyoBHA4ChAWCDkwBQ&url=http%3A%2F%2Fold.unipr.it%2Farpa%2Furdidmat%2FSSIS%2FMarchini%2F2%25B0anno%2FInfinito.pdf&usg=AFQjCNFjeowVsF11urDte7jKLRtJJyHd_Q&sig2=TqwKb1ibIZqELQTTlRvjAA
Nessun commento:
Posta un commento