Stefano Benni
se mi bacia muoio.
Purtroppo mi ha risparmiato.
Stefano Benni
Pensate che per anni abbiamo con tranquillità sostenuto che la libertà era un'automobile, la famiglia una spaghettata, l'aria buona una mentina e così via. [...]
Abbiamo creato una delle più melense e ripetitive recite della storia del Costume.
Stefano Benni, "La Compagnia dei Celestini"
L’umile, il non visto, il fioco, il silenzioso
Perché quando saranno passati amori e battaglie
Nell’ultimo camminare, nella spoglia stanza
Non resteranno il fuoco e il sublime, il trionfo e la fanfara
Ma braci, un sorso d’acqua, una parola sussurrata, una nota
Il poco, il meno, il non abbastanza
Stefano Benni
«Pensò: ora vado a salutarla di nuovo. Poi subito si corresse: no, gli addii non si ripetono, la prima volta sono romantici, la seconda noiosi, la terza ridicoli o tragici».
Stefano Benni, “Di tutte le ricchezze”
Stefano Benni, “Di tutte le ricchezze”
Di mestiere papà fa il pensionato, ma anche l’avvocato difensore di oggetti.
Ha un capannone di roba usata, non butta via niente. Dice che non è giusto chiamare vecchie le cose: perché vivranno più di noi. Se ce ne sbarazziamo e le sostituiamo troppo presto, soffrono. Quindi lui aggiusta e ripara e rimonta e riavvia. È l’unico in tutta la zona che cura biciclette pedalopatiche, radio afone, lavatrici asmatiche e caffettiere impotenti. Ha una borsa di attrezzi magica. Dice che l’uomo è stato creato padrone della Terra, ma gli manca una cosa fondamentale: una borsa di attrezzi per riaggiustarsi. Ah, sospira, se ci fosse un cacciavite per togliere le idee sbagliate e un martello per fissare le buone intenzioni, una chiave inglese per stringere per sempre l’amore e una sega per tagliare col passato! Ma questa attrezzeria non ce l’hanno data e, dopo aver tentennato e scricchiolato, primo o poi ci romperemo.
Stefano Benni. Margherita Dolce Vita.
Gli uomini sono soggetti alla legge delle tre lancette.
Ad alcuni manca la lancetta dei secondi: e costoro non sanno mai godere un singolo attimo, ma pensano sempre a ciò che è stato prima e che sarà dopo, e non si accorgono delle piccole quiete gioie, e delle grandi e rapide gioie che li circondano.
Ad altri manca la lancetta dei minuti. Costoro corrono all’impazzata, gareggiano contro gli attimi inseguendo chissà cosa poi di colpo si fermano delusi, poiché nulla hanno trovato, e lasciano che le ore corrano una più inutile dell’altra. Ad altri manca invece la lancetta delle ore. Ed essi vivono, si agitano, fanno piani, appuntamenti, progetti, ma non sanno se è notte o giorno, o mattina o sera, se sono felici o disperati, non vedono mai la loro vita, solo un rotolare di anni pesanti e inarrestabili.
L’uomo giusto ha tutte e tre le lancette, più la suoneria quando è ora di svegliarsi, più una lancetta conficcata nella sommità del cranio che lo collega a tutti i quadranti stellari.
Elianto di Stefano Benni
Le foto durano sempre più di noi,
buffa cosa chiamarle istantanee.
Stefano Benni
Per ribellarsi bisogna saper guardare oltre i muri, oltre il mare, oltre le misure del mondo.
Stefano Benni
Guardali bene. Guardali negli occhi. Hanno bei vestiti, belle etichette, begli incarti, ma sono velenosi
Stefano Benni
Forse non parola per parola, ma insomma ci siamo capiti.
Stefano Benni
Trovo straordinaria la quantità di energia che la gente utilizza per affrontare questi piccoli malesseri transitori. E la facilità che tutti hanno di chiudere gli occhi davanti ai grandi dolori indomabili.
Stefano Benni, "Achille piè veloce"
E se nessuno ti parla, allora ti tocca pensare.
E io non facevo altro, allora.
Pensavo tanto che mi faceva male la gola,
perché è li che si fermano le tristezze
Stefano Benni, La grammatica di Dio
«Lei era tutto ciò a cui il mio silenzio era dedicato.
Le parole, la grammatica, il libro, le nuvole dell’attesa, il tuono del desiderio.
E piansi, davanti alla bellezza, e a tutti gli dèi che mi erano venuti a trovare,
al loro sciame festoso, di cui lei era la regina, l’imperfetta, addolorata regina.
Stefano Benni, La grammatica di Dio
“Guardava le case intorno e pensava: che strane, le persone.
Quante cose hanno adesso che una volta non avevano.
Non sanno più rinunciarvi ma sembra che non le amino, rimpiangono le cose vecchie ma non saprebbero cosa farsene, non conoscono né la storia né il dolore. E’ difficile aiutare gli uomini.”
Stefano Benni, La grammatica di Dio
Quante cose hanno adesso che una volta non avevano.
Non sanno più rinunciarvi ma sembra che non le amino, rimpiangono le cose vecchie ma non saprebbero cosa farsene, non conoscono né la storia né il dolore. E’ difficile aiutare gli uomini.”
Stefano Benni, La grammatica di Dio
BOOMERANG
Improvvisamente, un giorno, il signor Remo iniziò a odiare il suo cane.
Non era un uomo cattivo. Ma qualcosa si era rotto dentro di lui quando era rimasto vedovo.
Aveva perso la moglie e gli era restato il cane, un botolo salcicciometiccio. grasso e nerastro, con orecchioni da pipistrello. Si chiamava Bum. ovvero Boomerang, perché riportava indietro qualsiasi cosa gli tirassero, con prontezza e perseveranza.
Un tempo il signor Remo e Bum avevano fatto lunghe passeggiate insieme e conversato del mondo umano e canino, di Cartesio e Rin Tin Tin. C'era grande intesa tra loro. Ma ora non si parlavano più. Il signore stava seduto in poltrona guardando il vuoto e Bum si accucciava ai suoi piedi, guardandolo con smisurato affetto.
Era quello sguardo di assoluta dedizione e totale fiducia che il signor Remo soprattutto detestava.
Il mondo non era che perdita, solitudine e dolore. Che senso aveva in questo pianeta orribile quella creatura incongrua, che scodinzolava e uggiolava di gioia, e riempiva del suo peloso, sovrabbondante amore una casa desolata?
Il padrone iniziò a non dar più da mangiare al cane. Lo lasciava anche due giorni senza cibo. Ma Bum continuava a seguirlo amorosamente. Quando il signor Remo si sedeva a tavola per il suo pasto, il cane non chiedeva nulla, né si avvicinava. Guardava con mite curiosità, e negli occhi aveva scritto: se tu mangi, ebbene anche io mi sazio. E più il padrone si ingozzava, ostentatamente e rumorosamente, più tenero diveniva lo sguardo di Boomerang. E quando finalmente il cane veniva sfamato, non correva frenetico alla ciotola, no... scodinzolava composto e riconoscente come per dire: avrai le tue buone ragioni se mi hai fatto digiunare, ti ringrazio oggi che ti sei ricordato.
Il padrone, forse avvelenato dall'ultima stilla di rimorso, si ammalò. Gli venne la febbre alta e Bum lo vegliò. Nella notte, quasi nel delirio, il signor Remo si destava e vedeva gli occhi spalancati e amorevoli del cane, e le lunghe orecchie dritte, come antenne.
E sembrava dire: anche la morte morderò, padrone imo, se si avvicina a te.
Nell'anima ormai riarsa del signor Remo, l'odio per quell"amore smisurato crebbe.
Non portò fuori il cane per quattro giorni.
Bum aprì con la zampa la porta del terrazzo e lì pisciò con discrezione. Contrasse il suo metabolismo a venti socce di urina e un cece fecale ogni due giorni. Non guaì, né diede segni di nervosismo, solo ogni tanto guardava il giardino fuori dalla finestra emettendo un piccolo sbuffo, come un sospiro di nostalgia, ma niente più.
Il padrone guarì e. appena rimessosi in piedi, senza una ragione, tirò un calcio al cane.
Bum si nascose sotto il letto e il signor Remo si vergognò.
Lo chiamò, il cane venne. Il padrone gli fece una carezza falsa e forzata e disse:
- Bum. devo abbandonarti. Mi dispiace. Non riesco più a occuparmi di te.
Anzi, ma questo tu non lo puoi capire, ti detesto.
Il cane lo guardò con infinito affetto e dedizione.
Perché non lo affidò a un canile o a qualche conoscente?
Per pigrizia, anzitutto. Ma anche perché ricordava una frase della moglie.
Gli aveva detto: Remo, se io morissi, mi raccomando, non lasciare solo il nostro Bum.
Allora Remo si era arrabbiato per quella frase: come si poteva dubitare di questo?
E invece, povera Dora, lei conosceva bene il grumo di cattiveria dentro al cuore del marito.
Lei lo aveva abbandonato.
E abbandonando il cane, ora lui si prendeva una folle rivincita sul destino.
Così il signor Remo prese la macchina e portò Boomerang fuori città, in un grande prato dove spesso giocavano insieme.
Il padrone camminava dietro e il cane davanti.
Remo notò la caratteristica camminata aritmica di Bum.
Ogni dodici passi ne zoppicchiava uno. alzando la zampetta posteriore come se il terreno bruciasse.
Spesso lui e la moglie avevano trovato buffa e irresistibile questa andatura.
Ora il padrone guardava ondeggiare il grasso sedere di Bum con disgusto.
Perciò, quando furono lontani da occhi indiscreti, legò il cane a un albero e senza voltarsi se ne andò. Tornò a casa, e cucinò con cura, come non faceva da tempo.
Calciò la ciotola di Bum in un angolo.
Prese il guinzaglio e la museruola, e li buttò nella spazzatura.
Ma quella notte verso le tre, sentì grattare alla porta. Era Boomerang.
Un po' sporco e bagnato, gli saltò addosso festoso, e fece il giro della casa per manifestare la sua gioia. Non sospettava nulla. Non c'era posto per il tradimento, nel suo cuore semplice e quadrupede.
Il signor Remo quasi non dormi per la rabbia.
Sognò massacri di foche e colbacchi di carboncino.
La notte dopo caricò Bum in macchina, percorse cento chilometri di autostrada e abbandonò il cane nel parcheggio di un autogrill.
Tornò indietro e andò al cinema. Vide un film con un mostro preistorico che usciva dai ghiacci e terrorizzava tutta l'America. Notò che. in una scena, il mostro sbatteva la coda proprio come Boomerang. Il mostro fu liquidato a micidiali colpi di missile e di dialogo.
Il signor Remo dormì saporitamente. Il giorno dopo al supermercato incontrò una signora, proprietaria della cagnina Tommasina. amica di Boomerang.
- Dov'è Bum?
- Ahimè - disse il signor Remo, e spalancò le braccia.
La signora si mise una mano sulla bocca teatralmente.
Non chiese nulla, rispettò quel riserbo. Sfiorò con la mano la mano del signore.
- Immagino sia un grande dolore per lei. -Non sa quanto - rispose il signor Remo.
Tornò a casa. Mentre saliva le scale, sentì un minore lieve ma inconfondibile.
Unghie sul marmo. Era Boomerang, sul pianerottolo.
Il signore si chiuse in bagno, seduto sul water tutta notte.
Attraverso il vetro smerigliato della porta, intravedeva la sagoma inconfondibile di Bum in attesa.
Verso l'alba il cane grattò al vetro, preoccupato.
- Vattene, bastardo - ringhiò l'uomo.
Il cane dimenò la coda. Il suo padrone era vivo, dopo tutto.
Due giorni dopo il signor Remo prese nuovamente la macchina, guidò tutto il giorno e col cane arrivò in riva al mare. Lì salì su un traghetto. Alcuni bambini giocavano con Boomerang, e un signore disse:
- Beato lei che può portarlo in vacanza. Il mio è troppo grosso. Si vede che siete uniti.
- E proprio cosi - disse il signor Remo.
Era il tramonto. Il signore portò Boomerang sulla spiaggia, e gli tirò un legnetto nel mare.
Bum nuotò, addentò, tornò a riva e naturalmente il padrone non c'era più.
Il signor Remo, sul traghetto del ritorno, trangugiò due cognac ed ebbe la nausea.
Passò una settimana, La signora, che aveva visto tornare Boomerang la prima volta, chiese notizie della nuova sparizione.
- Ahimè, - disse il signor Remo - si era ripreso, poi una ricaduta.
La signora fece una faccia compunta, e anche la cagnina Tommasina versò una lacrima, forse di pena forse di cimurro.
Fu una settimana triste per il signor Remo, ma non certo per la mancanza di Boomerang.
Anzi, si accorse che nella casa il tappeto e il divano puzzavano di cane, e li deodorò.
Il signor Remo era triste perché si era rotto il televisore.
Il tecnico finalmente venne.
Armeggiò, parlò del più e del meno, e vide la ciotola di Boomerang.
- Lei ha un cane? - disse. -Non più.
- Io invece adesso ne ho uno. ed è proprio un problema.
Pensi- ero in vacanza ai mare. Al ritorno, sul traghetto, un cane grassottello e brutto mi salta dentro la macchina. I miei figli dicono: dai papà, è un cagnolino abbandonato, teniamolo, teniamolo.
Sa come sono i bambini...
- Certo - disse il signor Remo.
- Insomma, adesso ce l'ho qui sotto in macchina, cerco qualcuno a cui darlo.
Lei non conosce nuca nessuno?
- Di che colore è il cane? - chiese il signor Remo con un brivido.
-Nero. Con due orecchie come un pipistrello.
Il tecnico uscì. Il televisore funzionava.
Il signor Remo si sedette, ma non guardava lo schermo. Guardava la porta.
Dopo un istante, sentì le unghie raspare.
Al signor Remo tornò in mente un vecchio film della sua infanzia, con sepolti vivi e cadaveri che uscivano dalla tomba. Ma era nulla, in confronto al terrore di quel momento.
Boomerang il dolce zombie era tornato. Ancora più grasso, perché i bambini lo avevano rimpinzato. E lo guardava, con immutato amore, fedeltà e fiducia e altri sentimenti nobili.
- Ma lo vuoi capire che ti ho abbandonato? - urlò il signor Remo.
- Ci sarà un perché. Tu sei il mio saggio padrone, e ti voglio più bene di prima - rispose il cane con l'alfabeto della coda.
Allora il signore preparò un piano perfetto.
Avrebbe cambiato paese, addirittura continente, per un lungo viaggio.
Lo rimuginava da tempo. Prelevò i risparmi, si comprò una giacca bianca e un cappello di paglia. Una mattina chiuse a chiave Boomerang in terrazza, e partì.
Prese un aereo e volò quattordici ore.
Quando scese dall'aereo, già si sentiva diverso e tropicale.
Al ritiro bagagli si mise accanto a una ragazza abbronzata e le sorrise.
Sì, era lontano, lontano da tutto. Odore di mare e sole, non di cane.
Fu allora che si accorse di una strana scena. Una signora stava piangendo tra due poliziotti.
Indicava una gabbia per cani, appena sbarcata dall'aereo.
- Ma non è possibile! - gridava con voce stridula - dov'è il mio Rufus?
- Signora, si calmi - diceva un poliziotto grattandosi la testa.
-Non può essere successo quello che lei dice...
Incuriosito, il signor Remo si avvicinò.
Senti il poliziotto che parlava con l'addetto ai bagagli smarriti.
-E accaduto qualcosa di molto strano.
La signora ha inviato regolarmente il suo cane, in una gabbia nella stiva.
Ma adesso dice che quello non è il suo animale.
-Impossibile...
- Il mio cane è un setter irlandese, - disse la signora piangendo - questo è un botolo grasso e orrendo. Mi ricordo benissimo che. alla partenza, stava girando libero per l'aeroporto.
-Vuole dire, signora, che qualcuno le ha sostituito il cane?
- Ma si - rise l'addetto ai bagagli - ...oppure il botolo ha aperto la gabbietta e si è sostituito al suo.
-Non faccia l'ironico. - disse la signora - lei non sa quanto sono intelligenti i cani!
Il signor Remo non aspettò che la gabbia venisse aperta.
Di corsa, trascinando la valigia a rotelle, scappò per i corridoi dell'aeroporto, e sentì alle spalle il galoppo frenetico di Boomerang che lo inseguiva. Al volo salì sul taxi e disse:
-All'Hotel Tropicana, subito, di corsa.
-Non posso, senor- disse il tassista. - Davanti all'auto c'è un brutto cane sdraiato che non mi fa passare.
Il signor Remo sali nella sua camera, all'ultimo piano dell'hotel.
Aprì il finestrone della terrazza. Boomerang annusava la moquette, soddisfatto.
Il signor Remo si tolse la giacca bianca e il cappello.
Guardò il mare e l'orizzonte lontano.
Prese la rincorsa e saltò.
L'ultima cosa che vide fu Boomerang, grasso e compatto come un proiettile, che precipitava al suo fianco, con uno sguardo di adorazione. Un gioco nuovo, padrone?
La stampa locale dedicò anche un titolo alla triste e commovente storia.
Li seppellirono insieme.
Stefano Benni, La grammatica di Dio
Gente rendiamoci conto che bisogna fare tanto di cappello ad uno scrittore che come dite era nella categoria "comici", ed ha saputo allontanarsi da questa etichetta con un libro veramente bellissimo! Nella vita purtroppo non ci sono solo le cose che fanno ridere, e Stefano Benni in questo libro, ci ha raccontato delle grandi attualità attraverso semplici storie che nascondo anche molta verità. Certo non è lo Stefano Benni di sempre ma ci sono anche queste cose che devono essere raccontate! E' un libro che reputo tra i più belli di Stefano Benni.
La grammatica di Dio siamo noi, come vuole sottolineare Benni nel racconto di “Frate Zitto", noi le parole, noi gli errori, voluti o involontari, noi con le nostre storie, noi che a suo piacimento, come uno scrittore miscela i vocaboli più desueti e ammiccanti, veniamo mescolati, accostati, abbandonati, flagellati e in taluni casi alla fine salvati. Come i protagonisti di un best seller. Come i protagonisti di quell’eccelso best seller che è la Vita. Così ti capita di incontrare il tizio che ha ben poco da offrire, ma cerca l’amore, ed il riscatto sentimentale sembra averlo quando acquista il cellulare. Sente d’averlo e come lui il lettore, salvo poi vedere come va a finire (“ Mai più solo “). Oppure la ragazzina sbandatella, che sa meglio di molti come funziona il mondo, che ha vissuto più di tanti, sola in mezzo ad una strada, confinata fra i pregiudizi ed il cinismo sociale (“ Alice “). Cinismo come quello degli imprenditori, che inventano di tutto pur di vendere un prodotto fallimentare (“ Una rosa rossa “) o della politica, che non guarda in faccia a nessuno, fra lotte fratricide a tavolino pianificate e omicidi programmati per decreto (“ Una soluzione civile “). Ma nelle vite, fra le parole dal creato create, c’è anche la “nostalgia”, di quello che era e non è più, perché in questa fretta tutto si consuma senza nemmeno far la fiamma (“ Lo spirito del camino “) e c’è il “delirio d’onnipotenza” elevato all’ennesima potenza d’un dirigente che improvvisamente cominciò col tempo a non contare niente, fino a quando riprese si a contare, ma gli istanti che lo separavano dalla sua morte (“ Dottor Zero “)… La realtà che ci circonda, creativamente rappresentata, i mostri del nostro tempo sotto forma di storie verosimili a tal punto di esser più reali del vero.
Questo è “ La grammatica di Dio “ di Stefano Benni, per Feltrinelli.
Come è anche un palliativo ricreativo, leggere questo libro:
un altro modo per sentirsi, in fondo, meno soli.
Meno soli fra milioni di altri soli che cercano, solo, un po’ di compagnia.
Giovannino:
LA SOLITUDINE E L'ALLEGRIA.
[...] Il libro è di circa 180 pagine e all'interno ci sono ben 24 racconti, ognuno indipendente dall'altro (quindi si possono tranquillamente leggere anche non in sequenza e in tempi diversi) ma tutti vertono su due temi specifici: la solitudine e l’allegria (non sempre collegate). Ogni racconto di questa antologia segue uno schema preciso: breve descrizione iniziale per presentare il personaggio e il luogo e poi via con la storia che si conclude quasi sempre con una riflessione simpatica ed intelligente. [...] Ho apprezzato molto due racconti: “I due pescatori” e “Frate Zitto”, scritti molto bene e con un significato molto profondo. [...]
F.Angeli
STORIE DI SOLITUDINE E ALLEGRIA
Una serie di racconti che sono accomunati da un senso di solitudine e situazioni tragicomiche plasmano la grammatica di Dio. [...] "Boomerang" ci dice quanto è diverso il cane dall'uomo, "Mai più solo" offre una triste prospettiva del nostro mondo invaso dai cellulari, "Una rosa rossa" ci insegna quanto possa essere subdolo un uomo per i soldi... [...]
Recensioni:
Un cane troppo fedele che torna sempre come un boomerang dal padrone che lo vuole abbandonare; un potentissimo manager pronto a tutto pur di riunire i Beatles per un concerto; un terzino fantasioso e romantico su uno spelacchiato campo di periferia; un arrogante e irredimibile uomo d'affari; un frate che sceglie il silenzio per sentirsi più vicino a Dio ma viene vinto dalla bellezza di una muta; una perfida vecchietta divorata dall'invidia e dal livore sono solo alcuni dei protagonisti di questa raccolta di racconti, nella quale Benni mostra il lato più curioso, imprevedibile e misterioso della vita.
https://www.ibs.it/grammatica-di-dio-storie-di-libro-stefano-benni/e/9788807017339
La grammatica di Dio.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
1. I racconti
1.1 Mai più solo
1.2 Lo scienziato
1.3 L'Orco
1.4 Alice
1.5 Una rosa rossa
1.6 Pari e patta
1.7 Le lacrime
1.8 Orlando furioso d'amore (L'orlando impellicciato)
1.9 L'istante
1.10 L'eutanasia del nonnino
"Boomerang" ci dice quanto è diverso il cane dall'uomo...
‟Nella notte, quasi nel delirio, il signor Remo si destava e vedeva gli occhi spalancati e amorevoli del cane, e le lunghe orecchie dritte, come antenne. E sembrava dire: anche la morte morderò, padrone mio, se si avvicina a te. Nell’anima ormai riarsa del signor Remo, l’odio per quell’amore smisurato crebbe…”
I racconti
Il signor Remo, sconvolto dalla perdita della moglie ed afflitto dalla solitudine, inizia ad odiare profondamente il suo cane, un grasso botolo di nome Boomerang. Ma più il signor Remo palesa con numerose vergognose azioni il suo disprezzo nei confronti dell'animale, più quest'ultimo si mostra assolutamente amorevole e devoto nei confronti dell'uomo. L'adorazione del cane cresce a tal punto che a nulla servono gli estenuanti tentativi di abbandono messi in atto da Remo: in un modo o nell'altro, Boomerang riesce infallibilmente a trovare il modo per tornare a casa. Disperato ed ossessionato, Remo decide infine di partire per un lungo viaggio in un paese tropicale, col sogno di cambiare radicalmente vita e, soprattutto, di star lontano dal cane. Quando tutto sembra andare finalmente secondo i suoi piani, l'uomo scopre che il quadrupede è riuscito, intrufolandosi nel vano bagagli dell'aereo, a seguirlo anche in quel paese remoto. Impazzito, il signor Remo si lancia dal balcone del suo hotel trovando la morte, non prima però di vedere, come ultima cosa, Boomerang al suo fianco: il cane aveva infatti seguito il padrone anche in quell'ultimo folle gesto. Gli abitanti del luogo, commossi ed addolorati dall'accaduto, contribuiranno a far continuare il connubio tra cane e padrone per l'eternità, seppellendoli insieme.
Mai più solo
È la storia di un uomo senza nome, narrata in prima persona, che conduce una vita solitaria non avendo amici né compagna. Un giorno, proprio sotto casa sua, apre un nuovo negozio specializzato nella vendita di telefonini. L'uomo non ha mai posseduto un simile aggeggio ma, spinto anche dalla bravura e dallo charme delle commesse, decide di comprare un cellulare ultimo modello, per sentirsi un po' più simile agli altri. Ma dal momento che avere un telefonino è inutile se non si ha nessuno con cui comunicare, il nostro inizia a far finta di parlare, soprattutto per strada ed al bar (è difatti invaghito della barista), con numerosi quanto variegati interlocutori, simulando, agli occhi di chi lo vede, una vita sociale attivissima ed invidiabile. Per simulare la chiamata in arrivo, l'uomo arriva ad acquistare un altro cellulare con cui chiama in continuazione, tenendolo occultato in una tasca, il suo cellulare "ufficiale", producendosi in ore ed ore di conversazioni immaginarie. La situazione precipita quando il protagonista scopre di essere debitore, nei confronti del suo gestore telefonico, di una cifra spropositata e che, per precauzione, il suo numero è stato bloccato. Sentendosi profondamente ridicolo ed umiliato, l'uomo perde la testa e, procuratosi una pistola, spara a due passanti di origine cinese impegnati in una conversazione con i cellulari (invidioso del fatto che "a me non telefona mai nessuno, a loro dalla Cina"), non prima però di aver distrutto la vetrina del negozio di telefonini colpevole di aver cambiato la sua vita.
Lo scienziato.
Un ambizioso e famoso scienziato decide di condurre una ricerca per scoprire chi sia "l'uomo più solo del mondo". Parte così per i luoghi più remoti ed isolati, al fine di incontrare improbabili eremiti che immancabilmente si finiscono per rivelare impostori o comunque non solitari come vorrebbero in realtà far credere. Scoraggiato e deluso dall'infruttuosità della ricerca, lo scienziato conclude che "nessun uomo può essere veramente solo". Tuttavia il racconto si conclude mostrandoci che in realtà è proprio il luminare a costituire l'esempio di una vita svolta in condizione di profonda ed estrema solitudine. Proprio quell'esempio da egli affannosamente ricercato ai quattro angoli del mondo.
https://youtu.be/R-uOz6a1iI4
Riflessi d'acqua
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