lunedì 4 marzo 2019

Juan Vicente Piqueras. Tutto è pronto; la valigia, le camicie, le mappe, la fatua speranza. Tutto è pronto: il mare, l’atlante, l’aria. Mi manca solo il quadro, un diario di bordo, il dove, le carte di navigazione, venti a favore, il coraggio e qualcuno che mi ami come non so amarmi io


Teoria degli errori
Ho sbagliato vita e quella che conduco
è scritta da nessuno
in una lingua che io non capisco.
Chiudo il libro e gli occhi,
per non veder la luce di quel che mi è negato.
Come chi sbaglia treno in un libro diverso
ho sbagliato la vita
e non so dove mi conduce
questa teoria di errori.
Juan Vicente Piqueras


io serbo nel luogo del cuore,
come un clessidra,
il sussurro prefissato del sangue,
la mia perdizione,
la mia infanzia affondata,
la sorgente di una sete sconosciuta.
Juan Vicente Piqueras


Confessione del fuggitivo.
Sono felice solo nell'andarmene.

Non tra le quattro mura, con relative spade,
bensì tra qua e là, tra una casa e l'altra,
nessuna mia, preferibilmente.

Non posso più né voglio stare fermo.
Né ora né più tardi. Né qua né là.
Semmai laggiù, dove ora tu ti trovi,
chiunque tu sia, mettimi il tuo nome
sulle labbra assetate, insaziabili.

Io non sono io né posso avere casa.
Non dico ormai  perché mai lo sono stato,
né mai ne ho avuta una, essendo forestiero
dentro e fuori di me. Sono ciò che no:
il barbone che dorme sotto il ponte
che unisce le mie due rive e io l'attraverso
senza poter fermarmi giorno e notte.

Scrivo perché cerco, e perché attendo.
Ma non so più che cosa, l'ho scordato.
Spero che nello scrivere riesca a ricordare.
Mi ostino nelle intemperie.

Disvivo tra parentesi
dentro lo spazio vivo e il tempo morto
dell'attesa di che cosa, tra due quì.

Mai essere in  ma tra. Esci da me,
chiunque tu sia, lasciami in pace
o falla finita con me e con l'amaro
miele di vivere solo, a parlare da solo.

Ho deciso che la mia patria sia
non decidere, non essere in posto alcuno
se non di passaggio, ponti, navi, treni,
dove io sia solo il passeggero
che so di essere, pure sapendo
che mi preoccupa la pace
di cui ho bisogno,
mi inquieta la quiete,
non m'interessa la sicurezza,
e solo sono felice sapendomi fugace.
Juan Vicente Piqueras


«Tutto è pronto; la valigia,
le camicie, le mappe, la fatua speranza.
Tutto è pronto: il mare, l’atlante, l’aria.
Mi manca solo il quadro,
un diario di bordo, il dove, le carte
di navigazione, venti a favore,
il coraggio e qualcuno che mi ami
come non so amarmi io»
La nave che non esiste, lo sguardo,
i rischi, le mani della meraviglia,
il filo ombelicale dell’orizzonte
che sottolinea questi versi sospensivi…
Tutto è pronto: davvero, invano.
Juan Vicente Piqueras: “Vigilia di restare”

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PREGHIERA DEL MISCREDENTE.
L’importante è pregare, non importa chi,
che le domande siano le preghiere
del pensiero, piantino i loro semi
nella nostra solitudine, e non ci sia pace
che, a forza di insistere, sia capace
di non esistere, non abbia altra scelta
che rispondere alla voce di chi la chiama.

Che Dio non esista, 
è forse una ragione per non credere in lui?

Dio è il nome della sete, il destino
e la voglia di questa solitudine
che entrambi siamo.

Di nessuno parlo con dio, di dio con nessuno.
Lo scrivo con attenzione e con la minuscola.
Io sono ateo e laico ogni giorno.
Ma ci sono notti amniotiche
in cui la mia anima prega in ginocchio
non importa chi,
chiede, spera, implora.

E la mia anima in ginocchio è una candela
alla cui luce, nella cui notte, scrivo.

Juan Vicente Piqueras



Esci da te
Non fuggire da quel che senti. Non nasconderti
in quello che dici. Non dire bugie.
Sii la tua voce. Fai. Lavora. Non lamentarti.
Non soffrire per paura di soffrire di più.
Non mendicare mai quello che meriti.
Ad esempio, l’amore. Fallo ed avrai.
Fonda nel fuoco fermo del suo focolare
la tua dimora, il tuo mestiere. E ringrazia l’aria
che entra ed esce da te. Sii la finestra
di ciò che è vivo. Guarda con attenzione.
Ci sono sguardi che possono avvelenare il mondo.
Non lasciare che marcisca quello che senti
dentro. Lavati la coscienza
di tanto in tanto ma non dimenticare mai
che è possibile che tu sia innocente.
Apri il tuo cuore corazzato
alle nozze del cielo con il mare,
della luce con l’ombra,
del canto dei grilli con quello delle cicale.
Dipingi d’azzurro l’anima. Trasloca
da ciò che fosti a ciò che non sarai. 
Pulisci la tua casa. Dì il tuo precipizio.
Cucina. Invita. Canta. Balla. Abbraccia.
Spolvera la tua voce. Annaffia le piante.
Anche quelle dei piedi, in mare, mentre cammini.
Non fermarti. Davanti a te i tuoi passi,
le tue impronte di domani, ti aspettano, ti vogliono.
Non guardare all’indietro. Non essere la tua statua
di sale. Esci da te, da quel che pensi
di te. Esci da questa stanza
buia in cui scrivi poesie
che dicono quello che hai da fare invece di farlo.
Muoviti. Fa’. Lavora. Non lamentarti.
Volta pagina. Vai. Guarda. Sii attento
e stai attento. Non dimenticare quel che vivi.
Non dimenticare quel che hai appena vissuto.
Non dimenticare quel che finisce. Finisce. Vai 
in cerca di una voce nuova, lontana.
Non fuggire da quel che senti. Non permettere
che la vita passi invano,
che la morte al suo arrivo trovi 
il lavoro già fatto. Guarda il cielo
come chi dice addio,
come chi rende grazie.

Juan Vicente Piqueras (1960, Los Duques – Spagna), da Vigilia di restare, cura e traduzioni di Raffaella Marzano, Multimedia Edizioni, 2017





PALME. 
Nasciamo dalla sete. Siamo palme
che crescono a forza di perdere
i propri rami. I tronchi sono ferite,
cicatrici rimarginate dal vento e dalla luce,
quando il tempo, quello che fa e quello che passa,
occupa il cuore e lo trasforma in nido
di perdite, erige
in esso il suo tempio, la sua aspra colonna.
Per questo le palme sono allegre
come chi ha saputo soffrire in solitudine
e ora si cullano nell’aria, spazzano nubi
e dalle loro chiome affidano
cantici alla luce, fonti di fuoco,
ventagli a dio, addio a tutto.
Tremano, testimoni di un miracolo
che solo loro conoscono.
Siamo come la sete delle palme,
e ogni ferita aperta verso la luce
ci fa sempre più alti, più felici.
Perdite sono i nostri tronchi. Trono
il nostro dolore. Non è bello
soffrire ma bisogna aver sofferto
per sentire, annidata nel sangue,
la meraviglia dei sopravvissuti
che ringraziano l’aria e scoppiare
di vera gioia in mezzo al deserto. 
Juan Vicente Piqueras
Vigilia di restare, cit. pp. 62-63, traduzione di R. Marzano.


Piqueras

Piqueras Juan Vicente
Juan Vicente Piqueras è un caso singolare nella poesia spagnola contemporanea. 
Discendente di una famiglia di agricoltori, nato e cresciuto in campagna, in una casa senza libri, nel piccolo villaggio di Los Duques de Requena (Valencia), ha lasciato la Spagna e ha vissuto in Francia, Italia (dichiara che Roma è la sua “anima città”), per cinque anni in Grecia, in Algeria e ora a Lisbona, in Portogallo.

Ha lavorato come attore, sceneggiatore, annunciatore radio, doppiatore, traduttore e professore di spagnolo per stranieri. Si è dedicato alla poesia e alla diffusione della lingua e della cultura spagnola e ispanoamericana. Lavora per l’Istituto Cervantes.

Ha pubblicato i seguenti libri di poesia:
Tentativas de un héroe derrotado (1985), Castillos de Aquitania (1987), La palabra cuando (1991), La latitud de los caballos (Madrid, 1999), La edad del agua (2004), Adverbios de lugar (2004), Aldea (2006), Palmeras ( 2007), La hora de irse (2010), Yo que tú (2012), Atenas (2013), El cielo vacío (2013), La ola tatuada (2015), Padre (2016) y Animales (2017).

Ha ricevuto i seguenti premi per la poesia: : premio José Hierro, premio Antonio Machado, premio Jaén, premio Valencia, premio del Festival Internacional de Medellín, premio Manuel Alcántara y premio Fundación Loewe.

In Italia ha pubblicato: "Mele di mare" (ed. Le Lettere , Firenze, 2003), "Palme" (ed. Empiría, Roma, 2005) e "Braci" (ed. Empiría, Roma, 2010).

Ha tradotto la "Poesía Completa" di Tonino Guerra (2011), "Una calle para mi nombre", antologia del poeta bosniaco Izet Sarajlic (2003), "Cosecha de ángeles", antologia della poetessa rumena Ana Blandiana (2007), "El hambre del cocinero" e "Encima del subsuelo" di Kostas Vrachnós (2008 e 2014), "El huésped en el bosque", antologia di Elisa Biagini (2010), e "Refugiarme en una palabra" di Cesare Zavattini (2016).

Ha partecipato nel 2000 a "Verba Volant. Incontri internazionali di poesia" a Salerno e a "Lo spirito dei luoghi. Incontri internazionali di poesia" nella Casa della poesia, nel 2001 alla manifestazione "Poesia contro la guerra" e nel 2002 a "Il cammino delle comete" a Pistoia e agli "Incontri internazionali di poesia a Sarajevo" nel 2002 e nel 2003, a "La poesia resistente" nel 2012.

È stato direttore didattico dell’Istituto Cervantes di Atene, di Algeri e attualmente di Lisbona.

Nel 2017 è stata pubblicata un'ampia antologia della sua poesia per Multimedia Edizioni / Casa della poesia, dal titolo "Vigilia di restare" con traduzione di Raffaella Marzano. Per il 2019 è prevista la pubblicazione in Italia del libro "Padre".
È ospite abituale della struttura di Casa della poesia.

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