Nasceva il 15 maggio, nel 1891 a Mosca lo scrittore e drammaturgo russo Michail Bulgakov.
Eugenio Montale
«Seguimi lettore! Chi ha detto che non c'è al mondo un amore vero, fedele, eterno? Gli taglino la lingua malefica a quel bugiardo! Seguimi lettore e io ti mostrerò un simile amore!»
“Il Maestro e Margherita” - M. A. Bulgakov
Il Maestro e Margherita è un libro sorprendente, un mondo dove male e bene coesistono e si intersecano profondamente. Bulgakov ci presenta una Mosca dove i cittadini oramai sono così presi dai loro beni materiali, così attaccati alla sopravvivenza, che non pensano ad altro se non a loro stessi. [...]
Contemporaneamente, vengono descritte la condanna e l’esecuzione di Gesù (nel racconto Ha-Nosri) a Gerusalemme, dove Ponzio Pilato viene presentato in maniera completamente diversa rispetto al personaggio che conosciamo.
Entrambe le narrazioni si svolgono nell’arco di tre giorni - anche se il racconto di Mosca risulta più corposo e pieno di colpi di scena - e entrambi hanno il loro culmine la notte del giorno di Pasqua, in una Ring-composition alquanto inusuale e scenografica (come del resto tutto il romanzo).
Nel romanzo, tramite il racconto di Gerusalemme, viene quindi riconosciuta l’esistenza di Dio, non nella maniera canonica, ma di un Dio che si avvale dell’aiuto del Diavolo per punire i peccati e addirittura deriderli. Il Diavolo, quindi, non è un’entità negativa di per sé e contrapposta a Dio, ma è “parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente compie il bene” (epigrafe de Il Maestro e Margherita e citazione dal Faust di Goethe).
E nonostante questo, poiché gli umani non ne sono al corrente, suscita nelle persone sconcerto, paura e angoscia, un’entità della quale non si dovrebbe temere in realtà se si fosse giusti e senza colpa.
È davvero affascinante il personaggio di Woland, mago e illusionista del quale il Diavolo ha preso le sembianze, che in realtà è indifferente ad ogni cosa, ma comunque è infastidito dalle malvagità terrene e trova il modo per punirle.
[...] citando Veniamin Kaverin:
“per originalità sarà difficile trovare un'opera che gli stia a pari in tutta la letteratura mondiale”. [...]
https://lettrice.tumblr.com/post/165327258655/il-maestro-e-margherita-m-a-bulgakov
«Il Diavolo è il più appariscente personaggio del grande romanzo postumo di Bulgakov. Appare un mattino dinanzi a due cittadini, uno dei quali sta enumerando le prove dell'esistenza di Dio. Il neovenuto non è di questo parere... Ma c'è ben altro: era anche presente al secondo interrogatorio di Gesù da parte di Ponzio Pilato e ne dà ampia relazione in un capitolo che è forse il più stupefacente del libro... Poco dopo, il demonio si esibisce al Teatro di varietà di fronte a un pubblico enorme... Un romanzo-poema, o se volete, uno show in cui intervengono moltissimi personaggi, un libro in cui un realismo quasi crudele si fonde o si mescola col più alto dei possibili temi: quello della Passione».Il Maestro e Margherita è un libro sorprendente, un mondo dove male e bene coesistono e si intersecano profondamente. Bulgakov ci presenta una Mosca dove i cittadini oramai sono così presi dai loro beni materiali, così attaccati alla sopravvivenza, che non pensano ad altro se non a loro stessi. [...]
Contemporaneamente, vengono descritte la condanna e l’esecuzione di Gesù (nel racconto Ha-Nosri) a Gerusalemme, dove Ponzio Pilato viene presentato in maniera completamente diversa rispetto al personaggio che conosciamo.
Entrambe le narrazioni si svolgono nell’arco di tre giorni - anche se il racconto di Mosca risulta più corposo e pieno di colpi di scena - e entrambi hanno il loro culmine la notte del giorno di Pasqua, in una Ring-composition alquanto inusuale e scenografica (come del resto tutto il romanzo).
Nel romanzo, tramite il racconto di Gerusalemme, viene quindi riconosciuta l’esistenza di Dio, non nella maniera canonica, ma di un Dio che si avvale dell’aiuto del Diavolo per punire i peccati e addirittura deriderli. Il Diavolo, quindi, non è un’entità negativa di per sé e contrapposta a Dio, ma è “parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente compie il bene” (epigrafe de Il Maestro e Margherita e citazione dal Faust di Goethe).
E nonostante questo, poiché gli umani non ne sono al corrente, suscita nelle persone sconcerto, paura e angoscia, un’entità della quale non si dovrebbe temere in realtà se si fosse giusti e senza colpa.
È davvero affascinante il personaggio di Woland, mago e illusionista del quale il Diavolo ha preso le sembianze, che in realtà è indifferente ad ogni cosa, ma comunque è infastidito dalle malvagità terrene e trova il modo per punirle.
[...] citando Veniamin Kaverin:
“per originalità sarà difficile trovare un'opera che gli stia a pari in tutta la letteratura mondiale”. [...]
https://lettrice.tumblr.com/post/165327258655/il-maestro-e-margherita-m-a-bulgakov
""...Dunque tu chi sei?""-"
"Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male
e opera costantemente il Bene"".
GOETHE, Faust.
Citazione a premessa nel ""Il maestro e Margherita"" di Bulgakov.
"Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male
e opera costantemente il Bene"".
GOETHE, Faust.
Citazione a premessa nel ""Il maestro e Margherita"" di Bulgakov.
"Che mai farebbe il tuo bene se non esistesse il male,
e come apparirebbe la terra se vi scomparissero le ombre?"
e come apparirebbe la terra se vi scomparissero le ombre?"
Michail Bulgakov
Ma vorrai essere così cortese da riflettere un attimo sulla questione:
che cosa avrebbe fatto il tuo bene se non fosse esistito il male,
e che aspetto avrebbe la terra se ne scomparissero le ombre?
Mikhail Bulgakov, Il maestro e Margherita
Ma vorrai essere così cortese da riflettere un attimo sulla questione:
che cosa avrebbe fatto il tuo bene se non fosse esistito il male,
e che aspetto avrebbe la terra se ne scomparissero le ombre?
Mikhail Bulgakov, Il maestro e Margherita
Eugenio Montale
«Seguimi lettore! Chi ha detto che non c'è al mondo un amore vero, fedele, eterno? Gli taglino la lingua malefica a quel bugiardo! Seguimi lettore e io ti mostrerò un simile amore!»
Nella Mosca staliniana popolata di stupidità, di burocrati e di privilegiati, che della truffa, dell'ipocrisia e della delazione hanno fatto la loro seconda natura, giunge Satana in persona, sotto le spoglie di Woland, esperto di magia nera. Da quel momento la città viene sconvolta da bizzarri e tragicomici imprevisti che si abbattono su piccoli funzionari ed esponenti della Mosca teatrale e letteraria. Solo al Maestro, un emarginato e incompreso scrittore a cui critici ed editori hanno rifiutato di pubblicare il suo romanzo sul dramma di Pilato, e alla sua infelice amata Margherita, il diabolico Satana-Woland offrirà in un incontro faustiano, la pace ultraterrena.
Un originalissimo apologo sul tempo moderno, e più universalmente sul bene e sul male, oltre che un'apologia dell'irrazionale e della fantasia. Perché l'artista, avverte Bulgakov, non può star lì attento alle norme burocratiche e alle direttive del partito, costretto a ripetere la lezioncina dello spirito del tempo. Piuttosto, meglio volarsene di notte su cavalli impalpabili insieme al diavolo, a Margherita, a Korov'ev, ad Azazel e a un gatto di nome Behemot.
《Ma insomma, chi è?》 chiese Ivan scuotendo i pugni con eccitazione
«Lei non perderà la calma? Noi tutti qui dentro siamo gente infida...»
«No, no!» esclamò Ivan. «Mi dica, chi è?»
«Bene,» rispose l'ospite, e disse in tono autorevole e staccando le parole:
«Ieri, agli stagni Patriaršie, lei ha incontrato Satana."
Bulgakov, il maestro e margherita
《Ma insomma, chi è?》 chiese Ivan scuotendo i pugni con eccitazione
«Lei non perderà la calma? Noi tutti qui dentro siamo gente infida...»
«No, no!» esclamò Ivan. «Mi dica, chi è?»
«Bene,» rispose l'ospite, e disse in tono autorevole e staccando le parole:
«Ieri, agli stagni Patriaršie, lei ha incontrato Satana."
Bulgakov, il maestro e margherita
Scusi,” replicò molto cortese lo sconosciuto “per governare occorre in qualche modo avere un piano preciso, per un periodo di tempo almeno decente. Mi permetta di chiederle come può l’uomo governare la vita, se non solo è privo della possibilità di formare un qualsiasi piano, sia pure per uno spazio di tempo ridicolmente breve, diciamo di mille anni, ma non può neppure garantirsi per l’indomani?
- Le vostre tessere? - disse, guardando con stupore gli occhiali a molla di Korov’ev, nonché il fornello di Behemoth e il gomito lacerato dello stesso.
- Mi scusi tanto, quali tessere? – chiese sopreso Korov`ev.
- Siete scrittori? – chiese a sua volta la donna.
- Indubbiamente – rispose Korov'ev con dignità.
- Le vostre tessere? – ripeté la donna.
- Bellezza mia… – cominciò tenero Korov'ev.
- Non sono una bellezza. – lo interruppe la donna.
- Oh, che peccato, – disse deluso Korov`ev, e continuò: – Va bene, se lei non desidera essere una bellezza, il che sarebbe stato molto piacevole, può fare a meno di esserla. Dunque, per convincersi che Dostoevskij è uno scrittore, possibile che sia necessario chiedergli la tessera? Ma prenda cinque pagine qualsiasi di qualsiasi suo romanzo, e senza alcuna tessera si convincerà di avere a che fare con uno scrittore. Del resto, immagino che di tessere, non ne avesse neppure una! Che ne pensi? – chiese a Behemoth.
- Scommetto che non ne aveva. – rispose quello, posando il fornello sul tavolo vicino al registro e asciugandosi con una mano il sudore dalla fronte sporca di fuliggine.
- Lei non è Dostoevskij. – disse la donna a cui Korov`ev faceva perdere il filo.
- Be’, chi lo sa, chi lo sa. – rispose lui.
- Dostoevskij è morto. – disse la donna, ma con poca convinzione.
- Protesto! – esclamò indignato Behemoth. – Dostoevskij è immortale.
Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita
"Se non ho sentito male, lei stava dicendo che Gesù non è mai esistito?" chiese cortesemente lo straniero. "No, non ha sentito male" disse Berlioz. Ah, com'è interessante!, e, scusate se sono importuno, voi oltretutto non credete neppure in Dio? – fece gli occhi impauriti e aggiunse – giuro che non lo dirò a nessuno". "Sì, noi non crediamo in Dio, siamo atei – rispose Berlioz sorridendo della paura del turista straniero – ma se ne può parlare con assoluta libertà". A questo punto il forestiero si alzò e strinse la mano all'allibito direttore dicendo: "Permetta che la ringrazi di tutto cuore dell'informazione che per me, viaggiatore, è eccezionalmente interessante! – e lo straniero volse lo sguardo impaurito alle case attorno, quasi temesse di vedere un ateo ad ogni finestra – ma ecco il problema che mi turba: se Dio non esiste, allora, mi domando, cosa dirige la vita umana e in generale tutto l'ordine della terra?" "L'uomo stesso li dirige" si affrettò a rispondere Bezdomnyj irritato. "Chiedo scusa – replicò dolcemente lo sconosciuto – ma per dirigere bisogna per questo avere un piano preciso per un periodo di tempo almeno rispettabile. E come può dirigere l'uomo, se non soltanto gli manca la possibilità di fare un piano anche per un periodo di, poniamo mille anni, ma non può disporre neppure del proprio domani? Immagini che lei, ad esempio, cominci a dirigere, a disporre di sé e degli altri, insomma a prenderci gusto, quando improvvisamente le capita… eh… eh… un sarcoma al polmone – e lo straniero socchiuse gli occhi come un gatto – ed ecco che tutto il suo dirigere è finito! Nessun destino, a parte il suo, le interessa più. I parenti cominciano a mentirle mentre lei si precipita prima dagli specialisti, poi dai ciarlatani, se non addirittura dalle chiromanti. E alla fine, colui che s'immaginava di dirigere qualcosa si trova a giacere in una cassa di legno, e gli altri lo cremano in un forno. E capita anche di peggio! Uno ha appena deciso di andare in villeggiatura, un progetto da nulla, sembrerebbe, ma non può attuare nemmeno quello perché tutt'un tratto scivola e finisce sotto un tram!" disse lo sconosciuto strizzando l'occhio a Berlioz, che effettivamente aveva deciso di andare in villeggiatura.
Eppure dovrai metterti l'animo in pace, – replicò Woland, e un sorriso beffardo storse la sua bocca. – Non hai fatto in tempo ad apparire sul tetto che hai già detto una sciocchezza, e ti dirò io in che cosa consiste: nel tuo tono. Hai pronunciato le tue parole come se tu non riconoscessi l'esistenza delle ombre, e neppure del male. Non vorresti avere la bontà di riflettere sulla questione: che cosa farebbe il tuo bene, se non esistesse il male? E come apparirebbe la terra, se ne sparissero le ombre? Le ombre provengono dagli uomini e dalle cose. Ecco l'ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Vuoi forse scorticare tutto il globo terrestre, portandogli via tutti gli alberi e tutto quanto c'è di vivo per il tuo capriccio di goderti la luce nuda? Sei sciocco."
Michail Bulgakov, scrittore e drammaturgo russo, 1891 – 1940, Il Maestro e Margherita
"Se Dio non esiste, chi dirige la vita umana e tutto l'ordine sulla terra?"
"È l'uomo che dirige", - si affrettò a rispondere irritato Bezdomnyj a questa domanda che, bisogna riconoscerlo, non era molto chiara.
- "Mi perdoni", - replicò con dolcezza lo sconosciuto, "per dirigere bisogna avere un piano esatto per un periodo abbastanza lungo. Mi permetta perciò di chiederle come può l'uomo dirigere, se non solo gli manca la possibilità di fare un piano perfino per un periodo ridicolmente breve, come, diciamo, un millennio, ma non è neppure in grado di rispondere del proprio domani!"
"Del resto", - qui lo sconosciuto si voltò verso Berlioz, - "immagini che lei si metta a dirigere, a disporre di sé e degli altri, che cominci, come dire, a prenderci gusto, ma a un tratto lei scopre di avere, he... he... un sarcoma al polmone" - Qui lo sconosciuto sorrise dolcemente, come se il pensiero di un sarcoma al polmone gli facesse piacere, "sì, un sarcoma..." - ripeté questa sonora parola socchiudendo gli occhi come un gatto, - "e la sua attività direttiva è bell'e finita!"
"Nessun destino, eccetto il proprio, la interessa più. I parenti cominciano a mentirle. Lei, sentendo che c'è qualcosa che non va, si precipita dai migliori medici, poi dai ciarlatani, e magari dalle chiromanti. Sia la prima cosa che la seconda e la terza sono, lei capisce, assolutamente insensate. E tutto finisce in modo tragico: colui che, ancora poco fa, credeva di dirigere qualcosa, è steso immobile in una cassa di legno, e le persone circostanti, comprendendo che dal defunto non si cava più alcun costrutto, lo cremano in un forno."
"Ma succede anche di peggio: uno magari ha appena deciso di andare a Kislovodsk", - qui il forestiero guardò Berlioz strizzando gli occhi, - "una cosuccia da nulla, si direbbe, ma non riesce a fare neppure quella, perché scivola e va a finire sotto un tram! Non mi vorrà mica dire che è stato lui a dirigere se stesso in quel modo! Non sarebbe più giusto pensare che è stato qualcun altro a dirigerlo così?" Qui lo sconosciuto emise una strana risatina.
Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita
Ascolta la quiete, - diceva Margherita al Maestro, e la sabbia frusciava sotto i suoi piedi nudi, - ascolta e godi ciò che non ti hanno mai concesso in vita: il silenzio. Guarda, ecco là davanti la tua casa eterna, che ti è stata data per ricompensa. Già vedo la trifora e la vite che s'attorce e s'alza fino al tetto. Ecco la tua casa, la tua casa eterna. So che alla sera ti verranno a trovare coloro che tu ami, che ti interessano e che non ti inquieteranno. Suoneranno per te, canteranno per te, vedrai che luce ci sarà nella camera quando saranno accese le candele. Ti addormenterai, col tuo berretto consunto ed eterno, ti addormenterai col sorriso sulle labbra. Il sonno ti rinforzerà e i saggi saranno i tuoi pensieri. E mandarmi via ormai non potrai. Il tuo sonno lo proteggerò io.
Michail Bulgakov, “Il Maestro e Margherita”
Com'è triste la terra di sera! Come sono misteriose le brume sulle paludi!
Chi ha vagato in queste brume, chi ha molto sofferto, prima della morte,
chi ha volato su questa terra portando su di sé un peso troppo gravoso, lo sa – Lo sa chi è stanco.
Michail Afanas'evic Bulgakov, Il Maestro e Margherita (Libro secondo, cap. trentaduesimo - Il perdono e l'eterno rifugio
Questi occhi non mentono. Quante volte ve l’ho detto che il vostro errore fondamentale sta nel sottovalutare l’importanza degli occhi umani.
Capite, la lingua può nascondere la verità, ma gli occhi mai!
Vi rivolgono una domanda inaspettata, voi, senza battere ciglio, in un secondo, vi padroneggiate e sapere che cosa bisogna dire per nascondere la verità, e lo dite nel modo più convincente, non un muscolo del vostro volto si muove, ma, ahimè, la verità smossa dalla domanda balza per un istante dal fondo dell’anima negli occhi, e tutto è finito!
Michail Bulgakov - "Il Maestro e Margherita"
Margherita aveva sognato un sito sconosciuto, desolato, triste, sotto il cielo fosco della primavera precoce. Aveva sognato quel cielo grigiognolo, pezzato di nuvole trascorrenti e sotto uno stormo silenzioso di cornacchie. Un piccolo ponte rozzo, sotto di esso un un torbido fiumicello primaverile. Alberi malinconici, stenti, semispogli. Una tremula solitaria e più lontano, fra gli alberi, al di là di un orto, una casupola di tronchi, forse una cucina isolata, oppure un capanno da bagno o sa il diavolo che cosa! Tutto intorno un non so che di morto e di così triste, che veniva voglia d'impiccarsi a quella tremula vicino al ponticello. Che sito infernale per una persona viva!
Michail Bulgakov, "Il Maestro e Margherita"
Qualcosa di male, mi permetta, si nasconde in coloro che evitano il vino, il gioco, la compagnia di leggiadre fanciulle, le conversazioni conviviali. Questa gente о è gravemente malata oppure segretamente odia il prossimo.
Michail Bulgakov, "Il maestro e Margherita"
«Tutto passa. Le sofferenze, i tormenti, il sangue, la fame e la pestilenza. La spada sparirà, e le stelle invece rimarranno, quando anche le ombre dei nostri corpi e delle nostre azioni più non saranno sulla terra. Le stelle rimarranno allo stesso modo immutabili, allo stesso modo scintillanti e meravigliose. Non esiste uomo sulla terra che non lo sappia. Perché allora non vogliamo la pace? Perché non vogliamo rivolgere il nostro sguardo alle stelle? Perché?».
Michail Bulgakov, "La guardia bianca"
Quante volte ve l’ho detto: il vostro errore fondamentale sta nel sottovalutare l’importanza degli occhi umani. Capite, la lingua può nascondere la verità, ma gli occhi mai! Vi rivolgono una domanda inaspettata, voi, senza battere ciglio, in un secondo, vi padroneggiate e sapete che cosa bisogna dire per nascondere la verità, e lo dite nel modo più convincente, non un muscolo del vostro volto si muove, ma, ahimè, la verità smossa dalla domanda balza per un istante dal fondo dell’anima negli occhi, e tutto è finito!
Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita.
L’amore ci aveva sorpreso inatteso e violento come un assassino che sbuchi fuori d’improvviso, e ci aveva pugnalato entrambi. Così colpisce il fulmine, così colpisce la lama finnica. Del resto, lei sosteneva in seguito che non avvenne così, che noi ci amavamo sicuramente da sempre, senza saperlo, senza esserci mai visti.
Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita.
Michail Bulgakov, Il maestro e Margherita
"Essa aveva in mano orribili fiori gialli inquieti. Non so come si chiamino, ma sono sempre i primi ad apparire a Mosca. Questi fiori si stagliavano nettamente sul suo soprabito nero primaverile. Aveva fiori gialli! Un brutto colore. Dalla Tverskaja svoltò in un vicolo e si voltò. Conosce la Tverskaja, no? Lungo la Tverskaja camminavano migliaia di persone, ma le garantisco che essa vide me solo e mi guardò, non dico preoccupata, ma addirittura in un certo qual modo morboso. Fui colpito non tanto dalla sua bellezza, quanto dalla straordinaria, mai vista solitudine nei suoi occhi! Ubbidendo a quel richiamo giallo, anch'io svoltai nel vicolo e la seguii. Camminavamo in silenzio lungo il vicolo triste e storto, io da un lato, lei dall'altro. E si figuri che non c'era anima viva. Mi tormentavo perché mi sembrava che fosse necessario parlarle, e temevo che non sarei riuscito a pronunciare neppure una parola, e lei se ne sarebbe andata, e non l'avrei mai più rivista. E s'immagini, a un tratto fu lei a parlare:
- Le piacciono i miei fiori?
Mi ricordo chiaramente il suono della sua voce, alquanto bassa, ma con brusche variazioni di tono, e - è sciocco, lo so - parve che un'eco risuonasse nel vicolo e si ripercuotesse nel muro giallo e sporco. Passai in fretta sull'altro marciapiede e, avvicinandomi a lei, risposi:
- No.
Mi guardò sorpresa, e, di colpo, in modo del tutto inatteso, sentii che per tutta la vita avevo amato proprio quella donna! Che storia, eh? Lei dirà, naturalmente, che sono pazzo.
- Non dico niente, - esclamò Ivan, e soggiunse: - La supplico, continui!
L'ospite continuò.
- Si, mi fissò sorpresa, e poi, dopo avermi fissato, chiese:
- Non le piacciono i fiori?
Nella sua voce mi parve sentire dell'ostilità. Le camminavo accanto, cercando di tenere il passo, e, con mio grande stupore, non mi sentivo affatto imbarazzato.
- No, mi piacciono i fiori, ma non questi, - dissi.
- Quali le piacciono?
- Le rose.
Rimpiansi le mie parole, perché lei ebbe un sorriso contrito e gettò i suoi fiori nel rigagnolo. Li raccattai, un po' confuso, e glieli porsi, ma lei, sorridendo, li respinse ed essi mi rimasero in mano.
Camminammo così, silenziosi, per un po', finché lei non mi tolse i fiori di mano e li gettò sul selciato, poi infilò sotto il mio braccio la mano col guanto nero svasato, e proseguimmo vicini.
- E poi? - disse Ivan. - Per favore, non salti niente!
- E poi? - l'ospite ripeté la domanda. - Quello che successe poi, lo può indovinare lei stesso -. Inaspettatamente si asciugò una lacrima con la manica destra, e prosegui: - L'amore ci si parò dinanzi come un assassino sbuca fuori in un vicolo, quasi uscisse dalla terra, e ci colpi subito entrambi. Così colpisce il fulmine, così colpisce un coltello a serramanico! Del resto, lei affermava in seguito che non era così, che ci amavamo da molto tempo pur senza esserci mai visti, e pur vivendo lei con un altro... e io, allora... con quella, come si chiama...
- Con chi? - chiese Bezdomnyj.
- Con quella, ma si... quella... mm... - rispose l'ospite schioccando le dita.
- Lei era sposato?
- Ma si, perché crede che schiocchi le dita?... Con quella... Varen'ka... Manecka... no, Varen'ka... il vestito a strisce, il Museo... Ma non ricordo.
Ebbene, lei diceva che con quei fiori gialli in mano era uscita, quel giorno, perché io la potessi finalmente incontrare, e che se questo non fosse avvenuto, si sarebbe avvelenata, poiché la sua vita era vuota.
Si, l'amore ci colpì in un baleno. Lo sapevo già, quel giorno, dopo un'ora, mentre eravamo, senza accorgerci dell'esistenza della città, sul lungofiume sotto le mura del Cremlino,
Parlavamo come se ci fossimo lasciati il giorno prima, come se ci conoscessimo da molti anni. Ci accordammo per trovarci l'indomani nello stesso posto, sulla Moscova, e ci incontrammo. Il sole di maggio splendeva per noi. Ben presto, quella donna divenne la mia moglie segreta.
Veniva da me quotidianamente, di giorno, e ad aspettarla io cominciavo sin dal mattino. Questa attesa si manifestava col fatto che spostavo gli oggetti sul tavolo. Dieci minuti prima mi sedevo vicino alla finestra e mi mettevo in ascolto, aspettando che il vecchio cancello sbattesse. È strano: prima che la incontrassi, poca gente veniva nel nostro cortiletto, anzi, non veniva mai nessuno, mentre adesso mi sembrava che tutta la città vi si precipitasse. Sbatteva il cancello, batteva il mio cuore, e, si figuri, dietro il finestrino, al livello del mio viso, appariva immancabilmente un paio di stivali sporchi. L'arrotino. Ma chi aveva bisogno di un arrotino nella nostra casa? Arrotare che cosa? Quali coltelli?
Lei entrava una sola volta dal cancello, ma io avevo provato il batticuore almeno dieci volte, non dico una bugia. Poi, quando giungeva la sua ora e le lancette indicavano mezzogiorno, il batticuore continuava finché senza tacchettio, quasi silenziose, davanti alla finestra non mi passavano le scarpe con un nodo di camoscio nero, stretto da una fibbia d'acciaio.
A volte scherzava, e fermandosi davanti alla seconda finestra, bussava al vetro con la punta della scarpa. Nello stesso istante io mi ritrovavo davanti a quella finestra, ma la scarpa scompariva, scompariva la seta nera che velava la luce, e io correvo ad aprirle.
Nessuno sapeva del nostro legame, glielo garantisco, anche se questo non succede mai. Non lo sapeva suo marito, non lo sapevano i conoscenti. Nella vecchia casetta dove possedevo quello scantinato, naturalmente, sapevano, vedevano che mi veniva a trovare una donna, ma non ne conoscevano il nome.
- E chi è? - chiese Ivan, interessato in sommo grado a quella storia d'amore.
L'ospite fece un gesto a significare che non l'avrebbe mai detto a nessuno, e continuò il suo racconto.
Ivan seppe che il Maestro e la sconosciuta si amavano talmente che divennero assolutamente inseparabili. Ivan ora si immaginava con chiarezza le due camere dello scantinato della casetta, dove regnava sempre il crepuscolo a causa del lillà e della palizzata. I logori mobili di mogano, lo scrittoio con l'orologio che suonava ogni mezz'ora, e libri, libri, che andavano dal pavimento di legno lucido fino al soffitto annerito dal fumo, e la stufa.
Ivan apprese che, sin dai primi giorni della loro relazione, il suo ospite e la moglie segreta erano venuti alla conclusione che a farli incontrare all'angolo della Tverskaja con il vicolo era stato il destino, e che erano stati creati eternamente l'uno per l'altra."
Michail Bulgakov, Il maestro e Margherita
Margherita aveva sognato un sito sconosciuto, desolato, triste, sotto il cielo fosco della primavera precoce. Aveva sognato quel cielo grigiognolo, pezzato di nuvole trascorrenti e sotto uno stormo silenzioso di cornacchie. Un piccolo ponte rozzo, sotto di esso un un torbido fiumicello primaverile. Alberi malinconici, stenti, semispogli. Una tremula solitaria e più lontano, fra gli alberi, al di là di un orto, una casupola di tronchi, forse una cucina isolata, oppure un capanno da bagno o sa il diavolo che cosa! Tutto intorno un non so che di morto e di così triste, che veniva voglia d'impiccarsi a quella tremula vicino al ponticello. Che sito infernale per una persona viva!
Michail Bulgakov, "Il Maestro e Margherita"
Qualcosa di male, mi permetta, si nasconde in coloro che evitano il vino, il gioco, la compagnia di leggiadre fanciulle, le conversazioni conviviali. Questa gente о è gravemente malata oppure segretamente odia il prossimo.
Michail Bulgakov, "Il maestro e Margherita"
«Tutto passa. Le sofferenze, i tormenti, il sangue, la fame e la pestilenza. La spada sparirà, e le stelle invece rimarranno, quando anche le ombre dei nostri corpi e delle nostre azioni più non saranno sulla terra. Le stelle rimarranno allo stesso modo immutabili, allo stesso modo scintillanti e meravigliose. Non esiste uomo sulla terra che non lo sappia. Perché allora non vogliamo la pace? Perché non vogliamo rivolgere il nostro sguardo alle stelle? Perché?».
Michail Bulgakov, "La guardia bianca"
Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita.
L’amore ci aveva sorpreso inatteso e violento come un assassino che sbuchi fuori d’improvviso, e ci aveva pugnalato entrambi. Così colpisce il fulmine, così colpisce la lama finnica. Del resto, lei sosteneva in seguito che non avvenne così, che noi ci amavamo sicuramente da sempre, senza saperlo, senza esserci mai visti.
Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita.
L'amore ci si parò dinanzi come un assassino sbuca fuori in un vicolo, quasi uscisse dalla terra, e ci colpi subito entrambi. Così colpisce il fulmine, così colpisce un coltello a serramanico! Del resto, lei affermava in seguito che non era così, che ci amavamo da molto tempo pur senza esserci mai visti, e pur vivendo lei con un altro... e io, allora... con quella, come si chiama...
Michail Afana'sevic Bulgakov, Il maestro e margherita
Michail Afana'sevic Bulgakov, Il maestro e margherita
Michail Bulgakov, Il maestro e Margherita
"Essa aveva in mano orribili fiori gialli inquieti. Non so come si chiamino, ma sono sempre i primi ad apparire a Mosca. Questi fiori si stagliavano nettamente sul suo soprabito nero primaverile. Aveva fiori gialli! Un brutto colore. Dalla Tverskaja svoltò in un vicolo e si voltò. Conosce la Tverskaja, no? Lungo la Tverskaja camminavano migliaia di persone, ma le garantisco che essa vide me solo e mi guardò, non dico preoccupata, ma addirittura in un certo qual modo morboso. Fui colpito non tanto dalla sua bellezza, quanto dalla straordinaria, mai vista solitudine nei suoi occhi! Ubbidendo a quel richiamo giallo, anch'io svoltai nel vicolo e la seguii. Camminavamo in silenzio lungo il vicolo triste e storto, io da un lato, lei dall'altro. E si figuri che non c'era anima viva. Mi tormentavo perché mi sembrava che fosse necessario parlarle, e temevo che non sarei riuscito a pronunciare neppure una parola, e lei se ne sarebbe andata, e non l'avrei mai più rivista. E s'immagini, a un tratto fu lei a parlare:
- Le piacciono i miei fiori?
Mi ricordo chiaramente il suono della sua voce, alquanto bassa, ma con brusche variazioni di tono, e - è sciocco, lo so - parve che un'eco risuonasse nel vicolo e si ripercuotesse nel muro giallo e sporco. Passai in fretta sull'altro marciapiede e, avvicinandomi a lei, risposi:
- No.
Mi guardò sorpresa, e, di colpo, in modo del tutto inatteso, sentii che per tutta la vita avevo amato proprio quella donna! Che storia, eh? Lei dirà, naturalmente, che sono pazzo.
- Non dico niente, - esclamò Ivan, e soggiunse: - La supplico, continui!
L'ospite continuò.
- Si, mi fissò sorpresa, e poi, dopo avermi fissato, chiese:
- Non le piacciono i fiori?
Nella sua voce mi parve sentire dell'ostilità. Le camminavo accanto, cercando di tenere il passo, e, con mio grande stupore, non mi sentivo affatto imbarazzato.
- No, mi piacciono i fiori, ma non questi, - dissi.
- Quali le piacciono?
- Le rose.
Rimpiansi le mie parole, perché lei ebbe un sorriso contrito e gettò i suoi fiori nel rigagnolo. Li raccattai, un po' confuso, e glieli porsi, ma lei, sorridendo, li respinse ed essi mi rimasero in mano.
Camminammo così, silenziosi, per un po', finché lei non mi tolse i fiori di mano e li gettò sul selciato, poi infilò sotto il mio braccio la mano col guanto nero svasato, e proseguimmo vicini.
- E poi? - disse Ivan. - Per favore, non salti niente!
- E poi? - l'ospite ripeté la domanda. - Quello che successe poi, lo può indovinare lei stesso -. Inaspettatamente si asciugò una lacrima con la manica destra, e prosegui: - L'amore ci si parò dinanzi come un assassino sbuca fuori in un vicolo, quasi uscisse dalla terra, e ci colpi subito entrambi. Così colpisce il fulmine, così colpisce un coltello a serramanico! Del resto, lei affermava in seguito che non era così, che ci amavamo da molto tempo pur senza esserci mai visti, e pur vivendo lei con un altro... e io, allora... con quella, come si chiama...
- Con chi? - chiese Bezdomnyj.
- Con quella, ma si... quella... mm... - rispose l'ospite schioccando le dita.
- Lei era sposato?
- Ma si, perché crede che schiocchi le dita?... Con quella... Varen'ka... Manecka... no, Varen'ka... il vestito a strisce, il Museo... Ma non ricordo.
Ebbene, lei diceva che con quei fiori gialli in mano era uscita, quel giorno, perché io la potessi finalmente incontrare, e che se questo non fosse avvenuto, si sarebbe avvelenata, poiché la sua vita era vuota.
Si, l'amore ci colpì in un baleno. Lo sapevo già, quel giorno, dopo un'ora, mentre eravamo, senza accorgerci dell'esistenza della città, sul lungofiume sotto le mura del Cremlino,
Parlavamo come se ci fossimo lasciati il giorno prima, come se ci conoscessimo da molti anni. Ci accordammo per trovarci l'indomani nello stesso posto, sulla Moscova, e ci incontrammo. Il sole di maggio splendeva per noi. Ben presto, quella donna divenne la mia moglie segreta.
Veniva da me quotidianamente, di giorno, e ad aspettarla io cominciavo sin dal mattino. Questa attesa si manifestava col fatto che spostavo gli oggetti sul tavolo. Dieci minuti prima mi sedevo vicino alla finestra e mi mettevo in ascolto, aspettando che il vecchio cancello sbattesse. È strano: prima che la incontrassi, poca gente veniva nel nostro cortiletto, anzi, non veniva mai nessuno, mentre adesso mi sembrava che tutta la città vi si precipitasse. Sbatteva il cancello, batteva il mio cuore, e, si figuri, dietro il finestrino, al livello del mio viso, appariva immancabilmente un paio di stivali sporchi. L'arrotino. Ma chi aveva bisogno di un arrotino nella nostra casa? Arrotare che cosa? Quali coltelli?
Lei entrava una sola volta dal cancello, ma io avevo provato il batticuore almeno dieci volte, non dico una bugia. Poi, quando giungeva la sua ora e le lancette indicavano mezzogiorno, il batticuore continuava finché senza tacchettio, quasi silenziose, davanti alla finestra non mi passavano le scarpe con un nodo di camoscio nero, stretto da una fibbia d'acciaio.
A volte scherzava, e fermandosi davanti alla seconda finestra, bussava al vetro con la punta della scarpa. Nello stesso istante io mi ritrovavo davanti a quella finestra, ma la scarpa scompariva, scompariva la seta nera che velava la luce, e io correvo ad aprirle.
Nessuno sapeva del nostro legame, glielo garantisco, anche se questo non succede mai. Non lo sapeva suo marito, non lo sapevano i conoscenti. Nella vecchia casetta dove possedevo quello scantinato, naturalmente, sapevano, vedevano che mi veniva a trovare una donna, ma non ne conoscevano il nome.
- E chi è? - chiese Ivan, interessato in sommo grado a quella storia d'amore.
L'ospite fece un gesto a significare che non l'avrebbe mai detto a nessuno, e continuò il suo racconto.
Ivan seppe che il Maestro e la sconosciuta si amavano talmente che divennero assolutamente inseparabili. Ivan ora si immaginava con chiarezza le due camere dello scantinato della casetta, dove regnava sempre il crepuscolo a causa del lillà e della palizzata. I logori mobili di mogano, lo scrittoio con l'orologio che suonava ogni mezz'ora, e libri, libri, che andavano dal pavimento di legno lucido fino al soffitto annerito dal fumo, e la stufa.
Ivan apprese che, sin dai primi giorni della loro relazione, il suo ospite e la moglie segreta erano venuti alla conclusione che a farli incontrare all'angolo della Tverskaja con il vicolo era stato il destino, e che erano stati creati eternamente l'uno per l'altra."
Michail Bulgakov, Il maestro e Margherita
https://youtu.be/s_QHyMUHZ5k
“Il professor Persikov era un uomo di 58 anni, alto, curvo, con i capelli spettinati e occhiali antiquati, viveva fuori dal mondo, non leggeva i giornali e non andava a teatro (…) lavorava all'istituto di zoologia (…) e il 1920 fu un anno tragico per l'università in quanto la denutrizione fece svariate vittime: rane, rospi, il rospo del Surinam e Vlas, il guardiano permanente.”
Così inizia una delle più straordinarie opere della letteratura russa, le Uova Fatali (1925) di Michail Afanas’evič Bulgakov.
E’ difficile attribuire un genere letterario a questo racconto: è un po’ fantascienza, ma è anche realismo (con malcelate critiche alla società sovietica), è horror ed è anche satira, mescola a ripetizione momenti drammatici con spunti notevolmente comici.
E così ci ritroviamo nella Mosca degli anni ’20 a seguire con trepidazione le avventure di questo strampalato direttore di un istituto zoologico cittadino e della sua strana invenzione: un potente raggio rosso in grado di accelerare la riproduzione delle cellule animali.
Così, quando il raggio rosso colpisce certe uova, viene provocata l’involontaria nascita di mostruosi rettili, che causeranno uno sconvolgimento senza precedenti nel rigido ordine sovietico e che addirittura saranno una minaccia per tutta l’umanità. Riuscirà il nostro professore a salvare il mondo dalle mostruose creature? Non vi resta che leggere il libro!
Le uova fatali. M. Bulgakov
Testo: Corrado Facchinetti
quel personaggio strano, sembrava diabolico ma in realtà era ne buono ne cattivo.
Sembrava che per ogni personaggio realizzasse ciò che loro stessi volevano ma molto accentuato, quasi una caricatura. Il Maestro e Margherita erano molto innamorati, sapevano sacrificarsi l'uno per l'altra e alla fine del libro ho avuto la sensazione che avessero ottenuto l'Amore eterno, cioè ovunque e comunque per loro l'importante era che fossero insieme ma gli altri si può dire che siano impazziti chi per l'avidità, chi per invidia, la maggior parte per disonestà. Questa cosa mi ha fatto molta impressione, era proprio come se ciascuno si fosse provocato il suo male, si fosse creato il suo mondo e... chi è completamente esente da difetti?
Eugenio Montale definì il romanzo «un miracolo che ognuno deve salutare con commozione» mentre Veniamin Kaverin scrisse «per originalità sarà difficile trovare un'opera che gli stia a pari in tutta la letteratura mondiale»
Un libro meraviglioso! Uno dei più belli che abbia mai letto! Geniale, emozionante, coinvolgente, irriverente, umoristico, intelligente..
Romanzo immenso. E Cuore di cane subito dopo.
[...] si sente la verve, originale di Bulgakov contro il regime 'pseudo-comunista' e il fallimento della NEP. Cmq chiaro è l'intento satirico e già questo può bastare, senza nulla togliere, a sottolineare la differenza con il suo Capolavoro.
Ancher: M.B. è immortale. Le Uova Fatali sono un altro piccolo capolavoro
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