martedì 13 dicembre 2011

Kafka. Il Processo. Il protagonista del romanzo, Josef K., è impiegato come procuratore presso un istituto bancario. Una mattina, due uomini a lui sconosciuti si presentano presso la sua abitazione e lo dichiarano in arresto, senza tuttavia porlo in stato di detenzione. Josef K. scopre così di essere imputato in un processo e, pensando a un errore, decide di intervenire con tempestività per risolvere quello che ritiene essere uno spiacevole, ma temporaneo, malinteso.




"Un tale mi disse che risvegliandosi la mattina presto è meraviglioso trovare, almeno in complesso, tutte le cose allo stesso posto dove erano la sera. Dormendo e sognando si è, almeno in apparenza, in uno stato essenzialmente diverso dalla veglia e, come disse giustamente quel tale, ci vuole una sconfinata presenza di spirito o meglio prontezza, per afferrare, aprendo gli occhi, tutte le cose, per così dire, nel medesimo posto dove si sono lasciate la sera, perciò il momento del risveglio è il più rischioso della giornata; una volta superato senza essere trascinati via dal proprio posto, si può stare tranquilli per tutto il giorno."
Franz Kafka, Il processo




L'unica capace di giudicare è la parte in causa, ma essa, come tale, non può giudicare.
Perciò nel mondo non esiste una vera possibilità di giudizio, ma solo il suo riflesso.
Franz Kafka, Il Processo



 le parti in causa di solito si rivolgono o a un giudice terzo....ma la vita non è un tribunale....


Si può giudicare solo sè stessi, ed è quello che fanno tutti quando giudicano gli altri o applicano le leggi e comminano una pena.




Robert Delsol a

3. LETTERATURA
IL PROCESSO
Il protagonista del romanzo, Josef K., è impiegato come procuratore presso un istituto bancario.
Una mattina, due uomini a lui sconosciuti si presentano presso la sua abitazione e lo dichiarano in arresto, senza tuttavia porlo in stato di detenzione.
Josef K. scopre così di essere imputato in un processo e, pensando a un errore, decide di intervenire con tempestività per risolvere quello che ritiene essere uno spiacevole, ma temporaneo, malinteso.
Tuttavia, ben presto, Josef K. si rende conto che il processo intentato nei suoi confronti è effettivamente in corso.
Allora egli tenta inizialmente di affrontare la macchina processuale con la logica e il pragmatismo che gli derivano dal suo lavoro presso la banca. Ma, né i tempi e i modi di svolgimento del processo, né altri aspetti del suo funzionamento, vengono mai pienamente rivelati all'imputato, neppure durante le sue deposizioni al cospetto dei giudici.
A Josef K. non verrà mai comunicato il capo di imputazione che pende su di lui.
Dietro il consiglio del personale in servizio al tribunale, Josef K. affida a un avvocato il mandato di difenderlo.
L'avvocato, pur rassicurandolo in merito all'impegno profuso per il suo caso, pare tuttavia procedere con la medesima opacità che è propria del tribunale, mettendo in atto iniziative la cui efficacia Josef K. non è in grado di valutare appieno. Tanto che, dopo un breve periodo di riflessione, Josef K. decide di rimuovere il mandato all'avvocato, a dispetto delle raccomandazioni dello stesso legale difensore.
Questa rinuncia alla difesa prelude all'epilogo della vicenda. Senza preavviso, Josef K. viene infatti prelevato da due agenti del tribunale e condotto in una cava, dove viene giustiziato con una coltellata.
Josef K. muore in conseguenza di una condanna inflittagli da un tribunale che non lo ha mai informato in merito alla natura delle accuse a suo carico, e che non gli ha mai fornito alcun riferimento per attuare una vera difesa.
Franz Kafka 



"E' impossibile andare più lontano di quanto ha fatto Kafka nel Processo; egli ha creato l'immagine estremamente poetica del mondo estremamente apoetico. Con 'mondo estremamente apoetico' intendo: il mondo in cui non c'è più posto per la libertà individuale, per l'originalità di un individuo, il mondo in cui l'uomo è ormai solo uno strumento di forze extraumane: della burocrazia, della tecnica, della storia". Milan Kundera, I testamenti traditi




Enigmaticita' radicale dell' esistenza, senso negativo e paralizzante delle possibilità dell' uomo (tematica tipicamente kierkegaardiana ma senza l'impostazione religiosa del filosofo danese), l'angoscia e la minaccia inafferrabile del nulla che incombono inesorabilmente e si concludono solo con l'esperienza della morte. Sono i temi fondanti del "Processo" di F.Kafka che gli esistenzialsti accoglieranno con favore, scorgendovi gli aspetti negativi e limitanti della condizione dell' uomo in quanto essere - nel - mondo .


Kundera, acuto osservatore del mondo e della maniera con cui l'uomo lo abita, assoggettato a forze che lui stesso ha creato e di cui non sa liberarsi, un Faust goethiano, smarrito che dice ..."e quelli che evocai, gli spiriti, di quelli più non mi libero!"

"Preso il cappello, si avviò verso l'uscita, tra il silenzio generale che esprimeva stupore. il giudice fu più lesto e lo fermò sulla porta dicendogli: "Volevo solo farle presente che lei, senza averne coscienza, rinuncia al privilegio che costituisce per l'arrestato l'interrogatorio”. “Straccioni faccio a meno dei vostri interrogatori” esclamò e aprì la porta e si precipitò giù per le scale. (...)
“Se lei desiderasse di ottenere un’assoluzione apparente, io scrivo su un foglio di carta una dichiarazione della sua innocenza, faccio un giro presso i giudici che conosco, e confermo che lei è innocente e che io garantisco; non è una garanzia formale, ma una vera e propria garanzia impegnativa.
Del resto, non è neppure sicuro che ognuno mi creda, può anche capitare che i giudici si rifiutino di ascoltarmi. Quando ho raccolto un numero bastevole di firme, vado dal giudice che sta istruendo il suo processo; è possibile che ottenga anche la sua firma e allora tutto va anche più rapidamente. E’ giunto, per l’accusato, il momento di tranquillizzarsi; è strano, ma è vero, in questo periodo gli accusati
sono più sicuri che dopo l’assoluzione”. “Sarei, dunque, libero?” disse K. “ma libero solo apparentemente o per dir meglio temporaneamente.. E qui si spiega la differenza fra l’assoluzione reale e quella apparente: nella prima, gli atti del processo sono messi via, scompaiono dall’incartamento, e non solo l’accusa, ma anche il processo, e persino l’assoluzione, sono distrutti, tutto è distrutto.
Altrimenti succede se si tratta di un’assoluzione apparente. Può succedere che un giorno, quando nessuno se lo aspetta, un giudice qualsiasi prende l’atto in mano, si accorge che l’accusa esiste ancora e ordina, subito, l’arresto. Il processo comincia di nuovo, ma esiste sempre la possibilità di ottenere una seconda assoluzione. Non posso dirle niente di nuovo, ma esiste sempre la possibilità di ottenere una seconda assoluzione. Non posso dirle niente di preciso”, “ma allora neanche questa seconda assoluzione è definitiva” disse K., “naturalmente no, ad una seconda assoluzione segue un terzo arresto, alla terza assoluzione un quarto arresto, e così via. Questa è l’assoluzione apparente”.
Forse le converrebbe, meglio, il rinvio, che consiste che il processo è durevolmente trattenuto ai primissimi stadi, per ottenere ciò, l’accusato, e chi lo aiuta, devono mantenere un contatto personale ed ininterrotto col Tribunale. Di fronte all’assoluzione apparente, il rinvio offre il vantaggio di un avvenire meno incerto per l’accusato, ed è al sicuro dalla sorpresa di un improvviso arresto. Il rinvio ha, però, altri svantaggi, principalmente il fatto che l’accusato non è mai libero, il processo non può rimanere sopito senza che ci siano motivi almeno apparenti. Vi è un altro svantaggio: dal di fuori deve succedere qualche cosa, di tanto in tanto devono essere presi dei provvedimenti; l’accusato deve essere interrogato e possono farsi perquisizioni, sicché egli rimane sempre obbligato a presentarsi, spesso, al giudice. A questo punto K. aveva messo la giacca sul braccio e si era alzato per uscire. Il pittore, riassumendo ancora una volta tutto, quasi volesse mandar via K., confortato, disse: “tutti e due questi metodi impediscono che l’accusato sia giudicato”. K. soggiunse “ma impediscono, anche, una vera assoluzione”.
André Gide e Jean Louis Barrault, Il Processo - Franz Kafka

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