martedì 13 dicembre 2011

Fabrizio De Andrè. "Nella mia ora di libertà"

I perdenti sono le persone che più mi affascinano. Per me dietro ogni barbone si nasconde un eroe. Solo queste persone dimenticate riescono, come dice il poeta Álvaro Mutis, "a consegnare alla morte una goccia di splendore". È la fuga dal branco che ci porta a maturare spiritualmente. Così la solitudine diventa una possibilità di riscatto. E forse la vita, più che una corsa verso la morte, è una fuga dalla nascita.
Fabrizio De Andrè, Una goccia di splendore


Cioran, uomo di grande lucidità, diceva che la vita, più che una corsa verso la morte, è una disperata fuga dalla nascita. Quando veniamo al mondo affrontiamo una sofferenza e un disagio che ci portiamo avanti tutta la vita, quelli di un passaggio traumatico da una situazione conosciuta all'ignoto. Questo è il primo grande disagio. Il secondo, non meno traumatico, è quando ci rendiamo conto che dovremo morire. Per me questa spaventosa consapevolezza è arrivata verso i quattro anni. L'uomo diventa "grande", diventa spirituale o altro, quando riesce a superare questi disagi senza ignorarli. Ora, se a essi si aggiunge anche l'esercizio della solitudine, ecco che allora forse, a differenza di altri che vivono protetti dal branco, alla fine della tua vita riesci a "consegnare alla morte una goccia di splendore", come recita quel grande poeta colombiano che è Alvaro Metis. Se ti opponi, se ti rifiuti di attraversare e superare questi disagi, per sopravvivere ti organizzi affinché siano gli altri a occuparsene e deleghi. Questa rinuncia ti toglie dignità, ti toglie la vita. Credo che l'uomo, per salvarsi, debba sperimentare l'angoscia della solitudine e dell'emarginazione. La solitudine, come scelta o come costrizione, è un aiuto: ti obbliga a crescere. Questa è la salvezza.
Fabrizio De Andrè, Una goccia di splendore



Desidero ribadire, ricordare .. che non si trattò di una scoperta, caso mai di una riscoperta, perché quando Cristoforo Colombo con il solito capello fluente, occhio sognante, piede sicuramente fetente, sbarcò sull'isola di Santo Domingo, c'era una popolazione, c'erano quelli che poi sarebbero stati chiamati Domenicani, ed erano lì da circa 20 - 30 mila anni. Avevano attraversato lo Stretto di Bering insieme a tutti gli altri che sarebbero stati chiamati a loro volta Indiani.
Quindi la sera del 12 Ottobre, almeno per quanto mi riguarda, starò vicino agli Indiani e ricorderò insieme a loro quello che loro considerano il giorno del più grave lutto nazionale. 
Fabrizio De André


Guardateli come vanno in giro a supplicare l'elemosina di un voto:
ma non ci vanno a piedi, hanno autobus che sembrano astronavi,
treni, aerei: e guardateli quando si fermano a pranzo o a cena:
sanno mangiare con coltello e forchetta,
e con coltello e forchetta si mangeranno i vostri risparmi.
L'Italia appartiene a cento uomini,
siamo sicuri che questi cento uomini appartengano all'Italia?
Fabrizio De André


Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti,
dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi.
Come si può essere ottimisti?
Fabrizio De André


«Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura».
Fabrizio De André, cantautore italiano

Il canto ha ancora oggi, in alcune etnie cosiddette primitive, il compito fondamentale di liberare dalla sofferenza, di alleviare il dolore, di esorcizzare il male.
Fabrizio De André


C'hanno insegnato la meraviglia
verso la gente che ruba il pane
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame...
Fabrizio De Andrè,"Nella mia ora di libertà"



Le vere domande e le vere risposte non sono fatte di parole:
sono fatte di azioni, di gesti, di atti, di opere in cui possono anche essere compresse le parole.
Eppure ogni cosa fatta in qualche modo la si paga in ansia, in insuccesso e, se tutto va bene, in nostalgia.
Fabrizio De Andrè



La solitudine (il silenzio, suo stretto parente, bisogna imparare ad ascoltarlo. Il silenzio non esiste) non esiste; nel senso che la solitudine non consiste nello stare soli, ma piuttosto nel non sapersi tenere compagnia. Chi non sa tenersi compagnia difficilmente la sa tenere ad altri. Ecco perché si può essere soli in mezzo a mille persone, ecco anche perché ci si può trovare in compagnia di se stessi ed essere felici (per esempio ascoltando il silenzio, stretto parente della solitudine). Ma il silenzio vero non esiste, come non esiste la vera solitudine. Basta abbandonarsi alle voci dell'Universo.
Fabrizio De Andrè


Elogio della solitudine
Si sa, non tutti se la possono permettere: non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico: il politico solitario è un politico fottuto di solito.
Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con sé stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri.
Con questo non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né dell’eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti; è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita (non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta d’identità), credo di averla vissuta; mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura.
Fabrizio De André, Ed avevamo gli occhi troppo belli




Le storie di ieri - Fabrizio De André

Mio padre aveva un sogno comune
condiviso dalla sua generazione
la mascella al cortile parlava
troppi morti lo hanno tradito
tutta gente che aveva capito.

E il bambino nel cortile sta giocando
tira sassi nel cielo e nel mare
ogni volta che colpisce una stella
chiude gli occhi e si mette a sognare
chiude gli occhi e si mette a volare.

E i cavalli a Salò sono morti di noia
a giocare col nero perdi sempre
Mussolini ha scritto anche poesie
i poeti che strade creature
ogni volta che parlano è una truffa.

Ma mio padre è un ragazzo tranquillo
la mattina legge molti giornali
è convinto di avere delle idee
e suo figlio è una nave pirata
e suo figlio è una nave pirata.


E anche adesso è rimasta una scritta nera
sopra il muro davanti casa mia
dice che il movimento vincerà
il gran capo ha la faccia serena
la cravatta intonata alla camicia.

Ma il bambino nel cortile si è fermato
si è stancato di seguire gli aquiloni
si è seduto tra i ricordi vicini i rumori lontani
guarda il muro e si guarda le mani
guarda il muro e si guarda le mani





Fabrizio de André - Disamistade - concerto '98 10


(disamicizia, faida)

Che ci fanno queste anime
davanti alla chiesa
questa gente divisa
questa storia sospesa

a misura di braccio
a distanza di offesa
che alla pace si pensa
che la pace si sfiora

due famiglie disarmate di sangue
si schierano a resa
e per tutti il dolore degli altri
è dolore a metà

si accontenta di cause leggere
la guerra del cuore
il lamento di un cane abbattuto
da un'ombra di passo

si soddisfa di brevi agonie
sulla strada di casa
uno scoppio di sangue
un'assenza apparecchiata per cena

e a ogni sparo all'intorno
si domanda fortuna
che ci fanno queste figlie
a ricamare a cucire

queste macchie di lutto
rinunciate all'amore
fra di loro si nasconde
una speranza smarrita

che il nemico la vuole
che la vuol restituita
e una fretta di mani sorprese
a toccare le mani

che dev'esserci un modo di vivere
senza dolore
una corsa degli occhi negli occhi
a scoprire che invece
è soltanto un riposo del vento

un odiare a metà
e alla parte che manca
si dedica l'autorità

che la disamistade
si oppone alla nostra sventura
questa corsa del tempo
a sparigliare destini e fortuna

che fanno queste anime
davanti alla chiesa
questa gente divisa
questa storia sospesa

http://youtu.be/79l-Zv7U1zA



[...] Lo strumento che il tipo prende per primo, quello lungo, si chiama berimbau, è uno strumento tradizionale brasiliano che si usa ancora oggi in capoeira. Ha un suono fantastico, molto mistico che mi fa immergere allo spirito di capoeira appena lo sento.




è un birimbao brasiliano è fatto con un arco una zucca e una corda che viene percossa da un bastoncino si usa anche una pietra per battere sulla zucca che fa da diapason



questo è l'ulitmo concerto di Fabrizio. Dopo questo concerto stavano provando Amico Fragile, quando Fabrizio ha smesso di cantare perchè non riusciva più a sopportare un dolore fortissimo alla schiena. Cristiano lo accompagnò a farsi una TAC e da lì scoprirono che era malato da tempo. In questo concerto partecipa quasi tutta la famiglia di Fabrizio: manca infatti sua moglie Dori, la quale rifiutò di partecipare.


Dove non ho trovato Dio (anche se lo vorrei), ho trovato la tua musica, e vorrei che un paradiso esistesse solo perchè tu possa leggere questi commenti e vedere quanto, per tante persone come me, sei stato un papà, un amico sincero,quel qualcosa di divino in cui tu avevi la forza di non credere,e che hai sostituito per noi con questi capolavori. Grazie Fabrizio,un abbraccio da quaggiù...


"...E per tutti il dolore degli altri è dolore a metà..."












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