«Fu tanto raro e universale, che dalla natura per suo miracolo esser produtto dire si puote: la quale non solo della bellezza del corpo, che molto bene gli concedette, volse dotarlo, ma di molte rare virtù volse anchora farlo maestro. Assai valse in matematica et in prospettiva non meno, et operò di scultura, et in disegno passò di gran lunga tutti li altri. Hebbe bellissime inventioni, ma non colorì molte cose, perché si dice mai a sé medesimo avere satisfatto, et però sono tante rare le opere sue. Fu nel parlare eloquentissimo et raro sonatore di lira [...] et fu valentissimo in tirari et in edifizi d'acque, et altri ghiribizzi, né mai co l'animo suo si quietava, ma sempre con l'ingegno fabricava cose nuove.»
(Anonimo Gaddiano, 1542)
L'8 aprile 1476 venne presentata una denuncia anonima agli Ufficiali di notte e de' monasteri contro diverse persone, tra le quali Leonardo, per sodomia consumata verso il diciassettenne Jacopo Saltarelli, residente in via Vacchereccia (accanto a piazza della Signoria). Anche se nella Firenze dell'epoca c'era una certa tolleranza verso l'omosessualità, la pena prevista in questi casi era severissima: l'evirazione per i sodomiti adulti e la mutilazione di un piede o della mano per i giovani.[24]
https://it.wikipedia.org/wiki/Leonardo_da_Vinci
«Io credo che invece che definire che cosa sia l'anima, che è una cosa che non si può vedere, molto meglio è studiare quelle cose che si possono conoscere con l'esperienza, poiché solo l'esperienza non falla. E laddove non si può applicare una delle scienze matematiche, non si può avere la certezza.»
Leonardo da Vinci, Codice Atlantico a 119
Acquista cosa nella tua gioventù che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento.
Leonardo da Vinci, Codice Atlantico, f.310r
Una volta qualcuno chiese a Leonardo perché, dal momento che creava figure così belle sui suoi quadri, i suoi figli erano così brutti; lui rispose che il motivo era perché faceva i suoi quadri alla luce del giorno, mentre i suoi bambini li aveva fatti di notte.
Leonardo da Vinci
Leonardo da Vinci, La favola con la morale
Poiché il cane dormiva sopra una pelle di pecora, una delle sue pulci, sentendo l’odore della lana, pensò che quello fosse un luogo migliore dove vivere e, senza pensarci, abbandonò il cane. Entrata nella folta lana la pulce cominciò con grande fatica ad avvicinarsi alla pelle, ma inutilmente, perché i peli erano talmente spessi che quasi si toccavano e non c’era spazio per arrivare alla pelle.
Per cui, cominciò a voler ritornare dal suo cane, ma poiché questo si era già allontanato, fu costretta, pentita e piena di lacrime, a morire di fame.
Leonardo scrisse una famosa "lettera d'impiego" di nove paragrafi,
9 luglio 1504: muore Piero da Vinci.
Notaio, padre di altri 12 figli oltre a Leonardo, fu uomo di grande cultura, tanto che, intuendo le potenzialità del figlio, lo mandò alla bottega del Verrocchio.
Il rapporto col figlio però non fu grandioso. Alla sua morte, Leonardo annota semplicemente: "A dì 9 di luglio 1504, mercoledì a ore 7 morì Ser Piero da Vinci, notaio di Palazzo del Podestà, mio padre a ore 7..."
L’uomo passa la prima metà della sua vita a rovinarsi la salute e la seconda metà alla ricerca di guarire.
Leonardo Da Vinci
Riprendi l’amico in segreto e lodalo in palese.
Leonardo Da Vinci
La semplicità è la massima raffinatezza.
Leonardo Da Vinci
Chi non condanna il male, comanda che si faccia.
Leonardo Da Vinci
La funzione dei muscoli è di tirare non di spingere, eccetto nel caso dei genitali e della lingua.
Leonardo Da Vinci
Quelli che si innamorano della pratica senza scientia sono come nocchieri che entrano in naviglio senza timone o bussola, che mai hanno certezza dove si vadano. Sempre la pratica deve essere edificata sopra la buona teoria, della quale la prospettiva è guida e porta e senza questa nulla si fa bene
Leonardo da Vinci
La pittura serve a piú degno senso che la poesia, e fa con piú verità le figure delle opere di natura che il poeta, e sono molto piú degne le opere di natura che le parole, che sono opere dell'uomo; perché tal proporzione è dalle opere degli uomini a quelle della natura, qual è quella ch'è dall'uomo a Dio. Adunque è piú degna cosa l'imitar le cose di natura, che sono le vere similitudini in fatto, che con parole imitare i fatti e le parole degli uomini.
Leonardo da Vinci
Vinci, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519
O tempo, consumatore delle cose, e, o invidiosa antichità, tu distruggi tutte le cose, e consumate tutte le cose dai duri denti della vecchiezza, a poco a poco, con lenta morte. Elena, quando si specchiava, vedendo le vizze grinze del suo viso fatte per la vecchiezza, piagne, e pensa seco perché fu rapita du’ volte. L’età che vola discorre nascostamente e inganna altrui, e niuna cosa è più veloce che gli anni, e chi semina virtù fama raccoglie.
Leonardo da Vinci
L'uomo ha grande discorso, del quale la più parte è vano e falso.
Li animali l'hanno piccolo, ma è utile e vero, e meglio è la piccola certezza che la gran bugia.
Leonardo da Vinci, Codice F, 1492-1516
Amor ogni cosa vince
(Anonimo Gaddiano, 1542)
L'8 aprile 1476 venne presentata una denuncia anonima agli Ufficiali di notte e de' monasteri contro diverse persone, tra le quali Leonardo, per sodomia consumata verso il diciassettenne Jacopo Saltarelli, residente in via Vacchereccia (accanto a piazza della Signoria). Anche se nella Firenze dell'epoca c'era una certa tolleranza verso l'omosessualità, la pena prevista in questi casi era severissima: l'evirazione per i sodomiti adulti e la mutilazione di un piede o della mano per i giovani.[24]
https://it.wikipedia.org/wiki/Leonardo_da_Vinci
«Io credo che invece che definire che cosa sia l'anima, che è una cosa che non si può vedere, molto meglio è studiare quelle cose che si possono conoscere con l'esperienza, poiché solo l'esperienza non falla. E laddove non si può applicare una delle scienze matematiche, non si può avere la certezza.»
Leonardo da Vinci, Codice Atlantico a 119
Acquista cosa nella tua gioventù che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento.
Leonardo da Vinci, Codice Atlantico, f.310r
Una volta qualcuno chiese a Leonardo perché, dal momento che creava figure così belle sui suoi quadri, i suoi figli erano così brutti; lui rispose che il motivo era perché faceva i suoi quadri alla luce del giorno, mentre i suoi bambini li aveva fatti di notte.
Leonardo da Vinci
Leonardo da Vinci, La favola con la morale
Poiché il cane dormiva sopra una pelle di pecora, una delle sue pulci, sentendo l’odore della lana, pensò che quello fosse un luogo migliore dove vivere e, senza pensarci, abbandonò il cane. Entrata nella folta lana la pulce cominciò con grande fatica ad avvicinarsi alla pelle, ma inutilmente, perché i peli erano talmente spessi che quasi si toccavano e non c’era spazio per arrivare alla pelle.
Per cui, cominciò a voler ritornare dal suo cane, ma poiché questo si era già allontanato, fu costretta, pentita e piena di lacrime, a morire di fame.
Leonardo scrisse una famosa "lettera d'impiego" di nove paragrafi,
9 luglio 1504: muore Piero da Vinci.
Notaio, padre di altri 12 figli oltre a Leonardo, fu uomo di grande cultura, tanto che, intuendo le potenzialità del figlio, lo mandò alla bottega del Verrocchio.
Il rapporto col figlio però non fu grandioso. Alla sua morte, Leonardo annota semplicemente: "A dì 9 di luglio 1504, mercoledì a ore 7 morì Ser Piero da Vinci, notaio di Palazzo del Podestà, mio padre a ore 7..."
L’uomo passa la prima metà della sua vita a rovinarsi la salute e la seconda metà alla ricerca di guarire.
Leonardo Da Vinci
Riprendi l’amico in segreto e lodalo in palese.
Leonardo Da Vinci
La semplicità è la massima raffinatezza.
Leonardo Da Vinci
Chi non condanna il male, comanda che si faccia.
Leonardo Da Vinci
La funzione dei muscoli è di tirare non di spingere, eccetto nel caso dei genitali e della lingua.
Leonardo Da Vinci
Quelli che si innamorano della pratica senza scientia sono come nocchieri che entrano in naviglio senza timone o bussola, che mai hanno certezza dove si vadano. Sempre la pratica deve essere edificata sopra la buona teoria, della quale la prospettiva è guida e porta e senza questa nulla si fa bene
Leonardo da Vinci
La pittura serve a piú degno senso che la poesia, e fa con piú verità le figure delle opere di natura che il poeta, e sono molto piú degne le opere di natura che le parole, che sono opere dell'uomo; perché tal proporzione è dalle opere degli uomini a quelle della natura, qual è quella ch'è dall'uomo a Dio. Adunque è piú degna cosa l'imitar le cose di natura, che sono le vere similitudini in fatto, che con parole imitare i fatti e le parole degli uomini.
Leonardo da Vinci
Vinci, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519
Sì come il ferro s'arruginisce sanza esercizio e l'acqua si putrefà o nel freddo s'addiaccia, così lo 'ngegno sanza esercizio si guasta.
Leonardo da Vinci, Codice Atlantico, 1478-1518
Leonardo da Vinci, Codice Atlantico, 1478-1518
O tempo, consumatore delle cose, e, o invidiosa antichità, tu distruggi tutte le cose, e consumate tutte le cose dai duri denti della vecchiezza, a poco a poco, con lenta morte. Elena, quando si specchiava, vedendo le vizze grinze del suo viso fatte per la vecchiezza, piagne, e pensa seco perché fu rapita du’ volte. L’età che vola discorre nascostamente e inganna altrui, e niuna cosa è più veloce che gli anni, e chi semina virtù fama raccoglie.
Leonardo da Vinci
L'uomo ha grande discorso, del quale la più parte è vano e falso.
Li animali l'hanno piccolo, ma è utile e vero, e meglio è la piccola certezza che la gran bugia.
Leonardo da Vinci, Codice F, 1492-1516
Amor ogni cosa vince
Leonardo da Vinci
Il moto è causa d’ogni vita.
Leonardo da Vinci
Acquista cosa nella tua gioventù, che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento.
Leonardo da Vinci
Chi non punisce il male, comanda che si facci
Leonardo da Vinci
Di tanto in tanto allontanati, prenditi un pò di riposo,
perchè quando tornerai al lavoro sarai in grado di giudicarlo meglio.
Lavorare senza soste riduce la capacità di giudizio: se ti allontani un po',
il lavoro ti apparirà in prospettiva, potrai abbracciarne di più con un
solo sguardo e individuerai prima le disarmonie e le sproporzioni.
Leonardo da Vinci.
Il giudizio di un nemico è spesso più giusto e più proficuo di quello di un amico, perché negli uomini l'odio è quasi sempre più profondo dell’amore. Lo sguardo di colui che ti odia è sempre più chiaroveggente di colui che ti ama. Un sincero amico tuo è un altro te stesso, mentre il tuo nemico non ti somiglia per nulla, e in ciò sta la sua forza. L’odio illumina molte cose che nell’amore rimangono in ombra. Ricordati di ciò e non disprezzare i nemici.
Leonardo Da Vinci
Leonardo da Vinci.
[...] La sua fantasia si sbizzarrì e si dichiarò pronto alla progettazione d'innumerevoli artiglierie, ponti mobili, risanamenti di paludi, carri d'assalto, gallerie subacquee, strumenti vari ecc, [...].
Era un insegnate generoso e diceva: "Tristo è quel discepolo, che non avanza il suo maestro", ma era anche estremamente critico con se stesso e non consegnava mai un'opera che non considerasse perfettamente terminata, perciò la riprendeva, ritoccava, correggeva così come farà poi con alcune delle opere che porterà sempre con se nei viaggi e per lunghi anni: una per tutte, la Gioconda. [...] il periodo passato a Firenze fu esacerbato da quello che venne chiamato "lo sdegno grandissimo" che corse tra Leonardo e Michelangelo: l'animosità da parte di Michelangelo era forte, lo considerava un edonista ed in più appartenevano a due generazioni diverse cresciute in una città socialmente molto cambiata nel frattempo; l'animosità tra loro si accese ancora di più a causa del marmo che sarebbe poi servito a fare il David.
Il grande masso di calcare era abbandonato nel cortile dell'Opera del Duomo da molto tempo: doveva servire a realizzare un profeta da posizionare in alto, all'esterno della cupola di santa Maria del Fiore; era stato commissionato a Agostino di Duccio che lo aveva progettato e fatto sbozzare dal Baccellino, poi non se n'era fatto più nulla, in seguito era stato proposto a Donatello che l'aveva rifiutato e dopo di lui nessuno l'aveva più voluto.
Era stato offerto a Leonardo quando era tornato a Firenze: non l'aveva rifiutato ma poi era partito con il Borgia ed il blocco era stato chiesto dal Sansovino: si era interposto a quel punto Michelangelo, tornato a Firenze dai successi romani alla corte papale, che aveva iniziato a scolpire il magnifico David e Leonardo se ne offese.
La divergenza tra i due era palese: Leonardo era un fiorentino che apparteneva al '400, al periodo d'oro del rinascimento e della civiltà medicea ed era stato nutrito a estetismo, intellettualismo e anche ad una sorta di indifferenza religiosa; Michelangelo all'opposto apparteneva alla generazione di appassionati e corrucciati del mondo plasmato dal Savonarola, pieno di colpe da espiare.
Li divideva anche lo stile di vita: il Vinci elegante, prodigo, amante del lusso e della bella vita, il Buonarroti trascurato nel vestire, non propriamente bello, legato al denaro al punto di risparmiare tutto vivendo quasi da povero e anche guadagnando molto, assai più di Leonardo.
Due personalità così contrastanti non potevano certo andare d'accordo ma vero è che Michelangelo con i suoi modi bruschi, la parola pungente e la rude imposizione della propria superiorità dimostrata già da ragazzo godeva certo d'ammirazione per la sua arte, ma non di molte simpatie.
Intanto che lavorava al cartone e all'affresco della Battaglia d'Anghiari Leonardo continuava i suoi studi, soprattutto quelli indirizzati al volo degli uccelli, cercando di realizzare anche il suo sogno di far solcare il cielo all'uomo: nel "Codice sul volo degli uccelli" enunciò il principio della reciprocità aerodinamica, base del volo moderno, disegnò il primo paracadute, capì e descrisse le funzioni da timone della coda degli uccelli e delle ali a seconda delle varie pressioni o senso del vento, disegnò il prototipo dell'elicottero, costruì le prime ali da adattare all'uomo, sperimentandole.
Dovranno passare 4 secoli prima che le sue idee sul volo vengano riprese ed approfondite.
In questo periodo Leonardo cominciò quello che divenne poi un'icona nei secoli seguenti, la misteriosa "Cortigiana velata" o "Gioconda".
Il suo nome vero rimane un mistero: chi dice che sia una certa Lisa, figlia di Anton Maria di Noldo Gherardini, nata nel 1479 e che portava il velo da lutto per la morte di una sua piccina nel 1499, chi dice che fosse una donna fiorentina amata da Giuliano de' Medici che ne chiese il ritratto a Leonardo, salvo poi restituirglielo quando convolò a nozze con Filiberta di Savoia, altri l'hanno detta Costanza d'Avalos ma nessuna certezza ancora oggi abbiamo del suo nome.
Forse anche Leonardo subì il sorriso, lo sguardo che seppe dare a questo volto di donna, perché lo portò sempre con se nei suoi viaggi e sembra che lo riprendesse, di tanto in tanto, perfezionandolo sempre più nel tempo; a Firenze la vita di Leonardo era abbastanza amara in quei primi anni del nuovo secolo: problemi di pagamenti non corrisposti, litigi con i numerosi fratellastri a proposito dell'eredità paterna, il fallimento della tecnica della Battaglia d'Anghiari, incomprensioni con il Soderini ma nel 1506 arrivò una ventata d'aria nuova per lui, la chiamata a Milano da parte dei francesi che l'ammiravano tanto, così fece di nuovo i bagagli e pieno di nuove speranze partì. [...]
Via da Milano, parte per Roma. [...]
l 24 settembre del 1513 partì con i suoi amici Francesco e Salaì ed i fedeli servitori Lorenzo e Fanfoja alla volta dello Stato Pontificio [...]. Nella città il Vinci si vidde escluso dalle grandi opere del tempo come i progetti per il nuovo San Pietro e la decorazione del Vaticano, perché in effetti non godeva della simpatia del papa, [...]non era ben compreso dalla corte, venne ostacolato nelle sue ricerche di anatomia ed era chiamato stregone dal popolino per le sue ricerche sul corpo umano; se ne mormorava tanto che il papa gli proibì di recarsi nell'ospedale dove compiva i suoi studi sui cadaveri; continuò a occuparsi di studi matematici e scientifici ed errando nei dintorni di Roma trovò tracce di conchiglie fossili (in quella che attualmente è la zona di Monte Mario) che confermarono i suoi studi geologici sulla formazione della crosta terrestre e l'innalzamento delle terre, precorrendo con le sue intuizioni di tre secoli le scoperte della paleontologia. [...]
Leonardo a Roma aveva visti ed ammirato gli affreschi di Raffaello nelle Stanze Vaticane, aveva ritrovato Luca Pacioli, il Bramante, Giuliano da Sangallo e anche Michelangelo che era inviso al nuovo papa, non aveva nessuna mansione e si dedicava, isolato, a lavorare alle statue della tomba di Giulio II. [...] infine il papa incontrava il re a Bologna e tra il suo seguito, ammiratissimo dai francesi, si trovava Leonardo che ricevette proprio da Francesco I l'invito ad andare in Francia con suo seguito. [...]
Con se durante i suoi viaggi aveva, assieme agli altri dipinti non "perfezionati", il suo capolavoro al quale pare continuasse a lavorare lentamente da anni, la bellissima e iconica "Gioconda": nel 1515 già esistevano dipinti degli allievi di Leonardo che erano rifacimenti della Monna Lisa, ma si dice che lui continuasse ad aggiungere al ritratto uno sfondo dipinto ad intervalli di tempo lunghissimi, attraverso velature infinite. [...]
La casa che l'accolse in Francia era degna di un principe perché il maniero di Cloux apparteneva al cognato del re e Francesco I, che frequentemente raggiungeva Leonardo per discutere d'arte, filosofia, scienza, dirà a Benvenuto Cellini di non conoscere artista o filosofo più grande di lui, gli faceva corrispondere un assegno principesco ed in più gli pagava profumatamente ogni opera che compiva.
Il suo stile d'abbigliarsi con corte mantelle e di portare i capelli lunghi era ammirato ed imitato a corte, era adorato per le sue storie, fiabe, motti, tutti quelli che andavano alla corte francese passavano prima o dopo da lui, per omaggiarlo: Leonardo alla fine della sua vita raccoglieva il miele del massimo dell'ammirazione, della stima e dell'affetto che riusciva a suscitare negli uomini.
Non gli mancava il lavoro: doveva organizzare feste e parate, disegnare costumi e in un'occasione mandò in visibilio la corte e gli ospiti creando il famoso leone mobile il cui petto, percosso dal re con una verga, si aprì rivelando e facendo uscire i gigli simbolo della corona.
Fu colpito da una paralisi al braccio destro nel 1517, ma continuò a lavorare, ancora più lentamente ed aiutato dal Melzi: finì il faunesco, androgino "San Giovanni Battista" quell'anno, progettò la bonifica della Sologna (realizzata poi sotto il re Enrico IV), ma arrivò la primavera del 1519 e sentì arrivare la sua fine, allora il Sabato Santo fece testamento, lasciando ad amici e servi quasi tutto, molti denari ai poveri, parecchi anche agli ingrati fratellastri, decidendo dove voleva essere sepolto.
Il 2 Maggio del 1519 rivolto al Melzi (che come sempre gli era accanto) pronunciò forse queste parole:"Si come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire".
Si dice che il re di Francia pianse a lungo, quando gli comunicarono la notizia della sua morte.
Fine.
Di raffinata stesura, si parla della Lettera dei 10 punti di Leonardo da VInci come del primo curriculum vitae della storia.
Leonardo da Vinci a Ludovico il Moro, 1482
Avendo, signor mio Illustrissimo, visto et considerato ormai ad sufficienzia le prove di tutti quelli che si reputano maestri et compositori de instrumenti bellici, et che le invenzione e operazione di dicti instumenti non sono niente alieni dal comune uso, mi exforzerò, non derogando a nessuno altro, farmi intender da V. Excellentia, aprendo a quella li secreti miei, et appresso offrendoli ad omni suo piacimento in tempi opportuni, operare cum effecto circa tutte quelle cose che sub brevità in parte saranno qui sotto notate (et anchora in molte più secondo le occurrentie de’ diversi casi etcetera):
1. Ho modi de ponti leggerissimi et forti, et atti a portare facilissimamente, et cum quelli seguire, & alcuna volta fuggire li inimici, et altri securi et inoffensivi da foco et battaglia, facili e commodi da levare et ponere. Et modi de arder et disfare quelli de l’inimico.
2. So in la obsidione de una terra toglier via l’acqua de’ fossi, et fare infiniti ponti, ghatti et scale et altri instrumenti pertinenti ad dicta expedizione.
3. Item, se per altezza de argine, o per fortezza de loco et de sito non si potesse in la obsidione de una terra usare l’officio de le bombarde, ho modi de ruinare omni rocca o altra fortezza, se già nun fusse fondata in su el saxo.
4. Ho anchora modi de bombarde commodissime et facili da portare, et cum quelle buttare minuti (saxi a similitudine) di tempesta; cum el fumo di quella dando grande spavento all’inimico, cum grave suo danno et confusione.
5. Item, ho modi, per cave et vie secrete et distorte, facte senza alcuno strepito, per venire ad uno certo et disegnato lo[co], ancora che bisogniasse passare sotto fossi o alcuno fiume.
6. Item, farò carri coperti, securi et inoffensibili, i quali entrando intra li inimica cum sue artiglierie, non è si grande multitudine di gente d’arme che non rompessino. Et dietro a questi poteranno sequire fanterie assai, illesi e senza alcun impedimento.
7. Item, occurrendo di bisogno, farò bombarde, mortari et passavolanti di bellissime et utile forme, fora del comune uso.
8. Dove mancassi le operazione de le bombarde, componerò briccole, manghani, trabuchi et altri instrumenti di mirabile efficacia, et fora del usato; et insomma, secondo la varietà de’ casi, componerò varie et infinite cose da offender et di[fendere].
9. Et quando accadesse essere in mare, ho modi de molti instrumenti actissimi da offender et defender, et navili che faranno resistenzia al trarre de omni grossissima bombarda et polver et fumi.
10. In tempo di pace credo satisfare benissimo a paragone de omni altro in architectura, in composizione di edificii publici et privati, et in conducer acqua da uno loco ad uno altro. Item, conducerò in scultura di marmore, di bronzo et di terra, similiter in pictura, ciò che si possa fare ad paragone de omni altro, et sia chi vole. Item si poterà dare opera al cavallo di bronzo, che sarà gloria immortale et aeterno onore de la felice memoria del Signore vostro patre et de la inclita casa Sforzesca.
Et se alchuna de le sopra dicte cose a alchuno paressino impossibile et infactibile, me offero paratissimo ad farne experimento in el parco vostro, o in quel loco piacerà a Vostra Excellentia, ad la quale humilmente quanto più posso me recomando.
Il mecenate di Leonardo da Vinci, Bernardo Belliconi, compose un sonetto sul ritratto della
“Dama con ermellino”. La donna, identificata con Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro è celebrata dal poeta come impossibile da ritrarre, essendo più luminosa del sole.
Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura
Al Vinci che ha ritratto una tua stella:
Cecilia! sì bellissima oggi è quella
Che a suoi begli occhi el sol par ombra oscura.
L'onore è tuo, sebben con sua pittura
La fa che par che ascolti e non favella:
Pensa quanto sarà più viva e bella,
Più a te fia gloria in ogni età futura.
Ringraziar dunque Ludovico or puoi
E l'ingegno e la man di Leonardo,
Che a' posteri di te voglia far parte.
Chi lei vedrà così, benché sia tardo, -
Vederla viva, dirà: Basti a noi
Comprender or quel eh' è natura et arte.
(1493)
Di tanto in tanto allontanati, prenditi un pò di riposo,
perchè quando tornerai al lavoro sarai in grado di giudicarlo meglio.
Lavorare senza soste riduce la capacità di giudizio: se ti allontani un po',
il lavoro ti apparirà in prospettiva, potrai abbracciarne di più con un
solo sguardo e individuerai prima le disarmonie e le sproporzioni.
Leonardo da Vinci.
Il giudizio di un nemico è spesso più giusto e più proficuo di quello di un amico, perché negli uomini l'odio è quasi sempre più profondo dell’amore. Lo sguardo di colui che ti odia è sempre più chiaroveggente di colui che ti ama. Un sincero amico tuo è un altro te stesso, mentre il tuo nemico non ti somiglia per nulla, e in ciò sta la sua forza. L’odio illumina molte cose che nell’amore rimangono in ombra. Ricordati di ciò e non disprezzare i nemici.
Leonardo Da Vinci
[...] La sua fantasia si sbizzarrì e si dichiarò pronto alla progettazione d'innumerevoli artiglierie, ponti mobili, risanamenti di paludi, carri d'assalto, gallerie subacquee, strumenti vari ecc, [...].
Era un insegnate generoso e diceva: "Tristo è quel discepolo, che non avanza il suo maestro", ma era anche estremamente critico con se stesso e non consegnava mai un'opera che non considerasse perfettamente terminata, perciò la riprendeva, ritoccava, correggeva così come farà poi con alcune delle opere che porterà sempre con se nei viaggi e per lunghi anni: una per tutte, la Gioconda. [...] il periodo passato a Firenze fu esacerbato da quello che venne chiamato "lo sdegno grandissimo" che corse tra Leonardo e Michelangelo: l'animosità da parte di Michelangelo era forte, lo considerava un edonista ed in più appartenevano a due generazioni diverse cresciute in una città socialmente molto cambiata nel frattempo; l'animosità tra loro si accese ancora di più a causa del marmo che sarebbe poi servito a fare il David.
Il grande masso di calcare era abbandonato nel cortile dell'Opera del Duomo da molto tempo: doveva servire a realizzare un profeta da posizionare in alto, all'esterno della cupola di santa Maria del Fiore; era stato commissionato a Agostino di Duccio che lo aveva progettato e fatto sbozzare dal Baccellino, poi non se n'era fatto più nulla, in seguito era stato proposto a Donatello che l'aveva rifiutato e dopo di lui nessuno l'aveva più voluto.
Era stato offerto a Leonardo quando era tornato a Firenze: non l'aveva rifiutato ma poi era partito con il Borgia ed il blocco era stato chiesto dal Sansovino: si era interposto a quel punto Michelangelo, tornato a Firenze dai successi romani alla corte papale, che aveva iniziato a scolpire il magnifico David e Leonardo se ne offese.
La divergenza tra i due era palese: Leonardo era un fiorentino che apparteneva al '400, al periodo d'oro del rinascimento e della civiltà medicea ed era stato nutrito a estetismo, intellettualismo e anche ad una sorta di indifferenza religiosa; Michelangelo all'opposto apparteneva alla generazione di appassionati e corrucciati del mondo plasmato dal Savonarola, pieno di colpe da espiare.
Li divideva anche lo stile di vita: il Vinci elegante, prodigo, amante del lusso e della bella vita, il Buonarroti trascurato nel vestire, non propriamente bello, legato al denaro al punto di risparmiare tutto vivendo quasi da povero e anche guadagnando molto, assai più di Leonardo.
Due personalità così contrastanti non potevano certo andare d'accordo ma vero è che Michelangelo con i suoi modi bruschi, la parola pungente e la rude imposizione della propria superiorità dimostrata già da ragazzo godeva certo d'ammirazione per la sua arte, ma non di molte simpatie.
Intanto che lavorava al cartone e all'affresco della Battaglia d'Anghiari Leonardo continuava i suoi studi, soprattutto quelli indirizzati al volo degli uccelli, cercando di realizzare anche il suo sogno di far solcare il cielo all'uomo: nel "Codice sul volo degli uccelli" enunciò il principio della reciprocità aerodinamica, base del volo moderno, disegnò il primo paracadute, capì e descrisse le funzioni da timone della coda degli uccelli e delle ali a seconda delle varie pressioni o senso del vento, disegnò il prototipo dell'elicottero, costruì le prime ali da adattare all'uomo, sperimentandole.
Dovranno passare 4 secoli prima che le sue idee sul volo vengano riprese ed approfondite.
In questo periodo Leonardo cominciò quello che divenne poi un'icona nei secoli seguenti, la misteriosa "Cortigiana velata" o "Gioconda".
Il suo nome vero rimane un mistero: chi dice che sia una certa Lisa, figlia di Anton Maria di Noldo Gherardini, nata nel 1479 e che portava il velo da lutto per la morte di una sua piccina nel 1499, chi dice che fosse una donna fiorentina amata da Giuliano de' Medici che ne chiese il ritratto a Leonardo, salvo poi restituirglielo quando convolò a nozze con Filiberta di Savoia, altri l'hanno detta Costanza d'Avalos ma nessuna certezza ancora oggi abbiamo del suo nome.
Forse anche Leonardo subì il sorriso, lo sguardo che seppe dare a questo volto di donna, perché lo portò sempre con se nei suoi viaggi e sembra che lo riprendesse, di tanto in tanto, perfezionandolo sempre più nel tempo; a Firenze la vita di Leonardo era abbastanza amara in quei primi anni del nuovo secolo: problemi di pagamenti non corrisposti, litigi con i numerosi fratellastri a proposito dell'eredità paterna, il fallimento della tecnica della Battaglia d'Anghiari, incomprensioni con il Soderini ma nel 1506 arrivò una ventata d'aria nuova per lui, la chiamata a Milano da parte dei francesi che l'ammiravano tanto, così fece di nuovo i bagagli e pieno di nuove speranze partì. [...]
Via da Milano, parte per Roma. [...]
l 24 settembre del 1513 partì con i suoi amici Francesco e Salaì ed i fedeli servitori Lorenzo e Fanfoja alla volta dello Stato Pontificio [...]. Nella città il Vinci si vidde escluso dalle grandi opere del tempo come i progetti per il nuovo San Pietro e la decorazione del Vaticano, perché in effetti non godeva della simpatia del papa, [...]non era ben compreso dalla corte, venne ostacolato nelle sue ricerche di anatomia ed era chiamato stregone dal popolino per le sue ricerche sul corpo umano; se ne mormorava tanto che il papa gli proibì di recarsi nell'ospedale dove compiva i suoi studi sui cadaveri; continuò a occuparsi di studi matematici e scientifici ed errando nei dintorni di Roma trovò tracce di conchiglie fossili (in quella che attualmente è la zona di Monte Mario) che confermarono i suoi studi geologici sulla formazione della crosta terrestre e l'innalzamento delle terre, precorrendo con le sue intuizioni di tre secoli le scoperte della paleontologia. [...]
Leonardo a Roma aveva visti ed ammirato gli affreschi di Raffaello nelle Stanze Vaticane, aveva ritrovato Luca Pacioli, il Bramante, Giuliano da Sangallo e anche Michelangelo che era inviso al nuovo papa, non aveva nessuna mansione e si dedicava, isolato, a lavorare alle statue della tomba di Giulio II. [...] infine il papa incontrava il re a Bologna e tra il suo seguito, ammiratissimo dai francesi, si trovava Leonardo che ricevette proprio da Francesco I l'invito ad andare in Francia con suo seguito. [...]
Con se durante i suoi viaggi aveva, assieme agli altri dipinti non "perfezionati", il suo capolavoro al quale pare continuasse a lavorare lentamente da anni, la bellissima e iconica "Gioconda": nel 1515 già esistevano dipinti degli allievi di Leonardo che erano rifacimenti della Monna Lisa, ma si dice che lui continuasse ad aggiungere al ritratto uno sfondo dipinto ad intervalli di tempo lunghissimi, attraverso velature infinite. [...]
La casa che l'accolse in Francia era degna di un principe perché il maniero di Cloux apparteneva al cognato del re e Francesco I, che frequentemente raggiungeva Leonardo per discutere d'arte, filosofia, scienza, dirà a Benvenuto Cellini di non conoscere artista o filosofo più grande di lui, gli faceva corrispondere un assegno principesco ed in più gli pagava profumatamente ogni opera che compiva.
Il suo stile d'abbigliarsi con corte mantelle e di portare i capelli lunghi era ammirato ed imitato a corte, era adorato per le sue storie, fiabe, motti, tutti quelli che andavano alla corte francese passavano prima o dopo da lui, per omaggiarlo: Leonardo alla fine della sua vita raccoglieva il miele del massimo dell'ammirazione, della stima e dell'affetto che riusciva a suscitare negli uomini.
Non gli mancava il lavoro: doveva organizzare feste e parate, disegnare costumi e in un'occasione mandò in visibilio la corte e gli ospiti creando il famoso leone mobile il cui petto, percosso dal re con una verga, si aprì rivelando e facendo uscire i gigli simbolo della corona.
Fu colpito da una paralisi al braccio destro nel 1517, ma continuò a lavorare, ancora più lentamente ed aiutato dal Melzi: finì il faunesco, androgino "San Giovanni Battista" quell'anno, progettò la bonifica della Sologna (realizzata poi sotto il re Enrico IV), ma arrivò la primavera del 1519 e sentì arrivare la sua fine, allora il Sabato Santo fece testamento, lasciando ad amici e servi quasi tutto, molti denari ai poveri, parecchi anche agli ingrati fratellastri, decidendo dove voleva essere sepolto.
Il 2 Maggio del 1519 rivolto al Melzi (che come sempre gli era accanto) pronunciò forse queste parole:"Si come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire".
Si dice che il re di Francia pianse a lungo, quando gli comunicarono la notizia della sua morte.
Fine.
Di raffinata stesura, si parla della Lettera dei 10 punti di Leonardo da VInci come del primo curriculum vitae della storia.
Leonardo da Vinci a Ludovico il Moro, 1482
Avendo, signor mio Illustrissimo, visto et considerato ormai ad sufficienzia le prove di tutti quelli che si reputano maestri et compositori de instrumenti bellici, et che le invenzione e operazione di dicti instumenti non sono niente alieni dal comune uso, mi exforzerò, non derogando a nessuno altro, farmi intender da V. Excellentia, aprendo a quella li secreti miei, et appresso offrendoli ad omni suo piacimento in tempi opportuni, operare cum effecto circa tutte quelle cose che sub brevità in parte saranno qui sotto notate (et anchora in molte più secondo le occurrentie de’ diversi casi etcetera):
1. Ho modi de ponti leggerissimi et forti, et atti a portare facilissimamente, et cum quelli seguire, & alcuna volta fuggire li inimici, et altri securi et inoffensivi da foco et battaglia, facili e commodi da levare et ponere. Et modi de arder et disfare quelli de l’inimico.
2. So in la obsidione de una terra toglier via l’acqua de’ fossi, et fare infiniti ponti, ghatti et scale et altri instrumenti pertinenti ad dicta expedizione.
3. Item, se per altezza de argine, o per fortezza de loco et de sito non si potesse in la obsidione de una terra usare l’officio de le bombarde, ho modi de ruinare omni rocca o altra fortezza, se già nun fusse fondata in su el saxo.
4. Ho anchora modi de bombarde commodissime et facili da portare, et cum quelle buttare minuti (saxi a similitudine) di tempesta; cum el fumo di quella dando grande spavento all’inimico, cum grave suo danno et confusione.
5. Item, ho modi, per cave et vie secrete et distorte, facte senza alcuno strepito, per venire ad uno certo et disegnato lo[co], ancora che bisogniasse passare sotto fossi o alcuno fiume.
6. Item, farò carri coperti, securi et inoffensibili, i quali entrando intra li inimica cum sue artiglierie, non è si grande multitudine di gente d’arme che non rompessino. Et dietro a questi poteranno sequire fanterie assai, illesi e senza alcun impedimento.
7. Item, occurrendo di bisogno, farò bombarde, mortari et passavolanti di bellissime et utile forme, fora del comune uso.
8. Dove mancassi le operazione de le bombarde, componerò briccole, manghani, trabuchi et altri instrumenti di mirabile efficacia, et fora del usato; et insomma, secondo la varietà de’ casi, componerò varie et infinite cose da offender et di[fendere].
9. Et quando accadesse essere in mare, ho modi de molti instrumenti actissimi da offender et defender, et navili che faranno resistenzia al trarre de omni grossissima bombarda et polver et fumi.
10. In tempo di pace credo satisfare benissimo a paragone de omni altro in architectura, in composizione di edificii publici et privati, et in conducer acqua da uno loco ad uno altro. Item, conducerò in scultura di marmore, di bronzo et di terra, similiter in pictura, ciò che si possa fare ad paragone de omni altro, et sia chi vole. Item si poterà dare opera al cavallo di bronzo, che sarà gloria immortale et aeterno onore de la felice memoria del Signore vostro patre et de la inclita casa Sforzesca.
Et se alchuna de le sopra dicte cose a alchuno paressino impossibile et infactibile, me offero paratissimo ad farne experimento in el parco vostro, o in quel loco piacerà a Vostra Excellentia, ad la quale humilmente quanto più posso me recomando.
Il mecenate di Leonardo da Vinci, Bernardo Belliconi, compose un sonetto sul ritratto della
“Dama con ermellino”. La donna, identificata con Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro è celebrata dal poeta come impossibile da ritrarre, essendo più luminosa del sole.
Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura
Al Vinci che ha ritratto una tua stella:
Cecilia! sì bellissima oggi è quella
Che a suoi begli occhi el sol par ombra oscura.
L'onore è tuo, sebben con sua pittura
La fa che par che ascolti e non favella:
Pensa quanto sarà più viva e bella,
Più a te fia gloria in ogni età futura.
Ringraziar dunque Ludovico or puoi
E l'ingegno e la man di Leonardo,
Che a' posteri di te voglia far parte.
Chi lei vedrà così, benché sia tardo, -
Vederla viva, dirà: Basti a noi
Comprender or quel eh' è natura et arte.
(1493)
Autoritratti: Leonardo da Vinci.
Noto come “L’autoritratto di Acerenza”, nome del luogo originario della famiglia che lo possedeva, è rimasto per secoli in un piccolo paese della Lucania ed è stato ritrovato nel 2008 a Salerno da uno studioso medievalista.
E’ dipinto a tempera grassa su tavola di pioppo, grande 44 X 59 cm: sottoposto a studi internazionali è risultato essere un originale dell’epoca tra gli ultimi anni del 1400 ed i primi del 1500, sottoposto al radiocarbonio il legno appartiene alla fine del 1400, da esperti grafologi per la scritta sulla parte posteriore affiorata durante il restauro risulta che la calligrafia che dice “Pinxit mea” scritta al contrario, è identica a quella del Maestro, l’impronta digitale trovata sulla penna bianca e sottoposta all’esame del reparto specializzato dell’Arma dei carabinieri risulta essere la stessa di quella trovata sul ritratto della “Dama dell’ermellino” ed infine l’inchiostro usato per la scritta posteriore risulta essere composto di ossido di ferro gallico, inchiostro usato in quei secoli.
Un’università statunitense ha inoltre esaminato il dipinto stabilendo che il pittore teneva lo specchio nel quale si rifletteva il suo volto alla distanza di 15, 20 cm circa: è stato esaminato anche lo stato del craquelé che si forma nel tempo sulle pittura ed è stato stabilito che si sia formato naturalmente per effetti atmosferici e non per l’uso di sostanze chimiche.
Mi piacerebbe saperne di più oltre al fatto che è stato esibito in pubblico l’ultima volta nel Gennaio 2010 ad una mostra: che fine ha fatto? L’attribuzione è stata confermata da altri studiosi vinciani? Ho cercato su internet ma non se ne trovano notizie, chissà se lo stanno ancora studiando o si è scoperto che è un ottimo falso?
Leonardo ed il Cenacolo, II parte.
Antonio de Beatis incontrerà Leonardo nel suo rifugio in Francia, ad Amboise, poi vedrà il Cenacolo che già comincia a deteriorarsi nel 1517 e riporta quello che Leonardo gli ha detto a proposito dei personaggi: ”Li personaggi di quello son de naturale i retracti de più persone de la Corte et de Milanesi di quel tempo di vera statura”. Quindi una conferma del disegno dal vero dei personaggi, che arriva anche dai “Ricordi” di Sabba de Castiglione nei quale scrive che Leonardo era reputato “primo inventore delle figure grandi tolte dalle ombre delle lucerne”.
Leonardo lavora in modo discontinuo all’affresco, talvolta arriva e dipinge tutto il giorno dimenticando di mangiare, altri giorni non và per nulla, altre volte arriva, guarda a lungo in cerca di ispirazione, e và via dopo appena due pennellate. Il Priore dei Domenicani se ne lamenta più volte con Ludovico il Moro, finchè il Duca non chiama il pittore e gli riferisce le proteste: Leonardo spiega che l’artista lavora anche quando sembra che ozia, lui ancora stà cercando il volto per il Gesù e per Giuda, ma stia tranquillo il Moro, se non lo trova, al volto del Giuda darà i lineamenti del Priore. Il 29 Giugno 1497 però il Moro stesso ordina ad un suo fidato di far firmare a Leonardo un documento nel quale si impegna a finire il lavoro entro una certa data.
La versione di Leonardo dell’Ultima Cena coglie l’attimo seguente alla frase di denuncia:
Gesù ancora non ha chiuse le labbra dopo aver parlato e il suo gesto è quasi di rassegnazione, ogni discepolo reagisce con un moto proprio alla frase, chi esprime il dubbio, chi lo stupore o l’incredulità o l’indignazione; Giuda per la prima volta nella storia delle rappresentazioni non è isolato, anzi, è vicino a Gesù ma volge lo sguardo verso di lui girando le spalle all’osservatore tenendo il volto in ombra e per la prima volta nessuno ha l’aureola.
Leonardo ha rappresentato il pathos, la reazione emotiva istantanea all’annuncio del tradimento: tutti stanno fremendo, tutti meno il personaggio principale che con le palpebre abbassate già sà e non vuole quasi guardare, come dissimulando con rassegnazione le lacrime.
L’opera sarà consegnata ai primi di Febbraio del 1498, Ludovico e la corte, tutti i milanesi faranno a gara per vederlo, sarà copiatissimo fin dall’inizio e l’Oggiono divenne uno specialista nelle copie: tutti, da Raffaello all’Holbein ne rimasero influenzati, ma il capolavoro cominciò presto a deteriorarsi, subì gli affronti dell’ampliamento della porta che tagliò le gambe a Cristo, fu preso a bersaglio da cocci e sassi dai francesi nel ‘700, subì allagamenti e pessimi restauri oltre l’umidità del muro, ed è stato riconsegnato allo sguardo del pubblico da poco tempo dopo 20 anni di restauro.
Leonardo di ser Piero da Vinci (Vinci, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519) era figlio illegittimo di Piero, rispettato notaio ben introdotto negli ambienti fiorentini (poteva annoverare anche i Medici tra i suoi clienti). La madre era, secondo alcuni, originaria dell’Oriente. Il nome Caterina era infatti comune tra le schiave convertite al cattolicesimo. Inoltre, le impronte digitali di Leonardo rilevate sul San Gerolamo mostrerebbero somiglianze con un tipo diffuso tra gli arabi.
Ad ogni modo, fu il padre, intorno al 1470, ad accompagnare quel suo figlio illegittimo, ancora adolescente, in una delle botteghe più importanti del tempo, quella di Andrea Verrocchio. [...]
COMPRESE A CHE COSA SERVE IL CUORE
Ai tempi di Leonardo si credeva ancora che il cuore servisse per scaldare il sangue circolante.
Fu lui il primo a intuirne invece la funzione di pompa. Per questo alcune strutture anatomiche cardiache hanno in seguito preso il suo nome. Per esempio il “fascio moderatore di Leonardo da Vinci” o anche la “trabecola arcuata di Leonardo”.
ERA UN VEGETARIANO CONVINTO
Leonardo aveva uno sviscerato amore per gli animali.
Andava addirittura nei mercati a liberare dalle gabbie gli uccelli pronti per essere venduti.
Un contemporaneo, il navigatore toscano Andrea Corsali, disse di lui che “non si ciba di cosa alcuna che tenga sangue”. A lui è attribuita la frase «Verrà il giorno che sarà giudicato delitto uccidere un animale come ora uccidere un uomo».
Leonardo Da Vinci : un cervellone in fuga.
[...] Francesco I voleva fare di Romorantin la capitale della Francia: era centrale, politicamente affidabile (al contrario di Parigi che, all’epoca, pare non lo fosse) e poteva contare su una rete fluviale eccezionale (la Loira ma anche lo Cher, la Sauldre, …). Il Re stava un po’ stretto nel castello di Amboise e lontano dall’amministrazione, situata a Tours. Facendo una residenza degna di un grande sovrano, per di più usando innovazioni architettoniche “à l’italienne”, il suo rivale Carlo V si sarebbe mangiato il cappello!
Su invito del Re, Leonardo parte da Milano, a cavallo di un mulo e accompagnato da uno dei suoi allievi, Francesco Melzi, il suo servitore (forse anche amante) Salai e la governante. Ha 65 anni, un’età in cui oggi si va in pensione e si ricomincia la vita da senior, ma che allora raggiungevano in pochi. Un vecchio, insomma, che si è fatto quasi 900 chilometri a dorso di mulo con tre tele nella saccoccia : la Gioconda, Sant’Anna e Bacco/San Giovanni Battista. “Qui sarai libero di pensare, sognare e lavorare”, così lo accoglie Francesco I, frase che qualsiasi artista o ricercatore sogna di sentirsi dire.
Era piuttosto fiero, probabilmente: lui, figlio illeggittimo di un notaio, disereditato dai fratelli, “omo sanza lettere” perché non aveva potuto studiare, riconosciuto in Italia ma soprattutto come artista, diventa “primo pittore, ingegnere e architetto del Re”. Oltre al maniero del Clos Lucé, in cui abiterà fino alla sua morte, nel 1519, è pagato 1000 scudi, equivalenti alla paga di 10 ufficiali dell’esercito reale. Insomma, il cervellone del Rinascimento trova finalmente all’estero un riconoscimento (anche pecunario).
Il progetto dimenticato.
Leonardo si mette all’opera, fare una capitale non è che capiti tutti i giorni, anche se aveva già disegnato una città ideale (anch’essa mai realizzata) per Ludovico il Moro. Comincia dal palazzo reale: situato su una sorta d’isola cui si accede attraverso due ponti, è un palazzo a tre piani, circondati da portici, con una grande scalinata che porta al giardino probabilmente destinata ad accogliere i sudditi durante le feste.
Accanto ai disegni e ai plastici, le “istruzioni per l’uso” dell’architetto che spiega, per esempio, che è meglio mettere i saloni in cui si salta e si balla al piano terra, per evitare il crollo del pavimento come ha già potuto vedere diverse volte oppure di prevedere per i bagni delle aerazioni da inserire nei muri, così che i cattivi odori potessero andare verso l’alto (era ossessionato dall’igiene, anche perché le epidemie potevano decimare le popolazioni).
Ma questo è niente rispetto a quello che aveva previsto per il resto della città e della regione: uno dei suoi progetti, se fosse stato realizzato, avrebbe permesso le comunicazioni tra Lione e Tours passando per Monrichard, Romorantin, Blois e Amboise. Voleva in questo modo dare impulso all’economia fluviale creando una rete idrografica che univa la Loira, la Saona e il Rodano. Questa grande opera di urbanismo avrebbe tra l’altro permesso di bonificare una regione colpita da malattie, di ripulirla da detriti e di usare l’energia dell’acqua (un’altra delle fissazioni di Leonardo). “Leonardo pensava tutto in termini di flusso” dice Pascal Brioist, co-curatore della mostra, “flussi di uomini canalizzati gerarchicamente sotto i portici dei piani nobili e quelli di strada, flusso di mercanzie e provviste, di rifiuti ed odori”.
Leonardo ingegniere ed inventore.
La seconda mostra, all’espace Matra, espone delle ricostruzioni in modello ridotto o in grandezza reale delle famose invenzioni di Leonardo : la pompa a vite, una sorta di enorme vite inserita in un tubo che serve per pompare acqua o per spostare pesanti quantità di grano o di sabbia, la biella, degli ingranaggi a velocità differenziata, antenati del cambio per le automobili, i cuscinetti a sfera, le famose macchine da guerra - carri armati, cannoni.
Modellini funzionanti che stupiscono per le applicazioni moderne, che tanto lontane dalle intuizioni e dalla ricerche di Leonardo poi non sono.
E’ innanzitutto come ingegnere militare e civile che l’autodidatta di Vinci vuole essere riconosciuto. Lo dimostra la lettera di assunzione a Ludovico il Moro del 1482 in cui Leonardo, trentenne e già affermato come pittore, vanta le sue competenze di natura militare ma aggiunge che in tempo di pace crede di «satisfare benissimo a paragone de omni altro in architectura, in composizione di edifici pubblici e privati, et in conducer acqua de uno loco ad un altro».
La lettera, in traduzione francese, campeggia all’entrata del Parco Leonardo a Clos Lucé, in cui si trovano, in scala reale, una quarantina delle macchine e delle costruzioni di Leonardo. Ma - ed è questo il senso della lettera affissa all’entrata - se l’isola della guerra (il carro armato, la splendida mitragliatrice che spara fumo girando una manovella) ha il suo posto nel giardino, l’animo dello scienziato era tutt’altro che guerriero tanto che definì più volte la guerra come “pazzia bestialissima”.
Il resto del giardino si concentra piuttosto sulle altre invenzioni tecnologiche di Leonardo: dalla vite aerea al mulino, alla ruota a pale, al ponte mobile o girevole, ai poliedri, passando per l’ornitottero (antenato dell’elicottero) e le macchine volanti. [...]
Il lato frivolo del genio.
A vedere il famoso scalone ad elica di Chambord, fatto di due scale a chiocciola rotanti nello stesso senso che non si incrociano mai, viene da sospettare che Leonardo da Vinci avesse oltre ad un grandissimo cervello, anche un bel po’ di humour. Come non immaginare le dichiarazioni d’amore o le liti domestico-reali in cui ci si litigava per finestra interposta senza potersi scambiare né baci né sberle?
Probabilmente anche Francesco I aveva capito questo suo lato leggiadro. Ad Amboise, Leonardo si è occupato anche delle coreografie di feste e di balli, dai costumi agli “effetti speciali”, come li definisce François Saint Bris, proprietario del Clos Lucé.
Noto il leone meccanico a grandezza naturale costruito per una festa ad Argentan: non solo era capace di muoversi ma quando veniva colpito sul fianco con una frusta lasciava cadere dal ventre una pioggia di gigli (il leone, nella riproduzione di Leonardo Boaretto si trova nella mostra “Leonardo e la Francia” nella Hall Eiffel del Clos Lucé, insieme a schizzi, disegni e altri riproduzioni della vena festaiola dell’artista).
L’anno dopo, per il matrimonio di Lorenzo di Piero de’ Medici e Madeleine de la Tour d’Auvergne, celebrato insieme al battesimo del Delfino (il futuro Enrico II) fa costruire un arco del trionfo con una salamandra gigante e un delfino, gigli e fiori.
Senza parlare del ballo del Clos Lucé, per la nascita del delfino: Leonardo mette in scena “La festa del Paradiso” (del poeta Bernardo Bellincioni) in cui fa stendere una tela blu di 120m x 60m con stelle e costellazioni e aveva fatto istallare 400 candelabri che dovevano accendersi simultaneamente per dissipare la notte.
www.focus-in.info/Leonardo-Da-Vinci-un-cervellone-in
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