La cosiddetta età antonina rappresentò, nell'ambito dell'intera storia romana, uno dei momenti migliori, forse l'ultimo, dei due “secoli d'oro” dell'Impero romano. Ecco come la descrive il grande storico Edward Gibbon:
« [Dal 98. al 180.] tutta la potenza esecutiva del Governo.
Nel felice corso di più d'ottant'anni, la pubblica amministrazione fu regolata dalla virtù e dalla abilità di Nerva, di Traiano, di Adriano, e dei due Antonini. In questo e nei due seguenti capitoli, descriveremo il prospero stato del loro Impero, ed esporremo le più importanti circostanze della sua decadenza e rovina, dopo la morte di Marco Antonino; rivoluzione che sarà rammentata mai sempre, e della quale le nazioni della terra tuttor si risentono. »
(Edward Gibbon, Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano, cap. 1; traduzione di Nicolò Bettoni (1820 - 1824))
[...] il venir meno ai patti da parte dei barbari (molti dei quali erano stati "clienti" fin dall'epoca di Tiberio), portò una massa mai vista prima d'allora, a riversarsi in modo devastante nell'Italia settentrionale fin sotto le mura di Aquileia, il cuore della Venetia. Enorme fu l'impressione provocata: era dai tempi di Mario che una popolazione barbarica non assediava dei centri del nord Italia. [...]
La Historia Augusta racconta che Marco Aurelio avrebbe desiderato fare dei territori degli ex-popoli "clienti" di Quadi e Marcomanni la provincia di Marcomannia e degli Iazigi, quella di Sarmatia, e ci sarebbe riuscito se Avidio Cassio non si fosse ribellato. [...]
Questi avvenimenti costrinsero lo stesso imperatore a risiedere per numerosi anni lungo il fronte pannonico, senza mai far ritorno a Roma. La tregua apparentemente sottoscritta con queste popolazioni, in particolare Marcomanni, Quadi e Iazigi, durò però solo un paio d'anni.
Alla fine del 178 l'imperatore Marco Aurelio fu costretto a fare ritorno nel castrum di Brigetio da dove, nella successiva primavera del 179, fu condotta l'ultima campagna. La morte dell'imperatore romano nel 180 pose presto fine ai piani espansionistici romani e determinò l'abbandono dei territori occupati della Marcomannia e la stipula di nuovi trattati con le popolazioni "clienti" a nord-est del medio Danubio.
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