Angelo Branduardi
Le fanciulle senza amore
son vascelli senza vele
son lanterne senza luce
sono corpi senza cuore.
Le fanciulle senza amore...
Villanella a ballo del XVII sec. detta anche "rionna": ballo in tondo
Caricato il 15 gen 2010
Canzone napoletana del '600 - Anonimo.
Registrazione rara da un concerto a Zurigo.
Li 'ffigliole che n'hanno ammore
songo varche senza la vela,
so' lanterne senza cannela
songo cuorpe senza lu core,
li 'ffigliole che n'hanno ammore.
Mi pare sia tratta da "la gatta Cenerentola "
di Roberto De Simone
Diciamo che nel 600 pesava molto di piu' il fatto che la donna fosse sola...diventava suora...
come la monaca di Monza.Un certo peso pero' l'ha avuto fino agli anni 50/60 anche da noi ..
essere zittella ti relegava in un ruolo brutto,di donna frustrata e acida.Ora e' diverso...non parlerei solo di donne....parlerei di donne, di uomini e di amore.Si',proprio di persone e di amore...e' l'amore il motore del mondo, e' la nostra luce interna che nutre l'anima ...se d'improvviso l'amore manca anche l'anima muore..certo si vive ancora ma una luce preziosa si sara' spenta..importante che non muoia la capacita' d'amare!
https://youtu.be/Zb0SVMNL318
"Io sono il trovatore, sempre vado per terre e paesi.
Ora sono giunto a questo, lasciate che prima di partirne IO CANTI..."
"Ich bin der Minnesänger, ich reise durch Länder und Städte.
Nun bin ich hier, lasst mich singen, bevor ich weiterziehe..."
"E il vecchio uomo si addormentò, e sognò di essere una farfalla, o forse era solo una farfalla che sognava di essere un vecchio uomo addormentato…”
"Ch'io sia la fascia che la fronte ti cinge, così vicina ai tuoi pensieri".
Inizia così questa canzone tratta da una poesia dei Pellerosse del Nuovo Messico.
Si canta dell'amore cerebrale, vero, ma anche di sangue, di passione pura fatta d'istinto.
Che i Pellerossa fossero un popolo guerriero, questo lo si sapeva, ma che fossero anche dei passionali in amore, questo può risultare sorprendente ai più, oltretutto qui si canta dell’amore fisico ma che non sfocia mai nella semplice constatazione di un rapporto meccanico, anzi, vengono coinvolti tutti i settori emotivi e sensoriali innescando in questo modo una carica di erotismo per niente volgare o scontata. Eros e Thanatos si rincorrono, “Ch’io sia il grano di mais frantumato dai tuoi denti selvaggi“: Si evidenzia il completo stato di dedizione quasi sacrificale dell’amante nei confronti della sua donna e di nuovo, ecco riversarsi in una potente immagine erotica e passionale: “Ch’io sia al tuo collo turchese, caldo della tempesta del tuo sangue.” per poi scivolare tra le dita di lei, come la lana del telaio, quasi come una inconsapevole ricerca di una via di fuga. Ma a questo punto è la donna a sentirsi coinvolta da questo innesco, o meglio, è il desiderio e speranza dell’uomo: “C’io sia il tuo sogno notturno, quando nel sonno parli e gemi“.
E' un testo poetico stupendo, dei Navajo, che ci fa capire quanto poco sappiamo della cultura dei nativi americani, io lo lessi tanti anni fa ai tempi della tesi su Canti Erotici dei Primitivi di Alfonso di Nola e mi è rimasto molto impresso...
Ch' io sia la fascia che la fronte ti cinge, cosi' vicina ai tuoi pensieri .....
Ch' io sia il grano di mais frantumato dai tuoi denti selvaggi .....
Ch' io sia, al tuo collo, turchese caldo della tempesta del tuo sangue!
Ch' io sia la lana variopinta del telaio, la lana che scivola tra le tue dolci dita .....
Ch' io sia la tunica di velluto sul flusso e riflusso del tuo cuore .....
Ch'io sia la sabbia nei mocassini, che accarezza le dita dei tuoi piedi...
Ch' io sia il tuo tenero sogno notturno, quando, nelle nere braccia morbide del tuo sonno, tu gemi girandoti gioiosa..
Ch'io sia la fascia che la fronte ti cinge, così vicina ai tuoi pensieri
Ch’io sia il grano di mais frantumato dai tuoi denti selvaggi
Ch’io sia al tuo collo turchese, caldo della tempesta del tuo sangue
C’io sia il tuo sogno notturno, quando nel sonno parli e gemi
E' un testo poetico stupendo, dei Navajo, che ci fa capire quanto poco sappiamo della cultura dei nativi americani, io lo lessi tanti anni fa ai tempi della tesi su Canti Erotici dei Primitivi di Alfonso di Nola e mi è rimasto molto impresso...
Ch' io sia la fascia che la fronte ti cinge, cosi' vicina ai tuoi pensieri .....
Ch' io sia il grano di mais frantumato dai tuoi denti selvaggi .....
Ch' io sia, al tuo collo, turchese caldo della tempesta del tuo sangue!
Ch' io sia la lana variopinta del telaio, la lana che scivola tra le tue dolci dita .....
Ch' io sia la tunica di velluto sul flusso e riflusso del tuo cuore .....
Ch'io sia la sabbia nei mocassini, che accarezza le dita dei tuoi piedi...
Ch' io sia il tuo tenero sogno notturno, quando, nelle nere braccia morbide del tuo sonno, tu gemi girandoti gioiosa..
Ch'io sia la fascia che la fronte ti cinge, così vicina ai tuoi pensieri
Ch’io sia il grano di mais frantumato dai tuoi denti selvaggi
Ch’io sia al tuo collo turchese, caldo della tempesta del tuo sangue
C’io sia il tuo sogno notturno, quando nel sonno parli e gemi
http://youtu.be/5aZ41-PnvFI
"La pulce d'acqua" è una canzone ispirata da una leggenda indiana, da una storia degli Indiani del Nord America, gli uomini dalla pelle rossa, un popolo di guerrieri e mistici innamorati della propria terra. Un popolo che oggi è studiato e molto amato per la loro mentalità pervasa di spiritualità e per il loro stretto rapporto con la natura, per la loro considerazione per gli animali e per le piante. Nella cultura degli indiani d'America, cosi' impregnata di spiritualità e di armonia verso tutto il creato, la malattia puo' essere causata dal malato stesso che ha infranto un tabù oppure, come succede in questo brano, non ha rispettato gli elementi naturali, provocando l'intervento di uno spirito maligno che lo punisce con un malessere o addirittura con la perdita dello spirito, dell'ombra. Compito dell'uomo o della donna di medicina, è quindi quello di riportare l'equilibrio interiore.
Angelo Branduardi. "La pulce d'acqua"
E` la pulce d'acqua
che l'ombra ti rubò
e tu ora sei malato
e la mosca d'autunno
che hai schiacciato
non ti perdonerà.
Sull'acqua del ruscello
forse tu troppo ti sei chinato,
tu chiami la tua ombra,
ma lei non ritornerà.
E` la pulce d'acqua
che l'ombra ti rubò
e tu ora sei malato
e la serpe verde
che hai schiacciato
non ti perdonerà.
E allora devi a lungo cantare
per farti perdonare
e la pulce d'acqua che lo sa
l'ombra ti renderà.
http://youtu.be/R_u9ciXQVNc
tutte le immagini sono tratte dalle opere di Vicente Romero Redondo.
http://youtu.be/ZewtY3CgV-Y
Angelo Branduardi, Il Bambino Dei Topi
Parliamo ancora di lui
sottovoce, quando viene sera,
seduti vicini, con un po’ di paura
Di quando ci rincorreva
ridendo in quel modo strano
e poi si nascondeva
a spiarci da lontano
Viveva là sulla collina
Passava le sue giornate
a guardare i passeri volare
Giocava con i topi, ma con noi non parlava
Noi lo tormentavamo
cercando di farlo piangere
ma lui non ci badava e se ne andava
Suo padre non lo amava
ogni giorno lo picchiava
non poteva sopportare quei suoi occhi strani
Sua madre lo consolava
lui se ne andava sotto la pioggia
a piedi nudi, camminava adagio
Sono così lontane
le cose accadute allora
ma qualche volta di lui noi parliamo ancora
Nelle sere d’estate
quando qui ci si annoia
seduti vicini lasciando che il tempo passi
"Il bambino dei topi"
( Luisa Zappa - Angelo Branduardi )
Angelo Branduardi, Il Bambino Dei Topi
Da un concerto in Germania del 1991. Tour "Il Ladro".
Canzone bella,parla di tempi remoti,di gente povera e semplice ma anche rozza e crudele.
I bambini non avevano gran divertimenti ma si dilettavano a prendersi gioco di un ragazzo particolare... silenzioso non parlava con nessuno, giocava con gli uccelli e I topi...lo chiamavano il bambino dei topi. Non viveva molto bene, il padre lo picchiava perchè era strano, diverso... Oggi si chiamerebbe vittima di abusi e vittima di bullismo, allora era il matto del paese e se eri diverso, schernito. A quei tempi c'era molta ignoranza e cattiveria......e oggi, che abbiamo più cultura e strumenti per capire... siamo così cambiati?
https://youtu.be/4QPZTHSXPJg
Il 1 gennaio 1449 nasceva Lorenzo de' Medici, e forse non è un caso: è forse, chissà, un segno del destino, un auspicio e un Augurio per un nuovo anno che comincia...
Quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia: di doman non c'è certezza.
Lorenzo de Medici. Trionfo di Bacco e Arianna
Può una poesia essere di per sè musica e allo stesso tempo un piccolo trattato di filosofia? Questi versi di Lorenzo De' Medici detto il Magnifico ne è un esempio formidabile. E’ l’invito alla vita, è il “Carpe Diem“. Lorenzo De Medici prende spunto dal Carnevale a Firenze in cui si usava travestirsi e andare in giro a cantare ballate. Lorenzo le ballate le componeva, componeva questi cosidetti canti carnascialeschi. Il tono scherzoso della maggior parte di questi canti finiva, tuttavia, per sacrificare inevitabilmente tutta la potenza poetica e ne inibiva tutto il potenziale lirico. Nel caso del “Trionfo di Bacco e Arianna“, invece, avviene il miracolo: Versi sorprendenti che diventano quasi un inno alla vita, a viverla perchè esiste ora e qui, perchè poi passa e non si sa se ritorna.Proprio come quel “Trionfo”, il carro mascherato sul quale ci sono uomini e donne travestiti, Bacco e Arianna, i satiretti, le ninfe, tutti giovani e belli. Il carro passa e con esso passa il Tempo…e la giovinezza. E di domani non c’è certezza. Lorenzo il Magnifico visse solo 43 anni, dal 1449 al 1492, e a soli 20 anni, avendo perso il padre, si trovò a governare la città di Firenze: Lo fece con forza e con la passione di chi sapeva cogliere tutti i lati belli della vita.
Quest'è Bacco e Arianna
belli e l'un dell'altro ardenti:
perchè ll tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Questi lieti satiretti
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han loro posto cento agguati;
or, da Bacco riscaldati,
ballan, saltan tuttavia.
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate;
non può fare a amor riparo
se non gente rozze e ingrate;
ora, insieme mescolate,
suonan, cantan tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Mida vien dietro a costoro:
ciò che tocca or diventa.
E, che giova aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arde di dolcezza il core!
Non fatica! Non dolore!
Ciò c'ha a esser convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Quant'è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Il testo proviene dai "Canti Carnascialeschi"
di Lorenzo De Medici detto "Il Magnifico"
http://youtu.be/axU--HxXSe8
"Laila è bella e velenosa...nel suo bacio il vino di Shiraz, nel suo cuore il cobra di Birmania".
Il vino non è solo enologia e cultura o simbolo, il vino può essere poesia, come nelle parole di un antico amante nepalese che viveva in Birmania qualche migliaio di anni fa. Vino inebriante che ti rallegra e spesso ti fa sincero, ma subdolamente si prende la volontà, proprio come certi amori...
E Laila, così bella, così spregiudicata, donna voluttuosa contro un uomo volubile.
E un sapore disinibitorio come quello del vino di Shiraz, frutto velenoso: acre, dolce, e traditore.
E un sapore disinibitorio come quello del vino di Shiraz, frutto velenoso: acre, dolce, e traditore.
http://youtu.be/4TtZeqFWMVg
ma quando la morte tri coglierà
che ti resterà delle tue voglie?
Vanità di vanità.
Sei felice, sei, dei pensieri tuoi,
godendo solo d'argento e d'oro,
alla fine che ti resterà?
Vanità di vanità.
Vai cercando qua, vai cercando là,
seguendo sempre felicità,
sano, allegro e senza affanni...
Vanità di vanità.
Se ora guardi allo specchio il tuo volto sereno
non immagini certo quel che un giorno sarà della tua vanità.
Tutto vanità, solo vanità,
vivete con gioia e semplicità,
state buoni se potete...
tutto il resto è vanità.
Tutto vanità, solo vanità,
lodate il Signore con umiltà,
a lui date tutto l'amore,
nulla più vi mancherà.
http://youtu.be/_bbWGnGib8M
State buoni se potete (Versione integrale) è un film italiano del 1983 diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy. [[[[[ Film per tutti ]]]]]
Descrizione:
Durante il XVI secolo, nella Roma papale, il colto e gentile don Filippo Neri dedica la sua missione parrocchiale all'infanzia abbandonata fondando alcuni istituti di raccolta ed educazione. State buoni se potete, raccomandava spesso Filippo ai ragazzi dell'oratorio. E la sua storia personale si snoda e si intreccia alle vicende di vari papi, tra cui Sisto V, personaggi religiosi, tra cui Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo, Giovanni della Croce, Teresa D'Avila e Francesco Saverio.
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Paese Italia
Anno 1983
Durata 149 min
A te solo Buon Signore
Si confanno gloria e onore
A Te ogni laude et benedizione
A Te solo si confanno
Che l'altissimo Tu sei
E null'omo degno è
Te mentovare.
Si laudato Mio Signore
Con le Tue creature
Specialmente Frate Sole
E la sua luce.
Tu ci illumini di lui
Che è bellezza e splendore
Di Te Altissimo Signore
Porta il segno.
Si laudato Mio Signore
Per sorelle Luna e Stelle
Che Tu in cielo le hai formate
Chiare e belle.
Si laudato per Frate Vento
Aria, nuvole e maltempo
Che alle Tue creature dan sostentamento.
Si laudato Mio Signore
Per sorella nostra Acqua
Ella è casta, molto utile
E preziosa.
Si laudato per Frate Foco
Che ci illumina la notte
Ed è bello, giocondo
E robusto e forte.
Si laudato Mio Signore
Per la nostra Madre Terra
Ella è che ci sostenta
E ci governa
Si laudato Mio Signore
Vari frutti lei produce
Molti fiori coloriti
E verde l'erba.
Si laudato per coloro
Che perdonano per il Tuo amore
Sopportando infermità
E tribolazione
E beati sian coloro
Che cammineranno in pace
Che da Te Buon Signore
Avran corona.
Si laudato Mio Signore
Per la Morte Corporale
Chè da lei nesun che vive
Può scappare
E beati saran quelli
nella Tua volontà
che Sorella Morte
non gli farà male
http://youtu.be/aYdepwbwbeY
http://youtu.be/97qhDLsqlyw
luca Leli
non c'è altro che l'immensità, il cui candore ti abbaglierà, e se tu saprai sentire la gioia, tu saprai capire la bellezza, che c'è attorno a te, non c'è chiusura, ma solo apertura al mondo che in divenire poi t'appare
Negli anni si è spesso frainteso il messaggio di san Francesco trasformandolo in un "figlio dei fiori" medievale. In realtà l'ecologismo francescano non ha senso se viene staccato dalla sua origine religiosa, cioè dal fatto che per lui il creato deve essere contemplato proprio perché è "creato" da Dio, e la pace e la coscienza che vengono raggiunte contemplandolo sono dono di Dio, non della natura come fine a sé stessa. D'altra parte lo stesso Cantico delle creature non è che una preghiera...
Metto il testo completo del Cantico delle Creature:
1° parte
Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare.
2° parte
Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione.
3° parte
Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi Signore, per sor'Acqua. la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
5°parte
Laudato s' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate.
http://youtu.be/Ps0O3Z0UUPY
Alla fiera dell'est
Angelo Branduardi
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
E venne il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto,
che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane,
che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne l'acqua che spense il fuoco che bruciò il bastone che picchiò il cane
che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco,
che bruciò il bastone, che picchiò il cane,
che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il macellaio, che uccise il toro, che bevve l'acqua,
che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane,
che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E l'angelo della morte, sul macellaio, che uccise il toro, che bevve l'acqua,
che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane,
che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E infine il Signore, sull'angelo della morte, sul macellaio,
che uccise il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco,
che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto,
che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
Cosa posso dire ancora? Prima ci ritrovammo uniti nella stessa casa, poi nell’animo.
Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore…
Abelardo e Eloisa, Lettere d’amore
Cosa posso dire ancora? Prima ci ritrovammo uniti nella stessa casa, poi nell’animo.
Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore…
Abelardo e Eloisa, Lettere d’amore
http://youtu.be/XsiXg7JDteY
"Abelard and his Pupil Heloise" (particolare) - Dipinto di Edmund Blair Leighton
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