Viva il libero pensiero! Giordano Bruno noi ti ricordiamo così.
Chiedere al potere di riformare il potere ..... Che ingenuità!Giordano Bruno. 1548 - 1600
http://youtu.be/yZhHWkXxJyQ
Un potere non si riforma: si sostituisce con un altro, e basta.
Di qui la nota sentenza di Ippocrate: Il più efficace dei medici è quello in cui molti hanno fede, in quanto liga molti, o coll'eloquio, o con l'aspetto, o con la notorietà. Ciò riguarda non solo il medico, ma anche ogni genere di mago, e quale che sia il titolo di potere, perché chi opera ligature difficilmente con altri mezzi potrà suscitare l'immaginazione.
Ed i teologi credono ed ammettono e predicano su colui che per sé può compiere ogni cosa, ma che non era in grado di curare quelli che non avevano fede in lui, e l'esauriente spiegazione di simile impotenza va riportata all'immaginazione, che egli non fu in grado di ligare; i famigliari, infatti, cui la sua modesta origine ed educazione erano note, spregiavano ed irridevano il medico e il profeta: di qui il proverbio Nessun profeta è riconosciuto nella sua terra.
È dunque più facile, per qualcuno, ligare colui che è meno noto, per mezzo dell'opinione e della disponibilità della fede, per la quale la potenza dell'anima si predispone in una certa maniera, si apre, si esplica, come se, per accogliere il sole, aprisse finestre che in altro frangente manterrebbe sigillate, e vien dato accesso a quelle impressioni che l'arte del ligatore esige, onde imporre successive ligature, come la speranza, la compassione, il timore, l'amore, l'odio, l'indignazione, l'ira, la gioia, la pazienza, lo spregio della vita, della morte, della fortuna, e tutti gli altri affetti, le cui forze dall'anima trasmigrano nel corpo, per modificarlo.
Giordano Bruno, De magia
Credere che siamo solo mossi e toccati dagli aspetti visibili delle cose, è stupidità manifesta.
Giordano Bruno
I bambini si portano dentro una magia naturale, che a poco a poco, crescendo, sono costretti a distruggere ed allora cominciano a pregare: la santissima Trinità, i santi, la Madonna, una grande Madonna azzurra con gli ori e gli incensi. Dobbiamo imparare a respirare e riscoprire gli alberi, le pietre, gli animali e tutta la macchina della Terra: hanno un respiro interno, come noi. Hanno ossa, vene, carne, come noi.
Citazione tratta dal minuto 10.07 al minuto 11.46 dal film Giordano Bruno di Giuliano Montaldo del 1973.
Interprete principale Gian Maria Volonté
http://youtu.be/8rGrrAHi3nk
Di qui la nota sentenza di Ippocrate: Il più efficace dei medici è quello in cui molti hanno fede, in quanto liga molti, o coll'eloquio, o con l'aspetto, o con la notorietà. Ciò riguarda non solo il medico, ma anche ogni genere di mago, e quale che sia il titolo di potere, perché chi opera ligature difficilmente con altri mezzi potrà suscitare l'immaginazione.
Ed i teologi credono ed ammettono e predicano su colui che per sé può compiere ogni cosa, ma che non era in grado di curare quelli che non avevano fede in lui, e l'esauriente spiegazione di simile impotenza va riportata all'immaginazione, che egli non fu in grado di ligare; i famigliari, infatti, cui la sua modesta origine ed educazione erano note, spregiavano ed irridevano il medico e il profeta: di qui il proverbio Nessun profeta è riconosciuto nella sua terra.
È dunque più facile, per qualcuno, ligare colui che è meno noto, per mezzo dell'opinione e della disponibilità della fede, per la quale la potenza dell'anima si predispone in una certa maniera, si apre, si esplica, come se, per accogliere il sole, aprisse finestre che in altro frangente manterrebbe sigillate, e vien dato accesso a quelle impressioni che l'arte del ligatore esige, onde imporre successive ligature, come la speranza, la compassione, il timore, l'amore, l'odio, l'indignazione, l'ira, la gioia, la pazienza, lo spregio della vita, della morte, della fortuna, e tutti gli altri affetti, le cui forze dall'anima trasmigrano nel corpo, per modificarlo.
Giordano Bruno, De magia
Credere che siamo solo mossi e toccati dagli aspetti visibili delle cose, è stupidità manifesta.
Giordano Bruno
I bambini si portano dentro una magia naturale, che a poco a poco, crescendo, sono costretti a distruggere ed allora cominciano a pregare: la santissima Trinità, i santi, la Madonna, una grande Madonna azzurra con gli ori e gli incensi. Dobbiamo imparare a respirare e riscoprire gli alberi, le pietre, gli animali e tutta la macchina della Terra: hanno un respiro interno, come noi. Hanno ossa, vene, carne, come noi.
Citazione tratta dal minuto 10.07 al minuto 11.46 dal film Giordano Bruno di Giuliano Montaldo del 1973.
Interprete principale Gian Maria Volonté
http://youtu.be/8rGrrAHi3nk
Ho lottato, è già tanto, ho creduto nella mia vittoria. È già qualcosa essere arrivati fin qui: non aver temuto morire, l'aver preferito coraggiosa morte a vita da imbecille.
Giordano Bruno
Se fossi aratore, giardiniere o sarto, nessuno farebbe caso a me, mi si osserverebbe poco, mi si biasimerebbe raramente, potrei facilmente piacere a tutti. Ma poiché delimito il campo della natura, provvedo al nutrimento dell'anima, incoraggio la cultura dello spirito e sono un fine conoscitore delle coltri dell'intelletto, chi mi scorge mi minaccia, chi mi scruta mi assale, chi giunge alla mia altezza mi morde e chi mi comprende mi divora.
Giordano Bruno
Dialogo tra Giordano Bruno e il giovane amico Sagredo
TUTTI SIAMO UNO...
Nel febbraio del 1600, il giovane amico Sagredo fece visita a Giordano Bruno, nella cella della sua prigionia. “Un giorno non lontano una nuova era giungerà finalmente sulla terra. La morte non esiste. La miseria, il dolore e le sue tante tragedie, sono il frutto della paura e dell’ignoranza di ciò che è la vera realtà.” “Ma quanto tempo ancora sarà necessario Maestro ?” “Il tempo dipende da noi, Sagredo. Il tempo è l’intervallo tra il concepimento di un’idea e la sua manifestazione. L’umanità ha concepito il germe dell’utopia e la gestazione procede verso il suo concepimento inevitabile: il secolo passato è una tappa importante, che precede la nascita. Gli Esseri divini vegliano sulla gestazione della terra e alcuni nascono qui per aiutare gli umani a comprendere che la trasformazione dipende dal loro risveglio.” “Anche voi Maestro siete sceso qui per questo scopo?” “ Anch’io Sagredo, ma non sono solo. C’è un folto gruppo di Esseri, che sono scesi più volte nel corso della storia e si riconoscono nel grande Ermete, Socrate, Pitagora, Platone, Empedocle… In questo secolo Leonardo, Michelangelo… Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà inattesa, improvvisa proprio quando il potere si illuderà di aver vinto.” Rumori di fondo indicano che la visita volge altermine. “Maestro quando potrò ritrovarvi ?” “Guarda dentro di te, Sagredo ascolta la tua voce interiore e ricorda che l’unico vero maestro è l’Essere che sussurra al tuo interno. Ascoltala: è la verità che è dentro di te. Sei divino, non lo dimenticare mai!” La porta si apre e compare il guardiano… “Non ci stiamo separando Sagredo, la separazione non esiste, siamo tutti Uno, in eterno contatto con l’Anima Unica…”
Le ultime parole di Giordano Bruno a Sagredo, prima di essere messo al rogo dall’Inquisizione
dal libro di Giuliana Conforto “La futura scienza di Giordano Bruno”
[...] Non bisogna mai scordarsi di quest'uomo, che pur fra estrose genialità ed umane comprensibili (dato anche i tempi) debolezze, seppe tener forte e fermo il punto della difesa delle sue idee, innovative e al tempo stesso concrete e reali, che sgombravano il campo da ancestrali retrive ed "ufficiali" superstizioni e che per questo nella Roma dei Papi del Seicento finì bruciato in Campo de' Fiori. Una delle figure più grandi del nostro Rinascimento. Il filosofo nolano, frate domenicano, divenne un convinto panteista: non c'è distacco fra Dio e il mondo, e fra il mondo e Dio, Dio è in noi e in tutte le cose dell'universo, nell' infinitamente piccolo e nell'infinitamente grande...questo e tanto altro: è difficile riassumere qui la complessità del pensiero bruniano.
Ogni volta, infatti, che riteniamo che rimanga una qualche verità da conoscere, un qualche bene da raggiungere, noi sempre ricerchiamo un'altra verità ed aspiriamo ad un altro bene. Insomma l'indagine e la ricerca non si appagheranno nel conseguimento di una verità limitata e di un bene definito. [...] Nello stesso modo la materia particolare, sia essa corporea o incorporea, non assume mai una struttura definitiva, e non essendo paga delle forme particolari assunte in eterno, aspira nondimeno in eterno al conseguimento di nuove forme.
Giordano Bruno
Ogni volta, infatti, che riteniamo che rimanga una qualche verità da conoscere, un qualche bene da raggiungere, noi sempre ricerchiamo un'altra verità ed aspiriamo ad un altro bene. Insomma l'indagine e la ricerca non si appagheranno nel conseguimento di una verità limitata e di un bene definito. [...] Nello stesso modo la materia particolare, sia essa corporea o incorporea, non assume mai una struttura definitiva, e non essendo paga delle forme particolari assunte in eterno, aspira nondimeno in eterno al conseguimento di nuove forme.
Giordano Bruno
Nulla si può vedere se non si ha un punto fermo sotto i piedi, ma tutto ciò che un essere umano potrà mai vedere è determinato dal punto di osservazione. Ciò che a questi apparirà buono, a quello apparirà malvagio, ciò che a questo apparirà chiaro, a quello apparirà scuro, ciò che a questo apparirà grande, a quello apparirà piccolo.
Giordano Bruno
L'uomo non è cattivo è solo infelice. È la sua piccola mente la causa di ogni infelicità. Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all'uomo non servirà all'uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarglisi contro!!
Giordano Bruno
Sei Divino, non dimenticarlo mai … la separazione non esiste: siamo tutti UNO, in eterno contatto con l’Anima Unica
Giordano Bruno
Dio è in ogni luogo e in nessuno, fondamento di tutto, di tutto governatore, non incluso nel tutto, dal tutto non escluso, di eccellenza e comprensione egli il tutto, di defilato nulla, principio generatore del tutto, fine terminante il tutto.
Giordano Bruno
Giordano Bruno
L'uomo non è cattivo è solo infelice. È la sua piccola mente la causa di ogni infelicità. Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all'uomo non servirà all'uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarglisi contro!!
Giordano Bruno
Sei Divino, non dimenticarlo mai … la separazione non esiste: siamo tutti UNO, in eterno contatto con l’Anima Unica
Giordano Bruno
Dio è in ogni luogo e in nessuno, fondamento di tutto, di tutto governatore, non incluso nel tutto, dal tutto non escluso, di eccellenza e comprensione egli il tutto, di defilato nulla, principio generatore del tutto, fine terminante il tutto.
Giordano Bruno
Percepite l'universo dentro di voi
Giordano Bruno
La prima e principal forma naturale, principio formale e natura efficiente, è l’anima de l’universo:
la quale è principio di vita, vegetazione e senso in tutte le cose, che vivono, vegetano e sentono.
Giordano Bruno
L’UNIVERSO E’ GOVERNATO DA UN INTELLETTO UNIVERSALE:
PRIMO PRINCIPIO, PRIMA CAUSA E MOTORE IMMOBILE.
L'intelletto universale è l'intima, più reale e propria facultà e parte potenziale de l'anima del mondo. Questo è uno medesmo, che empie il tutto, illumina l'universo e indrizza la natura a produre le sue specie come si conviene; e cossì ha rispetto alla produzione di cose naturali, come il nostro intelletto alla congrua produzione di specie razionali. Questo è chiamato da' pitagorici motore …da' platonici fabro del mondo. Questo fabro, dicono, procede dal mondo superiore, il quale è a fatto uno, a questo mondo sensibile, che è diviso in molti; ove non solamente la amicizia, ma anco la discordia, per la distanza de le parti, vi regna. Questo intelletto, infondendo e porgendo qualche cosa del suo nella materia, mantenendosi lui quieto e inmobile, produce il tutto.
Giordano Bruno
NELLE COSE ESISTE UN ORDINE PRECOSTITUITO CHE CONVOGLIA IL MOLTEPLICE VERSO L’UNITA’.
In tutte le cose c'è una connessione ordinata, in modo che i corpi inferiori succedono a quelli mediani e questi ai superiori, allora i corpi composti si uniscono ai semplici e quelli semplici ai più semplici, quelli materiali si accostano agli spirituali e quelli spirituali a loro volta a quelli immateriali, sicché uno solo è il corpo dell'Ente universale, uno solo l'ordine, uno solo il governo, uno solo il principio e una sola la fine, uno solo il primo e uno solo l'ultimo.
Giordano Bruno, Le ombre delle idee
Giordano Bruno
La prima e principal forma naturale, principio formale e natura efficiente, è l’anima de l’universo:
la quale è principio di vita, vegetazione e senso in tutte le cose, che vivono, vegetano e sentono.
Giordano Bruno
L’UNIVERSO E’ GOVERNATO DA UN INTELLETTO UNIVERSALE:
PRIMO PRINCIPIO, PRIMA CAUSA E MOTORE IMMOBILE.
L'intelletto universale è l'intima, più reale e propria facultà e parte potenziale de l'anima del mondo. Questo è uno medesmo, che empie il tutto, illumina l'universo e indrizza la natura a produre le sue specie come si conviene; e cossì ha rispetto alla produzione di cose naturali, come il nostro intelletto alla congrua produzione di specie razionali. Questo è chiamato da' pitagorici motore …da' platonici fabro del mondo. Questo fabro, dicono, procede dal mondo superiore, il quale è a fatto uno, a questo mondo sensibile, che è diviso in molti; ove non solamente la amicizia, ma anco la discordia, per la distanza de le parti, vi regna. Questo intelletto, infondendo e porgendo qualche cosa del suo nella materia, mantenendosi lui quieto e inmobile, produce il tutto.
Giordano Bruno
NELLE COSE ESISTE UN ORDINE PRECOSTITUITO CHE CONVOGLIA IL MOLTEPLICE VERSO L’UNITA’.
In tutte le cose c'è una connessione ordinata, in modo che i corpi inferiori succedono a quelli mediani e questi ai superiori, allora i corpi composti si uniscono ai semplici e quelli semplici ai più semplici, quelli materiali si accostano agli spirituali e quelli spirituali a loro volta a quelli immateriali, sicché uno solo è il corpo dell'Ente universale, uno solo l'ordine, uno solo il governo, uno solo il principio e una sola la fine, uno solo il primo e uno solo l'ultimo.
Giordano Bruno, Le ombre delle idee
La natura è attingibile da un'intelligenza finita
quale la nostra, come in uno SPECCHIO,
allo stesso modo in cui [ciò accade] a coloro
che si trovano nell' ANTRO DI PLATONE,
i quali,voltati osservando il fondo,
non essendo loro possibile,
rivolgere uno sguardo diretto su di esso,
possono contemplare non la luce,
ma il vestigio della luce,
non le specie e le idee,
ma le ombre delle specie e delle idee,
dove lo SPECCHIO consiste in un corpo diafano,
nel quale non sarebbe possibile scorgere l'immagine
se non fosse delimitato dall'opacita' dell'ombra.
E' così che noi possiamo contemplare il suo volto,
se non attraverso i vestigi e gli effetti
che troviamo presso la materia".
Giordano Bruno, Lampas Triginta Statuarum,
Opere Magiche, Adelphi, cit. in L'arte della memoria:
le ombre delle idee di Giordano Bruno,
Manuela Maddamma, Mimesis, 1991-2001
Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa, improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di avere vinto
Giordano Bruno
quale la nostra, come in uno SPECCHIO,
allo stesso modo in cui [ciò accade] a coloro
che si trovano nell' ANTRO DI PLATONE,
i quali,voltati osservando il fondo,
non essendo loro possibile,
rivolgere uno sguardo diretto su di esso,
possono contemplare non la luce,
ma il vestigio della luce,
non le specie e le idee,
ma le ombre delle specie e delle idee,
dove lo SPECCHIO consiste in un corpo diafano,
nel quale non sarebbe possibile scorgere l'immagine
se non fosse delimitato dall'opacita' dell'ombra.
E' così che noi possiamo contemplare il suo volto,
se non attraverso i vestigi e gli effetti
che troviamo presso la materia".
Giordano Bruno, Lampas Triginta Statuarum,
Opere Magiche, Adelphi, cit. in L'arte della memoria:
le ombre delle idee di Giordano Bruno,
Manuela Maddamma, Mimesis, 1991-2001
Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa, improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di avere vinto
Giordano Bruno
Tutti gli esseri viventi, sono fenomeni diversi di un'unica sostanza universale; traggono dalla stessa radice metafisica, e la loro differenza è quantitativa, non qualitativa.
Giordano Bruno
All living things are different phenomena of a single universal substance.Derive from the same root metaphysics and their difference is quantitative not qualitative.
Giordano Bruno
L’universo è uno, infinito, immobile. Non è in grado di comprensione alcuna, è senza fine e limiti, si estende all’infinito, e di conseguenza è immobile.
Giordano Bruno
È dunque l’universo uno, infinito, immobile; una è la possibilità assoluta, uno l’atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo et ottimo; il quale non deve poter essere compreso; e perciò infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato e per conseguenza immobile; questo non si muove localmente, perché non ha cosa fuor di sé ove si trasporte, atteso che sia il tutto; non si genera perché non è altro essere che lui possa derivare o aspettare, atteso che abbia tutto l’essere; non si corrompe perché non è altra cosa in cui si cange, atteso che lui sia ogni cosa; non può sminuire o crescere, atteso che è infinito, a cui non si può aggiungere, così è da cui non si può sottrarre, per ciò che lo infinito non ha parti proporzionabili.
Giordano Bruno - "De la causa, principio et uno"
I NUMERI RAPPRESENTANO LE INFINITE SFUMATURE DELLA MATERIA
Tutto ciò che è dopo l'uno è inevitabilmente molteplice e numeroso. Perciò, tranne l'uno e primo, tutte le cose sono numero. Donde sotto l'infimo gradino della scala della natura c'è il numero infinito o materia; invece nel sommo gradino c'è l'infinita unità e atto puro. Pertanto, la discesa, la dispersione e l'espansione avvengono verso la materia; l'ascesa, l'aggregazione e la delimitazione avvengono verso l'atto.
Attraverso i numeri gli enti si rapportano a ciò che veramente è, o vero ente, come la materia attraverso l'abbozzo delle forme si rapporta alle forme.
Giordano Bruno, Ombre delle idee
I NUMERI RAPPRESENTANO LE INFINITE SFUMATURE DELLA MATERIA
Tutto ciò che è dopo l'uno è inevitabilmente molteplice e numeroso. Perciò, tranne l'uno e primo, tutte le cose sono numero. Donde sotto l'infimo gradino della scala della natura c'è il numero infinito o materia; invece nel sommo gradino c'è l'infinita unità e atto puro. Pertanto, la discesa, la dispersione e l'espansione avvengono verso la materia; l'ascesa, l'aggregazione e la delimitazione avvengono verso l'atto.
Attraverso i numeri gli enti si rapportano a ciò che veramente è, o vero ente, come la materia attraverso l'abbozzo delle forme si rapporta alle forme.
Giordano Bruno, Ombre delle idee
Chi accresce il sapere aumenta il dolore
Giordano Bruno
Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia.
Giordano Bruno
Colui che vede in se stesso tutte le cose è al tempo stesso tutte le cose.
Giordano Bruno
È buon segno quando le cose vanno per la mente: guardati che la mente non vadi essa per le cose, perché potrebbe rimaner attaccata con qualch'una di quelle, ed il cervello, la sera, indarno l'aspetterebbe a cena.
Giordano Bruno
.. e se dentro di voi ci fossero amici molto più saggi di voi?
Se i vostri maestri fossero proprio qui dentro, in questo momento?
Invece di continuare a parlare, perché una volta tanto, non provate ad ascoltarli?
Giordano Bruno. La Signora del Lago
Quei che manco intendono, credono di sapere di più, e quei che sono del tutto pazzi, pensano di sapere tutto
Giordano Bruno
L’Amore sa "comprendere" ciò che la ragione non sa "spiegare",
là dove la scienza può spiegare tutto, senza nulla comprendere.
Giordano Bruno
Verrà un giorno che l'uomo si sveglierà dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e A CHI HA CEDUTO LE REDINI DELLA SUA ESISTENZA, a UNA MENTE FALLACE, MENZOGNERA, CHE LO RENDE E LO TIENE SCHIAVO... L'UOMO NON HA LIMITI e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo.
Giordano Bruno
Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s'annichila
Giordano Bruno
La mia filosofia è la libera ricerca, non il dogma.
Giordano Bruno
La sapienza ha dunque tre dimore: la prima inedificata, eterna, perché è essa stessa la sede dell'eternità;
la seconda, sua primogenita, è questo mondo visibile; la terza, sua secondogenita, è l'anima dell'uomo.
Giordano Bruno
Le tenebre si proponeranno alla luce, la morte sarà giudicata più utile che la vita, nessuno alzarà gli occhi al cielo, il religioso sarà stimato insano, l’empio sarà giudicato prudente, il furioso forte, il pessimo buono… Non si udirà cosa degna di cielo e di celesti… Solo angeli perniciosi rimarranno, li quali meschiati con gli uomini, forzeranno gli miseri all’audacia di ogni male… donando materia a guerre, rapine, frodi e tutte altre cose contrarie all’anima e alla giustizia naturale… Ma non dubitare, Asclepio, perché dopo che saranno accadute queste cose, allora il Signore e Padre Dio governator del mondo, l’onnipotente Provveditore per diluvio di acqua e di fuoco, di morbi e di pestilenze, o altri ministri della sua giustizia misericordiosa, donarà fine a cotal macchia, richiamando il mondo all’antico volto.
Giordano Bruno, Lamento ermetico
Dimentica tutto quello che ti hanno insegnato i pedanti. Convinciti che niente ti è impossibile. Pensati in grado di comprendere tutto: le arti, le scienze, la natura di ogni essere vivente. Richiama a te tutte le sensazioni di ciò che esiste: del fuoco, dell'acqua... Immagina di essere ovunque, sulla terra, nel mare, in cielo... di non essere ancora nato, poi di trovarti nel grembo materno, quindi di essere adolescente, vecchio, morto... al di là della morte.
Giordano Bruno
L'uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto sarà libero anche qui in questo mondo
Giordano Bruno
La sapienza ha dunque tre dimore: la prima inedificata, eterna, perché è essa stessa la sede dell'eternità;
la seconda, sua primogenita, è questo mondo visibile; la terza, sua secondogenita, è l'anima dell'uomo.
Giordano Bruno
Le tenebre si proponeranno alla luce, la morte sarà giudicata più utile che la vita, nessuno alzarà gli occhi al cielo, il religioso sarà stimato insano, l’empio sarà giudicato prudente, il furioso forte, il pessimo buono… Non si udirà cosa degna di cielo e di celesti… Solo angeli perniciosi rimarranno, li quali meschiati con gli uomini, forzeranno gli miseri all’audacia di ogni male… donando materia a guerre, rapine, frodi e tutte altre cose contrarie all’anima e alla giustizia naturale… Ma non dubitare, Asclepio, perché dopo che saranno accadute queste cose, allora il Signore e Padre Dio governator del mondo, l’onnipotente Provveditore per diluvio di acqua e di fuoco, di morbi e di pestilenze, o altri ministri della sua giustizia misericordiosa, donarà fine a cotal macchia, richiamando il mondo all’antico volto.
Giordano Bruno, Lamento ermetico
Dimentica tutto quello che ti hanno insegnato i pedanti. Convinciti che niente ti è impossibile. Pensati in grado di comprendere tutto: le arti, le scienze, la natura di ogni essere vivente. Richiama a te tutte le sensazioni di ciò che esiste: del fuoco, dell'acqua... Immagina di essere ovunque, sulla terra, nel mare, in cielo... di non essere ancora nato, poi di trovarti nel grembo materno, quindi di essere adolescente, vecchio, morto... al di là della morte.
Giordano Bruno
L'uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto sarà libero anche qui in questo mondo
Giordano Bruno
Non c'è distacco fra Dio e il mondo, e fra il mondo e Dio, Dio è in noi e in tutte le cose dell'universo, nell'infinitamente piccolo e nell'infinitamente grande
Giordano Bruno
Chi consistendo nel luogo e nel tempo, libererà le ragioni delle idee dal luogo e dal tempo, si conformerà agli enti divini
Giordano Bruno
L'esser beccaio [macellaio] debba essere stimata un'arte ed esercizio più vile che non è l'esser boia [...] perché questa si maneggia pure in contrattar membri umani, e talvolta administrando alla giustizia; e quello ne gli membri d'una povera bestia, sempre amministrando alla disordinata gola, a cui non basta il cibo ordinato dalla natura [il cibo vegetale], più conveniente alla complessione e vita dell'uomo (lascio l'altre più degne raggione da canto.
Giordano Bruno
In conclusione, va decisamente asserito e tenuto in mente, che OGNI COSA È PIENA DI SPIRITO, DI ANIMA, di nume, di Dio o di divinità, e che INTELLETTO ED ANIMA SONO OVUNQUE TUTTO, MA NON OVUNQUE L'ANIMA FA TUTTO. [...] Il senso dei sacri arcani accettato da ognuno dice le stesse cose, come nel Salmo e nel Libro della Sapienza: "Lo spirito del Signore pervase l'intera terra e quanto contiene"; e in un altro luogo: Io pervado cielo e terra". E la sostanza corporea differisce da tale sostanza di mente, di anima, di sublime spirito, perchè il CORPO UNIVERSALE è intero nell'intero tutto, mentre l'anima è intera in qualsiasi parte, e allora dunque costituisce una specie di tutto che riporta l'immagine del tutto, talora più limpidamente, talora più oscuramente, talora più singolarmente, talora in maniera molteplice, sicchè LA SPECIE DI UNA MEDESIMA IDEA E LA LUCE, È INTERAMENTE RIPORTATA DA OGNI FRAMMENTO DI MATERIA, COME TOTALMENTE DALL'INTERA MATERIA, COME SI PUÒ SCORGERE IN UN VASTO SPECCHIO, CHE RIFLETTE L'UNICA IMMAGINE DI UN'UNICA COSA, E CHE POI, INFRANTO IN MILLE PEZZI, TUTTAVIA IN OGNUNO DI ESSI RIFLETTE INTERAMENTE L'IMMAGINE.
Giordano Bruno, De vinculis
La "modernità" di questa pensiero, la visione olistica e psico-spirituale, il suo sentire profondo è straordinario... […] La coscienza per accedere a quelle verità è spesso vincolata al "tempo" lineare della coscienza collettiva, mentre la capacità di vedere "oltre", al vedere in trasparenza, è legata al "KAIROS" e all'eccezionalità di persone come Giordano Bruno che scrisse queste cose più di 400 anni fa... SI LEGGE UN MODELLO DI UNIVERSO CHE CORRISPONDE A UN MODELLO DI PSICHE, DI ANIMA...CHE È ALLA BASE DI REALTÀ CHE LENTAMENTE STIAMO SCOPRENDO E INTUENDO SOLO OGGI...
ci sono PERSONE SPECIALI CHE HANNO PRECORSO CON L'IMMAGINAZIONE E L'INTELLETTO IL TEMPO dimostrando cosi che la nostra normale percezione del tempo è quanto mai limitata, piatta e parziale. II TEMPO DI GIORDANO BRUNO AVEVA UNA DIMENSIONE A SPIRALE ED ERA PROIETTATO NELL'INFINITO luogo in cui ogni tempo è presente a se stesso [...] mirabile cosa... questa PICCOLA UNITÀ CHE NEL SUO MICROSMO RIFLETTE IL MACRO [...] Guenon parla dell'UNO COME PUNTO SENZA DIMENSIONI CHE ENTRA NEL REALE E SI SPACCA IN DUE E DANDO COSÌ ORIGINE AL MOLTELPLICE ..Riportare il molteplice ad unum quindi non dovrebbe poi essere cosa ardua se anima e materia fossero solidali essendo la materia divenuta più rarefatta e spiritualizzata
Vedere con l'anima, sentire con l'anima è il primo e decisivo passo per ESSERE NELL'ANIMA DELLE COSE. La METAFORA DELLO SPECCHIO CHE INTERO O IN FRANTUMI CONSENTE DI VEDERE COMUNQUE L'UNITÀ RINVIA ALLA CAPACITÀ DELL'ANIMA UMANA DI ESSERE IN CONTATTO CON GLI ASPETTI UNICI EPPURE MOLTEPLICI CHE IN ESSA ABITANO. La psiche è molteplice, l'anima è molteplice perchè molti dei la abitano. Sentire con l'anima è sentire attraverso molteplice dei per questo, credo, persone come Giordano Bruno sanno andare oltre. Sanno ascoltare e vedere molteplici facce di un unico mondo.
La volontà umana, se ben diretta, riesce a volgere i pensieri per natura contrastanti, verso un unico fine.
"Chiama per suon di tromba il capitano
tutti gli suoi guerrier sott'un'insegna;
dove s'avvien che per alcun in vano
udir si faccia, perché pronto vegna,
qual nemico l'uccide, o a qual insano
gli dona bando dal suo campo e 'l sdegna:
cossì l'alma i dissegni non accolti
sott'un stendardo o gli vuol morti, o tolti.
Un oggetto riguardo;
chi la mente m'ingombra, è un sol viso.
Ad una beltà sola io resto affiso,
chi sì m'ha punto il cor, è un sol dardo,
per un sol fuoco m'ardo,
e non conosco più ch'un paradiso.
Questo capitano è la voluntade umana, che siede in poppa de l'anima, con un picciol temone de la raggione governando gli affetti d'alcune potenze interiori contra l'onde degli émpiti naturali. Egli con il suono de la tromba, cioè della determinata elezione, chiama tutti gli guerrieri, cioè provoca tutte le potenze (le quali s'appellano guerriere per esserno in continua ripugnanza e contrasto), o pur gli effetti di quelle, che sono gli contrarii pensieri, de quali altri verso l'una, altri verso l'altra parte inchinano; e cerca constituirgli tutti sott'un'insegna d'un determinato fine".
Eroici furori
Giordano Bruno L'ultimo Degli Eretici. De la causa, principio et uno. Londra, 1584
Il De la causa, principio et uno, stampato nel 1584 a Londra da John Charlewood, è un dialogo con una sostanza fortemente filosofica: attingendo a fonti antiche e moderne, da Lucrezio a Cusano, che rielabora e piega in direzione della nova filosofia, Bruno vi sostiene l'unità dell'essere, ripensata in termini nuovi. Nei cinque dialoghi di cui l'opera si compone sono affrontati temi propriamente ontologici: la distinzione fra i concetti di causa e principio; quella tra forma e materia; la differenza tra sostanza corporea ed incorporea fino al fondamentale tema dell'Uno, in cui Bruno fonde elementi eraclitei, parmenidei e cusaniani. Non si tratta dell'Uno dei teologi, il Dio inteso tradizionalmente, ma piuttosto, in contrapposizione agli enti particolari, dell'Uno-universo, che è unità e molteplicità ad un tempo. La scoperta teorica essenziale di quest'opera sta nella nuova concezione della materia, che viene ad identificarsi con la vita-materia infinita, cioè quell'unica potenza semplicissima ed assolutamente indifferente da cui derivano tutte le cose; nozione, questa, che sarà sviluppata ed approfondita in termini originali nella Lampas triginta
L’INTELLETTO UNIVERSALE, DANDO UNA PARTE DI SÉ ALLA MATERIA, E TUTTAVIA RESTANDO IMMOBILE, PRODUCE TUTTE LE DIFFERENZIAZIONI DEL MONDO. L'intelletto universale è l'intima, più reale e propria facultà e parte potenziale de l'anima del mondo. Questo è uno medesmo, che empie il tutto, illumina l'universo e indrizza la natura a produre le sue specie come si conviene; e cossì ha rispetto alla produzione di cose naturali, come il nostro intelletto alla congrua produzione di specie razionali. Questo è chiamato da' pitagorici motore …da' platonici fabro del mondo. Questo fabro, dicono, procede dal mondo superiore, il quale è a fatto uno, a questo mondo sensibile, che è diviso in molti; ove non solamente la amicizia, ma anco la discordia, per la distanza de le parti, vi regna. QUESTO INTELLETTO, INFONDENDO E PORGENDO QUALCHE COSA DEL SUO NELLA MATERIA, MANTENENDOSI LUI QUIETO E INMOBILE, PRODUCE IL TUTTO.
De l’infinito universo e mondi
Giordano Bruno e i Rosacroce:
IL MISTERO DEL TEMPO – COME SCONFIGGERE LA MORTE.
Al tempo
O vecchio, lento e celere che chiudi e riapri.
dovremo dirti che sei benefico o malvagio?
Sei largo insieme e tenace ; ciò che dai poi ritogli;
quel che fai nascere uccidi,
e quel che dal tuo ventre generi nel tuo ventre divori,
tu cui è lecito consumar colle fauci il frutto del tuo seno.
Tutto crei e tutto distruggi:
dunque non potrei né chiamarti bene e né chiamarti male?
Ma quando mi sorprenderai col rapido colpo mortale,
colla minacciosa falce, lasciami tender le mani
là dove non appar vestigio del nero Caos:
così non sembrerai né buono, né malvagio.
De la causa principio e Uno, (trad. dal latino).
L’INTELLETTO UNIVERSALE, DANDO UNA PARTE DI SÉ ALLA MATERIA, E TUTTAVIA RESTANDO IMMOBILE, PRODUCE TUTTE LE DIFFERENZIAZIONI DEL MONDO. L'intelletto universale è l'intima, più reale e propria facultà e parte potenziale de l'anima del mondo. Questo è uno medesmo, che empie il tutto, illumina l'universo e indrizza la natura a produre le sue specie come si conviene; e cossì ha rispetto alla produzione di cose naturali, come il nostro intelletto alla congrua produzione di specie razionali. Questo è chiamato da' pitagorici motore …da' platonici fabro del mondo. Questo fabro, dicono, procede dal mondo superiore, il quale è a fatto uno, a questo mondo sensibile, che è diviso in molti; ove non solamente la amicizia, ma anco la discordia, per la distanza de le parti, vi regna. QUESTO INTELLETTO, INFONDENDO E PORGENDO QUALCHE COSA DEL SUO NELLA MATERIA, MANTENENDOSI LUI QUIETO E INMOBILE, PRODUCE IL TUTTO.
De l’infinito universo e mondi
IL MISTERO DEL TEMPO – COME SCONFIGGERE LA MORTE.
Al tempo
O vecchio, lento e celere che chiudi e riapri.
dovremo dirti che sei benefico o malvagio?
Sei largo insieme e tenace ; ciò che dai poi ritogli;
quel che fai nascere uccidi,
e quel che dal tuo ventre generi nel tuo ventre divori,
tu cui è lecito consumar colle fauci il frutto del tuo seno.
Tutto crei e tutto distruggi:
dunque non potrei né chiamarti bene e né chiamarti male?
Ma quando mi sorprenderai col rapido colpo mortale,
colla minacciosa falce, lasciami tender le mani
là dove non appar vestigio del nero Caos:
così non sembrerai né buono, né malvagio.
De la causa principio e Uno, (trad. dal latino).
GIORDANO BRUNO E GLI INFINITI MONDI
"Non siamo più centrali di quanto non lo sia qualsiasi punto dell’universo".
Giordano Bruno
I GUASTI DEL NOSTRO TEMPO PREDETTI 500 ANNI FA DA GIORDANO BRUNO: LA TERRA NON E’ UNA PROPRIETA’ DELL’UOMO.
Tutti magnificano l'età de l'oro, e poi stimano e predicano per virtù quella manigolda che la estinse, quella ch'ha trovato il mio ed il tuo: quella ch'ha divisa e fatta propria a costui e colui non solo la terra (la quale è data a tutti gli animanti suoi), ma, ed oltre, il mare, e forse l'aria ancora. Quella, ch'ha messa la legge a gli altrui diletti, ed ha fatto che quel tanto che era bastante a tutti, vegna ad essere soverchio a questi e meno a quell'altri; onde questi, a suo mal grado, crapulano, quelli altri si muoiono di fame. Quella ch'ha varcati gli mari, per violare quelle leggi della natura, confondendo que' popoli che la benigna madre distinse, e per propagare i vizii d'una generazione in un'altra; perché non son cossì propagabili le virtudi, eccetto se vogliamo chiamar virtudi e bontadi quelle che per certo inganno e consuetudine son cossì nomate e credute, benché gli effetti e frutti sieno condannati da ogni senso e ogni natural raggione. Quai sono le aperte ribaldarie e stoltizie e malignitadi di leggi usurpative e proprietarie del mio e tuo; e del più giusto, che fu più forte possessore; e di quel più degno, che è stato più sollecito e più industrioso e primiero occupatore di que' doni e membri de la terra, che la natura e, per conseguenza, Dio indifferentemente donano a tutti.
G. Bruno: “ Spaccio della bestia trionfante”
Giordano Bruno. Gli infiniti mondi.
Nel terzo dialogo <primieramente> si niega quella vil fantasia della figura, de le sfere e diversità di cieli; e s’affirma uno essere il cielo, che è uno spacio generale ch’abbraccia gl’infiniti mondi; benché non neghiamo piú, anzi infiniti cieli, prendendo questa voce secondo altra significazione; per ciò che come questa terra ha il suo cielo, che è la sua regione nella quale si muove e per la quale discorre, cossí ciascuna di tutte l’altre innumerabili. Si manifesta onde sia accaduta la imaginazione di tali e tanti mobili deferenti e talmente figurati che abbiano due superficie esterne ed una cava interna; ed altre ricette e medicine che dànno nausea ed orrore agli medesimi che le ordinano e le esequiscono, e a que’ miseri che se le inghiottiscono.
<Secondo>, si avertisce che il moto generale e quello de gli detti eccentrici e quanti possono riferirse al detto firmamento, tutti sono fantastici: che realmente pendeno da un moto che fa la terra con il suo centro per l’ecliptica e quattro altre differenze di moto che fa circa il centro de la propria mole. Onde resta, che il moto proprio di ciascuna stella si prende da la differenza che si può verificare suggettivamente in essa come mobile da per sé per il campo spacioso. La qual considerazione ne fa intendere, che tutte le raggioni del mobile e moto infinito son vane e fondate su l’ignoranza del moto di questo nostro globo. <Terzo>, si propone come non è stella che non si muova come questa ed altre che, per essere a noi vicine, ne fanno conoscere sensibilmente le differenze locali di moti loro; ma che altrimente se muoveno gli soli che son corpi dove predomina il foco, altrimente le terre ne le quali l’acqua è predominante; e quindi si manifesta onde proceda il lume che diffondeno le stelle, de quali altre luceno da per sé altre per altro. <Quarto>, in qual maniera corpi distantissimi dal sole possano equalmente come gli piú vicini il caldo; e si riprova la sentenza attribuita ad Epicuro, come che vuole un sole esser bastante all'infinito universo; e s'apporta la vera differenza tra quei astri che scintillano e quei che non. <Quinto> s’essamina la sentenza del Cusano circa la materia ed abitabilità di mondi e circa la raggion del lume. <Sesto>, come di corpi, benché altri sieno per sé lucidi e caldi, non per questo il sole luce al sole e la terra luce alla medesima terra ed acqua alla medesima acqua; ma sempre il lume procede dall'apposito astro, come sensibilmente veggiamo tutto il mar lucente da luoghi eminenti, come da monti; ed essendo noi nel mare, e quando siamo ne l’istesso campo, non veggiamo risplendere se non quanto a certa poca dimensione il lume del sole e della luna ne si oppone. <Settimo>, si discorre circa la vanità delle quinte essenze: e si dechiara che tutti corpi sensibili non sono altri e non costano d'altri prossimi e primi principii che questi, che non sono altrimente mobili tanto per retto quanto per circulare. […] E si manifesta apertamente che non è accidente che si trova di là da qua, la quale, se ben consideriamo, non si veda di qua da là; e conseguentemente, che quel bell’ordine e scala di natura è un gentil sogno ed una baia da vecchie rimbambite. <Ottavo>, che, quantunque sia vera la distinzione de gli elementi, non è in nessun modo sensibile o intelligibile tal ordine di elementi quale volgarmente si pone; e secondo il medesimo Aristotele, gli quattro elementi sono equalmente parti o membri di questo globo, se non vogliamo dire che l’acqua eccede; onde degnamente gli astri son chiamati or acqua or fuoco tanto da veri naturali filosofi quanto da profeti divini e poeti; li quali, quanto a questo, non favoleggiano né metaforicheggiano, ma lasciano favoleggiare ed impuerire quest’altri sofossi. Cossí li mondi se intendeno essere questi corpi eterogenei, questi animali, questi grandi globi, dove non è la terra grave piú che gli altri elementi, e le particelle tutte si muoveno e cangiano di loco e disposizione non altrimente che il sangue ed altri umori e spiriti e parte minime, che fluiscono, refluiscono, influiscono ed effluiscono in noi ed altri piccioli animali. A questo proposito s’amena la comparazione, per la quale si trova che la terra, per l'appulso al centro de la sua mole, non si trova piú grave che altro corpo semplice che a tal composizion concorre; e che la terra da per sé non è grave né ascende né discende; e che l'acqua è quella che fa l'unione, densità, spessitudine e gravità.
<Nono>, da che è visto il famoso ordine de gli elementi vano, s’inferisce la raggione di questi corpi sensibili composti che, come tanti animali e mondi, sono nel spacioso campo che è l’aria o cielo o vacuo. Ove son tutti que’ mondi che non meno contegnono animali ed abitatori che questo contener possa, atteso che non hanno minor virtú né altra natura. <Decimo>, dopo che è veduto come sogliano disputar gli pertinacemente additti ed ignoranti di prava disposizione, si fa oltre manifesto in che modo per il piú delle volte sogliono conchiudere le disputazioni; benché altri sieno tanto circonspetti che, senza guastarsi punto, con un ghigno, con un risetto, con certa modesta malignità, quel che non vagliono aver provato con raggioni né lor medesimi possono donarsi ad intendere, con queste artecciuole di cortesi dispreggi, la ignoranza in ogni altro modo aperta vogliono non solo cuoprire, ma rigettarla al dorso dell’antigonista; perché non vegnono a disputar per trovare o cercar la verità, ma per la vittoria e parer piú dotti e strenui defensori del contrario. E simili denno essere fuggiti da chi non ha buona corazza di pazienza.
GIORDANO BRUNO (1548 – 1600), “De l’infinito, universo e mondi” (1584), in Id., “Dialoghi italiani. Dialoghi metafisici e dialoghi morali”, nuovamente ristampati con note da Giovanni Gentile, a cura di Giovanni Aquilecchia, Sansoni Firenze 1958, ‘Proemiale epistola’, ‘Argomento del terzo dialogo’, pp. 353 – 356.
Tutti magnificano l'età de l'oro, e poi stimano e predicano per virtù quella manigolda che la estinse, quella ch'ha trovato il mio ed il tuo: quella ch'ha divisa e fatta propria a costui e colui non solo la terra (la quale è data a tutti gli animanti suoi), ma, ed oltre, il mare, e forse l'aria ancora. Quella, ch'ha messa la legge a gli altrui diletti, ed ha fatto che quel tanto che era bastante a tutti, vegna ad essere soverchio a questi e meno a quell'altri; onde questi, a suo mal grado, crapulano, quelli altri si muoiono di fame. Quella ch'ha varcati gli mari, per violare quelle leggi della natura, confondendo que' popoli che la benigna madre distinse, e per propagare i vizii d'una generazione in un'altra; perché non son cossì propagabili le virtudi, eccetto se vogliamo chiamar virtudi e bontadi quelle che per certo inganno e consuetudine son cossì nomate e credute, benché gli effetti e frutti sieno condannati da ogni senso e ogni natural raggione. Quai sono le aperte ribaldarie e stoltizie e malignitadi di leggi usurpative e proprietarie del mio e tuo; e del più giusto, che fu più forte possessore; e di quel più degno, che è stato più sollecito e più industrioso e primiero occupatore di que' doni e membri de la terra, che la natura e, per conseguenza, Dio indifferentemente donano a tutti.
G. Bruno: “ Spaccio della bestia trionfante”
Giordano Bruno. Gli infiniti mondi.
Nel terzo dialogo <primieramente> si niega quella vil fantasia della figura, de le sfere e diversità di cieli; e s’affirma uno essere il cielo, che è uno spacio generale ch’abbraccia gl’infiniti mondi; benché non neghiamo piú, anzi infiniti cieli, prendendo questa voce secondo altra significazione; per ciò che come questa terra ha il suo cielo, che è la sua regione nella quale si muove e per la quale discorre, cossí ciascuna di tutte l’altre innumerabili. Si manifesta onde sia accaduta la imaginazione di tali e tanti mobili deferenti e talmente figurati che abbiano due superficie esterne ed una cava interna; ed altre ricette e medicine che dànno nausea ed orrore agli medesimi che le ordinano e le esequiscono, e a que’ miseri che se le inghiottiscono.
<Secondo>, si avertisce che il moto generale e quello de gli detti eccentrici e quanti possono riferirse al detto firmamento, tutti sono fantastici: che realmente pendeno da un moto che fa la terra con il suo centro per l’ecliptica e quattro altre differenze di moto che fa circa il centro de la propria mole. Onde resta, che il moto proprio di ciascuna stella si prende da la differenza che si può verificare suggettivamente in essa come mobile da per sé per il campo spacioso. La qual considerazione ne fa intendere, che tutte le raggioni del mobile e moto infinito son vane e fondate su l’ignoranza del moto di questo nostro globo. <Terzo>, si propone come non è stella che non si muova come questa ed altre che, per essere a noi vicine, ne fanno conoscere sensibilmente le differenze locali di moti loro; ma che altrimente se muoveno gli soli che son corpi dove predomina il foco, altrimente le terre ne le quali l’acqua è predominante; e quindi si manifesta onde proceda il lume che diffondeno le stelle, de quali altre luceno da per sé altre per altro. <Quarto>, in qual maniera corpi distantissimi dal sole possano equalmente come gli piú vicini il caldo; e si riprova la sentenza attribuita ad Epicuro, come che vuole un sole esser bastante all'infinito universo; e s'apporta la vera differenza tra quei astri che scintillano e quei che non. <Quinto> s’essamina la sentenza del Cusano circa la materia ed abitabilità di mondi e circa la raggion del lume. <Sesto>, come di corpi, benché altri sieno per sé lucidi e caldi, non per questo il sole luce al sole e la terra luce alla medesima terra ed acqua alla medesima acqua; ma sempre il lume procede dall'apposito astro, come sensibilmente veggiamo tutto il mar lucente da luoghi eminenti, come da monti; ed essendo noi nel mare, e quando siamo ne l’istesso campo, non veggiamo risplendere se non quanto a certa poca dimensione il lume del sole e della luna ne si oppone. <Settimo>, si discorre circa la vanità delle quinte essenze: e si dechiara che tutti corpi sensibili non sono altri e non costano d'altri prossimi e primi principii che questi, che non sono altrimente mobili tanto per retto quanto per circulare. […] E si manifesta apertamente che non è accidente che si trova di là da qua, la quale, se ben consideriamo, non si veda di qua da là; e conseguentemente, che quel bell’ordine e scala di natura è un gentil sogno ed una baia da vecchie rimbambite. <Ottavo>, che, quantunque sia vera la distinzione de gli elementi, non è in nessun modo sensibile o intelligibile tal ordine di elementi quale volgarmente si pone; e secondo il medesimo Aristotele, gli quattro elementi sono equalmente parti o membri di questo globo, se non vogliamo dire che l’acqua eccede; onde degnamente gli astri son chiamati or acqua or fuoco tanto da veri naturali filosofi quanto da profeti divini e poeti; li quali, quanto a questo, non favoleggiano né metaforicheggiano, ma lasciano favoleggiare ed impuerire quest’altri sofossi. Cossí li mondi se intendeno essere questi corpi eterogenei, questi animali, questi grandi globi, dove non è la terra grave piú che gli altri elementi, e le particelle tutte si muoveno e cangiano di loco e disposizione non altrimente che il sangue ed altri umori e spiriti e parte minime, che fluiscono, refluiscono, influiscono ed effluiscono in noi ed altri piccioli animali. A questo proposito s’amena la comparazione, per la quale si trova che la terra, per l'appulso al centro de la sua mole, non si trova piú grave che altro corpo semplice che a tal composizion concorre; e che la terra da per sé non è grave né ascende né discende; e che l'acqua è quella che fa l'unione, densità, spessitudine e gravità.
<Nono>, da che è visto il famoso ordine de gli elementi vano, s’inferisce la raggione di questi corpi sensibili composti che, come tanti animali e mondi, sono nel spacioso campo che è l’aria o cielo o vacuo. Ove son tutti que’ mondi che non meno contegnono animali ed abitatori che questo contener possa, atteso che non hanno minor virtú né altra natura. <Decimo>, dopo che è veduto come sogliano disputar gli pertinacemente additti ed ignoranti di prava disposizione, si fa oltre manifesto in che modo per il piú delle volte sogliono conchiudere le disputazioni; benché altri sieno tanto circonspetti che, senza guastarsi punto, con un ghigno, con un risetto, con certa modesta malignità, quel che non vagliono aver provato con raggioni né lor medesimi possono donarsi ad intendere, con queste artecciuole di cortesi dispreggi, la ignoranza in ogni altro modo aperta vogliono non solo cuoprire, ma rigettarla al dorso dell’antigonista; perché non vegnono a disputar per trovare o cercar la verità, ma per la vittoria e parer piú dotti e strenui defensori del contrario. E simili denno essere fuggiti da chi non ha buona corazza di pazienza.
GIORDANO BRUNO (1548 – 1600), “De l’infinito, universo e mondi” (1584), in Id., “Dialoghi italiani. Dialoghi metafisici e dialoghi morali”, nuovamente ristampati con note da Giovanni Gentile, a cura di Giovanni Aquilecchia, Sansoni Firenze 1958, ‘Proemiale epistola’, ‘Argomento del terzo dialogo’, pp. 353 – 356.
“Di maniera che NON È UN SOL MONDO, UNA SOLA TERRA, UN SOLO SOLE; MA TANTI SON MONDI quante veggiamo circa di noi lampade luminose, le quali non sono più né meno in un cielo ed un loco ed un comprendente, che questo mondo, in cui siamo noi, è in un comprendente, luogo e cielo”. Così suonavano, con armonia di linguaggio, le dolci parole di Giordano Bruno nel suo DE L’INFINITO, UNIVERSO ET MONDI del 1583. In cotal maniera egli ESPRESSE, CON POETICA VISIONE, LE TEORIE ELIOCENTRICHE DI COPERNICO CHE NEL DE REVOLUTIONIBUS ORBIUM CELESTIUM (1543) CONTINUAVA D’ALTRONDE A RIMANERE ANCORATO ALLA TEORIA DI UN COSMO CONCHIUSO E FINITO, AL PARI DELLA VECCHIA CONCEZIONE DI TOLOMEO. In seguito KEPLERO, NEL SUO MISTERIUM COSMOGRAPHICUM (1596), SOSTITUIRÀ I MOTI ELLITTICI AI MOTI CIRCOLARI DI COPERNICO. L’astronomo tedesco confesserà inoltre - in quello scritto giovanile - che l’“intelligenza del cuore”, che lo animava, proveniva dalla Scienza Sacra dei Faraoni, ai quali aveva “rubato il vaso d’oro degli Egizi”. Dal canto suo, Giordano Bruno era andato - peraltro - molto al di là dei suoi pensatori ideali, fra cui NICOLA CUSANO, MAESTRO SPIRITUALE DI BRUNO. L’intuito orfico che sempre lo contraddistinse, scaraventò Giordano d’un balzo, sulle ali del suo “cavallo pegaseo”, nel bel mezzo del XX secolo, quando divennero patrimonio comune le IDEE DI POLICENTRALITÀ DELL’UNIVERSO: INNUMERABILI GALASSIE CON ILLIMITATI CENTRI.
Le parole di Giordano sono quelle riportate in epigrafe. Esse sintetizzano la visione spirituale bruniana; ripetiamola: “NON SIAMO PIÙ CENTRALI DI QUANTO NON LO SIA QUALSIASI ALTRO PUNTO DELL’UNIVERSO”. IL COSMO È PERCIÒ ILLIMITATO. INFINITI SONO I “MONDI” ED INNUMERABILI I SOLI. In tal maniera, egli saltò a piè pari, prevedendole quale chiaroveggente, tutte le scemenze razionali dei cartesiani. Le capovolse così, secondo la sua saggezza arcaica:
“Penso, quindi non sono. Intuisco, pertanto esisto”.
MA SE INFINITI SONO I MONDI E LE GALASSIE, L’UOMO NON PUÒ ESSERE IL PRIVILEGIATO DEL CREATO. TANTOMENO LO È UN “UNICO POPOLO”, appartenente alle molteplici e poliedriche razze umane: “TUTTE LE COSE SONO NELL’UNIVERSO, E L’UNIVERSO È IN TUTTE LE COSE”. L’antica Saggezza Sacra riecheggiava nelle sue visioni astronomiche: “Come in alto così in basso”. (Ermete Trismegisto). BRUNO INVITAVA IN TAL MODO GLI UOMINI AD ESSERE PIÙ UMILI, ED A CERCARE IL GRANDE ARCHITETTO DELL’UNIVERSO NEGLI INFINITI COSMI PARALLELI. SOPRATTUTTO NEL NOSTRO INTIMO, DI POI NELLA NATURA, L’IMMANENZA DIVINA MANIFESTA IL SUO VOLTO, SENZA CHE BUROCRATI DI CORTE FACCIANO DA INTERMEDIARI. Scopo di una vera religione è quello d’individuare la presenza dell’Harmonia divina in ogni cosa, senza farsi sviare dalle molteplici apparenze, inventate ad arte dai chierici vecchi e nuovi. La filosofia mistica di Bruno esprime l’aspetto esoterico e non volgare dell’insegnamento di Cristo. Essa aspira all’illuminazione interiore, senza che dogmatismi malvagi impongano l’ignoranza più assoluta.
PER TRE VOLTE LA RAGIONE TEOLOGICA, CHE UCCIDE LO SPIRITO, AVEVA TRAVISATO - PER MALVAGI TORNACONTI DI POTERE - LE INTUIZIONI E LA SCIENZA DEGLI EGIZI, DEI BABILONESI E DEI GRECI. GLI EGIZI CONOSCEVANO, GIÀ DAL XVI SECOLO A. C., LA CENTRALITÀ DEL SOLE, come afferma Keplero nella frase anzidetta. SAPEVANO ALTRESÌ DEL MOTO ELLITTICO DEI PIANETI. Certamente fin dal III sec., prima dell’èra volgare, ARISTARCO DI SAMO FACEVA L’IPOTESI DEL SISTEMA ELIOCENTRICO, CHE MAL S’ACCORDAVA CON L’ARROGANZA DEI TEOLOGI, CHE CREDEVANO DI ESSERE GLI UNICI ABITANTI D’UN PALAZZO INFINITO. SIMILI “PREOCCUPANTI” TEORIE DOVEVANO ANDAR DISTRUTTE CON LA MITICA E FAVOLOSA BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA D’EGITTO NEL II SEC. DELLA NOSTRA ÈRA. SOLTANTO IL FUOCO NON LASCIA TRACCE. EPPERÒ IL PENSIERO HA LA CAPACITÀ DI RESISTERGLI. Anzi, con esso si vivifica e prende altresì vigore. Molte altre epoche dovevano però trascorrere. Frattanto SI RICADDE NELLE PLUMBEE FILOSOFIE DI MORTE, CON L’HOMO TEOLOGICUS AL CENTRO DEL FUOCO INFERNALE, DISTRUTTORE DELL’ANTICA LIBERTÀ DI PENSIERO. DOPO 32 SECOLI DALL’EPOCA EGIZIA, E DOPO 18 DAL GRECO ARISTARCO, LE VERITÀ DI IERI BUSSAVANO DI NUOVO ALLA PORTA DELLA CONOSCENZA PER RECLAMARE I LORO DIRITTI, PER BOCCA DI GIORDANO BRUNO.
ANCORA UNA VOLTA IL ROGO ATTENDEVA IL LIBERO PENSIERO, libero perché animato solo da amore per gli uomini e per tutte le cose del creato. D’altro canto, per il filosofo di Nola, l’amore è il motore primo di tutte le cose viventi: “È per virtù dell’amore che tutto è stato prodotto, e l’amore è in tutto. L’amore riscalda ciò che è freddo, illumina ciò che è oscuro”. Ebbene sì. IL FUOCO DELL’AMORE COSMICO LO ILLUMINÒ A TAL PUNTO CHE EGLI PREDISSE CON FURORE ESOTERICO IL SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA: “NULLA SI CREA E NULLA SI DISTRUGGE. TUTTO SI TRASFORMA”. Ah, quanto tardi arrivi Ragione, appresso all’intuito altrui:
“Come LA MATERIA E LA SOSTANZA DELLE COSE SONO INDISTRUTTIBILI, così tutte le loro parti sono assoggettate a tutte le forme, al punto che TUTTO SI TRASFORMA IN TUTTO, se non in un medesimo batter d’occhio, almeno in istanti diversi, uno dopo l’altro e scambievolmente”. L’INTUITO, L’IRRAZIONALE E L’INTELLIGENZA DEL CUORE NON SONO MAI ANDATI D’ACCORDO CON LA RAGIONE DESOLATA, finalizzata solo ai propri tornaconti personali. Nell’arte, ancor più “maggior pensiero non è ragione di maggior perizia ed intelligenza”. Dunque non ci si può basare sui procedimenti della ragione per conseguire l’arte perfetta, ch’è figlia solamente della natura delle cose, laddove la vera “anima del mondo” “è piena di ragioni”. E siffatte ragioni si esplicano nella loro interezza ed essenza, unicamente mediante la matematica, di cui fecero gran uso Pitagora e Platone: “La matematica che c’insegna a fare astrazione dalla materia, dal moto e dal tempo, ci rende capaci d’intendere e contemplare le specie intelligibili”.
“La Chiesa si è chiusa per tanto tempo al puro respiro del pensiero, che i suoi pozzi e le sue gallerie sono piene delle marcescenze di secoli; è sufficiente un’unica scintilla per far saltare per aria come una polveriera tutta questa dottrina di autoistupidimento imposto dall’alto” .
La Magia Nera dei ciarlatani, inoltre, al pari della “credulità nella fede”, mortifica la ragione e la “luminosità delle idee”, attenuando “l’immagine di una peggior cosa”. Dal canto suo, la Magia Bianca è invece lo studio - con amore - delle leggi di Natura, per intervenire su di esse a nostro favore e secondo però quelle leggi stesse dell’Harmonia naturale: “Gli stupidi ed insensati idolatri non avevano raggione di ridersi del magico e divino culto degli Egizi; li quali sapeano per mezzo della specie che sono nel grembo della natura, ricevere que’ benefici che desideravano da quella”. Con puro spirito immanentista, Giordano Bruno afferma la conformazione harmonica della materia. SIMILMENTE A LEONARDO EGLI CONSIDERA LE RELAZIONI STRETTE FRA OGNI COSA CH’ESISTE NELL’UNIVERSO. LUCE, SUONO E COLORE SONO TRA ESSI SOTTOPOSTI ALLE STESSE LEGGI DELLE ANALOGIE UNIVERSALI, di cui ragionarono gli antichi Caldei, Egizi, pitagorici e platonici. Ancora una volta, il Fuoco del Cuore illuminava le leggi della Natura, che oggi sono oggetto di studio mediante la TEORIA DEI FRATTALI DI MANDELBROT: LA MATERIA, APPARENTEMENTE DIVERSA IN CIÒ CHE APPARE AI NOSTRI SENSI, È INVECE SIMILE IN OGNI SUO RAPPORTO INTERNO (FRATTALE): “L’ordine di una figura particolare e la consonanza di un determinato numero evocano tutte le cose”. RICHARD WAGNER AMMIRÒ A TAL PUNTO QUESTA MENTE ILLUMINATA DA PROCLAMARE CHE SE GIORDANO BRUNO, CHE GLI STUPIDI MONACI IN QUELLA BELLA ITALIA FECERO PERIRE SUL ROGO, FOSSE NATO SULLE RIVE DEL “GANGE EGLI SAREBBE STATO ONORATO COME UN SAGGIO E COME UN SANTO”. Ahi noi, la ragione desolata era in agguato ancora una volta, per consumare uno dei crimini più efferati che la storia moderna ricordi.
CORREVA L’ANNO DEL GIUBILEO DEL 1600. BRUNO AVEVA SUBÌTO OTTO ANNI DI PRIGIONIA ED INTERROGAZIONI DA PARTE DELL’INQUISIZIONE ROMANA. STREMATO NEL FISICO, MA NON NELLO SPIRITO, EGLI CONTINUAVA A RIBATTERE, AI MONACI DEL SANTO UFFIZIO, CHE NON VI È ALCUNA RELIGIONE AL DI SOPRA DELLA VERITÀ. Quel 20 di gennaio, Roma assisteva ai carri allegorici di una “sacra rappresentazione”, inneggiante alla vita di Cristo. Ciononostante, IL PAPA CLEMENTE VIII DECISE PER LA CONDANNA A MORTE DEL FILOSOFO. Lo consegnò così al braccio secolare, ossia al boia, affinché si facessero tutti i preparativi per il grande rogo. La sentenza del Tribunale dell’Inquisizione fu motivata in questo modo: “HA DETTO CHE NON DEVE NÉ VUOL PENTIRSI, E NON SA DI COSA PENTIRSI, NÉ DI COSA DEVE PENTIRSI. Per cui era pronto a dar ragione di tutti i suoi scritti e detti, difendendoli contro qualsiasi teologo”. Tra il pubblico ludibrio, organizzato ad arte dagl’Inquisitori, GIORDANO FU TRASPORTATO FINO AL LUOGO DELL’ESECUZIONE SU UNA CARRETTA. UN LACCIO BEN STRETTO CORREVA FRA LE LABBRA E LA NUCA E GLI TENEVA LA BOCCA SPALANCATA ED IMMOBILE. LA SUA PAROLA INTIMORIVA I CARNEFICI PERSINO SUL PUNTO DI MORTE. GIUNTI CHE FURONO IN CAMPO DE’ FIORI, BRUNO FU DENUDATO E LEGATO AD UN PALO, ED ARSO VIVO. Nessuna pietà per lui, neppure una salvifica morte immediata. Sappia chi è lontano da simili misfatti, che il condannato non moriva subito, ma dopo che numerosi pezzi di carne si erano staccati dal suo misero corpo, tra urla di dolore infernali.
Due giorni dopo l’esecuzione, un avviso recitava: “Giovedì mattina IN CAMPO DE’ FIORI FU ABBRUGIATO VIVO QUELLO SCELERATO FRATE DOMENICANO DA NOLA: HERETICO OSTINATISSIMO et avendo di suo capriccio formati diversi dogmi contro nostra fede”. Siffatte parole corrispondevano in modo sin troppo perfetto a quel fideismo religioso di cui Bruno aveva tanto discorso nei suoi scritti e contro cui aveva tuonato parole di fuoco. In tal modo non s’ottiene né la sapienza né la saggezza, bensì soltanto il dogmatismo più deleterio e perverso. Anche al di là delle sue conoscenze, GIORDANO BRUNO È DIVENUTO, PER IL PENSIERO MODERNO, IL SIMBOLO DELLA MASSIMA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, PER LA QUALE SI DISPOSE A MORIRE. Da allora iniziò una nuova vita, che sarà chiave di volta della coscienza morale moderna.
GIORDANO BRUNO E LA FILOSOFIA DEL RINASCIMENTO
«...tutte le cose sono ne l'universo, e l’universo è in tutte le cose; noi in quello, quello in noi; e cossi tutto concorre in una perfetta unità».
«È dunque l'universo uno, infinito, immobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l'atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo ed ottimo».
«Che ci piaccia o no, SIAMO NOI LA CAUSA DI NOI STESSI. NASCENDO IN QUESTO MONDO, CADIAMO NELL'ILLUSIONE DEI SENSI; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che siamo ciechi e sordi. Allora CI ASSALE LA PAURA E DIMENTICHIAMO CHE SIAMO DIVINI, CHE POSSIAMO MODIFICARE IL CORSO DEGLI EVENTI, persino lo Zodiaco».
«...spirito si trova in tutte le cose, e non è minimo corpuscolo che non contenga cotal porzione in sé che non inanimi».
«Dico dunque, che la tavola come tavola non e animata, né la veste, né il cuoio come cuoio, né il vetro come vetro; ma, come cose naturali e composte, hanno in sé parte di sustanza spirituale».
«Ogni produzione, di qualsivoglia sorte che la sia, è una alterazione, rimanendo la sustanza sempre medesima; perché non e che una, un ente divino, immortale».
«Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all'uomo, non servirà all'uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l'uomo».
«Questi furori de quali noi raggioniamo [sono] un impeto razionale che siegue l’apprension intellettuale del buono e bello che conosce...».
«Tutti gli amori (se sono eroici e non son puri animali ...) hanno per oggetto la divinità, tendeno alla divina bellezza, la quale prima si comunica all’anime e risplende in quelle».
«Bisogna dissimulare per salvare la verità».
Giordano Bruno e la Filosofia del Rinascimento
Ho combattuto ed è tanto: ritenni di poter vincere ... ma natura e sorte studio e sforzi repressero.
Ma già è qualcosa esser sceso in lotta, poiché vedo che in mano al fato è la vittoria. Fu in me quanto era possibile e che nessun venturo secolo potrà negarmi: ciò che di proprio un vincitore poteva dare; non aver avuto timore della morte, non essersi sottomesso, fermo il viso, a nessuno che mi fosse simile; aver preferito morte, coraggiosa a vita pusillanime.
Giordano Bruno
Ho combattuto ed è tanto: ritenni di poter vincere ... ma natura e sorte studio e sforzi repressero.
Ma già è qualcosa esser sceso in lotta, poiché vedo che in mano al fato è la vittoria. Fu in me quanto era possibile e che nessun venturo secolo potrà negarmi: ciò che di proprio un vincitore poteva dare; non aver avuto timore della morte, non essersi sottomesso, fermo il viso, a nessuno che mi fosse simile; aver preferito morte, coraggiosa a vita pusillanime.
Giordano Bruno
Giordano Bruno fu uomo e intellettuale di grande coraggio e coerenza. Preferì morire, piuttosto che abiurare le idee delle quali era convinto. Mettendolo al rogo, l'inquisizione pensava di liberarsi di lui e delle sue idee. Ma gli uomini liberi vivono per sempre. Fu bruciato vivo in Campo dei Fiori a Roma. Affinché non parlasse e non urlasse, la lingua gli venne inchiodata alla mascella. Presiedeva il tribunale del Sant'Uffizio il cardinale San Giuseppe Bellarmino, teologo, cui e' intitolata una delle migliori scuole private dei Parioli di Roma. Nessuno ha mai chiesto scusa per questo orrendo delitto.... Agli occhi della storia, Giordano Bruno fu molto più di uno semplice eretico. Per la prima volta la chiesa cattolica eliminava fisicamente il partigiano di una teoria scientifica allora nuova in Europa: l’eliocentrismo del sistema copernicano. Ciò che più conta, Bruno aveva pronunciato questa teoria corredandola con un’intuizione che doveva rovesciare la nostra visione del mondo: quella di un Universo infinito. Spingendo, attraverso i suoi scritti filosofici, fino alle sue conseguenze estreme la sua adesione al sistema di Copernico, Giordano Bruno costruì così un cosmologia dove l’uomo, in comunione con un dio immanente alla natura, è, forse, il vero centro divino. Per questo venne bruciato vivo e le ceneri gettate nel Tevere, come per cancellare ogni sua traccia del suo passaggio sulla terra.
GIOVEDÌ 17 FEBBRAIO dell’Anno Santo 1600
Giovedì 17 febbraio dell’Anno Santo 1600, Giordano Bruno viene condotto a Campo de’ Fiori, in mezzo a una folla silenziosa. Tenta di parlare col popolo, cerca di comunicare con gli occhi, ma la gente schiva il suo sguardo, spaventata da quelle pupille che sembrano urlare. La bocca di Giordano è spalancata e il troncone di lingua, che il carnefice non è riuscito a strappare del tutto, è tormentato da una morsa di legno affinché egli non possa emettere neanche un gemito. Nella frescura della nuda luce dell’alba, mentre già s’avvertono i primi effluvi della primavera romana, Giordano viene spogliato nudo e legato a un palo, sopra un’enorme catasta di legna e di fascine. Uno stuolo di frati della compagnia di San Giovanni Decollato non cessa un solo momento di declamare le litanie: a ogni ora pro nobis si uniscono il popolo di Roma e i pellegrini dell’Anno Santo, stipati a ridosso della piazza. Il cielo è puro, ma l’aria immobile: il rogo cresce lentamente, straziando la carne nuda. Poi il vento, pietoso soffio della natura, penetra sotto le fascine e nelle viscere della legna, alimentando il fuoco che si gonfia e divampa con violenza. Le possenti fiamme s’avviluppano, come un rosso uragano, attorno al corpo di Giordano, divorandolo. Una barriera di fumo nasconde gli ultimi spasimi della silenziosa torcia umana, mentre carnefici e gregge continuano a ripetere l’ora pro nobis.
In piedi, dietro la finestra, Roberto Bellarmino sta masticando lentamente una focaccina dolce che, di buonora, il ragazzo del panettiere gli ha portato direttamente dal forno. Non appena il vento fa mutare percorso alla nuvola di fumo che si sprigiona dal rogo, indirizzandola verso il palazzo della Cancelleria, il cardinale schiude le ante, smette di masticare e rimane in attesa.
Quando infine le sue narici assaporano i benefici effluvi della carne bruciata, il viso del cardinale, segnato dalla stanchezza di una notte insonne, accenna un sorriso.
pag. 189 di “Roghi fatui” di Adriano Petta – La Lepre Ed. - febb.2011
Giovedì 17 febbraio dell’Anno Santo 1600, Giordano Bruno viene condotto a Campo de’ Fiori, in mezzo a una folla silenziosa. Tenta di parlare col popolo, cerca di comunicare con gli occhi, ma la gente schiva il suo sguardo, spaventata da quelle pupille che sembrano urlare. La bocca di Giordano è spalancata e il troncone di lingua, che il carnefice non è riuscito a strappare del tutto, è tormentato da una morsa di legno affinché egli non possa emettere neanche un gemito. Nella frescura della nuda luce dell’alba, mentre già s’avvertono i primi effluvi della primavera romana, Giordano viene spogliato nudo e legato a un palo, sopra un’enorme catasta di legna e di fascine. Uno stuolo di frati della compagnia di San Giovanni Decollato non cessa un solo momento di declamare le litanie: a ogni ora pro nobis si uniscono il popolo di Roma e i pellegrini dell’Anno Santo, stipati a ridosso della piazza. Il cielo è puro, ma l’aria immobile: il rogo cresce lentamente, straziando la carne nuda. Poi il vento, pietoso soffio della natura, penetra sotto le fascine e nelle viscere della legna, alimentando il fuoco che si gonfia e divampa con violenza. Le possenti fiamme s’avviluppano, come un rosso uragano, attorno al corpo di Giordano, divorandolo. Una barriera di fumo nasconde gli ultimi spasimi della silenziosa torcia umana, mentre carnefici e gregge continuano a ripetere l’ora pro nobis.
In piedi, dietro la finestra, Roberto Bellarmino sta masticando lentamente una focaccina dolce che, di buonora, il ragazzo del panettiere gli ha portato direttamente dal forno. Non appena il vento fa mutare percorso alla nuvola di fumo che si sprigiona dal rogo, indirizzandola verso il palazzo della Cancelleria, il cardinale schiude le ante, smette di masticare e rimane in attesa.
Quando infine le sue narici assaporano i benefici effluvi della carne bruciata, il viso del cardinale, segnato dalla stanchezza di una notte insonne, accenna un sorriso.
pag. 189 di “Roghi fatui” di Adriano Petta – La Lepre Ed. - febb.2011
Il rogo di Giordano Bruno
Forse con maggior timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto ne provi io nel riceverla.
Giordano Bruno
Giordano Bruno accolse così la sentenza di morte emessa dai giudici del Sant’Officio per le sue convinzioni giudicate eretiche. Sentenza che fu portata a compimento il 17 febbraio del 1600. Esattamente 412 anni fa.
Giordano Bruno era il prigioniero che risiedeva da più tempo nelle prigioni dell’Inquisizione romana. Con la ripresa delle attività processuali, sia a febbraio (ventesimo interrogatorio) che a settembre del 1599 (ventunesimo interrogatorio), Giordano Bruno si era dichiarato disposto all’abiura delle proposizioni considerate eretiche. Ma il 16 settembre, improvvisamente, inviava un memoriale al papa, mettendo nuovamente in discussione le proposizioni incriminate, riaprendo le contestazioni e rivelando un’ostinazione smentita, in predecenza, solo a parole. Il Tribunale gli intimò allora il termine perentorio di quaranta giorni per ritrattare. Trascorso il termine, nel suo ultimo interrogatorio (dicembre 1599) il filosofo, invitato a sottomettersi, replicò che non voleva né doveva ritrattare. L’8 febbraio 1600 seguiva, invitabile, la sentenza con cui la Chiesa lo dichiarava eretico, condannandolo alla degradazione ed espellendolo dal foro ecclesiastico.
Il 17 febbraio dell’anno 1600, ancor prima dell’alba, le porte del carcere romano di Tor di Nona si aprono per lasciare uscire una funerea processione. I confratelli della Compagnia di S. Giovanni Decollato, l’abito nero e le torce in mano, hanno ricevuto dal loro provveditore l’ordine di accompagnare il condannato in piazza Campo de’ Fiori. Alcuni di essi lo precedono, altri lo seguono, mescolati alle guardie di monsignor Governatore di Roma. Il prigioniero non può parlare. Ha «la lingua in giova», una morsa di metallo in bocca simile al morso utilizzato per i cavalli, ma con un ferro che gli arriva in gola. Dopo quasi otto anni di carcere sta per compiersi così l’esperienza di vita di Giordano Bruno: oggi grande filosofo, ieri «heretico impenitente». In quella stessa piazza romana, Bruno, «spogliato nudo e legato a un palo» viene bruciato vivo quel 17 febbraio, accusato di eresia per le opinioni espresse su Cristo, sull’Inferno, sulla trasmigrazione dell’anima da un corpo all’altro dopo la morte (metempsicosi), sui profeti della Bibbia, sui santi, sugli uffici divini, sui dogmi della Chiesa e altro ancora, ma soprattutto per la ferrea ostinazione nel difendere le sue teorie filosofiche e il rifiuto di abiurare quelle idee sulla pluralità dei mondi nell’universo infinito, sul moto della Terra intorno al Sole e altro ancora. Del resto la sua cosmologia non pregiudicava l’autorità delle Scritture, poiché profeti, patriarchi e padri della Chiesa, egli diceva: «sono meno de’ filosofi prattichi e meno attenti alle cose della natura».
Arso vivo in Piazza Campo de’ Fiori all’alba del 17 febbraio 1600, divenne così il simbolo della contrapposizione tra libertà e autorità, ritenuta inconciliabile ancora all’alba di quel nuovo secolo.
E Bruno aveva commentato così la sua sentenza di morte, rivolgendosi direttamente ai giudici: «Forse con maggior timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto ne provi io nel riceverla».
Giordano Bruno accolse così la sentenza di morte emessa dai giudici del Sant’Officio per le sue convinzioni giudicate eretiche. Sentenza che fu portata a compimento il 17 febbraio del 1600. Esattamente 412 anni fa.
Giordano Bruno era il prigioniero che risiedeva da più tempo nelle prigioni dell’Inquisizione romana. Con la ripresa delle attività processuali, sia a febbraio (ventesimo interrogatorio) che a settembre del 1599 (ventunesimo interrogatorio), Giordano Bruno si era dichiarato disposto all’abiura delle proposizioni considerate eretiche. Ma il 16 settembre, improvvisamente, inviava un memoriale al papa, mettendo nuovamente in discussione le proposizioni incriminate, riaprendo le contestazioni e rivelando un’ostinazione smentita, in predecenza, solo a parole. Il Tribunale gli intimò allora il termine perentorio di quaranta giorni per ritrattare. Trascorso il termine, nel suo ultimo interrogatorio (dicembre 1599) il filosofo, invitato a sottomettersi, replicò che non voleva né doveva ritrattare. L’8 febbraio 1600 seguiva, invitabile, la sentenza con cui la Chiesa lo dichiarava eretico, condannandolo alla degradazione ed espellendolo dal foro ecclesiastico.
Il 17 febbraio dell’anno 1600, ancor prima dell’alba, le porte del carcere romano di Tor di Nona si aprono per lasciare uscire una funerea processione. I confratelli della Compagnia di S. Giovanni Decollato, l’abito nero e le torce in mano, hanno ricevuto dal loro provveditore l’ordine di accompagnare il condannato in piazza Campo de’ Fiori. Alcuni di essi lo precedono, altri lo seguono, mescolati alle guardie di monsignor Governatore di Roma. Il prigioniero non può parlare. Ha «la lingua in giova», una morsa di metallo in bocca simile al morso utilizzato per i cavalli, ma con un ferro che gli arriva in gola. Dopo quasi otto anni di carcere sta per compiersi così l’esperienza di vita di Giordano Bruno: oggi grande filosofo, ieri «heretico impenitente». In quella stessa piazza romana, Bruno, «spogliato nudo e legato a un palo» viene bruciato vivo quel 17 febbraio, accusato di eresia per le opinioni espresse su Cristo, sull’Inferno, sulla trasmigrazione dell’anima da un corpo all’altro dopo la morte (metempsicosi), sui profeti della Bibbia, sui santi, sugli uffici divini, sui dogmi della Chiesa e altro ancora, ma soprattutto per la ferrea ostinazione nel difendere le sue teorie filosofiche e il rifiuto di abiurare quelle idee sulla pluralità dei mondi nell’universo infinito, sul moto della Terra intorno al Sole e altro ancora. Del resto la sua cosmologia non pregiudicava l’autorità delle Scritture, poiché profeti, patriarchi e padri della Chiesa, egli diceva: «sono meno de’ filosofi prattichi e meno attenti alle cose della natura».
Arso vivo in Piazza Campo de’ Fiori all’alba del 17 febbraio 1600, divenne così il simbolo della contrapposizione tra libertà e autorità, ritenuta inconciliabile ancora all’alba di quel nuovo secolo.
E Bruno aveva commentato così la sua sentenza di morte, rivolgendosi direttamente ai giudici: «Forse con maggior timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto ne provi io nel riceverla».
Maiori cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam.
Tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell'ascoltarla
Processo e Rogo di Giordano Bruno
tratto da "Giordano Bruno " di Giuliano Montaldo
Nel film del 1973 di Giuliano Montaldo, magistralmente interpretato da Gian Maria Volontè, appare chiarissimo come è stata concertata la colpevolizzazione di Bruno, attraverso l’estrapolazione -dalle sue opere- di brani isolati dal contesto, rinfacciati a Bruno come divergenti dalla verità. Perchè come dice un inquisitore, “La verità è una sola, quella rivelata dalle scritture” E Bruno, torturato e poi bruciato, mostrava di affermare quella rivelata da Dio e custodita da Santa Madre Chiesa”. E poi i rinfacciamenti “Hai scritto”
Bruno è stato bruciato perchè “negava”. Negava quel che delle scritture contrastava con l’evidenza della ragione. Possiamo dire che Giordano Bruno fosse un eretico. E che la sua lingua ferita dalla mordacchia e le sue carni bruciate dal rogo fossero una punizione -ritenuta “adeguata” dal potere politico e religioso dell’epoca- per la sua ostinazione a “negare”.
Egli avrebbe commesso l’intollerabile crimine filosofico di negare la trascendenza di Dio e l’inizio dell’universo. Di negare la sconcezza della sessualità e per aver ribadito l’esempio come primo dovere dei pastori di Cristo. Era un “negazionista” ante litteram“.
Sono passati secoli, ma la repressione nei confronti del “crimine di pensiero” non è cambiata, se non, forse, nelle forme dell’ipocrisia.
Che possibilità aveva il povero Giordano Bruno, che aveva intuito che tutto nasceva dall’Egitto, elaborando l’idea teologica che Dio è intelletto della natura e contemporaneamente natura divinizzata, in una sorta di inscindibile unità panteistica, di non esser bruciato vivo dai feroci, ottusi e immutabili guardiani dell’ortodossia cattolica?
grande maestro del libero pensiero, grande filosofo arso vivo dall'inquisizione!!
Assassinato dagli ignoranti!
http://youtu.be/8rGrrAHi3nk